ITALIA – Scandalosa e seducente,Tamara de Lempicka a Palazzo Forti di Verona

Viaggiatrice, misteriosa, eccentrica,  Tamara resterà a Verona fino al 31 gennaio 2016.

Sei le sezioni tematiche della mostra monografica dedicata alla musa, diva e grande artista dell’ Art Decò; 200 le opere in esposizione. Da “I mondi di Tamara de Lempicka”, un’esplorazione attraverso tutte le case in cui ha vissuto tra il 1916 e il 1980, tra l’anno del suo matrimonio a San Pietroburgo e l’anno della morte a Cuernavaca, fino a “Le visioni amorose”, che racconta attraverso eccezionali nudi la delicata attenzione riservata a uomini e donne da lei amati. Per finire con la sezione “Scandalosa Tamara”, dove si affronta il tema della coppia: da quella eterosessuale ripresa dal Bacio di Hayez, alle coppie saffiche. Quasi un corollario della mostra, la sezione “Dandy déco” è una “mostra nella mostra”: un’inedita sfilata di abiti calzature e accessori dei decenni Venti e Trenta, scelti rispecchiando i gusti della Lempicka. Per finire, a Verona ha preso corpo anche una inedita sezione che si può definire virtuale: “Seduzione in Musica”. A Palazzo Forti, sede dell’Arena Museo Opera, l’opera di Tamara è letta attraverso la musica: in ogni sala della mostra echeggiano brani e musiche dei tempi e dei luoghi della Lempicka.

La pop-star Madonna – affascinata dalla biografia della pittrice – è divenuta una delle principali collezioniste delle opere di Tamara de Lempicka e ha prestato i quadri della pittrice da lei in possesso a musei e per l’organizzazione di eventi. Questo ha contribuito nei recenti anni alla riscoperta (almeno mediatica) e alla rivalutazione della Lempicka.

Madonna ha presentato le opere della Lempicka nei video musicali di alcuni dei suoi grandi successi, ad esempio in “Open Your Heart” (1987), “Express Yourself” (1989), “Vogue” (1990) and “Drowned World/Substitute for Love” (1998), e durante il Who’s That Girl tour del 1987 e il Blond Ambition world tour del 1990.

Tra gli altri collezionisti delle opere della Lempicka troviamo l’attore Jack Nicholson e l’attrice-cantante Barbra Streisand.




ITALIA – “Bellezza divina” nel Palazzo Strozzi di Firenze

Di  Domenico Simi de Burgis

La mostra “Bellezza divina” curata da Lucia Mannini, Anna Mazzanti, Ludovica Sebregondi e Carlo Sisi presso Palazzo Strozzi a Firenze prende in esame le rappresentazioni a soggetto sacro dalla metà dell’800 fino alla metà del ‘900 circa: si apre infatti temporalmente con Bouguerau e si chiude con Vedova.

La mostra è divisa in varie sezioni e non sottostà quindi a un criterio temporale. Le sezioni sono: “Dal Salon all’altare” che illustra il passaggio da un’arte prettamente accademica al ritorno a un’arte sacra presente nelle chiese così come era nel Rinascimento attraverso una grande flagellazione di Bouguerau da una parte e una pala d’altare di Ciseri dall’altra. “Rosa mystica”, invece, espone raffigurazioni di Madonna con bambino partendo dalle due Vergini di Munch fino ad arrivare alle sculture di Adolfo Wildt e Libero Andreotti. La sezione “Vita di Cristo” ripercorre tutte le tappe caratterizzanti l’esistenza del Messia e occupa numerose sale. Nella prima compaiono varie interpretazioni dell’episodio dell’Annunciazione tra cui notabili sono il carboncino di Segantini con l’arcangelo in volo che sussurra alla Vergine la buona novella, o il rovesciamento di prospettiva dettato dalla figura angelica di Philpot che porge direttamente al fruitore un giglio senza che Maria sia rappresentata, o ancora la tela accennata dal divisionista Previati. Nelle sale successive l’attenzione viene divisa tra vari episodi trattati quasi unicamente da un solo quadro o scultura. Solo la natività ha più interpretazioni, tra cui il presepe in ceramica dipinta di Arturo Martini concepito in un pezzo unico circolare. Per il resto è da notarsi una scultura di riunione tra il figliol prodigo e suo padre sempre di Arturo Martini o una fuga in Egitto dai colori magici di Odilon Redon. Una sala intera invece è segnata dal tema della passione fino al culmine della crocifissione: dalle più famose di Chagall o Guttuso si passa a quelle meno note ma altrettanto particolari e suggestive quali quella di Primo Conti o quella di un Picasso quindicenne con il Cristo che sembra contraddistinto da un muso allungato di cane o cavallo al posto del volto.

Altra sezione, invece, è quella intitolata alle decorazioni murali di Gino Severini su alcune chiese contemporanee: compaiono, infatti, vari disegni di progetti dell’interno della chiesa di Saint-Pierre a Friburgo.

Il penultimo blocco di mostra è stato chiamato in maniera generica “La Chiesa” a causa delle rappresentazioni tutte atte a un’esaltazione di tale istituzione: da notarsi un potente e imponente busto in marmo ritraente Pio XI di Adolfo Wildt.

Compare infine una sezione concentrata sul raccoglimento privato e che coglie il momento della preghiera attraverso la delicatezza di un gesso di Vincenzo Vela o di una tela di Felice Casorati.

Per quanto riguarda le opere ritengo che la mostra valga la pena di essere vista essendo tutte di alto interesse circa la mescolanza di autori più rinomati ad altri meno. Se da un lato però permane questo giudizio positivo, dall’altro si fa strada uno scetticismo di fondo causato dalla disposizione degli stessi lavori d’artista. Procedendo per sezioni espositive infatti, si perde il senso del tempo e prevale una sensazione di spaesamento che lascia, alla fine del percorso, un retrogusto amaro dato dal non saper ripercorrere la mostra con precisione privati del sussidio di una guida sicura. Questo stesso retrogusto è anche alimentato dalle schede espositive caratterizzanti i vari scompartimenti che risultano assolutamente inutili nel non riuscire a motivare ed esaltare i tratti salienti della mostra che in questo modo risulta incompleta oltre che, per certi versi, priva di senso.

L’ordine dato dai curatori, inoltre, sottopone le opere a una vera e propria forzatura. In questo modo l’opera non diventa più figlia del proprio tempo o letta in relazione a esso ma viene classificata in maniera sterile e imprigionata all’interno del soggetto che rappresenta.

Una mostra quindi da prendere con le dovute precauzioni ma comunque da vedere per le curiosità alle quali ci fa assistere.




mostra frida immagine

Arte in ITALIA – Frida Khalo in mostra a Genova dal 20 settembre 2014 all’8 febbraio 2015

di Giusy Michielli

“Spero che l’uscita sia felice e spero di non tornare mai più”. Queste furono le ultime parole che Frida Khalo scrisse sul suo diario prima di morire. La grande pittrice messicana, donna di grande temperamento, libera da ogni schema tanto da disegnare in ogni suo autoritratto la libertà attraverso la monociglia, metafora di due ali spiegate in volo che le permettevano di volare con la fantasia e sognare nonostante la rigidità del suo corpo devastato dai tanti interventi chirurgici.
Nonostante spesso venisse definita “surrealista”, lei rifiutava categoricamente qualsiasi appartenenza pittorica, sostenendo d’essere sciolta da ogni classificazione e di dipingere solo le sue emozioni più intime. Dopo il grande successo della mostra a lei dedicata a Roma presso le scuderie del Quirinale in cui si analizzava il suo estro in relazione ai movimenti artistici a lei contemporanei, dal 20 settembre all’8 febbraio 2015 si terrà nel palazzo Ducale di Genova un’esposizione il cui tema principe sarà il rapporto tra Frida e suo marito Diego Rivera. Il loro è stato un grande amore, complice, ma allo stesso tempo molto doloroso per la pittrice in quanto costellato da grandi sofferenze provocate dai continui tradimenti di Rivera. Tra le opere esposte ci saranno anche “Diego in my mind”, dipinto dall’artista nel periodo della loro breve separazione e uno dei busti in gesso che era costretta ad indossare a causa dell’incidente avuto all’età di diciassette anni che le ha provocato in tutto il resto della sua vita atroci sofferenze. Sul busto è dipinta la falce e il martello comunista sopra il feto che raffigura il proprio aborto, peraltro dipinto in varie occasioni, segno della mancata maternità che probabilmente fu il suo più grande tormento.