Dopo il proscioglimento del carabiniere Mario Placanica per legittima difesa e uso legittimo delle armi, nel 2003, e le sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo che hanno assolto lo stesso Placanica nel 2009 e l’Italia nel 2011, riconoscendo che non ci sono state colpe per la morte di Carlo Giuliani avvenuta il 21 luglio del 2001 durante gli scontri del G8 di Genova, alla famiglia Giuliani restava una sola possibilità: la causa civile contro i responsabili. Ed è proprio ciò che aveva annunciato il padre di Carlo, Giuliano Giuliani, in seguito al pronunciamento della Corte di Strasburgo.
Anche in sede civile è stato stabilito che non c’è alcun responsabile per la morte di Carlo Giuliani. Se non ci saranno ricorsi in Appello, si chiuderà così il lungo iter giudiziario, stabilendo una verità perlomeno processuale della vicenda.
Il sipario per ora è stato calato dal giudice Daniela Canepa, che ha respinto i ricorsi dei familiari di Carlo Giuliani, i quali chiedevano che venisse stabilita la responsabilità civile dei Ministeri della Difesa e dell’Interno, riconoscendo un risarcimento. Rappresentanti dei ministeri, secondo i ricorrenti, erano il vicequestore Adriano Lauro che il 20 luglio aveva l’incarico di gestire l’ordine pubblico nella zona di piazza Alimonda, dove sono avvenuti gli scontri che hanno causato la morte di Carlo Giuliani. Dalla pistola di Mario Placanica è partito il colpo che ha ucciso il giovane. Placanica si trovava all’interno di una jeep che era stata assaltata dai manifestanti, tra i quali lo stesso Giuliani armato di estintore.
Nella sentenza, il giudice Canepa scrive: “Non c’è dubbio, sulla base della ricostruzione dei fatti minuziosamente effettuata, che Placanica, comandato in servizio di ordine pubblico, fosse pienamente legittimato a fare uso delle armi quando ricorressero i presupposti della necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità. E non vi è parimenti dubbio che la situazione in cui Placanica si è trovato ad agire fosse di estrema violenza volta a destabilizzare l’ordine pubblico ed in atto nei confronti delle stesse forze dell’ordine, la cui incolumità era direttamente messa in pericolo dal soggetto”.
Inoltre: “il gesto di Giuliani non è stato una isolata aggressione, ma solo una delle fasi di una violenta aggressione al “defender” posta in essere dalle numerose persone che lo avevano accerchiato”.
“Mario Placanica aveva a disposizione un solo mezzo per fronteggiare la violenza posta in essere nei suoi confronti e l’aggressione all’integrità fisica, se non addirittura alla vita, propria e dei compagni: l’arma”.
Infine: “Il sasso con cui è stato colpito Giuliani dopo lo sparo, l’asserzione che un appartenente alle Forze dell’Ordine abbia colpito Carlo Giuliani con un sasso, quando questi era a terra è rimasta una pura congettura senza nessun elemento probatorio a suo sostegno”.
Una sentenza che ricalca quanto già stabilito nel processo penale e dalla Corte di Strasburgo. I familiari di Giuliani dovranno decidere se ricorrere in Appello, per cercare risarcimenti o abbandonare.
Nel contempo, saputa la notizia, alcuni gruppi spontanei, lamentano il fatto che ci siano piazze intitolare a un “delinquente” e ne chiedono la rimozione.