Emmanuelle Houdart

Equilibrio. Questo è il termine che meglio descrive l’opera di Emmanuelle Houdart, straordinaria pittrice, disegnatrice di tessuti e costumi, autrice e illustratrice di libri, in Italia pubblicati da Logos Edizioni.

Equilibrio tra un segno nitido ed essenziale e una profusione di dettagli, disegnati con estrema meticolosità, colori forti e pattern, che rendono il suo stile assolutamente inconfondibile, originale e unico nel suo genere.

Soggetto principale del suo lavoro sono sempre le figure, declinate in ogni possibile variazione, che fuoriescono dalle pagine immerse in atmosfere oniriche e ricche di elementi e simboli, tratti dall’immaginario comune, dalla memoria collettiva, dalla contemporaneità. I temi trattati, infatti, sono diversi ma sempre ripresi dall’esperienza umana: amore, amicizia, rabbia, rapporti, paure, che ci accomunano in quanto Donne e Uomini.

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Mia Madre (scritto da Stéphane Servant nel 2016) presenta una figura quasi mitica, rivestita di simboli che vanno oltre la figura materna soggetta agli stereotipi tradizionali: da uccello libero di volare, si ritrova in gabbia, per diventare una lupa, una volpe, un giardino in cui crescono l’amore ma anche le piante selvatiche. Una Madre che dona tutto il suo affetto e allo stesso tempo è piena di emozioni, passioni, debolezze. Una Madre raccontata attraverso gli occhi di sua figlia, che inizialmente fatica a capire ogni sua sfaccettatura ma che presto riconoscerà in lei, ancor prima di una genitrice, una Donna, con tutte le sue ambivalenze. Un libro pieno di tenerezza e allo stesso tempo estremamente lucido, come molti degli altri libri dell’autrice.

Una lunga storia d’amore, scritto da Laetitia Bourget, nel 2016 (immagine di copertina), va oltre il famoso lieto fine del “vissero felici e contenti”, mostrando ironicamente le problematiche della coppia, nell’avventura del rapporto a due, attraverso gli stereotipi di come si dovrebbe essere e di come dovrebbero andare le cose.

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Un tema ripreso in Genitori felici (anche questo scritto da Laetitia Bourget), declinato su tutti gli aspetti, belli e brutti, che riguardano maternità e paternità, tra gioie, paure, scoperte e notti insonni.

Il guardaroba (2013) scarnifica invece il corpo femminile, mostrandone l’interiorità anatomica ed emotiva. La femminilità viene qui presentata in ogni sua forma come, appunto, in un curioso guardaroba, attraverso illustrazioni crude, schiette, che sezionano il corpo, primo e principale vestito di ognuna di noi.

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Amiche per la vita (ancora una volta dell’autrice Laetitia Bourget, nel 2013) racconta una splendida amicizia al femminile, che vede il superamento della diversità per arrivare alla profondità che si può creare da un’unione: due Donne protagoniste, diversissime, si incontrano, si conoscono e diventano inseparabili.

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Quella di Emmanuelle Houdart è un’opera che parla alle giovanissime generazioni di grandi temi che riguardano tutte e tutti, con un occhio di riguardo all’esperienza femminile.

E lo fa con metafore e suggestioni, con fantasia ed esuberanza, con dolcezza, con meraviglia, e con quell’immaginazione assolutamente affascinante e quella delicatezza cui ormai l’artista ci ha abituato.




L’immagine della città attraverso le illustrazioni di Viola Gesmundo

Architetta di formazione e illustratrice di professione, Viola Gesmundo nasce a Foggia ma lavora tra Rotterdam e Torino.

Nel suo lavoro è centrale il tema dell’interazione e della rigenerazione urbana; i suoi personaggi sono portatori di un dono di positività e sembrano sempre invitarci a divertirci e a non prendere la vita troppo sul serio.

Nel 2016 realizza un murale per la riqualificazione di un ex dazio ottocentesco a Torino (in copertina) e ottiene una residenza d’artista con la Foundation B.a.d. a Rotterdam, conclusasi con una grande opera site-specific.

Nel 2017 le sue opere sono state esposte in varie mostre, presso il MAO di Torino, lo Studio De Bakkerij a Rotterdam e il Museo Civico di Foggia con la personale DIORAMI 365+1.

Nel 2017 pubblica il suo primo albo illustrato Una strada per Ritache parla di una bambina, Rita, che riceve dalla sua maestra un compito speciale: scoprire che cosa non va nella sua città. Non a caso, Viola illustra una storia che parla di sviluppo sociale nella quale ci propone di guardare con occhi diversi la città.

FOTO 1. Una strada per Rita. Illustrazione

Il libro è realizzato in collaborazione con l’Associazione Toponomastica femminile e pubblicato con Matilda Editrice. Nel 2018 pubblica il suo secondo albo illustrato, Se dico no è no, edito con la stessa casa editrice.

FOTO 2 Una strada per Rita. Copertina.

Le forme che Viola disegna sono delimitate da spesse linee nere dentro le quali esplodono i colori; insieme a essi domina un ampio uso di texture, che riempiono gli spazi e suggeriscono dinamicità e movimento.

Nelle sue illustrazioni utilizza una palette di colori determinata, dove trionfano il rosso, il blu, il giallo. I suoi personaggi sono giocosi e sempre in movimento, pronti a invadere qualsiasi superficie dove è possibile dipingere. Le figure sono sempre bidimensionali e prive di sfumature. Questa essenzialità nel disegno rende le figure adatte a essere trasportate su superfici ampie: le facciate di case e le mura della città diventano una grande tela da riempire.

FOTO 3 Sconfinamenti.Illustrazione

Ho parlato con Viola Gesmundo per indagare questo rapporto tra illustrazione, architettura e street art.

– Hai studiato architettura ma hai scelto di lavorare come illustratrice freelance, e a quanto pare dipingere sui muri non ti dispiace affatto. Che significato ha nel tuo lavoro l’architettura?

– L’architettura, così come l’illustrazione, ha l’abilità di saper interpretare i desideri degli altri, del pubblico, e più in generalerendere le persone felici facendo sì che gli spazi con cui interagiscono nel loro quotidiano siano più piacevoli. Per questo un’opera di street art può essere considerata rigenerazione urbana. La rigenerazione urbana può essere infatti attuata attraverso grandi e piccoli gesti. Grandi gesti come la riqualificazione di una città, di un edificio o di uno spazio pubblico; e piccoli gesti quali la semplicità di un’illustrazione murale che ridia nuova vita con un “segno” più fruibile nell’immediato.

– Dipingere su un muro, rispetto alla carta, significa creare una rottura con il circostante. Il muro non può essere nascosto, ed è costantemente sotto gli occhi dei passanti. Si potrebbe forse dire che il muro è un mezzo di comunicazione. Cosa significa per te utilizzare un muro rispetto a un foglio di carta?

– Quando disegno su un muro, soprattutto se pubblico, sento un grande senso di responsabilità nei confronti del prossimo, in quanto ho la possibilità di rendere la giornata di un passante più allegra e colorata anche solo per un momento.

Il murale è arte pubblica, in comunicazione diretta con i passanti, che la interpretano continuamente e in modi sempre diversi, facendo prendere al disegno spesso pieghe sorprendenti.

Mi è capitato di aggiungere un soggetto in un murale in corso per il commento di un bambino o per una nonna che mi “riprendesse” per la mancanza di colore. L’arte murale diventa così arte partecipata oltre che condivisa. La carta è ugualmente un efficace mezzo di comunicazione con la differenza che spesso è rivolto a un pubblico più specifico, come la letteratura per l’infanzia in cui mi sono imbattuta ultimamente.

– La street art pare che sia una prerogativa maggiormente maschile, o forse mi sto sbagliando?

– È stata una prerogativa maschile nel modo in cui la società ha spesso considerato il “ruolo” femminile lontano da certi ambienti più “difficili” come può essere quello dell’arte urbana, che implica lo sporcarsi le mani o arrampicarsi su supporti traballanti.

Tuttavia sempre più ragazze oggi condividono le loro idee e la loro arte sui muri della città.




Il mondo blu di Gosia Herba

Corpi deformati, caricaturali sono il tratto distintivo di Gosia Herba, illustratrice polacca, debitrice di Picasso per l’uso delle forme e per l’amore incondizionato per ogni tonalità del blu.

Gosia da quasi 10 anni realizza copertine di libri e collabora con riviste periodiche, ma è anche illustratrice graphic novel e libri per bambini e bambine.

I soggetti che predilige sono le figure umane: le forme sono geometrizzate e le proporzioni non sono mai esatte ma sempre eccessive, andando a determinare una raffigurazione caricaturale, elemento ironico che permette ai suoi lavori di strappare sempre un sorriso a chi li osserva.

Nel 2014 Gosia Herba fa il suo debutto nel mondo del fumetto con Fertility, scritto da Mikołaj Pa. Si tratta di una graphic novel cupa, dai toni scuri, diversa dai soliti lavori di Gosia, che prediligono un uso del colore e di toni chiari. Non a caso, la maggior parte delle sue pubblicazioni riguardano il mondo dell’infanzia.

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Nel 2017 illustra la raccolta di poesie Poems for children per la casa editrice polacca Wydawnictwo Wolno; il libro è una selezione di poesie per bambini e bambine del poeta e scrittore di prosa Jerzy Ficowski. Le illustrazioni accompagnano i testi e descrivono con delicatezza il magico mondo infantile narrato nel testo. Nel 2017 il libro ha ricevuto una menzione d’onore dalla sezione polacca della The International Board on Books for Young People (IBBY), un’associazione che si occupa di promozione e diffusione di libri per l’infanzia.

Nel 2017 esce Raz, dwa, trzy, zaśnij ty!, una raccolta di poesie della scrittrice polacca Dorota Kassjanowicz che parla di sogni; le illustrazioni di Gosia ritraggono buffi animali antropomorfizzati.

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Ad aprile 2018 uscirà in Italia l’albo illustrato “L’elefante sulla luna”, edito da Matilda Editrice.

La storia, scritta da Mikolaj Pa, narra di un’astronoma che fa una scoperta strabiliante: osserva un elefante sulla luna! La Società Lunare non solo non le crede, ma si burla di lei e della sua ‘scoperta’. All’astronoma non rimane che una cosa da fare: costruire un razzo spaziale e partire per la volta della luna.

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La scienziata viene raffigurata come un personaggio buffo, con grandi occhiali rossi e i capelli blu, che parte coraggiosa per la luna ma non senza i suoi libri, una teiera e la sua tazza preferita. Lei crede fortemente nel suo lavoro, facendo dialogare il suo lato sognante e sarcastico con quello serio e scientifico.

L’effetto ironico è ciò che rende il libro divertente e per nulla scontato: l’ironia scaturisce dal contrasto scientifico/impossibile che pervade tutta la storia; un esempio di utilizzo di questo espediente si trova nelle tavole che raffigurano la vegetazione della luna, dove le piante sono raffigurate scientificamente, con ingrandimenti e rimandi testuali. Non possono che far pensare alla Botanica Parallela di Leo Lionni, un trattato di scienza inesistente dove l’autore illustra e descrive meticolosamente piante esistenti soltanto nell’immaginazione. L’avventura dell’astronoma non avrà solamente un fine scientifico, ma anche umano, grazie all’incontro con un singolare personaggio, un elefante magazziniere, che abita la luna e che ha una collezione molto particolare.

Le illustrazioni dell’albo non sono mai didascaliche ma invitano il lettore a un gioco di osservazione e ricerca, e a uscire dagli schemi convenzionali, perché si sa, per fare una grande scoperta ci vuole sempre un pizzico di follia, anche se questo significa andare alla ricerca del “dark side of the moon”.

Illustrazioni tratte dal sito dal sito: http://www.gosiaherba.pl/portfolio




Leo Lionni

«Due cinque e un dieci – una piccola simmetria all’interno dell’infinità di numeri. Due cinque: le mie mani. Dieci: le mie dita. Avrei fatto cose.»

Con queste parole, Leo Lionni apre la sua autobiografia, un viaggio tra i ricordi di una vita lunga e piena, dislocata in luoghi e campi d’azione diversi. Il titolo stesso, Tra i miei mondi, ne è testimonianza: nato in Olanda nel 1910, vivrà in Belgio, Italia, Stati Uniti e di nuovo in Italia, dove morirà nel 1999, senza contare i numerosi viaggi in giro per il mondo, che fossero per studio, lavoro o per la sua rinomata curiosità.

Fin da giovane si avvicina all’arte in ogni sua forma, dalla pittura alla scultura, dal design alla grafica pubblicitaria, fino al libro per l’infanzia. Così sperimenta l’unione di immagini e parole, la potenza comunicativa che il linguaggio visivo può avere attraverso significati suggeriti da quello verbale.

I suoi libri, infatti, propongono storie apparentemente di poco conto, ma che celano temi fondamentali per la crescita, concludendosi con un’importante presa di coscienza da parte dei personaggi e dei piccoli lettori.

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C’è Pezzettino, che cerca qualcosa di cui pensa di essere il pezzo mancante, per poi scoprire di essere sé stesso, fatto di tante parti.

Il topolino Federico (in copertina), che raccoglie i raggi del sole, le parole e i colori dell’estate, provviste speciali per allietare le grigie serate invernali.

Le lettere di un Albero Alfabeto, che si uniscono insieme scoprendo la forza delle parole per dire qualcosa di importante.

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E poi Piccolo blu e piccolo giallo, il suo primo e forse più noto libro. Si parla di un lavoro piuttosto radicale, definito talvolta anti-libro, che ha stravolto il modo di fare letteratura per l’infanzia, sia per la potenza del messaggio (di amicizia, ricchezza della diversità, evoluzione attraverso l’altro) sia per il modo in cui viene trasmesso. L’autore gioca con le posizioni delle due macchioline protagoniste per suggerire la narrazione e gli stati d’animo: immagine e parola diventano l’una indispensabile all’altra, capaci insieme di fornire a chi legge e osserva le tensioni e le suggestioni narrative, affettive, morali che permettono di accogliere in sé la storia e modificare le proprie certezze.

L’opera di Lionni apre a nuovi mondi possibili che parlano a bambine e bambini mai da una prospettiva infantile, ma come un adulta/o che dà l’esempio, per agire e vedere in modo differente. Essa, però, si rivolge anche a lettori e lettrici mature, colpendole come una rivelazione. Il valore della pace, dell’amicizia, della diversità, della solidarietà, del fare del bene, della poesia e della meraviglia sono messaggi di un’intensità etica disarmante, trasmessi con una leggerezza profonda in cui Lionni è maestro. Un lavoro estremamente concettuale, una celebrazione dell’umanità, un inno alla gioia che tornano a essere fondamentali, ancora di più oggi, e arrivano ai “grandi” come un appello: cercare di essere tali, per davvero e sempre, e insieme coltivare e abbracciare quella preziosa diversità, diventando (come una macchia blu che abbraccia una gialla) un po’ verdi.

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Fuad Aziz: occhi grandi per guardare lontano

Artista, illustratore, scultore e favolista: Fuad Aziz nasce ad Arbil, una città antichissima nel cuore del Kurdistan iracheno. Ha alle spalle una fuga dalla guerra per poter continuare i suoi studi artistici: nel momento in cui deve iniziare il servizio militare, riesce a ottenere un permesso speciale che gli permette di partire per l’Italia. Si laurea all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove vive attualmente con la sua famiglia e il suo cane Giotto.

Nonostante sia stato costretto ad allontanarsi dalla sua patria, Fuad ricorda sempre le sue origini e la storia della sua terra, la quale dà vita al tratto malinconico e delicato delle sue figure, che nelle sue storie trovano la forza di affrontare le sfide del presente, come la guerra o la migrazione.

Delicatezza e forza, questo binomio non si trova soltanto nelle storie, ma anche nella tecnica pittorica utilizzata da Fuad: tratti decisi, immediati, di china, accompagnati dentro e fuori i suoi margini da pennellate di colori forti, stesi sulle tavole senza indugio.

“Tratti forti, colori trasparenti puri. Questa china la uso direttamente. Mi serve un colore rosso e cerco con coraggio di riempire questo spazio di rosso perché in quel momento ho bisogno proprio di questo rosso.”

https://labottegadellestorie.org/fuad-un-cuore-di-artista/

Il suo pensiero è specchio delle immagini che crea. I suoi protagonisti, come i suoi soggetti, sono solitamente bambini e bambine, musicisti, donne o anche animali, soggetti delicati e sognanti, ma che al tempo stesso sono una testimonianza di grande forza, spesso posti di fronte a sfide e cambiamenti. Non a caso, uno dei mezzi che l’artista utilizza di più sono le fiabe, capaci di dare poesia e di donare delicatezza anche ai temi più difficili.

È probabilmente questa sua maniera di comunicare, e non tanto una sua scelta arbitraria, che fa dei bambini i suoi interlocutori privilegiati.

Le illustrazioni di Fuad non si concentrano mai troppo sul paesaggio intorno, ma sulla figura, che emerge dallo sfondo bianco nella sua eleganza e trasparenza. Non a caso l’artista è anche scultore: i suoi tratti sono come sculture in una pagina bianca, le figure emergono ovunque vengano posizionate e raccolgono il punto focale dell’immagine su di sé: il restante spazio dipinto intorno è soltanto inchiostro e colore.

Fuad ama creare i suoi personaggi anche attraverso sculture di bronzo, che rappresentano figure umane, solitamente amanti, musicisti o persone dallo sguardo distratto, lontano e sognante.

La figura umana, e specialmente femminile, ha una particolare importanza nell’arte di Fuad, è ciò intorno alla quale si concentra tutto il suo messaggio di forza e speranza. Le sue figure sono portatrici di memoria, e non a caso Fuad nelle sue rappresentazioni riprende spesso le simbologie del Kurdistan.

L’immagine della donna è il ricordo della sua terra, nell’arte assira gli artisti rappresentavano figure con occhi grandi, perché gli occhi grandi per gli abitanti di queste terre significano guardare lontano e, conoscendo la sua storia, sappiamo che per Fuad ha una grande importanza saper guardare lontano.

Una immagine che Fuad ama riprodurre è quella di una testa sulla quale si trova un violino, una colomba colorata, un uccellino. Nella cultura del Kurdistan si usa dire “Ti metto sulla testa” per dire “Sei molto prezioso per me” e così queste immagini si fanno portatrici di un dono positivo. I musicisti, che si incontrano spesso nelle sue opere, sono anch’essi portatori di un dono contro il male, un inno alla vita e alla pace.

Illustrazioni tratte da “Sole e mare”, volume edito da Matilda Editrice