Trascurare in coppia

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Come già introdotto negli articoli precedenti, appare chiaro dal mio osservatorio professionale che rappresentarsi l’alta frequenza delle situazioni di crisi delle relazioni come un improvviso quanto stupefacente “malfunzionamento” degli individui dentro il sistema-coppia non ci aiuta a comprendere alcuni meccanismi ricorrenti che invece appartengono in tutta evidenza al piano storico-sociale. Questo non significa certo che, se le coppie scoppiano, è tutta “colpa” della società e che gli individui non c’entrano niente (tutt’altro, gli individui fanno come sempre la loro parte in commedia interpretando perfettamente il ruolo a loro assegnato), ma significa che per capire cosa accade dobbiamo interrogare la storia e i suoi rapidi e recentissimi mutamenti, dentro i quali ognuno si muove con la propria personalità.

Prendiamo il frequentissimo caso della progressiva trascuratezza tra i membri della coppia e/o della trascuratezza dei singoli individui con se stessi nel prosieguo di una relazione, fatto questo all’origine di molti disappunti e conflittualità delle coppie contemporanee. Ci si trascura e ci si lascia andare fisicamente e contemporaneamente si diventa progressivamente meno attenti ai bisogni dell’altro come parte dei propri, sia riguardo agli aspetti fisici che emotivi e affettivi, sia rispetto alla sessualità. Ci si ritrova sempre più soli e distanti dall’altra/o senza capire come questo sia avvenuto, anche nel volgere di poco tempo.

I sistemi motivazionali che reggono le fortune e le sfortune delle coppie sono intimamente legati al concetto di “cura” sia riguardo all’altro come oggetto di attenzioni accudenti fisiche ed emotive, sia riguardo al prendersi cura del piacere, proprio ed altrui, relativamente alla sessualità. Accudimento e sessualità sono due pilastri motivazionali che, qualora funzionanti, accompagnano le coppie di lungo corso e, viceversa, crollano nelle coppie che si insabbiano strada facendo.

Ma cosa è cambiato sul piano storico-sociale riguardo l’idea del “prendersi cura” nella coppia in modo tale da disorientare in maniera così drammatica le ultime generazioni di coppie?

È cambiato tantissimo, ma forse l’aspetto più spaesante riguarda il senso di responsabilità che gli individui sentono di assumere nei confronti del proprio partner. 

Tutti noi proveniamo da famiglie nelle quali, quasi sempre, tale responsabilità dei singoli membri era fortemente mediata da vincoli e codici sociali ben precisi, sottolineati da precise ritualità e anche da vincoli giuridici. La/il coniuge doveva prendersi cura dell’altro/a a prescindere da innumerevoli aspetti più o meno gradevoli del/la proprio/a partner. Era un impegno per la vita, stop. Ci si turava il naso (non solo metaforicamente) e si andava avanti.

Oggi questa responsabilità si è fortemente diluita ed è sempre più diventata “negoziale”, ovverosia, il vincolo di responsabilità reciproca è valido fino a prova contraria, fino a quando tornano i conti. Ma questi conti attengono il più delle volte a valutazioni dell’individuo e dei suoi criteri di soddisfazione e di felicità.

La coppia, questa strana creatura, è però croce e delizia. È sia fonte di massima gioia e riconoscimento che fonte di massima frustrazione e negazione. Si crea perciò un gigantesco conflitto tra criteri di valutazione, vecchi e nuovi, come due software che entrano in conflitto sullo stesso sistema operativo: da un lato il criterio di responsabilità reciproca misurato alla maniera di qualche generazione fa (e sempre presente in noi) secondo vincoli eterni, glissava sugli aspetti frustranti e neganti (erano le donne soprattutto che sopportavano in silenzio) decentrando la coppia a favore della famiglia e i figli; dall’altro lato, il criterio di responsabilità reciproca, misurato alla maniera odierna, sul proprio tornaconto individuale in termini di felicità, fa saltare in ogni momento tutti i conti e crea perciò disorientamento e confusione. 

Come detto già altrove, non sono affatto un nostalgico. Oggi diamo, giustamente a parer mio, maggiore attenzione al benessere degli individui anche laddove s’ingaggiano in progettualità di coppia e famiglia, ma perdiamo di vista l’aspetto di “trascendenza” (lo dico in senso laico), cioè di decentramento che tale ingaggio comporta laddove la coppia, per sua specificità, punta a diventare famiglia e luogo di progettualità.

Le coppie contemporanee fanno ancora molta fatica a integrare gli aspetti della cura di sé e dell’altro con gli aspetti di decentramento legati alla dimensione trascendente dell’essere un’entità plurale.