Le benefattrici di Victoriaville

Proseguiamo il nostro viaggio nelle strade e piazze di Victoriaville, una tra le municipalità più attente al ricordo delle donne che ne hanno fatto la storia. 

Nella rosa di figure femminili celebrate con riconoscenza nonostante il tempo trascorso, ci sono anche quelle donne che con il loro operato hanno significativamente impresso un’identità al luogo: benefattrici, suore e laiche, che hanno impostato la loro vita all’aiuto concreto della popolazione in difficoltà, lanciando e gestendo importanti testimonianze istituzionali ancora in essere sul territorio.
Al di là infatti della motivazione religiosa o laica, queste donne hanno saputo risolvere situazioni economiche, ereditarie edilizie proprie di imprenditrici determinate e risolute che hanno valso loro il ricordo e la stima della comunità locale fino ai nostri giorni.

Tra queste c’è sicuramente Jeanne-Mance cui è stata dedicata una strada già nel 1990. 

Jeanne nasce in Francia nel 1606 e raggiunge i territori della nuova Francia nel XVII secolo a seguito dell’evangelizzazione delle nuove terre, pur restando sempre laica. Considerata una pioniera fu una delle prime abitanti  e fondatrici della nuova colonia Ville Marie, futura città di Monréal.

Qui nel 1642 dedica il suo operato alla cura delle bisognose e dei poveri, fondando l’Ospedale Dieu di Monréal, il primo ospedale dell’America del Nord, di cui seguirà i lavori di realizzazione e ne diventerà direttrice dal 1659 al 1673 accettando la presenza di religiose a servizio. 

FOTO 1. Rue de Mère Marie Pagé e rue Jeanne Mance

Mère Marie Pagé, invece, diventa direttrice dell’Ospedale Saint Dieu di Monréal di cui è responsabile del trasferimento sull’Avenue des Pins nel 1858, dove ancora si trova.
Esperienza e capacità le portano grande riconoscenza non solo da parte dei malati che soccorre e aiuta ma da tutta la popolazione locale, soprattutto quando, nel 1884, a settantatré anni, viene eletta, direttrice-fondatrice dell’Ospedale Saint Dieu di Arthabaska, un piccolo sobborgo di Victoriaville.
Nonostante la sua avanza età sarà in grado di gestire le scarse finanze dell’istituto ospedaliero e mirando alla tutela della popolazione più povera. Anche a lei, nel 1996 è stata dedicata una via, in un’area ricca di intitolazioni femminili

FOTO 2. Ospedale Arthabaska 

Nel 1890 le succede alla guida del nosocomio Mère Montbleau, che fin dagli inizi aveva affiancato la superiora negli affari interni dell’ospedale e si era fatta promotrice di una sorta di tassa parrocchiale per il sostentamento della struttura e del suo soccorso medico in favore delle classi meno abbienti.
Anche madre Montbleau si fa apprezzare per la sua risolutezza gestionale e nonostante le enormi difficoltà economiche riesce a mantenere in vita la struttura sanitaria. Dopo una momentanea chiusura, infatti, viene riaperta nel 1884 e otto anni dopo la suora riesce a far stipulare il passaggio di proprietà dell’immobile e del terreno dalla ricca vedova che ne era proprietaria, alla comunità di Arthabaska.

FOTO 3. Una concentrazione di strade femminili

Merita un ricordo anche la laica Marguerite Beauchesne, soprannominata Mère  Simon. Con suo marito, il futuro fondatore dell’ospedale San Cristoforo, è considerata tra le prime pioniere di questa zona che prenderà il nome di Pointes Bulstrode, l’attuale Santa Vittoria. 
Il suo ricordo è ancora vivo e ci parla di una donna risoluta che nonostante le impervie vie di comunicazione ottocentesche di una zona da poco colonizzata, i rigidi inverni e le scarse risorse non esita a salire a cavallo, anche durante la notte, o ad attraversare a piedi strade innevate o foreste rigogliose per andare a soccorrere soprattutto donne partorienti, malate o in difficoltà.
Alla sua morte, nel 1880, Victoriaville ne conserva le spoglie e nel 1996, il quartiere numero sette, le intitola una strada (1996).

In copertina

Jeanne Mance in un francobollo commemorativo del 1973




Victoriaville: la municipalità della Regina Victoria e non solo

Come ci suggerisce il nome del municipio, questa zona amministrativa del Québec è in onore della Regina Vittoria, l’Imperatrice britannica il cui regno ha dato nome ad un’intera epoca caratterizzata dalla presenza di questa donna dalla forte personalità tanto nella vita privata che in quella politica.
La dedica amministrativa si ebbe grazie alla sua sesta figlia, Louise, che visse come consorte Vicereale in Canada dal 1878 al 1883 a fianco del marito Governatore della provincia canadese e a cui a sua volta è dedicata la municipalità di Louiseville.

FOTO 1. Re Alberto con la sua numerosa prole tra cui Louisa, la futura Consorte del Governatore Generale del Canada

Ma le strade di questo municipio portano i nomi anche di altre illustri donne, nate e vissute a Victoriaville. che hanno arricchito la storia locale come madri di famiglia, educatrici, benefattrici, colonizzatrici. Tra queste anche le artiste Suzanne Bastien e Annette-Bédard.

FOTO 2. Annette (sx) e Suzanne (dx)

Suzanne De LaRochelle-Bastien, ha avuto una strada a lei dedicata, vicino a Notre- Dame Est, nel 2009. È stata un’artista capace di diventare in trent’anni un punto di riferimento nell’educazione artistica del luogo, soprattutto per le ragazze. A lei si deve il Centro d’Arte di Victoriaville, aperto nel 1960, dove la sua attività didattica ha arricchito la conoscenza e il gusto non solo delle sue allieve e allievi ma anche dell’intera popolazione.
Promotrice dagli anni sessanta agli anni novanta dello scorso secolo di mostre, spettacoli, vernissage ha decisamente dato un grande contributo artistico alla sua comunità, che ora ne riconosce i meriti. È stata posta infatti anche una sua targa identificativa, che ne racconta le azioni, nel settore toponomastico vicino alla Via di Sainte-Victoire, pensato per ricordare con placche commemorative e ridare lustro alle donne importanti per il territorio.

FOTO 3. Rue Annette Bedard

Annette-Bédard è stata invece una pioniera dell’arte fotografica: riuscì a fare della sua passione e del suo talento un lavoro, diventando la prima fotografa professionista del Québec. Nata proprio a Vittoriaville aprì un suo studio fotografico intorno al 1925. Lo studio Bédard rimase attivo fino agli anni quaranta del Novecento e ha portato il suo nome sino al 1983. Esempio femminile di realizzazione professionale oltre che imprenditoriale, Annette fu anche la prima donna ad aprire e possedere un conto bancario in città, nonché una tra le prime persone di Victoriaville a possedere e guidare un’auto.

 




La straordinaria banalità delle donne di Amos

Il municipio di Amos ha due strade dedicate a donne dalla vita tanto quotidiana quanto eccezionale. Considerate pioniere di frontiera, agli inizi del XX secolo hanno portato la loro esperienza di vita ordinaria ai confini di terre impervie e disabitate.

Albertine Chalifaux sposa Ernest Turcotte e nel 1910 si stabilisce con lui nell’Ovest del Québec sulla riva del fiume Harricana, in quello che diventerà negli anni proprio il centro della municipalità di Amos. Parte con quattro figli, l’ultimo dei quali ha nove mesi e affronta un viaggio che ha dell’incredibile ma che per l’epoca è l’unico possibile: la navigazione in canoa. Accetta la sfida di vivere in un territorio selvaggio come l’Abitibi, da conquistare e domare, crescervi la prole e provvedere alla sua istruzione.

FOTO 1. Albertine con i suoi primi quattro figli e il marito Ernest nel 1911 ad Amos

Durante il viaggio, tappa dopo tappa, riesce a scrivere delle pagine autobiografiche che esprimono speranza e umanità – grazie all’aiuto degli ingegneri della linea ferroviaria Transcontinentale in costruzione proprio in quel periodo o degli indiani della tribù degli Algonquins, curiosi di sentire i racconti di viaggio e di scambiare pellicce con provviste – ma anche angoscia e sconforto – per quei giacigli notturni di fortuna sulle rive del fiume Ottawa, per i disagi e i timori, per i ripari da tuoni e fulmini nei boschi sfuggendo alle tempeste, per la neve da cui non si sa come difendersi. Arrivata in pieno inverno a destinazione, la coppia monta un campo provvisorio ma già due settimane dopo ha costruito con tronchi e tavole quella che sarà la propria casa e in primavera organizza l’orto. Pochi anni più tardi, nel 1914, è già in grado di acquistare numerosi appezzamenti di terreno da colonizzare e coltivare.  Da qui Albertine non si muoverà più e avrà altri quattro figli.
Nel 2010, in occasione del centenario dell’arrivo delle prime famiglie colonizzatrici su queste terre, ad Albertine Chalifaux è stata intitolata una strada per ricordare il suo coraggio e la sua forza.

Anche la strada intitolata a Alexina Godon è dedicata a una pioniera.

FOTO 2. Alexina Godon

Rimasta vedova con quindici figli – di cui ben cinque coppie gemellari di età compresa tra i cinque e i quindici anni – decide di trasferirsi nelle terre d’Amos nel 1916 e cercare di cogliere l’occasione di rifarsi una vita. Il trasferimento era stato già deciso con il marito, che nel frattempo era deceduto. Alexina non abbandona l’idea. Nella futura Amos  diventa un punto di riferimento e di ammirazione per la tenacia con cui alleva la sua numerosa prole e diventa l’emblema della donna capace di gestire e risollevare con successo le sorti avverse. Partecipa attivamente alle semine, ai raccolti, all’allevamento del bestiame. Partita con cinquanta dollari per il viaggio, in undici anni riesce a disporre di un suo capitale di quarantaduemila dollari, ha due macchine, una casa dotata di luce e telefono e oltre duemila acri di terreni.  Grazie alle sue capacità è la prima donna a essere premiata nel 1927 con l’Ordine di merito agricolo. E nello stesso anno viene scelta tra le personalità del luogo, come simbolo, per posare accanto all’acclamato campione di sollevamento pesi Victor Delamarre in tour con la sua roulotte per tutto il Canada.

FOTO 3. Alexina Godon, al centro, con l’atleta Victor Lamarre nel 1927

Anche oggi Alexina è un simbolo: rappresenta tutte le donne che vogliono o debbono ricominciare da zero e ce la fanno con successo, tenacia e caparbietà. A lei, infatti, le donne del Raggruppamento territoriale di Abitibi-Témiscamingue, nel 1998, hanno dedicato un premio annuale.

 

In copertina: Il centro di Amos




Parigi – Cours la Reine

Nell’8° arrondissement di Parigi, subito dopo la Place de la Concorde, si estende il Cours la Reine. Aperta nel 1618 da Maria de’ Medici su antiche coltivazioni di orticoltori, questa “promenade” si estendeva originariamente dal giardino delle Tuileries alla piazza della regina Astrid. Costruita appositamente per la regina Maria e riservata alle sue amicizie alto-borghesi, la passeggiata le permetteva di camminare dal suo castello a Tuileries, lungo la Senna, senza essere disturbata dal traffico cittadino.

Foto 1. La promenade

Il Cours, compreso tra i ponti di Concorde e Invalides, vicino agli Champs Elysees e al Grand Palais è un indirizzo di prestigio e di glorificazione per i personaggi illustri. Sono installate qui, infatti, grandi statue che glorificano: Simon Bolivar, il Marchese de La Fayette e Alberto I del Belgio.

Maria de’ Medici nacque a Firenze il 26 aprile 1573, da Francesco I, granduca di Toscana, e da Giovanna d’Austria, figlia dell’imperatore Ferdinando I d’Asburgo. Pur non avendo avuto un’infanzia particolarmente allegra – presto orfana di madre, soffrì di solitudine dopo la morte del fratello e di una sorella e il matrimonio della sorella Eleonora – godette di una educazione esemplare. Nel 1600 sposò per procura il re Enrico IV di Borbone principalmente per dare ai Medici lo scettro e abbattere le preoccupazioni dinastiche e finanziarie dei Borbone: la famiglia della sposa, composta da banchieri creditori, condonò infatti il debito e consegnò nelle mani del re una dote pari a seicentomila corone d’oro (da qui il soprannome della regina “la grossa banchiera”).

La loro unione non fu molto felice: Maria dovette sopportare le numerosi amanti del marito e i suoi lati senza scrupoli. Dovette attendere il 13 maggio 1610 per essere incoronata regina, nella Basilica di St. Denis, durante un’assenza del re. Poche ore dopo l’incoronazione, il re venne assassinato e Maria de’ Medici divenne reggente al trono per suo figlio, Luigi XIII, ancora troppo giovane per governare. Le sue abilità diplomatiche le fecero compiere un capolavoro.

Foto 2. Charles Martin (1562-1646). Maria de’ Medici con suo figlio Luigi XIII. Museo delle Belle Arti di Blois

Durante il suo regno, si avvicinò alla Spagna grazie a un’alleanza confermata da un doppio matrimonio: quello di sua figlia, Elisabetta all’infante Filippo IV, ma soprattutto quella di suo figlio, futuro re di Francia, Luigi XIII, ad Anna d’Austria. Inoltre, la figlia Maria Cristina sposò Vittorio Amedeo I di Savoia ed Enrichetta Maria Carlo I d’Inghilterra.
Nel frattempo, la nobiltà francese si ribellò contro di lei. La politica basata sulla corruzione e i favoritismi condotta da Maria de’ Medici fece nascere un sentimento di disaccordo anche da parte di suo figlio Luigi XIII che, il 24 aprile 1617, prese il trono con un colpo di stato ed esiliò sua madre nel castello di Blois.

Nel febbraio 1619, la regina scappò dalla sua prigionia e organizzò una ribellione contro il figlio, seguita da una serie di conflitti che termineranno quando il re decise di perdonare la madre e farla ritornare a corte. Maria de’ Medici, di ritorno dall’esilio, si concentrò nella costruzione del suo Palazzo del Lussemburgo e allo stesso tempo, divenne la mecenate di vari pittori parigini, come Guido Reni e Rubens.

Foto 3. Palazzo e Giardini del Lussemburgo

Pochi anni dopo (1622), venne riammessa al Consiglio di Stato. Grazie al nuovo ruolo acquisito e ai privilegi riottenuti, Maria tentò di riottenere anche la corona, e per questo sostenne il più possibile l’ascesa del duca di Richelieu, che viene nominato cardinale ed entrò a far parte del Consiglio reale. Tuttavia, Richelieu da subito si mostrò decisamente ostile alla politica estera progettata da Maria, decidendo di ribaltare tutte le alleanze strette con la Spagna fino a quel momento. L’ex regina tentò di opporsi e di indurre il re a non approvare il piano progettato da Richelieu. La congiura, tuttavia, non ebbe esito positivo, perché il cardinale venne a conoscenza dei vari complotti, e nel corso di un colloquio con Luigi XIII lo indusse a punire i congiurati e a ritornare sulle proprie decisioni. L’11 novembre del 1630 (quello che passerà alla storia come “Journée des Dupes”, la “giornata degli ingannati”), Richelieu fu riconfermato primo ministro, i suoi nemici definitivamente rovesciati e Maria de’ Medici costretta all’esilio. Dopo aver perso qualunque autorità, la regina madre all’inizio del 1631 venne condotta a Compiègne, agli arresti domiciliari; poco dopo, inviata a Bruxelles in esilio. Per diversi anni visitò molte corti europee per perorare la sua causa e tornare in Francia, ma non vi riuscì e visse nella casa del pittore Rubens, autore del ciclo di Maria de’  Medici, esposto al Louvre (Ala Richelieu).

Foto 4. Ciclo Maria de’ Medici.

  1. Il matrimonio per procura di Maria de’ Medici e Enrico IV, a Firenze il 5 ottobre 1600
  2. Lo sbarco della regina a Marsiglia, il 3 novembre 1600

Maria de’ Medici morirà in circostanze poco chiare il 3 luglio del 1642 a Colonia.

Omaggi:è presente una statua di Maria de Médicis, realizzata da Louis-Denis Caillouette, nei giardini del Lussemburgo, a Parigi.

Foto 5. Statua di Maria de Medici ai Giardini del Lussemburgo

 

 




I municipi femminili del Québec

Le municipalità del Québec intitolate a donne laiche non sembrano essere particolarmente attente alla valorizzazione femminile nella toponomastica. I loro nomi, del resto, raccontano spesso storie di uomini illustri, personalità locali che hanno voluto dedicare un angolo di territorio a moglie, madri o figlie.

FOTO. Passo di Bolton, di William Henry Bartlett (1842)

È così per Katherine Bolton, cui sono dedicati ben due municipi – l’Est e l’Ovest.

Katherine fu la seconda moglie dell’ammiraglio della Marina navale inglese, Henry Powlett e sesto Duca di Bolton, nonché figlia di Robert Lowther – un grosso proprietario terriero che divenne governatore delle Barbados dal 1711 al 1714 – e sorella del I Conte di Lonsdale, James Lowther, che elevò il nome della propria famiglia ai ranghi nobiliari dell’aristocrazia inglese. Katherine era fidanzata con il generale James Wolfe, grande protagonista nella Guerra dei Sette anni tra Francia e Inghilterra, che morì nel 1759 nella battaglia delle Piane di Abraham, dopo aver portato alla vittoria l’esercito britannico, segnando in tal modo il destino del Canada. Wolfe, considerato un eroe nazionale, nominò nel suo testamento come erede la stessa Katherine a riprova del loro fidanzamento (che però non è documentato da altre testimonianze in quanto la loro corrispondenza è andata perduta).

Il municipio di Hudson, invece, prende il nome da Eliza Hudson, la giovane moglie di un importante imprenditore locale che ha voluto onorare la consorte lì dove ha costruito, nel 1845) una vetreria molto redditizia, la “Ottawa Glass Works Company”. In realtà, inizialmente, fu il solo ufficio postale ad avere il nome di sua moglie,  ma da questa nomina è derivato poi il nome dell’intero municipio.

FOTO. Hudson

La municipalità di Maria, è legata Maria Howard, moglie del luogotenente del Québec (1766-1768), Guy Carleton, che divenne secondo Governatore della provincia del Québec (dal 1768 al 1778 e ancora nel 1786), e infine primo governatore generale dell’America britannica del nord (1796). A lui è dedicata la vicina città di Carleton sul mare.

FOTO. Maria

Il municipio Léry (foto in copertina) ricorda Marie-Louise Couillard de l’Espinay, moglie di Joseph-Arthur Trudeau, esponente politico locale che permise la creazione di questo municipio all’epoca della prima guerra mondiale.

Fossambault-sur-le-Lacè dedicato a Catherine Nau, figlia di Jacques Nau de La Boissière e de Fossambault, primo segretario generale del Sovrano Consiglio. Il municipio deve il suo nome al figlio, Alexandre Peuvret de Gaudarville, Capo commesso del Sovrano Consiglio e segretario del Re, che nel 1693 eredita la Signoria di Fossambault e due anni dopo anche quella di Gaudarville, dedicandola a sua madre.

Les Îles-de-la-Madeleine sono un omaggio a Madeleine Fontain da parte di suo marito, il secondo proprietario dell’arcipelago omonimo nel golfo di San Lorenzo, François Doublet, che grazie a un permesso reale ne scelse il nome nel 1663.

FOTO. Fossambault-sur-le-Lac

Infine laRivière-Hévaricorda Éva Girard  de Trois-Rivières, moglie dell’agrimensore Fernand Fafard a cui fu affidato l’esame territoriale della regione dell’Abitibi. Fernand fu anche deputato nella Camera canadese dei comuni in numerose legislature (tra il 1917 e il 1940) e in seguito senatore. Possiamo immaginare quindi la vita di Éva tra viaggi, vita diplomatica e agiatezza sociale grazie alla carriera del marito, cui ha dato importante sostegno.

FOTO. Rivière-Héva

 

 




Parigi – Place de la Reine-Astrid

Siamo ancora nell’8°arrondissement, all’angolo tra Avenue Montaigne e Cours Albert I°, poco distante dal vicino al ponte di Alma. Questa piazza, costruita nel 1936, è dedicata alla regina Astrid di Svezia, moglie di Leopoldo III del Belgio. Nel centro di essa si erge un“monumento di riconoscenza del Belgio alla Francia”, inaugurato nel 1923.

FOTO 1

Nata a Stoccolma il 17 novembre 1905, Astrid Sofia Lovisa Thyra Bernadotte è figlia del principe Carlo di Svezia e di Ingeborg di Danimarca. Discende da Carlo XIV di Svezia (Generale di Napoleone I) e Désirée Clary. Anche se principessa, Astrid è molto lontana dal diventare regina nel suo Paese nativo, penalizzata dall’ordine di successione.

Nel maggio 1926, a Copenaghen, Astrid ebbe un vero e proprio “colpo di fulmine” per il duca di Brabante Leopoldo, principe del Belgio. I due giovani non avevano in comune né la religione né la lingua ma il 4 novembre dello stesso anno, a Stoccolma, si svolse il loro matrimonio (civile). Astrid conquistò rapidamente il popolo belga, grazie alla sua immagine di principessa innamorata. Sempre più unita, la coppia ebbe tre figli: Charlotte-Josephine, Baldwin I e Alberto II. Alla nascita dell’erede al trono, Astrid dichiarò “Ora, sono davvero belga”, conquistando tutta la simpatia della gente. La principessa incantò tutti con i suoi sorrisi e la sua gentilezza, in patria e durante i viaggi ufficiali all’estero. Inoltre, molto vicina al popolo, fu celebre anche per la raccolta di denaro e vestiti a beneficio di coloro che erano stati colpiti dalla crisi economica.

Il 17 febbraio 1934, il re del Belgio Alberto I morì e nominarono sovrano suo figlio primogenito, il duca di Brabante Leopoldo, sotto il nome di Leopoldo III: Astrid diventò a sua volta regina. Fu così che la vita tranquilla da principessa venne sconvolta dai doveri del nuovo ruolo, che le lasciavano ben pochi momenti di libertà.

Nel 1935 la famiglia reale trascorse l’estate in Svizzera, e finalmente Astrid poté dedicarsi ai figli, ma di lì a poco figli, a causa di un’incuria del re, un incidente d’auto mise fine alla vita della giovane regina, a soli ventinove anni. Il 30 agosto il corpo di Astrid fu riportato in Belgio e il 3 settembre venne sepolta nella cripta reale di Nostra Signora di Laeken, a Bruxelles. Leopoldo non si riprese mai dalla morte della moglie, di cui fu indirettamente responsabile. La regina restò nei cuori del suo popolo.

FOTO 2

Tributi

– In Francia, oltre alla Piazza dell’8° arrondissement di Parigi, esiste una Promenade Reine Astrid sul lungomare di Mentone (nelle Alpi Marittime).

– In Belgio troviamo il memoriale della regina Astrid, eretto dall’architetto Bonduelle, a Laeken; nel comune di Anderlecht, nella Regione di Bruxelles-Capitale, l’ex parco Anderlecht è stato ribattezzato Astrid Park nel 1935, in seguito alla sua morte; nel cuore della città di Charleroi, esiste dal 1939 il Reine Astrid Park; al municipio di Liegi, un’opera dello scultore Adelin Salle la rappresenta con suo figlio, il Principe Alberto, a Liegi, il 7 luglio 1935.

– Ci sono anche molti luoghi che rendono omaggio alla regina nelle Fiandre, come la piazza Astrid vicino alla stazione centrale di Anversa, altre piazze a Duinbergen e Wenduine e diverse strade sulla costa belga.

– Anche la Svizzera la ricorda, con una cappella a Küssnacht, sul luogo dell’incidente automobilistico che le costò la vita. A poca distanza, in un museo, sono conservate immagini e reperti dell’incidente.

– In Germania, esiste il Camp Queen Astrid, vecchia caserma belga, eretta dopo la seconda guerra mondiale delle forze di occupazione in Belgio nel 1948.

– E persino nei possedimenti coloniali africani è giunta la sua memoria: la citta di Butare, nel sud del Ruanda, in passato portava il suo nome.

 




Marcelle Ferron: l’artista controcorrente di Louisville

Prosegue il viaggio nel municipio di Louisville, dove la maggior parte delle strade intitolate a donne indica nomi di battesimo con una sola eccezione: la dedica a Marcelle Ferron, un’artista che ha portato lustro al municipio e al Paese.

Marcelle nasce proprio a Louisville, nel 1924. Dimostra subito un carattere deciso e volitivo che le farà lasciare gli studi alla Scuola di Belle Arti per seguire una sua personale ricerca artistica, culminata nell’adesione alla corrente rivoluzionaria degli Automatisti, un movimento creato nel 1942 a Montréal da Paul-Émile Borduas, ispirato ai surrealisti francesi. Marcelle sarà la più giovane firmataria del manifesto “Refus Global” (1948), una dichiarazione che rifiutava le regole e i valori dell’arte tradizionale del Québec e anche della religione. Inevitabilmente questa presa di posizione susciterà molto scandalo ma sarà fondamentale per la crescita culturale del Quebéc: inaugura una nuova era nell’arte moderna, imprimendo una modernizzazione artistica di cui Marcelle sarà sempre una grande protagonista. Con il movimento rivoluzionario, nel 1951, Marcelle espone le sue opere a Parigi.
Due anni più tardi tornerà nella capitale francese per dedicarsi al disegno e alla realizzazione di vetrate artistiche, riconosciute da tutti un’espressione del suo grande talento. Il tratto distintivo delle sue opere – quadri, vetrate e sculture – è caratterizzato da una grande luminosità cromatica. Esporrà le sue opere al Louvre nel 1960 e al Museo Nazionale d’Arte Moderna di Parigi, nel 1962 e 1965. Esporrà poi nel resto d’Europa a Bruxelles, Monaco, Milano, Zurigo, Roma, Torino ma anche a San Paolo e a Città del Messico.

Espulsa dalla Francia per le sue azioni politiche, nel 1966 decide di tornare in Québec dove insegnerà per vent’anni all’Università Laval, tra i più antichi e prestigiosi atenei canadesi.

Dal suo rientro in Canada, la sua arte riflette l’impegno sociale in favore di lotte sindacali e indipendentiste e il suo talento viene messo a servizio della collettività. Una sua vetrata artistica tra le più note è visibile nella metro Champ-de-Mars (in copertina): è la prima vetrata a soggetto astratto mai installata in un metrò canadese. Nello stesso anno (1968), in ricordo dei sei milioni di vittime ebree dell’Olocausto, realizza per il Congresso ebraico un’altra vetrata, ancor oggi visibile nella hall dell’Università Concordia. Segue una committenza religiosa per la Chiesa del Sacro Cuore (1969) e per il Palazzo dell’Organizzazione dell’Aviazione civile internazionale (1975).

Foto 1

Negli anni contribuirà al decoro degli spazi pubblici del Quebéc con una vetrata per il Palazzo di Giustizia di Granby (1979), per il metro di Place Vendôme (1981 – foto 1)e per l’Ospedale di Santa Giustina (1994). È presente con la sua arte anche al centro direzionale Palace du Patronage, che ospita la sede del Governo federale, dell’Ufficio della proprietà intellettuale e il Centro per le operazioni emergenziali. Commemora inoltre il massacro del Politecnico del 1989 in una vetrata per la Biblioteca dell’Università Bishop’s, un’università di lingue tra le più piccole ma antiche del Quebéc.

Il Museo d’Arte Contemporanea di Monréal le dedica, a inizio del millennio, una retrospettiva delle sue maggiori opere. Muore nel 2001 a Monréal e viene sepolta al cimitero di Mont-Royal (foto 2).

Foto 2

Nel 1983 per i suoi meriti artistici aveva ottenuto il premio Paul-Émile Borduas, prima artista a riceverlo, nel 1985 era stata proclamata Cavaliere dell’Ordine Nazionale del Quebéc e nel 2000 Grande Ufficiale dell’Ordine.

L’università di Monréal ha creato una borsa di studio in suo onore nella Facoltà di Storia dell’Arte e nel 2017 le è stata intitolata la strada nel municipio dove nacque, Louisville appunto. Diverse strade canadesi portano oggi il suo nome.

Foto 3. Intitolazioni odonomastiche a Marcelle Ferron

 

 




Il Cairo – Hud Shaʿrāwīi ash-Shaʿrāwīi, femminista egiziana

Le pioniere del femminismo sono celeberrime nel mondo arabo. La passione per il racconto delle loro vite eccezionali, ha prodotto un genere letterario, che si chiama da nisā’, in arabo donne, le nisā’iyyat. Inversamente alla popolarità queste figure chiave nella storia dei diritti umani del mondo arabo, sono molto poco note in Occidente.

Una delle più belle e vivaci pagine della sociologa marocchina Fatema Mernissi nella sua autobiografia, celebra nel capitolo “Femministe egiziane in terrazza”, la più conosciuta e famosa tra loro, che condusse con successo al riconoscimento di diritti fondamentali per le donne egiziane e arabe, musulmane e non: Hudā ash-Shaʿrāwīi.

Nata a Minya nel 1879, Hudā visse in una famiglia fautrice del costituzionalismo egiziano. All’età di tredici anni dovette sposare il suo cugino e tutore. Dopo le nozze tornò a vivere nella casa materna e qui rimase sette anni durante i quali acquisì una doppia educazione, francese e araba. Consapevole della propria ampia formazione si impegnò nella lotta contro l’occupazione britannica, fino a organizzare la storica marcia delle donne, nel 1919, per le strade del Cairo, per protestare contro l’arresto e l’esilio dei quattro capi principali della resistenza egiziana. Questa marcia divenne la pietra miliare di una lunga successione di gesti politici clamorosi.

FOTO 1

Invitata a Roma nel 1923 dall’Alleanza Internazionale per il Suffragio Femminile, Hudā partecipò con due sue collaboratrici. Al loro ritorno al Cairo, scendendo dal treno, le tre donne si tolsero il velo imitate da tutte le presenti che erano andate ad accoglierle. Shaʿrāwīi  fondò l’Unione Femminista Egiziana (UFE), per protesta contro il nuovo stato egiziano, diventato indipendente nel 1922, e che subito aveva dimenticato, sebbene se ne fosse giovato per avere ragione del colonialismo britannico, le istanze delle donne. UFE fu il fulcro delle attività femministe egiziane che con successo si batté per il diritto di voto. Altri traguardi nel 1924 furono le leggi per l’affido dei figli alla madre in caso di divorzio, e l’innalzamento dell’età legale a sedici anni per il matrimonio e l’istruzione obbligatoria per le ragazze. Si impegnò per un dialogo costruttivo e di pace fra Oriente e Occidente e fu rappresentante dei paesi arabi e africani nelle conferenze dell’Alleanza Internazionale di cui fu vicepresidente per il resto della sua vita.

Una via la ricorda al Cairo, dove morì nel 1947, nella capitale egiziana, dove con tanto fervore condusse le donne a rivendicare nello spazio pubblico, le strade della città, i loro diritti.

 




Parigi – Allée de la Comtesse de Ségur

Il viale, situato all’interno del Parc Monceau, nell’VIII arrondissement parigino, è dedicato dal 1978 a Sophie Rastopcìn, contessa di Segur. Un tempo chiamato Velasquez Lane, il percorso si estende da avenue Velasquez ad avenue Van-Dyck.

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Sophie Rostopchine (in russo Sofia Fiodorovna Rostopchina), russa di nascita e francese per matrimonio, nacque a San Pietroburgo il primo agosto del 1799.

 

Considerata “il Balzac della gioventù”, scrisse molte commedie per l’infanzia, considerate dei veri e propri capolavori, e, come Balzac, venne illuminata dalla luce di due torce: la religione e la monarchia.

 

Appartenente a una grande famiglia aristocratica russa, risalente al Khanato dell’Orda d’Oro e a Gengis Khan, trascorse l’infanzia e l’adolescenza nella campagna di Voronovo, nell’imponente tenuta di famiglia prossima alla capitale, dove ricevette l’educazione tipica dell’aristocrazia russa, che prevedeva l’insegnamento di varie lingue straniere tra cui il francese. Da adulta divenne una poliglotta in grado di parlare ben cinque lingue.

Il padre, governatore generale di Mosca, e dunque personaggio politico di rilievo durante il regime zarista, fu ritenuto responsabile dell’incendio di Mosca del 1812 durante l’invasione napoleonica e cadde in disgrazia. Costretto ad abbandonare la Russia insieme alla sua famiglia, giunse in Francia nel 1817, con Sophie diciottenne.

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L’anno successivo la giovane sposò il conte de Ségur, divenendo così contessa. Dall’unione nacquero ben otto figli e, a seguire, numerosi nipoti, che ispireranno i suoi romanzi.

Sophie, infatti, iniziò a comporre all’età di cinquantacinque anni, quando era già nonna.

Si dice che le sue opere siano nate in parte mettendo per iscritto le fiabe e i racconti che narrava ai suoi tanti nipotini e in parte ispirandosi alla loro vita quotidiana.

Il suo primo romanzo “Nouveaux contes de fées pour les pétits enfants” (in italiano “Nuovi racconti di fate per bambini”), venne stampato da Hachette nel 1856 e, sulla scia del successo ottenuto, l’editore francese decise di pubblicare tutte le opere che la contessa scrisse tra il 1856 e il 1871.

Sophie fu una scrittrice molto prolifica: la sua produzione letteraria vanta più di venti romanzi, a cui si aggiungono altre opere di saggistica e di carattere epistolare.

Nel 1866, divenne terziaria francescana, sotto il nome di Suor Marie-Françoise, ma continuò a scrivere. La sua vedovanza e il conseguente crollo delle vendite dei libri la costrinsero a vendere il castello di Aube, in Normadia (Château des Nouettes) e a ritirarsi a Parigi, al 27 rue Casimir Perier, nel VII arrondissement, dove morì, il 9 febbraio del 1874, come recita la targa a memoria.

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Le sue spoglie furono sepolte a Pluneret, in Bretagna. La città di Aube le ha dedicato una scuola e un museo.

In Italia, purtroppo, ben pochi dei suoi romanzi sono stati tradotti e le rare edizioni sono piuttosto datate.




Québec – Louiseville: la municipalità della principessa Luisa di Sassonia

Inizia il nostro viaggio negli undici municipi del Québec dedicati a figure di donne laiche.

A queste donne sono state intitolate municipalità in onore del loro ruolo al fianco di illustri uomini locali. La maggior parte di loro sono state le mogli di esponenti importanti dell’economia o della politica del luogo o figlie di funzionari reali quando non proprio di Regine, come Luisa Carolina Alberta di Sassonia Coburgo Gotha, figlia della Regina Vittoria, la Principessa cui è dedicata la municipalità di “Louiseville”.

La sesta figlia della Regina Vittoria e del Principe Albert fu tra le figlie più amate dai reali britannici. Dal carattere allegro ma deciso e indipendente, dalle spiccate capacità artistiche amava dipingere e avrebbe voluto dedicarsi a una carriera da pittrice tuttavia il suo ruolo non le permise tali aspirazioni e rimasta nubile tra le sorelle divenne, seppur informalmente, la segretaria personale della Regina nel 1866. Nel 1970 decide di sposare il Duca di Argyll, scegliendolo indipendentemente dalle varie candidature che i pretendenti di rango superiore delle maggiori case regnanti europee avevano proposto.

Luisa arriverà in Canada nel 1878 come Consorte Vicereale quando suo marito viene nominato Governatore Generale e proprio in questa data le viene dedicato il municipio nel Québec.

Stabilisce a Ottawa la residenza ufficiale che grazie al suo talento acquisisce opere d’arte anche personali tra quadri e sculture della Principessa Luisa stessa. Fonda inoltre ben due Società dedicate all’Arte, l’Accademia Canadese delle Arti e la Società delle Arti Decorative e dell’associazione artistica.

Ma l’apporto che la Principessa Luisa darà alla sua terra d’oltreoceano non sarà esclusivamente dedicato all’arte. Presiede, infatti, l’Associazione educativa femminile della Società per la Protezione delle Donne Immigrate di Montréal.

Rimasta vittima di un incidente in carrozza nel 1880 per le strade di Ottawa, decide di affrontare il rigido inverno alle Bermuda dove in suo onore viene costruito un hotel a lei intitolato. Luisa inaugura così la vocazione turistica dell’isola tuttora in auge. 
Ripresasi dai postumi dei traumi solo due anni dopo decide, nel 1883, di lasciare il Canada e di tornare in patria dove abbraccia la causa delle suffragette. 
Non scorderà tuttavia mai il suo periodo canadese e durante la ribellione degli aborigeni Mètis del 1885 invia aiuti medici a supporto sia delle truppe filo governative che degli aborigeni.

Nel 1900 diventa Duchessa di Argyll e nel 1905 la regione Alberta viene intitolata in suo onore. Nonostante fosse stato scelto il suo primo nome di battesimo, essa stessa indica invece il suo ultimo nome per omaggiare a sua volta il suo adorato padre Albert e così fu anche per il nome del Monte Alberta.  Anche un lago in Canada porta il suo nome e appunto il municipio di Louisville in cui su dieci strade dedicate a donne, la metà è dedicata a nomi di battesimo di donna e a storie di artiste che scopriremo poco alla volta.