Il Premio Strega e le scrittrici

Tra i premi letterari italiani, senza dubbio il più noto è lo Strega. A volte contestato in passato, anche oggi c’è chi ne prende le distanze, ma nonostante ciò il Premio conserva un certo prestigio, anche per l’influenza che ha sulle vendite, non facile da quantificare ma comunque consistente. Come è noto il Premio Strega è stato fondato nel 1947 da un gruppo di persone che si ritrovavano nel salotto romano di Maria Bellonci, con il contributo di Guido Alberti, proprietario della casa produttrice del liquore Strega. Da allora ogni anno una giuria costituita fino allo scorso anno da 400 persone, diventate ora 660 (i cosiddetti “Amici della domenica”, la cui carica è praticamente a vita) sceglie, da una cinquina di opere finaliste, la vincitrice.

Il primo vincitore, nel 1947, fu Ennio Flaiano con il romanzo Tempo di uccidere, l’ultimo, nel 2017, è stato Paolo Cognetti con Le otto montagne: settantuno in tutto fra vincitori e vincitrici. Queste però sono solo 10 (dieci!), vale a dire un modestissimo 14%, percentuale nettamente inferiore a quella media (già non esaltante) del 20% sul totale di premi alle donne nei grandi concorsi letterari internazionali.

La prima a ottenere l’ambito riconoscimento, nel 1957, è Elsa Morante (L’isola di Arturo), seguita da Natalia Levi Ginzburg nel 1963 (Lessico famigliare) e da Anna Maria Ortese nel 1967 (Poveri e semplici). Nel 1969 è la volta di Lalla Romano (Le parole fra noi leggere) e nel 1976 di Fausta Cialente (Le quattro ragazze Weiselberger). Dieci anni dopo, nel 1986, è la stessa fondatrice del Premio, Maria Bellonci, a entrare nell’Albo d’oro con Rinascimento privato, e nel 1995 viene premiata Maria Teresa Di Lascia (Passaggio in ombra). Nel 1999 si aggiudica il premio Dacia Maraini (Buio), nel 2002 Margaret Mazzantini con Non ti muovere, romanzo da cui è stato tratto anche un film di successo, diretto da Sergio Castellitto e interpretato dallo stesso Castellitto e da Penélope Cruz. Ma dal 2003, quando il premio è stato consegnato a Melania Mazzucco per Vita, nessuna scrittrice ha più vinto lo Strega. Ben quattordici anni di vittorie esclusivamente maschili.

Il periodo più ricco di nomi femminili sembra essere il decennio ’60 e forse non è un caso. Erano gli anni del boom economico e della crescita anche culturale della società italiana: il Paese cambiava pelle trasformandosi in una potenza industriale e anche la condizione femminile conosceva un’evoluzione: di lì a poco riforme epocali, come quella del diritto di famiglia o come le leggi sul divorzio e sull’aborto, avrebbero sancito l’ingresso dell’Italia nella modernità. Anche il Premio Strega, allora, mostrava di accorgersene.

Oggi il suo Albo d’oro rivela non solo una percentuale molto bassa di scrittrici, ma pure che non si sono fatti passi avanti, anzi la prestigiosa istituzione conosce un regresso per ciò che riguarda il gap di genere.

Di chi può essere la responsabilità?

Se consideriamo il fatto che, come è noto, lo Strega è tra i premi italiani quello dove le case editrici influiscono maggiormente sui risultati, abbiamo un indizio forte.




Scrittrici e premi letterari

Come è noto (e come confermano gli ultimi dati Istat) in Italia le lettrici sono più numerose dei lettori. Tuttavia non sembra che le donne siano così ben accette nell’ambiente della letteratura. Non è un’affermazione avventata: si fonda su quanto osservava un editore italiano, Luigi Spagnol (un addetto ai lavori, quindi, assai qualificato), in un articolo dal titolo “Maschilismo e letteratura. Cosa ci perdiamo noi uomini”, comparso nell’ottobre del 2016 in www.illibraio.it , articolo cui erano seguiti parecchi altri contributi, sullo stesso argomento, ad opera di Michela Murgia, Valeria Parrella, Giusi Marchetta e altre.

“Il mondo letterario e la società in generale – si chiede l’autore nell’articolo citato –  riconoscono alle opere scritte dalle donne la stessa importanza che viene riconosciuta a quelle scritte dagli uomini? Siamo altrettanto pronti, per esempio, a considerare una scrittrice o uno scrittore dei capiscuola, ad accettare che una donna possa avere la stessa influenza di un uomo sulla storia della letteratura?”

La risposta è no, e il numero insignificante di presenze femminili negli albi d’oro dei grandi premi letterari  – Nobel, Goncourt, Booker, Strega, Pulitzer –  dove le donne sono un quinto degli uomini, non fa che confermare questa intuizione.

La cosa strana, continua Spagnol, è che i numerosi libri scritti dalle donne hanno un gran successo di vendite, soprattutto all’estero, il che significa che le scrittrici sono più in sintonia con il pubblico, però non godono, nell’ambiente della critica letteraria e dell’editoria, della stessa considerazione dei loro colleghi maschi. La letteratura “alta” continua a essere dominata dagli uomini. Questa esclusione, conclude l’autore, può essere spiegata solo con il maschilismo perdurante nel mondo letterario, atteggiamento che mira a conservare i privilegi (potere, controllo, denaro, autostima) che gli uomini detengono da sempre e che rifiutano di spartire. Ma è un’operazione che ha un costo: la rinuncia ad arricchire il proprio orizzonte culturale con tutto un bagaglio di pensieri e sentimenti di cui le donne sono portatrici.

Si tratta di un articolo particolarmente significativo proprio perché scritto da un uomo. E da un uomo che non solo ha la lucidità di interrogarsi su un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti e tutte senza essere riconosciuto, ma che si rende conto delle conseguenze negative  di questo stato di cose e ha il coraggio di dichiararlo.

E qual è la situazione in Italia? Quante donne hanno ottenuto il massimo riconoscimento nei premi letterari di casa nostra? Quante scrittrici hanno vinto lo Strega, il Viareggio, il Campiello? Quante sono state premiate al Bagutta, al Bancarella, al Calvino? Quando? E con quali opere?

Sarà l’oggetto di una ricerca i cui risultati compariranno su queste pagine prossimamente.