I municipi femminili del Québec

Le municipalità del Québec intitolate a donne laiche non sembrano essere particolarmente attente alla valorizzazione femminile nella toponomastica. I loro nomi, del resto, raccontano spesso storie di uomini illustri, personalità locali che hanno voluto dedicare un angolo di territorio a moglie, madri o figlie.

FOTO. Passo di Bolton, di William Henry Bartlett (1842)

È così per Katherine Bolton, cui sono dedicati ben due municipi – l’Est e l’Ovest.

Katherine fu la seconda moglie dell’ammiraglio della Marina navale inglese, Henry Powlett e sesto Duca di Bolton, nonché figlia di Robert Lowther – un grosso proprietario terriero che divenne governatore delle Barbados dal 1711 al 1714 – e sorella del I Conte di Lonsdale, James Lowther, che elevò il nome della propria famiglia ai ranghi nobiliari dell’aristocrazia inglese. Katherine era fidanzata con il generale James Wolfe, grande protagonista nella Guerra dei Sette anni tra Francia e Inghilterra, che morì nel 1759 nella battaglia delle Piane di Abraham, dopo aver portato alla vittoria l’esercito britannico, segnando in tal modo il destino del Canada. Wolfe, considerato un eroe nazionale, nominò nel suo testamento come erede la stessa Katherine a riprova del loro fidanzamento (che però non è documentato da altre testimonianze in quanto la loro corrispondenza è andata perduta).

Il municipio di Hudson, invece, prende il nome da Eliza Hudson, la giovane moglie di un importante imprenditore locale che ha voluto onorare la consorte lì dove ha costruito, nel 1845) una vetreria molto redditizia, la “Ottawa Glass Works Company”. In realtà, inizialmente, fu il solo ufficio postale ad avere il nome di sua moglie,  ma da questa nomina è derivato poi il nome dell’intero municipio.

FOTO. Hudson

La municipalità di Maria, è legata Maria Howard, moglie del luogotenente del Québec (1766-1768), Guy Carleton, che divenne secondo Governatore della provincia del Québec (dal 1768 al 1778 e ancora nel 1786), e infine primo governatore generale dell’America britannica del nord (1796). A lui è dedicata la vicina città di Carleton sul mare.

FOTO. Maria

Il municipio Léry (foto in copertina) ricorda Marie-Louise Couillard de l’Espinay, moglie di Joseph-Arthur Trudeau, esponente politico locale che permise la creazione di questo municipio all’epoca della prima guerra mondiale.

Fossambault-sur-le-Lacè dedicato a Catherine Nau, figlia di Jacques Nau de La Boissière e de Fossambault, primo segretario generale del Sovrano Consiglio. Il municipio deve il suo nome al figlio, Alexandre Peuvret de Gaudarville, Capo commesso del Sovrano Consiglio e segretario del Re, che nel 1693 eredita la Signoria di Fossambault e due anni dopo anche quella di Gaudarville, dedicandola a sua madre.

Les Îles-de-la-Madeleine sono un omaggio a Madeleine Fontain da parte di suo marito, il secondo proprietario dell’arcipelago omonimo nel golfo di San Lorenzo, François Doublet, che grazie a un permesso reale ne scelse il nome nel 1663.

FOTO. Fossambault-sur-le-Lac

Infine laRivière-Hévaricorda Éva Girard  de Trois-Rivières, moglie dell’agrimensore Fernand Fafard a cui fu affidato l’esame territoriale della regione dell’Abitibi. Fernand fu anche deputato nella Camera canadese dei comuni in numerose legislature (tra il 1917 e il 1940) e in seguito senatore. Possiamo immaginare quindi la vita di Éva tra viaggi, vita diplomatica e agiatezza sociale grazie alla carriera del marito, cui ha dato importante sostegno.

FOTO. Rivière-Héva

 

 




Parigi – Place de la Reine-Astrid

Siamo ancora nell’8°arrondissement, all’angolo tra Avenue Montaigne e Cours Albert I°, poco distante dal vicino al ponte di Alma. Questa piazza, costruita nel 1936, è dedicata alla regina Astrid di Svezia, moglie di Leopoldo III del Belgio. Nel centro di essa si erge un“monumento di riconoscenza del Belgio alla Francia”, inaugurato nel 1923.

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Nata a Stoccolma il 17 novembre 1905, Astrid Sofia Lovisa Thyra Bernadotte è figlia del principe Carlo di Svezia e di Ingeborg di Danimarca. Discende da Carlo XIV di Svezia (Generale di Napoleone I) e Désirée Clary. Anche se principessa, Astrid è molto lontana dal diventare regina nel suo Paese nativo, penalizzata dall’ordine di successione.

Nel maggio 1926, a Copenaghen, Astrid ebbe un vero e proprio “colpo di fulmine” per il duca di Brabante Leopoldo, principe del Belgio. I due giovani non avevano in comune né la religione né la lingua ma il 4 novembre dello stesso anno, a Stoccolma, si svolse il loro matrimonio (civile). Astrid conquistò rapidamente il popolo belga, grazie alla sua immagine di principessa innamorata. Sempre più unita, la coppia ebbe tre figli: Charlotte-Josephine, Baldwin I e Alberto II. Alla nascita dell’erede al trono, Astrid dichiarò “Ora, sono davvero belga”, conquistando tutta la simpatia della gente. La principessa incantò tutti con i suoi sorrisi e la sua gentilezza, in patria e durante i viaggi ufficiali all’estero. Inoltre, molto vicina al popolo, fu celebre anche per la raccolta di denaro e vestiti a beneficio di coloro che erano stati colpiti dalla crisi economica.

Il 17 febbraio 1934, il re del Belgio Alberto I morì e nominarono sovrano suo figlio primogenito, il duca di Brabante Leopoldo, sotto il nome di Leopoldo III: Astrid diventò a sua volta regina. Fu così che la vita tranquilla da principessa venne sconvolta dai doveri del nuovo ruolo, che le lasciavano ben pochi momenti di libertà.

Nel 1935 la famiglia reale trascorse l’estate in Svizzera, e finalmente Astrid poté dedicarsi ai figli, ma di lì a poco figli, a causa di un’incuria del re, un incidente d’auto mise fine alla vita della giovane regina, a soli ventinove anni. Il 30 agosto il corpo di Astrid fu riportato in Belgio e il 3 settembre venne sepolta nella cripta reale di Nostra Signora di Laeken, a Bruxelles. Leopoldo non si riprese mai dalla morte della moglie, di cui fu indirettamente responsabile. La regina restò nei cuori del suo popolo.

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Tributi

– In Francia, oltre alla Piazza dell’8° arrondissement di Parigi, esiste una Promenade Reine Astrid sul lungomare di Mentone (nelle Alpi Marittime).

– In Belgio troviamo il memoriale della regina Astrid, eretto dall’architetto Bonduelle, a Laeken; nel comune di Anderlecht, nella Regione di Bruxelles-Capitale, l’ex parco Anderlecht è stato ribattezzato Astrid Park nel 1935, in seguito alla sua morte; nel cuore della città di Charleroi, esiste dal 1939 il Reine Astrid Park; al municipio di Liegi, un’opera dello scultore Adelin Salle la rappresenta con suo figlio, il Principe Alberto, a Liegi, il 7 luglio 1935.

– Ci sono anche molti luoghi che rendono omaggio alla regina nelle Fiandre, come la piazza Astrid vicino alla stazione centrale di Anversa, altre piazze a Duinbergen e Wenduine e diverse strade sulla costa belga.

– Anche la Svizzera la ricorda, con una cappella a Küssnacht, sul luogo dell’incidente automobilistico che le costò la vita. A poca distanza, in un museo, sono conservate immagini e reperti dell’incidente.

– In Germania, esiste il Camp Queen Astrid, vecchia caserma belga, eretta dopo la seconda guerra mondiale delle forze di occupazione in Belgio nel 1948.

– E persino nei possedimenti coloniali africani è giunta la sua memoria: la citta di Butare, nel sud del Ruanda, in passato portava il suo nome.

 




Parigi – Allée de la Comtesse de Ségur

Il viale, situato all’interno del Parc Monceau, nell’VIII arrondissement parigino, è dedicato dal 1978 a Sophie Rastopcìn, contessa di Segur. Un tempo chiamato Velasquez Lane, il percorso si estende da avenue Velasquez ad avenue Van-Dyck.

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Sophie Rostopchine (in russo Sofia Fiodorovna Rostopchina), russa di nascita e francese per matrimonio, nacque a San Pietroburgo il primo agosto del 1799.

 

Considerata “il Balzac della gioventù”, scrisse molte commedie per l’infanzia, considerate dei veri e propri capolavori, e, come Balzac, venne illuminata dalla luce di due torce: la religione e la monarchia.

 

Appartenente a una grande famiglia aristocratica russa, risalente al Khanato dell’Orda d’Oro e a Gengis Khan, trascorse l’infanzia e l’adolescenza nella campagna di Voronovo, nell’imponente tenuta di famiglia prossima alla capitale, dove ricevette l’educazione tipica dell’aristocrazia russa, che prevedeva l’insegnamento di varie lingue straniere tra cui il francese. Da adulta divenne una poliglotta in grado di parlare ben cinque lingue.

Il padre, governatore generale di Mosca, e dunque personaggio politico di rilievo durante il regime zarista, fu ritenuto responsabile dell’incendio di Mosca del 1812 durante l’invasione napoleonica e cadde in disgrazia. Costretto ad abbandonare la Russia insieme alla sua famiglia, giunse in Francia nel 1817, con Sophie diciottenne.

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L’anno successivo la giovane sposò il conte de Ségur, divenendo così contessa. Dall’unione nacquero ben otto figli e, a seguire, numerosi nipoti, che ispireranno i suoi romanzi.

Sophie, infatti, iniziò a comporre all’età di cinquantacinque anni, quando era già nonna.

Si dice che le sue opere siano nate in parte mettendo per iscritto le fiabe e i racconti che narrava ai suoi tanti nipotini e in parte ispirandosi alla loro vita quotidiana.

Il suo primo romanzo “Nouveaux contes de fées pour les pétits enfants” (in italiano “Nuovi racconti di fate per bambini”), venne stampato da Hachette nel 1856 e, sulla scia del successo ottenuto, l’editore francese decise di pubblicare tutte le opere che la contessa scrisse tra il 1856 e il 1871.

Sophie fu una scrittrice molto prolifica: la sua produzione letteraria vanta più di venti romanzi, a cui si aggiungono altre opere di saggistica e di carattere epistolare.

Nel 1866, divenne terziaria francescana, sotto il nome di Suor Marie-Françoise, ma continuò a scrivere. La sua vedovanza e il conseguente crollo delle vendite dei libri la costrinsero a vendere il castello di Aube, in Normadia (Château des Nouettes) e a ritirarsi a Parigi, al 27 rue Casimir Perier, nel VII arrondissement, dove morì, il 9 febbraio del 1874, come recita la targa a memoria.

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Le sue spoglie furono sepolte a Pluneret, in Bretagna. La città di Aube le ha dedicato una scuola e un museo.

In Italia, purtroppo, ben pochi dei suoi romanzi sono stati tradotti e le rare edizioni sono piuttosto datate.




Québec – Louiseville: la municipalità della principessa Luisa di Sassonia

Inizia il nostro viaggio negli undici municipi del Québec dedicati a figure di donne laiche.

A queste donne sono state intitolate municipalità in onore del loro ruolo al fianco di illustri uomini locali. La maggior parte di loro sono state le mogli di esponenti importanti dell’economia o della politica del luogo o figlie di funzionari reali quando non proprio di Regine, come Luisa Carolina Alberta di Sassonia Coburgo Gotha, figlia della Regina Vittoria, la Principessa cui è dedicata la municipalità di “Louiseville”.

La sesta figlia della Regina Vittoria e del Principe Albert fu tra le figlie più amate dai reali britannici. Dal carattere allegro ma deciso e indipendente, dalle spiccate capacità artistiche amava dipingere e avrebbe voluto dedicarsi a una carriera da pittrice tuttavia il suo ruolo non le permise tali aspirazioni e rimasta nubile tra le sorelle divenne, seppur informalmente, la segretaria personale della Regina nel 1866. Nel 1970 decide di sposare il Duca di Argyll, scegliendolo indipendentemente dalle varie candidature che i pretendenti di rango superiore delle maggiori case regnanti europee avevano proposto.

Luisa arriverà in Canada nel 1878 come Consorte Vicereale quando suo marito viene nominato Governatore Generale e proprio in questa data le viene dedicato il municipio nel Québec.

Stabilisce a Ottawa la residenza ufficiale che grazie al suo talento acquisisce opere d’arte anche personali tra quadri e sculture della Principessa Luisa stessa. Fonda inoltre ben due Società dedicate all’Arte, l’Accademia Canadese delle Arti e la Società delle Arti Decorative e dell’associazione artistica.

Ma l’apporto che la Principessa Luisa darà alla sua terra d’oltreoceano non sarà esclusivamente dedicato all’arte. Presiede, infatti, l’Associazione educativa femminile della Società per la Protezione delle Donne Immigrate di Montréal.

Rimasta vittima di un incidente in carrozza nel 1880 per le strade di Ottawa, decide di affrontare il rigido inverno alle Bermuda dove in suo onore viene costruito un hotel a lei intitolato. Luisa inaugura così la vocazione turistica dell’isola tuttora in auge. 
Ripresasi dai postumi dei traumi solo due anni dopo decide, nel 1883, di lasciare il Canada e di tornare in patria dove abbraccia la causa delle suffragette. 
Non scorderà tuttavia mai il suo periodo canadese e durante la ribellione degli aborigeni Mètis del 1885 invia aiuti medici a supporto sia delle truppe filo governative che degli aborigeni.

Nel 1900 diventa Duchessa di Argyll e nel 1905 la regione Alberta viene intitolata in suo onore. Nonostante fosse stato scelto il suo primo nome di battesimo, essa stessa indica invece il suo ultimo nome per omaggiare a sua volta il suo adorato padre Albert e così fu anche per il nome del Monte Alberta.  Anche un lago in Canada porta il suo nome e appunto il municipio di Louisville in cui su dieci strade dedicate a donne, la metà è dedicata a nomi di battesimo di donna e a storie di artiste che scopriremo poco alla volta.

 




Parigi. Viale Bertie Albrecht

Il viale, situato nell’8° arrondissement di Parigi, si estende dal 14, rue Beaujon al 29, avenue Hoche. Inizialmente inaugurato, nel 1908, con il nome di Park Avenue-Monceau, a partire dal 1944 rende omaggio alla patriota protestante Bertie Albrecht (1893 – 1943).

Bertie Albrecht, alias Victoria, nata Berthe, Pauline, Mariette Wild, venne alla luce il 15 febbraio 1893 a Marsiglia, in una famiglia borghese e protestante di origine svizzera. Dopo aver studiato a Marsiglia e Losanna per laurearsi come infermiera, partì per Londra alla vigilia della Grande Guerra, ma con lo scoppio delle ostilità tornò a Marsiglia dove lavorò per la Croce Rossa in diversi ospedali militari.

Nel 1918 sposò a Rotterdam il banchiere olandese Frédéric Albrecht, con il quale avrà due figli, Frédéric e Mireille. La coppia si trasferì a Londra nel 1924 ed è qui che Bertie entrò in contatto con le femministe inglesi ed inizió ad interessarsi alla condizione sociale delle donne. Separata da suo marito, si trasferì a Parigi nel 1931. In un Paese in cui le donne non avevano diritto al voto, la contraccezione era rudimentale, inefficace e inaccessibile e l’aborto pesantemente sanzionato, nel 1933 creò una rivista femminista, “The Sexual Problem”, nella quale difese il diritto all’aborto.

Benché contraria al nazismo, si occupò anche dei rifugiati tedeschi accogliendoli nella sua casa di Sainte-Maxime, Villa “La Farigoulette”. Fu allora che incontrò il capitano Henri Frenay. Dopo l’armistizio del giugno 1940, Bertie Albrecht entrò nelle fabbriche di Fulmen come sovrintendente e approfittò di questa situazione per far passare la linea di demarcazione ai prigionieri evasi. Inoltre a Vichy e a Lione, partecipò a tutte le iniziative della Resistenza di Frenay che aveva fondato il Movimento di liberazione nazionale, in seguito ribattezzato Movimento di liberazione francese.

All’inizio del 1941, iniziò a scrivere i primi volantini di propaganda del Movimento (MLN) e a raccogliere adesioni e fondi per il suddetto. Nel maggio del 1941 si trasferì a Lione, incaricata dal Ministero della Produzione Industriale e del Lavoro di risolvere i problemi della disoccupazione femminile della città. Diventata funzionaria dello Stato francese, nonché nota militante del periodo prebellico, fu strettamente sorvegliata dalla polizia francese e, senza dubbio, dai servizi segreti tedeschi. Alla fine del 1941, Albrecht e Frenay riconobbero il generale De Gaulle come simbolo della Resistenza e successivamente lanciarono tre giornali tra cui “Combat” dal quale  prenderà il nome il movimento.

Continuando la sua lotta contro i tedeschi, organizzò il servizio sociale che, in zona franca, aiutò gli attivisti imprigionati e le loro famiglie; gli uffici di Villeurbanne, comune limitrofo di Lione, divennero rapidamente gli uffici del movimento. L’andirivieni negli uffici attirò l’attenzione della polizia, che arrestò Bertie per la prima volta a metà gennaio 1942; liberata dopo tre giorni, fu costretta a dimettersi.

Dopo aver scontato sei mesi di prigionia al St. Joseph di Lione, riprese immediatamente le attività clandestine e, all’inizio del febbraio 1943, si unì a Henri Frenay a Cluny. Arrestata nuovamente a Mâcon il 28 maggio 1943 dalla Gestapo, venne torturata e trasferita nella prigione di Fort Monluc a Lione e poi, il 31 maggio 1943, a Fresnes.. Sfuggendo alla sorveglianza, si diede la morte impiccandosi quella stessa notte. Il suo corpo fu ritrovato nell’orto della prigione solo nel maggio del 1945.

Bertie Albrecht oggi è sepolta nella cripta del “Memoriale della Francia combattente” a Mont Valérien.

Oltre al viale parigino, esistono diverse strade in Francia intitolate a Bertie – a Sainte-Maxime, Nangis, Saint Gratien, Mions e nel comune di Saint-Raphaël – euna piazza a Marsiglia, di fronte all’abbazia Saint-Victor.

Altri tributi:

-Una targa al 16 della rue de l’Université, Parigi 7° arrondissement, dove Bertie Albrecht ha vissuto;

  • -Un francobollo con la sua effige, pubblicato il 7 novembre 1983 nella serie Heroines de la Résistance;
  • -Il college di Sainte-Maxime porta il suo nome;
  • -Una scuola a Caluire-et-Cuire porta il suo nome.

 

 

 

 




Tra le vie parigine dell’VIII arrondissement

L’VIII arrondissement, esteso sulla cosiddetta “rive droite” di Parigi, è celebre per il suo lusso: in esso risiede l’alta borghesia francese nonché i luoghi di maggiore potere politico, tra cui l’Eliseo ed il ministero dell’Interno.

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Storicamente parlando, è il risultato dell’espansione ottocentesca della città, sotto la guida dell’urbanista Haussmann, durante l’impero di Napoleone III. Infatti, nonostante oggi abbia assunto un carattere centrale, legato all’importanza degli Champs-Elysees, l’area non venne presa in considerazione a livello urbano fino alla metà del XVIII secolo. Precedentemente, c’erano solo boschi e due villaggi: Roule e Chaillot, su entrambi i lati dei futuri Champs-Elysées. Dal XVII al XVIII secolo, sono stati tracciati dei grandi viali che sarebbero stati di fondamentale importanza per il successivo sviluppo della città.

Dal 1616, venne aperto il Cours-la-Reine, che si estende lungo la Senna e costituisce l’inizio della “strada di Versailles”. In seguito, nel 1628, furono tracciati gli Champs-Élysées.

Le grandi opere del Secondo Impero interessarono l’arrondissement in due modi: furono creati nuovi varchi e ci fu una grande riqualificazione degli spazi pubblici esistenti.

La regola generale era che i nuovi varchi si diramassero a partire da un fulcro centrale, solitamente rappresentato da un importante monumento o centro di interesse: si veda ad esempio il caso del viale Malesherbes, che inizia dalla chiesa della Madeleine. Fu allora che la Place de l’Etoile (oggi Charles-de-Gaulle) assunse la conformazione che possiamo vedere ancora oggi: un monumento centrale di grande rilevanza da cui si dipartono 12 strade in forma radiocentrica.

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La maggior parte del tessuto urbano dell’arrondissement è continuo e regolare. I rari frammenti più irregolari sono localizzati lungo la vecchia strada di Faubourg-Saint-Honoré e attorno al Parc Monceau.

I monumenti sono davvero numerosi.  A quelli già citati, bisogna aggiungere alla lista la chiesa di Saint-Philippe-du Roule, la stazione di Saint Lazare, il Grand Palais e il Petit Palais, e soprattutto il ponte Alexander III (costruito in occasione dell’esposizione universale del 1900).

Oggi l’arrondissement si divide in quattro quartieri:

– il quartiere degli Champs-Elysées, che comprende l’intera parte meridionale dell’arrondissement fino alla Senna;

– il quartiere della Madeleine, che prende il nome dall’omonima chiesa all’estremità occidentale: qui possiamo trovare alcuni dei più importanti uffici di stato della Repubblica francese, tra cui il palazzo presidenziale dell’Eliseo, molte ambasciate e altre aziende e negozi di beni di lusso

– il quartiere di Faubourg-du-Roule, che si estende sul versante settentrionale degli Champs-Elysées;

– il quartiere Europe, che si sviluppa attorno alla Gare Saint-Lazare, la seconda stazione più trafficata di Parigi.

La toponomastica dell’arrondissement lascia davvero poco spazio alle figure femminili: se non fosse per la Madeleine – che tra boulevard, galerie, passage e place, fa notare la sua presenza – bisognerebbe darsi un bel da fare per scovare qualche donna detentrice di intitolazione.

 

 

 

Nelle prossime settimane racconteremo la loro storia.

Buona lettura.

 




Il Québec e la memoria femminile

Il riconoscimento del ruolo delle donne nella storia e nelle società è un aspetto che riguarda anche Paesi ritenuti più sensibili a questa questione.
Il Canada, infatti, patria di valenti scrittrici e attiviste politiche come Lucy Montgomery e Nellie McLung, non fa differenza rispetto ad altre realtà dove si mortifica il contributo che le donne hanno da sempre saputo dare alla comunità.

Tuttavia, già da qualche anno, questo stato federale, e nel contempo monarchia costituzionale, si è fatto promotore di iniziative volte al riconoscimento delle donne canadesi. Per la giornata internazionale delle donne nel 2016, ad esempio, le autorità hanno indetto un sondaggio cittadino per individuare le figure femminili ritenute protagoniste attive del progresso sociale canadese.

Questa iniziativa, oltre a far conoscere biografie poco note ma fondamentali per la crescita della nazione, ha anche sviluppato un vivace dibattito a riguardo, sia nell’opinione pubblica che a livello politico. Lo scopo del sondaggio era quello di dedicare una banconota alla donna scelta. E così è stato. La vincitrice, ‘a furor di popolo’, è stata l’attivista abrogazionista di colore Viola Desdmond che apparirà proprio da questo anno sulle banconote da 10 dollari canadesi diventando così la prima canadese ad essere raffigurata su una banconota regolarmente in circolazione.

Nel 2012 la sua vita è diventata un libro per bambini e le è stato dedicato un francobollo commemorativo.

Le sarà inoltre intitolata una nuova strada a Montréal dopo l’approvazione formale avvenuta la scorsa estate da parte del Comune.

Questa sensibilità verso la riscoperta, e in alcuni casi si può parlare di una vera e propria scoperta, di figure femminili di valore riguarda anche più in particolare la provincia  del Québec, che ha deciso di riconoscere alle proprie patriote, attiviste, scrittrici, artiste, lavoratrici…, un segno tangibile della loro appartenenza nella storia e nel territorio della provincia. La Commissione toponomastica del Québec infatti intende valorizzare in modo permanente la toponomastica femminile, dedicandole uno spazio stabile nel più ampio riquadro dell’ufficio preposto. Sarà un’occasione per scoprire interessanti storie.

Il Québec ha spesso derivato i nomi delle sue municipalità dalle parrocchie religiose già presenti sul territorio dal XVIII -XIX secolo, secondo la tradizione che voleva rendere omaggio al nome di un uomo o di una donna ricorrendo al relativo santo o santa di riferimento. Ne consegue che la maggior parte dei toponimi siano riferiti a figure santificate o beatificate, come nella tradizione più diffusa e consolidata da cui anche l’Italia, a maggior ragione, non sfugge.

Su 1133 municipi 515 hanno nomi santificati: in particolare sono 139 le municipalità che rievocano figure religiose, se includiamo anche la Vergine Maria e le sue declinazioni come Nostra Signora (Notre- Dame), cioè il 12% sul totale dei municipi. In dettaglio, 103 sono dedicati a sante dichiarate venerabili e 36 a donne ‘santificate’ ma laiche, spesso mogli, figlie di signori importanti nella società e nell’economia locale.

Il numero delle municipalità dedicate a donne meritevoli estranee alla religione è ben più esiguo: se ne contano appena undici. Il totale dei municipi femminili raggiunge quota 150, superando di poco il 13% dell’intero Québec.