Colori caldi, stesi sul foglio con un tratto istintivo e gestuale, come una danza, a formare illustrazioni piene ma dove c’è sempre equilibrio.
Giulia Pastorino si forma all’Accademia di Belle Arti per poi trasferirsi a Urbino per studiare Illustrazione all’ISIA. Nel 2016 è tra gli illustratori selezionati al Bologna Children’s Book Fair e nello stesso anno vince il concorso Tapirulan. Nel 2017 viene selezionata al Nami Island International Illustration Concours.
Dal 2016 collabora con la rivista autoprodotta Pelo, nata tra le mura dell’ISIA di Urbino.
Vince la XII edizione del concorso Tapirulan, il cui tema è Ciak, con l’illustrazione L’arte del sogno, ispirata all’ononimo film di Michael Gondry.
Per la XIII edizione del concorso le viene dedicata una mostra personale e la pubblicazione del catalogo, contenente i suoi lavori per magazine e progetti personali. Il nome del catalogo è Disordine. Disordine non è un tema scelto a priori, ma il filo rosso che lega tutte le illustrazioni: il disordine invade lo spazio ma raggruppa, ordina, dona una coerenza visiva che permette alle immagini di vivere indipendentemente l’una dall’altra.
Il disordine così diventa vita: una volta qualcuno ha detto che nel disordine c’è armonia, c’è completezza, che una scrivania piena è preoccupante ma non quanto una scrivania vuota.
Figura 1.
Nelle sue opere lo spazio è invaso da forme, colori, piccoli particolari in cui chi osserva si può perdere, ma è un pieno che è sempre stabile, attraverso un sapiente uso dei colori, delle forme, dei pieni e dei vuoti: un disordine in equilibrio. E poi il movimento: l’equilibrio si trova anche nella sua capacità di fermare un’immagine, catturare un momento.
Il tratto gestuale, immediato, la mancanza di contorni definiti e di una precisa definizione degli spazi, non possono che ricordarci i dipinti di Jean-Michel Basquiat. C’è un altro elemento che li lega: un richiamo sottile, ma tangibile, all’Africa. I toni caldi, le maschere, ma anche una sensazione di continuo movimento, come una danza ininterrotta, avvicina le illustrazioni di Giulia all’arte del continente africano.
Figura 2.
Lo strumento che caratterizza Giulia è il pastello a olio, che dona alle opere un sapore materico e fa emergere il segno: sembra quasi che la mano di Giulia si posi sul foglio e non si fermi finché il disegno non è completo.
Tre domande a Giulia Pastorino, per conoscere lei e il suo lavoro.
Nelle tue opere tutti gli elementi sembrano essere posizionati istintivamente, di getto: come costruisci le tue illustrazioni?
Non mi piace stare troppo tempo su uno stesso disegno, mi annoia.
In genere butto giù un’idea, qualche colore e inizio a disegnare.
I pastelli a olio sono i miei migliori amici, ma, a seconda di quello che devo realizzare, mischio diverse tecniche (dal carboncino agli acrilici, dalle ecoline ai pastelli colorati). Ciò che mi rende felice e che abbatte ogni mia ansia è il colore, che non mi spaventa per niente.
Quello che in genere non viene percepito è l’utilizzo del digitale. In realtà le illustrazioni non sono quasi mai tavole uniche. In genere disegno soggetti separati, dei pezzi che poi assemblo su photoshop.
Ci sono diverse motivazioni per le quali prediligo questo modo di lavorare.
La prima è che mi diverte moltissimo. Mi piace sovrapporre i miei disegni, aggiungerci carte preparate e scoprire l’effetto che dà. Spostare, cambiare, muovere. Ciò non significa che non abbia un’idea chiara in testa, ma mi piace dare spazio anche alla casualità, che spesso mi suggerisce nuove idee.
La seconda motivazione è che disegnare pochi soggetti alla volta ti permette di poterli riutilizzare, dandogli nuova vita. La mia missione è di creare un archivio infinito di ometti, piante e animali fantastici.
La terza è che sono una persona parecchio disordinata e la precisione ammetto che non sia il mio forte (ho altri pregi). Così ho un sacco di fogli con soggetti singoli o con composizioni di oggetti, su formati più o meno grandi, su carte più o meno pregiate. Prima credevo che questo mio modo di lavorare fosse sbagliato, da tenere “segreto”. Ora non saprei. Non so se abbia senso parlare di cosa sia giusto o meno, se sono più o meno brava.
In realtà in questo momento mi rispecchia, poi magari cambierò, per ora tavole uniche solo su grandi dimensioni, nel piccolo sto stretta.
Figura 3.
Una storia che vorresti assolutamente illustrare?
Una storia che volevo illustrare l’ho illustrata. Ed è la storia di Enrico D’Albertis, un genovese d’altri tempi che ha viaggiato per il mondo portando nel suo castello meraviglie e ricordi di ogni dove. In questa biografia c’è la mia città, la navigazione, il mare e tutti quegli oggetti misteriosi che parlano di culture lontane.
Facendo un po’ meno la seria, gli spunti migliori per una storia si trovano nella quotidianità, nella follia di qualche personaggio, origliando qualche chiacchiera o in un semplice dettaglio. Proprio qualche giorno fa un’amica mi stava raccontando che è partita con il nipote per una breve vacanza, portandosi dietro un limone del suo orto. Scelta un po’ inusuale, ma credo che una storia sulle vicissitudini di un limone in gita, potrebbe essere divertente, soprattutto se sul finale comparisse una spremuta.
Di idee ne ho diverse, vorrei concludere la storia di Ernesto, il bradipo iperattivo e poi dare un volto a Graziella che è nata quando aveva 17 anni.
Piano piano, chissà…
Nel 2016 sei stata selezionata in un concorso internazionale e da lì non ti sei più fermata: quali sono i tuoi programmi?
Viaggiare, comprarmi una casa in più posti differenti perché non ho ancora trovato il mio posto e nel dubbio…
Imparare a non arrossire nei momenti meno opportuni, dipingere in un grande spazio, avere un grande spazio, e costruire una libreria di legno.
Scherzi a parte, a essere sincera non programmo quasi mai niente. Ho un grosso problema con questa parola.
Il 2016 mi ha dato un piccolo aiuto a credere in quello che faccio. Piccolissimo. Ciò di cui sono contenta è che mi riconosco nelle mie illustrazioni, che non è così scontato.
Per il resto che dire, sono tornata da un viaggio in Centro America che inevitabilmente mi ha dato molti spunti sui quali lavorare a un nuovo progetto. Non vorrei stare troppo ferma, in tutti i sensi.
L’idea dell’illustratrice solitaria nella sua scrivania l’apprezzo, ma solo in parte e a piccole dosi.
Cerco di collaborare anche con persone che sono lontane dal mondo dell’illustrazione, per far convivere diverse esperienze e imparare sempre qualcosa di nuovo.
Pelo, invece, rimane una costante.
Immagini dal sito: https://giuliapastorino.tumblr.com