A cura di Giusy Michielli
L’associazione “Pietra su Pietra” presenterà il libro “Precarious: quello che della Scuola non si dice” di Angela Alessandra Milella. L’evento si terrà il 4 settembre, alle ore 18.30, in via Amendola, 5 – BARI. Nel dibattito, moderato da Adele Dentice (insegnante e scrittrice), interverranno: Angela Alessandra Milella (autrice), Stefano Ruocco (editore), Paolo Battista (attore).
“Precarious. Quello che della Scuola non si dice” è il secondo titolo della collana I Bibliotecabili della casa editrice WIP Edizioni di Bari. Un libro in più capitoli e riccamente illustrato, che fa discutere. Su cui, in vista della presentazione, anche Uil com Bari – Puglia e Fiom Puglia hanno rilasciato commenti.
UILCOM – L’Italia E’ una repubblica democratica fondata sul lavoro. Nel 1948 si scriveva E’ nel 2015 si legge con amarezza ERA.
La crisi socio-economica dell’ultimo periodo unitamente alla richiesta sempre più pressante di una flessibilità del lavoro (avviata con il pacchetto Treu e perfezionata con il governo Berlusconi) si è tradotta in ‘Precarious’, che ha raggiunto la sua massima precarizzazione con il job’s act.
Il Lavoratore ovvero il potenziale tale oggi vive ne l’ansia dell’attesa, una attesa riferita non solo alla ricerca del Lavoro (evanescente speranza) ma anche al suo mantenimento oltre che alla qualità dello stesso.
Perché cara Angela tu scrivi ‘…io cerco solo di non affondare…’ io invece auguro un futuro in cui quando verrà data la possibilità di scegliere tra affondare e galleggiare si possa decidere di volare.
Antonia Di Tommaso (segretaria regionale Uil com Bari-Puglia)
FIOM – Se è difficile far capire il termine “precario” a uno straniero, chi si ritrova a vivere in quello che assomiglia a un vero e proprio girone infernale trova altrettante difficoltà a raccontare le esperienze kafkiane che l’atipicità del lavoro, tipicamente italiana, riserva ai propri malcapitati, tradendone le speranze e negando loro il futuro.
In un mondo del lavoro in cui si è passati da “lavorare per vivere” a “lavorare per sopravvivere” e ci si rassegna all’idea che la differenza tra le due definizioni sia sostanzialmente nulla, si fa altrettanta fatica ad accettare che sulla condizione precaria poggi l’ossatura dell’istruzione scolastica. Quella che in un sedicente Paese civile dovrebbe rappresentare il polo dell’eccellenza pubblica, la connessione tra società ed educazione, progresso e formazione, universalità e inserimento, è in realtà la pietra dello scandalo dei governi avvicendatisi negli ultimi vent’anni.
Tagli lineari, “merito” e “competenza” proclamati solo per prosopopea e mai praticati, risorse stanziate pari a zero: questo è il risultato dei provvedimenti che hanno interessato la scuola italiana, diventata nel frattempo una declinazione di acronimi (Ssis, Tfa, Gae) e definizioni altisonanti (Invalsi, concorsone, Buona Scuola) che hanno ottenuto il solo scopo di ricevere le contestazioni degli addetti ai lavori.
Certo, alle responsabilità degli esecutivi di ogni colore che ne hanno provocato la decadenza, si aggiunge anche quella di un sistema che tende ad autoconservarsi, quasi in maniera corporativa, e a non andare di pari passo con il grado di innovazione necessario per l’auspicato miglioramento.
Il lento e continuo degrado della scuola si abbatte su docenti e studenti per poi propagarsi all’esterno nelle pratiche quotidiane, nella consapevolezza civica e nelle relazioni sociali.
A spezzare definitivamente le aspirazioni di rilancio, la riforma targata Renzi-Giannini che trasforma la scuola in senso aziendale, attraverso la creazione di consorterie di docenti alla sequela del preside-manager (che viene elevato a scolastico) e aumenti salariali che assumono l’aspetto di premi-fedeltà al dirigente invece di riconoscimenti dovuti.
A farne le spese, sempre e comunque loro: gli insegnanti precari. Assunzioni a rischio, nonostante la recente sentenza della Corte di Giustizia europea che chiede la stabilizzazione per quasi 300 mila soggetti interessati. Allargando il raggio a chi langue nel limbo delle graduatorie, la guerra tra poveri è servita.
non vuole essere un plastico esercizio di operazione-verità. La testimonianza offerta dall’autrice Angela Milella esprime la rabbia e l’indignazione di una categoria di lavoratori “invisibili” le cui storie quotidiane, in un Paese assuefatto a nefandezze e ingiustizie, non conosciamo o lasciano indifferenti. Alcune iniziano alle 3 del mattino per una supplenza a quasi 150 chilometri, altre ancora sono fatte di compensi non riconosciuti e spese non restituite. Tutte contengono un senso di frustrazione e di incompiutezza.
Di Nicola Rotondi (Fiom Puglia)