Chiesa allo sbando: esequie per gli assassini, ma negate agli eutanasici

La morte non rende tutti uguali o almeno non chi decide di far celebrare il  funerale nella chiesa Don Bosco a Cinecittà. La parrocchia non è nuova alle cronache. Sormontata da una caratteristica cupola, è la stessa che nel 2006 negò i funerali a Piergiorgio Welby.  Malato di Sla, in fase terminale, Welby chiese ai sanitari di staccare la spina (fu eretto a simbolo dell’eutanasia) e gli furono vietati i funerali religiosi.

Non abbiamo bisogno di spiare dal buco della serratura i nuovi santi e le nuove star di Cinecittà, queste figure boccaccesche possono improvvisare un colossal infischiandosene anche del parere degli spettatori. Un funerale show con carrozza d’epoca trainata da 6 cavalli con il pennacchio nero, 12 Suv e limousine, il tutto coronato da una cascata di petali di rosa piovuti dal cielo (con la partecipazione straordinaria di un elicottero privato). Un set cinematografico a tutti gli effetti la cui sapiente regia è rimasta nell’ombra, sconosciuta addirittura al prete che ha celebrato la messa  e che, alla richiesta di spiegazioni, è caduto dalle nuvole: le sue competenze – come hanno spiegato anche dal vicariato – sono circoscritte a quanto accade all’interno della chiesa, non all’esterno, dove l’anonimo “scenografo” aveva posizionato gigantografie del malavitoso e dato il via a musiche evocative (tra l’altro la colonna sonora del Padrino).

Vittorio Casamonica, 65 anni, uno dei maggiorenti dell’omonimo clan che viene ritenuto responsabile di attività illecite come usura, racket e traffico di stupefacenti nell’area sud est della città, è stato omaggiato. Sulla bara un’immagine di padre Pio.

“Hai conquistato Roma, ora conquista il paradiso”,  “Vittorio Casamonica re di Roma” recitavano alcuni manifesti apparsi davanti la parrocchia che lo ritraevano a mezzo busto con una corona in testa, il Colosseo e il cupolone sullo sfondo. Una folla di persone ha voluto portargli l’ultimo saluto.

“Era una brava persona, corretto” hanno commentato alcuni conoscenti al termine della messa. Commozione all’uscita del feretro che è stato salutato da una “pioggia” di petali lanciati da un elicottero. Dopo la funzione, la bara è stata trasportata in una Rolls-Royce mentre la banda musicale ha suonato la colonna sonora di un altro celebre film “2001 odissea nello spazio”.

Mentre le esequie di Vittorio Casamonica a Roma in stile “Il Padrino” diventano un caso politico, il prete dichiara: “Rifarei il funerale di Vittorio Casamonica? Probabilmente sì, faccio il mio mestiere”.

All’ indomani delle esequie del boss è tornato a parlare a Sky Tg24 il parroco della chiesa Don Bosco, don Giancarlo Manieri. “Io qui ho fatto il prete, non spettava a me bloccare un funerale. La chiesa può dire no a un funerale? – si chiede rispondendo a una domanda – Ecco, questo è un problema. Le scomuniche del Papa ai mafiosi? Bisogna chiederlo in alto, non a me”. “L’esponente di un clan è comunque dentro la Chiesa…”,dice don Manieri.

Con il mondo politico allarmato dai “segnali mafiosi”, interpretati come una “sfida allo Stato”, la Chiesa non si esprime.

“Roma sfregiata, fatto inquietante”, hanno attaccato dal Pd mentre Sel ha investito del caso il Parlamento chiedendo al ministro Alfano spiegazioni sull’aspetto legale della vicenda, chi è stato il regista dell’operazione, chi ha concesso le autorizzazioni. Preoccupato anche il sindaco Marino che ha chiamato il Prefetto perché siano condotti accertamenti con estremo rigore.

Si è attivato pure il ministro dell’Interno Angelino Alfano che ha chiesto a Franco Gabrielli una “relazione dettagliata” sulla vicenda.

“Certamente si poteva e si doveva evitare. Se non si è evitato è perché Roma non ha ancora gli anticorpi necessari per comprendere e prevenire cose di questo tipo: l’esistenza della mafia è stata negata fino a pochissimo tempo fa”,  dice l’assessore alla legalità di Roma Alfonso Sabella.




ITALIA – Programmate nuove mobilitazioni No Triv: prossima tappa a Barletta

Proseguono le assemblee pubbliche dei No Triv in Terra di Bari con l’appuntamento del 26 agosto in Piazza Caduti a Barletta alle 19.30 in cui verranno affrontate proposte operative in vista della mobilitazione indetta per il 18 settembre presso la Fiera del Levante, data in cui sarà convocata la Conferenza delle Regioni del Sud sul tema delle trivellazioni in prosecuzione dell’incontro di Termoli del 24 luglio.

” Riteniamo inestimabile il valore culturale dei nostri mari e non accettiamo di barattare il nostro ambiente per scelte di sviluppo senza presente e senza futuro. Rivendichiamo il diritto delle popolazioni di scegliere quale debba essere il modello di sviluppo compatibile con il territorio che quotidianamente vivono.

Per questi motivi negli ultimi due mesi abbiamo organizzato assemblee, partecipato ad eventi culturali e manifestazioni pubbliche per informare e sensibilizzare i cittadini pugliesi sui rischi legati alle trivellazioni in mare e in terra.

Molte sono state le adesioni al nostro appello di bloccare i procedimenti in corso, tra cui quella di Caparezza, che durante il concerto del 31 luglio a Santeramo in Colle ha espresso dal palco il suo forte sostegno, abbracciando lo spirito con cui vengono portate avanti le lotte dai movimenti.

Ringraziamo anche Paola Turci, che dopo il concerto di Spinazzola del 14 agosto ha dimostrato la sua sensibilità nei confronti del territorio ascoltando il nostro appello e supportandoci con affetto.

Speriamo col nostro lavoro di continuare a tenere alta l’attenzione pubblica nei confronti dei temi ambientali e della sostenibilità della gestione delle risorse in modo che altri comuni possano fare pressioni concrete sulla Regione e sul Governo, come già avvenuto con le deliberazioni del Consiglio Comunale proposte dalla Rete Regionale No Petrolio, costituitasi il 28 giugno a Monopoli, ed approvate sotto la nostra continua sollecitazione nei comuni di Giovinazzo, Molfetta e Barletta, seppur con qualche modifica rispetto al testo proposto.

L’assemblea pubblica NO TRIV del 18 agosto scorso, tenutasi in piazza Ferrarese a Bari, ha visto la presenza di diversi comitati e collettivi, nonché di molti singoli e singole. Si è descritto lo stato dell’arte: le nove concessioni per le prospezioni geosismiche nei nostri mari sono ormai trascritte in Gazzetta Ufficiale.

Benché Puglia e Calabria abbiano fatto ricorso al TAR del Lazio contro tali procedimenti, è evidente che si tratti del minimo indispensabile che le istituzioni regionali potessero fare. In primis, perché il ricorso non è un atto di indirizzo politico, ma semplicemente una contestazione della procedura amministrativa, e in secondo luogo, perché nessuno assicura che il TAR (specialmente alla luce del Decreto“Sblocca Italia”) possa esprimersi in maniera favorevole. Del resto, il caso del rigetto del ricorso sulla Tap parla chiaro.

Serve quindi un atto più forte e concreto, che potrebbe essere l’adozione da parte di almeno cinque consigli regionali, di una delibera volta a indire un referendum popolare per l’abolizione dell’art. 35 del Decreto Sviluppo, che riguarda i procedimenti in mare entro le 12 miglia. Tale provvedimento da un lato ha vietato le attività petrolifere in mare all’interno delle 12 miglia dalla costa ma dall’altro ha fatto salvi i procedimenti in itinere, rilanciando di fatto alcuni progetti molto impattanti. Pertanto in questo caso il tema del referendum sarebbero i procedimenti in corso in mare all’interno delle 12 miglia per le quali non si è pervenuti ancora alla definizione del provvedimento di autorizzazione finale. Non dimenticando quanto emerso dal documento sottoscritto, tra le altre realtà, dal Coordinamento No Ombrina 2015, in cui si propone di allargare la consultazione referendaria anche agli artt. 37 e 38 dello Sblocca Italia, riguardanti nello specifico l’estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi ed il titolo concessorio unico.

Purtroppo i tempi sono davvero strettissimi: la dead-line per indire un’eventuale consultazione referendaria che si attui nella primavera 2016 è il 30 settembre prossimo. Il governatore Emiliano, dopo settimane di chiacchiere e spacconate, ha infine chiarito di non avere la volontà di fare questo passo, dichiarando che il “referendum chiesto dalle Regioni apre lo scontro istituzionale con Governo assai dannoso per tutti” (TW, 16/08/2015). Anche la stampa regionale non ha ben inteso il senso delle rivendicazioni verso la mobilitazione del 18 settembre, preferendo rimanere sulla posizione dell’indizione di un tavolo istituzionale.

L’assemblea ha infine deciso di promuovere una manifestazione interregionale (il 18/08 a Bari erano presenti anche realtà lucane) per il 18 settembre presso la Fiera del Levante, in concomitanza con la Conferenza delle Regioni del Sud, indetta dai governatori sul tema delle trivellazioni in mare.

Attraverso una mobilitazione partecipata e costruita dal basso, l’obiettivo è premere sulle istituzioni affinché indichino il referendum. Non siamo alla ricerca di un tavolo istituzionale sterile (Emiliano, Pittella e soci sanno benissimo quali siano le richieste dei movimenti NoTriv), ma vogliamo costruire una mobilitazione in grado di esprimere dei rapporti di forza tali da condurre ad un risultato certo. È evidente che, dopo l’esperienza dei referendum per l’acqua pubblica, con una straordinaria vittoria dei movimenti e una successiva mancata applicazione dei quesiti da parte delle istituzioni, non ci sia troppa fiducia nei confronti dell’ “arma” referendaria: alcuni interventi erano molto critici a riguardo, ma è anche vero che al momento, dal punto di vista procedurale, l’ottenimento dello stesso è l’unico mezzo per bloccare un ingranaggio che sembra girare piuttosto velocemente.

Ovviamente serve anche un lavoro di informazione capillare attraverso volantinaggi, momenti di piazza e tutte le altre forme di comunicazione che possano venire in mente. Ogni gruppo locale si impegnerà sui propri territori.

Nei prossimi giorni (dobbiamo essere davvero molto celeri) verranno discussi nella mailing list Piattaforma e percorso della manifestazione, lanciando altri eventi territoriali di preparazione.

Prossimi appuntamenti:

il 26 agosto è convocata un’assemblea/manifestazione in Piazza Caduti a Barletta, alle ore 19.30;
il 30 agosto è convocata l’assemblea della Rete Pugliese “No petrolio” a Monopoli presso la Sala riunioni del Carmine, alle ore 18:00;
altre assemblee sono in procinto di essere convocate a Taranto e Molfetta.
Il 12 settembre invece è stata convocata un’altra manifestazione autonoma con diverse realtà ambientaliste (“No Renzi Day”) e anche Cobas ed altri movimenti costruiranno qualcosa per quella data.

La mobilitazione NO TRIV contro le trivellazioni a terra e in mare, in cui far confluire l’adesione dei gruppi regionali e locali che parteciperanno o porteranno il loro contributo, è venerdì 18 settembre presso la Fiera del Levante.

Adesso serve costruire una piattaforma condivisa con pochi punti su cui fissare l’attenzione che siano spunto per proseguire la mobilitazione anche dopo settembre, senza cristallizzarsi solo sulla questione referendaria, ma riprendendo il tema dello Sblocca Italia e sviluppandolo.

COORDINAMENTO NAZIONALE NO TRIV (ABRUZZO) – Il rinvio sine die della seduta del Consiglio regionale dell’11 agosto, nel corso della quale si sarebbe dovuto discutere di una risoluzione urgente per tentare di fermare “Ombrina mare” e le trivelle entro le 12 miglia marine, è un chiaro indizio di instabilità politica che potrebbe determinare una serie di conseguenze sul piano del contrasto alla petrolizzazione da parte della nostra Regione.

Paradossalmente, i lavori venivano aggiornati a settembre, alla ripresa delle attività del Consiglio regionale, mentre a Roseto degli Abruzzi ben 5.000 persone partecipavano al “No Triv – Concerto per l’Adriatico” per dire NO AGLI IDROCARBURI e NO ALLE TRIVELLE.

Il quadro è allarmante: il procedimento relativo ad Ombrina mare procede spedito verso l’autorizzazione delle attività estrattive, mentre la Spectrum Geo sta tentando di sferrare un colpo mortale a tutto il Mare Adriatico con la tecnica dell’air-gun.

Il tempo stringe e la crisi in Regione pone problemi molto seri.

Nel frattempo il Presidente del Consiglio Renzi e il Sottosegretario MISE Vicari dichiarano che lo Sblocca Italia non è responsabile di alcuna autorizzazione a trivellare e che «confondere scientemente le attività di ricerca con le attività estrattive significa prestare il fianco alla demagogia».

Se questa è la risposta del Governo alle Regioni, che a Termoli (24 luglio) e a Roma (29 luglio) hanno chiesto di fermare le attività estrattive nel Mar Adriatico e nel Mar Jonio, la strada del “dialogo” con l’Esecutivo nazionale è divenuta chiaramente impraticabile.

TRIVELLE ZERO (MARCHE) – Arrivano nel mare marchigiano le trivelle del Governo Renzi: ecco le prove delle piattaforme in arrivo.

11902286_1616580955296599_7709351930565044195_n

Fotografata a S. Maria di Leuca una piattaforma in viaggio verso il mare di Ancona.

Le piattaforme in realtà sono due, la Bonaccia NW e la Clara NW. Otto i nuovi pozzi (quattro per piattaforma) e 15 km di nuove tubazioni sottomarine.

Nei Decreti stessi si riconoscono i gravi rischi per il mare Adriatico, ma si va avanti lo stesso!

Le trivelle entreranno presto in azione nel mare marchigiano di fronte ad Ancona.

Gli attivisti si sono accorti dell’avvio dei progetti grazie ad un fotografo che ha immortalato il passaggio di una piattaforma chiedendo informazioni al Forum Italiano dell’Acqua. Dopo una breve ricerca si è risaliti al fatto che da La Spezia ai primi di agosto è partita alla volta del mare marchigiano la piattaforma Bonaccia NW dell’ENI seguita a breve un’altra piattaforma, la Clara NW. Anche diversi siti online di La Spezia avevano commentato la partenza delle due strutture verso il mare marchigiano (ad esempio, http://www.cittadellaspezia.com/La-Spezia/Economia/Navalmare-varata-anche-la-piattaforma-188529.aspx). In tutto saranno presto perforati e messi in produzione 8 pozzi.

Secondo il sito del traffico marittimo di fronte ad Ancona sta già operando un pontone della Saipem (il Saipem3000, si allega mappa e posizione ieri).

Si tratta di due progetti approvati, per quanto riguarda la Valutazione di Impatto Ambientale, dal Governo Renzi nel settembre 2014. Segue una breve descrizione dei progetti.

Bonaccia NW: il Decreto interministeriale di Valutazione di Impatto Ambientale per la piattaforma Bonaccia NW è stato emanato il 9 settembre 2014 (D.M. n.0000222) con parere favorevole della Regione Marche (Decreto dirigenziale del 09/05/2015 a firma di David Piccinini, Responsabile unico del Procedimento Velia Cremonesi). Essa è inserita nel contesto di sviluppo della concessione B.C17.TO situata in Mar Adriatico a 60 km dalla costa all’altezza di Ancona. Il progetto prevede l’installazione di una nuova piattaforma a 4 gambe (Bonaccia NW), la perforazione, completamento e messa in produzione, per circa 25 anni, di quattro nuovi pozzi direzionati (Bonaccia NW1 Dir, Bonaccia NW 2 Dir, Bonaccia NW 3 Dir e Bonaccia NW 4 Dir) e la posa e installazione di due condotte sottomarine di lunghezza 2,2 km per il trasporto di gas e aria da Bonaccia NW a Bonaccia. Prevede lo scarico a mare di acque di strato (le acque che vengono estratte assieme agli idrocarburi) per circa 30 mc/giorno con concentrazioni di oli minerali fino a 40 milligrammi/litro. Tutte le informazioni sul sito del Ministero dell’Ambiente: http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/539

Nel Decreto subsidenza (l’abbassamento del suolo a causa delle estrazioni dal sottosuolo) prescrizione A.21

Clara NW: il Decreto interministeriale di Valutazione di Impatto Ambientale per la piattaforma Bonaccia NW è stato emanato il 17 settembre 2014 (D.M. n.0000227) con parere favorevole della Regione Marche (Decreto dirigenziale del 09/05/2015 a firma di David Piccinini, Responsabile unico del Procedimento Velia Cremonesi). Il Campo Gas Clara Est è ubicato nell’Off-shore Adriatico, nella costa marchigiana di Ancona, all’interno della Concessione di Coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi B.C13.AS, che si estende su una superficie pari a 395,52 Km2 nel Mar Adriatico Centrale a 45 km dalla costa marchigiana all’altezza di Ancona. Il progetto prevede l’installazione di una nuova piattaforma a 4 gambe (Clara NW), la perforazione, completamento e messa in produzione di quattro nuovi pozzi direzionati (Clara NW 1 Dir, Clara NW 2 Dir, Clara NW 3 Dir e Clara NW 4 Dir), la posa e l’installazione di una condotta sottomarina lunga 13 km, per il trasporto del gas in singola fase da Clara NW all’esistente piattaforma Calipso e l’adeguamento dell’esistente piattaforma Calipso. Prevede lo scarico a mare di acque di strato (le acque che vengono estratte assieme agli idrocarburi) per circa 30 mc/giorno con concentrazioni di oli minerali fino a 40 milligrammi/litro. Tutte le informazioni sul sito del Ministero dell’Ambiente qui: http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/587

I due decreti sono molto simili ed evidenziano essi stessi i gravi rischi derivanti dalle attività autorizzate. In particolare colpisce la prescrizione A.8 presente in entrambi gli atti e che riportiamo integralmente, in cui non si escludono incidenti gravi tali da compromettere la qualità ambientale in maniera irreversibile (infatti si parla di misure di compensazione).

Nei due decreti (prescrizione A.21) si parla estesamente del rischio di subsidenza (l’abbassamento del suolo a causa delle estrazioni dal sottosuolo) che deve essere monitorato fino alla costa, un fenomeno che una volta innescato è molto difficile da controllare e che può causare gravissimi problemi, dall’aumento dell’erosione a terremoti.

Incredibilmente nessun cenno viene fatto al rischio sismico, nonostante i gravissimi problemi connessi all’estrazione di metano che stanno emergendo in Olanda a Groningen, con danni per miliardi di euro e 152.000 case da ristrutturare!

Con il famigerato Decreto Sblocca Italia del Governo Renzi tutto ciò rischia di diventare la norma e l’Adriatico sarà alla mercé dei petrolieri. L’informazione dei cittadini è del tutto assente e si opera in un clima di scarsissima trasparenza. Sul sito del Ministero i documenti richiesti per le ottemperanze delle prescrizioni non sono pubblicati. La Campagna TrivelleZero nelle Marche è nata proprio per contrastare queste pericolosissima deriva petrolifera partendo dall’informazione dei cittadini per uscire da un’era fossile, nonostante un Governo che vuole proiettare l’Italia verso l’energia del passato. E’ letteralmente scandaloso che lo scenario del rischio sia prodotto dopo l’autorizzazione  e non sia stato valutato preliminarmente dal Ministero dell’Ambiente e dalla Regione Marche e non sia pubblicato neanche ora.




ITALIA – Benigni? Non ha mai vinto il Nobel

Non è vero, non è come riferiscono http://l0specchio.altervista.org e edicola24.altervista.org Roberto Benigni non ha vinto il Nobel ne’ nel 2007 ne’ quest’anno.

I due siti suddetti hanno inventato la notizia che non trova riscontro su fonti ufficiali, nemmeno sul sito del Premio, per intenderci. Quello che maggiormente indigna è la presenza nell’articolo in questione di virgolettati che fanno intendere che l’attore sia stato intervistato e che l’Accademia si sia espressa.

“L’Accademia di Svezia ha deciso di assegnargli il tanto agognato Nobel che verrà assegnato nel mese di Dicembre. La motivazione data in merito a questa scelta è molto esplicativa: “Per il suo incredibile contributo a favore della divulgazione culturale, per la sua genuinità intellettuale, per la sua cultura encomiabile e per le sue opere indimenticabili”. Parole forti queste che, ne siamo sicuri, metteranno tutti d’accordo.”

E il riferimento a fonti inesistenti:

” Secondo fonti affidabili, però, Benigni avrebbe detto: “Sono molto contento, in pochi credevano che potessi vincere davvero il premio Nobel per la letteratura, ma c’erano scettici anche prima che vincessi gli Oscar per la vita è bella. Inoltre se l’ha vinto Dario Fo anche io, che nasco come uomo di spettacolo, posso vincerlo”. Non possiamo che fare tanti auguri a Roberto Benigni che si conferma sempre di più un simbolo per il quale l’Italia può sentirsi orgogliosa.”

Quello che più preoccupa sono i mila like che i  due siti hanno ottenuto e continuano a ricevere e che nessuno abbia denunciato. Perché nessuno li ferma? Cosa spinge i lettori a far circolare simili notizie?

È giunta l’ora di far della rete un luogo intelligente.




AFGHANISTAN – Mullah Omar è morto: lo confermano i talebani

Una fonte ufficiale del governo afghano, citata dal giornale locale Etilaatroz, ha rivelato che il leader dei talebani afghani “è stato ucciso”, aggiungendo che la notizia del decesso è stata confermata durante una riunione di responsabili della sicurezza del Paese asiatico.

Il consiglio dei talebani afghani, scrive il quotidiano pachistano The Express Tribune, confermando le indicazioni del Wall Street Journal, ha quindi eletto il Mullah Akhtar Mansour come nuovo leader.

I TALEBANI – Prima della conferma – ancora non ufficiale – i talebani hanno attaccato i media, ‘colpevoli’ di “far circolare notizie che negoziati di pace che avranno luogo prestissimo o in Cina o in Pakistan. Il nostro ufficio politico non è a conoscenza di tale processo”. Lo scorso quindici luglio il sito web del movimento, il cosiddetto “Emirato Islamico dell’Afghanistan”, ha diffuso una dichiarazione attribuita al Mullah Omar in cui per la prima volta, dopo quattordici anni di guerra, si annuncia l’apertura a colloqui di pace con il governo di Kabul, considerati legittimi, ribadendo al contempo l’obiettivo di “porre fine all’occupazione delle forze straniere”.

I SERVIZI SEGRETI – Fonti dell’intelligence afghana, citate dalla Bbc, hanno a loro volta precisato che il mullah Omar sarebbe “morto due o tre anni fa”. In passato c’erano state diverse segnalazioni di morte del leader degli studenti coranici, ma questa è la prima volta che viene annunciata da fonti governative ritenute attendibili.

CHI ERA – Nel 1996, il Mullah Omar portò i talebani al potere a Kabul dopo la vittoria contro le milizie afghane rivali nella guerra civile che seguì il ritiro delle truppe sovietiche. Il Mullah Omar, da capo dell’autoproclamato Emirato dell’Afghanistan, non volle abbandonare “il fratello ospite” Osama Bin Laden capo e fondatore di al Qaeda, che rivendicò gli attentati alle Torri Gemelle di New York. Lui e la maggior parte degli altri leader talebani insieme allo stesso Bin Laden, sopravvissero all’assalto americano. Bin Laden, però, fu ucciso da un commando Usa durante incursione nella città pakistana di Abbottabad nel maggio 2011.




ITALIA – I No Triv preparano i ricorsi contro le trivelle e lo Sblocca Italia. Ferme le ricerche in Croazia

DSCN32241

In piazza Eroi del Mare a Bari è ripreso il percorso delle assemblee pubbliche del coordinamento NoTriv – Terra di Bari impegnato nella lotta per la formulazione e l’attuazione dei ricorsi della Regione Puglia alla Corte Costituzionale verso gli artt. 37 e 38 dello Sblocca Italia e al T.A.R. del Lazio verso le concessioni date dal Ministero dell’Ambiente; nell’invio da parte della Rete No Petrolio Puglia della bozza di delibera tramite pec a Regione, province, Città Metropolitana di Bari e tutti i Comuni della regione per il ricorso al T.A.R. (i cui termini scadono il 5 agosto), affinché i rispettivi Consigli la facciano propria e dimostrino con i fatti di sostenere il percorso contro le trivellazioni. Al momento risulta che pochi Comuni ne hanno dato seguito.

Il Presidente della Regione Puglia Emiliano, al termine dell’incontro con il sottosegretario Simona Vicari, ha dichiarato: “L’avvio del dialogo tra Regioni e governo in questa materia è fondamentale. Il sottosegretario Vicari si è riservato di darci una risposta e la cosa positiva è che un nuovo incontro è stato riconvocato già per la settimana prossima. Speriamo in quella occasione di avere una risposta definitiva e positiva. Per ora possiamo giudicare la posizione del governo almeno possibilista rispetto alla nostra richiesta di fermare le trivellazioni. Vedremo poi tra una settimana se questa posizione diventerà più chiara. Ovviamente noi abbiamo precisato che in mancanza di chiarezza, o comunque se non si trova un’intesa, i consigli regionali che lo riterranno – io posso parlare a nome della Puglia – potranno avviare, come previsto dalla Costituzione, la procedura del referendum contro le norme che consentono le trivellazioni”.

I No Triv hanno contribuito con proprie osservazioni alle consultazioni transfrontaliere con la Croazia presentate dal Coordinamento e dal Comitato Bonifica Molfetta.

L’assemblea ha ritenuto necessario affiancare all’iter amministrativo per i ricorsi un percorso di mobilitazioni che possa mettere in evidenza la totale disapprovazione del popolo pugliese rispetto alle trivellazioni.

DSCN32271

LE PROPOSTE – Manifestazione pubblica che faccia sintesi di varie istanze inerenti la questione petrolifera, tra cui lo Sblocca Italia, l’invaso del Pertusillo, il centro di stoccaggio Tempa Rossa; spingere il Consiglio regionale a deliberare a favore della consultazione referendaria verso l’abrogazione dell’art. 35 del Decreto Sviluppo che bloccherebbe tutte le concessioni entro le 12 miglia marine. (I termini per il ricorso scadono il 30 settembre).

E’ necessario che la richiesta referendaria venga depositata entro il prossimo 30 settembre, affinché si possa andare al voto nella primavera del 2016, altrimenti i procedimenti per progetti “petroliferi” riavviati dall’art. 35 del “Decreto Sviluppo” arriveranno rapidamente a conclusione, anche grazie all’accelerazione impressa dallo “Sblocca Italia”.

Con il “Decreto Prestigiacomo”, nel 2010, molte richieste presentate dai petrolieri, al fine di ottenere permessi o concessioni, vennero di fatto bloccate. Il decreto legislativo n. 128/2010, firmato dall’allora Ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo, infatti, aveva previsto distanze minime tra la costa e le aree d’attività pari a 5 miglia marine ovunque ed a 12 miglia in presenza di un’area marina o costiera protetta inibendo, così, parte delle ambizioni industriali per quei gruppi “Oil & Gas” interessati a progetti estrattivi prossimi alle coste nazionali.

Nel 2012, poi, il “Decreto Sviluppo” ha ampliato il divieto di esercizio delle attività “petrolifere” estendendolo, per tutta la fascia costiera italiana alle 12 miglia marine, ma stabilendo – tuttavia – che tale divieto non dovesse riguardare i procedimenti “bloccati” nel 2010 dal “Decreto Prestigiacomo”.
Il risultato paradossale che ne è seguito è che, in questo modo, se da un lato si è vietato l’esercizio delle attività entro le 12 miglia marine “per il futuro”, dall’altro si è consentita la possibilità di conclusione dell’iter per tutte le istanze già presentate. In altre parole, il “Decreto Sviluppo” introduceva una sorta di “sanatoria”.
I progetti “sanati” dal “Decreto Sviluppo” e prossimi a trasformarsi in permessi di ricerca e coltivazione di gas e petrolio interessano soprattutto il Canale di Sicilia, il Mar Ionio e l’intero Mare Adriatico, dal Salento fino al Delta del Po.

I movimenti per la tutela di ambiente e territorio di Calabria, Basilicata, Puglia e Abruzzo, da moltissimo tempo impegnati sul fronte dell’opposizione alla depredazione dei beni comuni portata avanti non soltanto dal Governo di Matteo Renzi (ma da esso assunta come priorità di una politica di stampo coloniale), si sono incontrati il 28 giugno u.s. presso la sede trebisaccese di una delle associazioni che compongono la rete R.A.S.P.A. (Rete Associazioni Sibaritide e Pollino per l’Autotutela) per confrontarsi e costituire un fronte comune di mobilitazione.

L’idea di sviluppo connessa allo sfruttamento di energie fossili da parte di aziende private costituisce soltanto un aspetto di un disegno politico lobbysticamente ben più esteso e complesso: il famigerato “Sblocca Italia”, qualifica le attività di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi come strategiche, indifferibili e urgenti, nonché di pubblica utilità;  introduce un “titolo concessorio unico” in luogo dei due titoli minerari previsti sin dal 1927; dispone che le attività di ricerca e di coltivazione siano svolte sulla base di un piano nazionale, che stabilisca dove sia possibile cercare ed estrarre idrocarburi; prevede che il vincolo preordinato all’esproprio gravi sulla proprietà privata sin dalla fase della ricerca; cancella l’autorizzazione alla costruzione del pozzo esplorativo;  estromette gli Enti locali dalla partecipazione ai singoli procedimenti amministrativi; contempla per le Regioni una intesa, nei fatti, “debole”, come risulta comprovato dal recente “disciplinare tipo” adottato dal Ministro dello sviluppo economico, che prevede il rilascio dell’assenso regionale in sede di Conferenza di servizi (e che conferma, con ciò, l’idea che l’intesa avrebbe natura “tecnica” e non “politica”); affida la valutazione di impatto ambientale delle attività medesime alla competenza esclusiva dello Stato. Se si somma la risolutezza con cui lo Stato italiano esercita questa forma sostitutiva di potere all’ambiguo testo della legge sui delitti contro l’ambiente (n. 68/15 del 22 maggio 2015), appena approvato dalla Camera dei Deputati (dopo una discussione durata quasi un anno e mezzo) − nel quale, contestualmente, si è scelto di non introdurre, dopo averlo invece fatto in un primo momento, il divieto di utilizzare la distruttiva tecnica di ispezione dei fondali marini denominata Air Gun − la strategia politica (ancor prima che ambientale) attuata dall’autorità centrale italiana risulta ben chiara: concentrare in alcune regioni le attività più distruttive, per rendere il territorio e le popolazioni deboli e ricattabili fino ad avere interi territori-pattumiera a disposizione per il fabbisogno energetico e le popolazioni disperate e magari costrette a emigrare in massa.

Apprendiamo dal sito del Ministero dell’Ambiente che lo stesso ha espresso parere favorevole alle richieste di prospezione in 2D ed in 3D delle società Spectrum Geo LTD e Northern Petroleum LTD.
Questa improvvisa accelerazione dei procedimenti ci appare come la risposta del governo Renzi al consolidarsi, su tutto il fronte nazionale, di una ferma opposizione istituzionale e non alle scelte energetiche e alla volontà politica di “svendere” l’Adriatico alle multinazionali del petrolio.
La manifestazione del 24 Maggio in Abruzzo è stata il campanello d’allarme per l’attuale maggioranza la cui strategia è, evidentemente, finalizzata a dare piena attuazione allo “Sblocca Italia”, delegittimando il testardo lavoro di tutti coloro che si sono attivati per produrre osservazioni, sensibilizzare i territori, organizzato momenti collettivi di piazza, fatto rete.
Aver decretato la compatibilità ambientale delle richieste di prospezione delle due società, significa aver apparecchiato la tavola per l’utilizzo del titolo concessorio unico che permetterà alle stesse di poter passare, direttamente, alla ricerca ed alla coltivazione degli idrocarburi in mare.
A questo punto è necessario che le regioni le cui coste sono interessate dalle concessioni date alla Spectrum, ovvero, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia (quest’ultima è interessata anche dalla Northern Petroleum), impugnino gli atti del Ministero dell’Ambiente dinanzi al T.A.R. o dinanzi al Capo dello Stato, dando continuità ai pareri negativi espressi negli scorsi anni sia politicamente, con delibere di giunta e consiglio regionale sia sotto l’aspetto amministrativo, ricorrendo, nel caso della Puglia, nel Marzo del 2015, alla Corte Costituzionale verso gli artt. 37 e 38 dello “Sblocca Italia” specifici sul tema della ricerca d’idrocarburi a terra e a mare.

il 16 febbraio  sulla pagina di Pesaro de “ il Resto del Carlino” è stato reso noto il contenuto di un esposto presentato alla Procura di Pesaro nel luglio 2014 dal presidente del Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche con cui si segnala la presenza al largo della costa pesarese di migliaia di bombe chimiche caricate ad arsenico e iprite, affondate dal Sonderkommando Meyer agli ordini di Hitler nell’estate del 1944 (notizia di questo documento si trova nel libro di Gianluca Di Feo “Veleni di Stato”) e di bombe all’uranio impoverito utilizzate nel 1997 durante il conflitto dei Balcani.

RED.COD.istanze_Croazia copia

triv_croazia

Il problema della presenza di bombe inesplose interessa purtroppo tutto il bacino del mare Adriatico e quindi tutte le istanze di prospezione per la ricerca di idrocarburi presentate da tutte le società richiedenti anche oltre i confini italiani  per cui i ministeri interessati dei vari paesi che si affacciano sul mare Adriatico devono necessariamente tener conto di questa ingombrante e pericolosa presenza.

Il “C.B.M. di Molfetta” e il “Coordinamento No Triv – Terra di Bari” chiedono di rigettare “Piano e Programma Quadro di ricerca e produzione degli idrocarburi nell’Adriatico” della Repubblica di Croazia.

Il Senato italiano, con il ddl sugli ecoreati approvato nel mese di Marzo, ha vietato l’utilizzo della tecnica “air gun”, o altre tecniche esplosive per le esplorazioni marittime, e prevede pene da uno a tre anni.

Tale richiesta di rigetto si fonda anche sulla mancanza di una qualsiasi proposta di mappatura, prospezione e georeferenziazione degli ordigni inesplosi presenti in una vastissima area sovrapposta o confinante, non solo con le zone d’indagine interessate dalle odierne richieste, ma anche con le altre presenti in tutto l’Adriatico.

Non bisogna dimenticare che in  questi luoghi è presente anche un notevole patrimonio storico-archeologico da tutelare e recuperare che verrebbe invece sommerso dalle trivellazioni.

Da qui la richiesta del Comitato No Triv di portare anche altre istanze ambientali e culturali all’interno della manifestazione che avrà luogo il 18 Settembre perché, nella della Fiera del Levante, come emerso dall’incontro di Termoli del 24 luglio, si terrà la Conferenza delle Regioni del Sud sul tema delle trivellazioni, ottima occasione per fare presenti le istanze dei movimenti.  Una manifestazione che andrà ben oltre i confini pugliesi.

“Nonostante la motivazione ufficiale del ritiro del consorzio formato dalle compagnie Marathon Oil e OMV dalla gara per concessioni di ricerca idrocarburi nel Mar Adriatico sia la difficoltà di definire i confini tra le acque croate e montenegrine, pare che la vera ragione sia da imputare alla critica situazione del settore petrolifero, dopo la caduta dei prezzi del petrolio.
Marathon Oil nel primo trimestre di quest’anno ha avuto una perdita di 253.000.000 di dollari, mentre lo scorso anno prima che il petrolio calasse del 50%, aveva avuto un profitto trimestrale di 613.000.000 dollari.
Auspichiamo che la stessa decisione venga presa anche dalle altre compagnie e che si blocchino le trivelle e gli Air-Gun in tutti i mari!”.

Grandi striscioni saranno  affissi per tutto mese di agosto nei luoghi turistici, lungo la statale Bari-Lecce, su tutta la statale 16 e sull’autostrada in direzione Salento per sensibilizzare turisti e autoctoni sul pericolo petrolio.

La sensibilizzazione  sul problema verrà effettuata attraverso volantinaggi nei lidi, sulle spiagge e presso gli operatori economici che hanno attività sul mare.

Il Coordinamento No Triv  sarà presente nel maggior numero di eventi culturali possibile, chiedendo agli artisti che si esibiranno di leggere un appello.




ITALIA – Due passi per Modena e per le strade femminili che non ci sono (Parte prima)

Di Roberta Pinelli

 Se il numero complessivo delle targhe al femminile della città di Modena (48 su oltre 1500 toponimi) è il 2,4% del totale dei toponimi cittadini, in linea con le percentuali del resto d’Italia, è di un certo interesse vedere come nel tempo è cambiata, molto lentamente, l’attenzione verso le donne.

La stessa composizione delle Commissioni Toponomastiche succedutesi nel tempo mostra quale sia stato il ruolo delle donne in queste scelte: la Commissione Toponomastica fu istituita a Modena nel 1861 e la prima donna chiamata a farne parte fu nominata esattamente cento anni più tardi, nel 1961.

 01.Modena mappa XVIII

Il primo stradario ufficiale della città di Modena risale al 1818 e fu voluto dal Duca Francesco IV d’Este nell’ambito di un vasto programma di rinnovamento edilizio. Dalla sua consultazione si deduce che in questa prima fase dell’onomastica stradale regolamentata si afferma il sistema descrittivo, legato soprattutto alle funzioni economiche e sociali delle vie, alla presenza di edifici caratterizzanti o di famiglie residenti. Ed è proprio dal 1818 che a Modena le casse comunali si fanno carico per la prima volta di apporre agli angoli delle strade scritte o targhe per denominare in modo ufficiale gli spazi pubblici urbani

Dopo l’Unità d’Italia, il sistema descrittivo fu sostituito in breve tempo da un sistema celebrativo (con intenti anche pedagogici), che proseguirà praticamente fino ai giorni nostri, con una spiccata preferenza per i personaggi illustri locali, emblemi di orgoglio municipale e di un’identità civica da costruire.

Tutto ciò però va letto solo in relazione ai toponimi maschili, poiché si vedrà come ciò non sia stato seguito per quanto riguarda le donne.

A partire dal 1818 e fino alla fine dell’800 a Modena le targhe stradali al femminile sono infatti praticamente tutte dedicate a sante e suore, nessuna delle quali ha un qualche legame con Modena.

1.Modena-Via Sant'Agata-foto di Roberta Pinelli

2.Modena-Via Santa Chiara-foto di Roberta Pinelli

4.Modena-Via Sant'Eufemia-foto di Roberta Pinelli

3.Modena-Largo Sant'Eufemia-foto di Roberta Pinelli

5.Modena-Via S.Margherita-foto di Roberta Pinelli

6.Modena-Via Sant'Orsola-foto di Roberta Pinelli

7-Modena-Vicolo delle Grazie-foto di Roberta Pinelli

Con l’inizio del XX secolo compaiono i primi toponimi dedicati ad altre figure femminili. Nel 1911, in occasione del cinquantesimo dell’Unità d’Italia, viene intitolata una strada a Enrichetta Castiglioni, singolare figura di donna e di patriota.

8.Modena-Via Enrichetta Castiglioni-foto di Roberta Pinelli

Dopo un matrimonio combinato, che la lasciò vedova prima dei vent’anni, Enrichetta Castiglioni si innamorò di un patriota modenese e con lui condivise l’organizzazione dei moti carbonari di Modena del 1831. Fallita la rivolta e giustiziatone il capo, Ciro Menotti, Enrichetta seguì il marito nella fuga, ma furono arrestati dagli Austriaci ad Ancona e incarcerati a Venezia. Enrichetta volle condividere il carcere con il marito, ma debilitata dalle pessime condizioni di vita e forse minata da un cancro, morì nel 1832, a soli 29 anni. Quando l’amnistia consentì la liberazione dei patrioti modenesi, il marito raggiunse Marsiglia e volle onorare la memoria di Enrichetta con una cerimonia solenne, durante la quale fu lo stesso Giuseppe Mazzini a pronunciare l’elogio funebre.

 Nel 1931 appare via delle Suore e nel 1932 viene deliberata una serie di toponimi femminili ancora una volta tutti dedicati a sante.

Nel 1945, nell’ambito della revisione della nomenclatura dopo la caduta del regime fascista e la guerra di Liberazione, non viene ricordata nessuna delle tante partigiane, ma viene intitolato un viale all’attrice modenese Virginia Reiter (Modena 1862 – 1937).

9.Modena-Viale Virginia Reiter-foto di Roberta Pinelli

Attrice di grande espressività, esordì in teatro a soli 9 anni in uno spettacolo di beneficenza. Capace di eccezionali prestazioni sia nelle opere brillanti sia nelle tragedie, fu la prima interprete de La Lupa di Giovanni Verga.

Fra il 1900 e il 1902 formò la propria compagnia, con la quale mise in scena il suo cavallo di battaglia, Madame Sans-Gene di Sardou.

Amatissima in Italia, compì anche tournée all’estero, in Sudamerica e in Spagna, riscuotendo sempre enorme successo.

Una lunga sospensione nelle intitolazioni femminili – dal 1945 al 1961 – ci suggerisce di interrompere qui il nostro excursus storico, per riprenderlo nella prossima puntata con il mutare dei costumi portato dal boom economico.

 




ITALIA – Disastro ecologico a Bari: amianto tra le macerie della Bruscella

Il disastro all’azienda di fuochi d’artificio Bruscella, che ha già provocato la morte di dieci persone, potrebbe essere anche di tipo ambientale. L’Arpa Puglia ha effettuato un sopralluogo per verificare la possibile presenza tra le macerie di materiale inquinante ma per il sindaco di Modugno, Nicola Magrone, si tratterebbe di una certezza. Il primo cittadino infatti parla senza mezzi di termini di amianto.

“L’esplosione ha mandato in frantumi l’amianto che copriva i depositi. Sì, l’altra questione aperta è proprio quella dell’amianto – dice Magrone in un’intervista rilasciata a La Gazzetta del Mezzogiorno – una morte consegnata al futuro. L’esposione ha fatto volare i tetti e le coperture di amianto, frammentando l’eternit che rivestiva i depositi. I detriti si sono sparpagliati nelle campagne. Lo abbiamo detto all’Arpa, alla Regione e ad altri organismi, è assolutamente necessario bonificare la zona. Il profondo dolore collettivo fa dimenticare aspetti che però vanno subito agganciati e affrontati”.

Quella relativa all’amianto è una questione delicatissima che attanaglia la terra di Bari a tutto tondo. La più grande emergenza ambientale degli ultimi anni. Meno di due settimane fa abbiamo documentato la gravissima situazione di Gioia del Colle con l’amianto sui tratturi dell’Acquedotto. A marzo, in zona Santa Fara a Bari, gli agenti del Corpo Forestale riscontrarono la presenza di svariate tonnellate di amianto e rifiuti speciali su circa due ettari di suolo.

Anche i cittadini di San Girolamo preoccupati dalla massiccia presenza di amianto in un terreno tra la via principale del quartiere, Strada San Girolamo, e via Costa, sede dell’ex scuola Duse. Da qualche mese, dicono, l’area è in evidente stato di abbandono. A denunciarlo in modo dettagliato è il presidente dell’associazione Sos Città, Danilo Cancellaro.

“Il materiale tossico è stato ricoperto, senza nemmeno troppi accorgimenti, con semplici buste di plastica mantenute con pezzi di pietra – dice Cavallaro – quando in realtà andrebbero completamente sigillati per evitare diffusioni. Poi sono abbandonate lì, esposte a tutti i tipi di condizioni climatiche: piogge, afa, sole, umidità. Tutti agenti che possono provocare dispersione di amianto nell’aria e conseguente inalazione dello stesso da parte dei cittadini. Bisogna ricordare all’amministrazione comunale che esattamente a 50 mt dal terreno vi è un’altra scuola comunale, il Costa, nonché di fronte, un’altra ancora, la E28, e a qualche centinaia di metri, ancora un’altra, ovvero la nuova Duse. Senza considerare la piazza, la casa di riposo e le centinaia di abitazioni”.

“L’amministrazione comunale, nella persona dell’assessore all’Ambiente, devono garantire la bonifica e la messa in sicurezza dell’area – rincara Dino Tartarino, vicepresidente dell’associazione – altrimenti saremo costretti ad avanzare una denuncia alla Procura della Repubblica per danni ambientali, con il sostegno coeso e forte di tutti i cittadini di San Girolamo”.




TURCHIA – La Polizia dà la caccia a Algoz, kamikaze dell’Isis esploso a Suruc

La polizia turca è impegnata in una caccia all’uomo per arrestare Yunus Alagoz, fratello di Abdurrahman, il ventenne kamikaze dell’Isis che si è fatto esplodere a Suruc, al confine con la Siria, uccidendo 31 volontari con aiuti diretti alla città curdo-siriana di Kobane. Secondo gli inquirenti, l’uomo starebbe progettando un nuovo attentato. La polizia ha anche individuato una sala da tè gestita da Yunus Alagoz nella sua città sudorientale di Adiyaman che sarebbe un probabile centro di reclutamento jihadista.

Le indagini condotte finora hanno ricostruito gli spostamenti dei due fratelli turchi jihadisti, che a gennaio sarebbero entrati illegalmente in Siria e addestrati dall’Isis fino al ritorno in Turchia a maggio. La scomparsa dell’attentatore di Suruc era stata denunciata dalla famiglia alla polizia il 22 novembre scorso. Da allora era stato inserito nella lista delle “persone scomparse con legami con il terrorismo”. La madre ha raccontato di averlo rivisto per l’ultima volta una decina di giorni prima dell’attentato, ma di non aver poi più avuto sue notizie. L’ultimo testimone ad averlo visto, l’autista del minibus che lo ha condotto a Suruc, ha detto agli investigatori che viaggiava accompagnato da una donna. Nel frattempo si stringe il cerchio intorno al fratello del kamikaze, che nel 2013 sarebbe andato per alcuni mesi in Arabia Saudita. Tornato ad Adiyaman l’anno scorso, ha aperto una sala da tè che secondo gli inquirenti si è trasformata in un centro di radicalismo islamico e reclutamento jihadista. Otto mesi fa, dopo i sanguinosi scontri di inizio ottobre nel sud-est turco per il mancato supporto di Ankara alla battaglia dei curdi a Kobane contro l’Isis, il locale è stato chiuso, ufficialmente per mancanza di una licenza.

Isis: Pkk rivendica omicidio di un jihadista a Istanbul – Il Pkk curdo ha rivendicato l’omicidio di un sospetto affiliato dell’Isis, ucciso a Istanbul martedì sera. Si tratta di Mursel Gul, commerciante di sapone, cui hanno sparato quattro colpi di pistola dopo averlo attirato in una trappola con un falso ordine nel quartiere popolare di Sultangazi. Come nel caso dei due poliziotti trovati morti ieri nella loro abitazione nella città turca di Ceylanpinar, al confine con la Siria, si tratta di una rappresaglia per la strage jihadista di Suruc, in cui lunedì sono stati uccisi 31 volontari che portavano aiuti diretti alla città curdo-siriana di Kobane. Nella rivendicazione l’Ydg-h, gruppo armato giovanile del Pkk, spiega di aver seguito Gul per tre mesi prima di ucciderlo. L’uomo avrebbe combattuto con l’Isis nel nord della Siria contro le milizie curde dell’Ypg per poi tornare in Turchia sette mesi fa per ricevere cure mediche. Nel comunicato l’Ydg-h minaccia anche di uccidere altre persone legate all’Isis in Turchia. Secondo gli inquirenti potrebbe essere stato commesso dal Pkk anche l’omicidio avvenuto ieri nella provincia meridionale di Adana del 33enne Ethem Turkben, anche lui ritenuto un simpatizzante jihadista.

Lo Stato Islamico avrebbe distrutto anche lo Stadio Olimpico della città irachena di Ramadi, facendo esplodere tre tonnellate e mezzo di esplosivo. Secondo la fonte i miliziani hanno preparato per giorni le cariche esplosive fatte esplodere successivamente tramite un telecomando. Lo stadio, non ancora completo, avrebbe potuto ospitare 30mila persone.
Gli esplosivi fanno parte della strategia di ritirata dello Stato Islamico, che avrebbe collocato ordigni in tutta la città per ostacolare l’esercito iracheno, che negli ultimi giorni sta intensificando i suoi sforzi per riprendere il controllo dell’area.
Lo stadio avrebbe dovuto essere uno dei simboli della rinascita irachena, costruito alla fine della guerra, prima dell’avvento dell’Isis. Di fatto parte di un progetto da 100 milioni di dollari che prevedeva anche la creazione di un villaggio olimpico, parcheggi, biblioteche, centri di trasmissione televisiva e un albergo con 80 camere.




LIBIA – Quaranta muoiono in mare mentre in Italia sfrattano i profughi

Mentre  alcune decine di migranti – una quarantina secondo le testimonianze dei superstiti – affrontavano il  mare e sarebbero annegate in seguito al naufragio di un gommone avvenuto davanti alle coste libiche (lo hanno riferito alcuni dei sopravvissuti sbarcati ad Augusta dalla nave militare tedesca Holstein che ha soccorso complessivamente 283 profughi), i vertici di Forza Nuova  hanno trovato una nuova missione: allontanare i circa 200 profughi ospitati in una tenuta di Costagrande di Avesa (Verona). A chiamare i militanti della destra estrema, scrive il Corriere del Veneto, sono stati i residenti di Avesa: “Ho visto cosa hanno fatto a Treviso e mi è sembrata una cosa valida. Così li ho chiamati e loro mi hanno detto che verranno lunedì sera”, dice uno degli abitanti della zona contrario alla presenza dei richiedenti asilo nella periferia veronese.

In piazza anche i militanti di Christus Rex, gruppuscolo veronese di ispirazione ultracattolica e tradizionalista. Alle 19, ma nella piazza di Avesa, protesterà la Lega Nord per lo spostamento dei richiedenti asilo.

Ma dal canto loro gli stessi profughi vorrebbero essere portati altrove: nella mattinata di lunedì hanno inscenato una protesta contro le condizioni delle tende dove dormono, invase secondo i racconti dagli scorpioni e dai serpenti. “Non vogliamo vivere in uno zoo”, hanno ripetuto prima di cedere e tornare alla tenuta di Costagrande.

Anche l’arrivo di 101 profughi a Quinto di Treviso aveva scatenato la furia dei residenti che nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi si sono introdotti negli appartamenti destinati ai richiedenti asilo, hanno portato in strada i mobili e infine hanno dato fuoco alle masserizie in segno di protesta.

Secondo la Tribuna di Treviso, ci sarebbe stata anche una rissa tra alcuni abitanti della zona e due operatori della cooperativa incaricata di gestire i profughi. Luca Zaia, governatore del Veneto, ha commentato: “La gente ha fatto bene. Questa è una situazione intollerabile. Ora dichiaro guerra al Prefetto”. Pronta la replica del prefetto Maria Augusta Marrosu: “I residenti che hanno fatto danneggiamenti verranno denunciati. Chi si è comportato male sono gli italiani, non gli stranieri”.

Ad accendere gli animi è stato il fatto che ai migranti sono stati consegnati in via temporanea 30 appartamenti in varie palazzine di Quinto dove già vivono dieci famiglie italiane. Gli alloggi, scrivono i quotidiani locali, erano già pronti e arredati, provvisti anche di televisori, vestiti, ciabatte infradito e sigarette. Scrive il Corriere del Veneto:

Nella notte un gruppo di cittadini ha aperto un alloggio destinato ai richiedenti asilo portando fuori letti e televisori e dandogli fuoco. I residenti sono furiosi: «Hanno trasformato le nostre case, che abbiamo pagato col mutuo, in un campo profughi. Devono andarsene di qui».
In molti sono preoccupati per la sicurezza del quartiere. «Come può essere garantita? Ci sono famiglie, con bambini e ragazze, chi controllerà che non succeda niente? Siamo noi gli ospiti da oggi, visto che 30 appartamenti su 40 verranno dati ai profughi». In mattinata è stato necessario anche l’intervento di un’ambulanza, per soccorrere una donna colpita da un malore. Sono volate urla all’indirizzo dei profughi che si trovavano in alcune terrazze dello stabile.
Nel mattino Luca Zaia si è recato a visitare il luogo dell’assalto e ha usato parole durissime contro la Prefettura di Treviso, lodando la resistenza dei cittadini contro l’arrivo degli stranieri: “Se ne devono andare”. Matteo Salvini ha annunciato che visiterà il quartiere di Quinto sabato.

La situazione non si è ancora calmata. I migranti si trovano attualmente all’interno del complesso residenziale ex Guaraldo. I residenti hanno annunciato che le iniziative di protesta continueranno ad oltranza fino a che i profughi non saranno allontanati.

La tensione sale di minuto in minuto. Anche i militanti di Forza Nuova hanno allestito un presidio permanente accanto alle tende dei residenti. Polizia e carabinieri sorvegliano l’area e i residenti si ostinano a non voler tornare in casa dopo che molti di loro hanno passato la notte all’aperto, dormendo in tenda.

Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha di fatto annunciato l’allontanamento del prefetto del capoluogo veneto Maria Augusta Marrosu. Una scelta presa dopo la ferma volontà espressa dal premier Matteo Renzi, che ha probabilmente inteso mandare un segnale forte anche ai sollevamenti popolari cavalcati dalla Lega Nord del governatore Luca Zaia.

«Al prossimo Consiglio dei ministri sostituirò il prefetto di Treviso», ha dichiarato Alfano, ribadendo «il grande sforzo di accoglienza da parte del governo» nei confronti dei migranti». «Io mi chiedo», ha proseguito il ministro, «rispetto ad alcuni disguidi verificatisi in alcune realtà del Veneto, quanto saremmo stati agevolati dalla partecipazione e cooperazione delle Regioni e altri enti locali». Per questo, ha concluso, «dobbiamo mettere in campo sempre maggiore efficienza» e se anche «abbiamo avuto sempre da parte delle prefetture uno sforzo straordinario, alcune cose non hanno funzionato anche per responsabilità delle Regioni».
Da parte sua, il sindaco di Treviso, Giovanni Manildo, ha espresso soddisfazione per la prossima sostituzione del prefetto: «Ero al corrente di questa intenzione. Il governo manifesta vicinanza al nostro territorio, come dimostrato anche dalla telefonata che avevo ricevuto dal premier. Apprezzo la tempestività della decisione. Ora auspico che il nuovo prefetto sappia interpretare il ruolo di necessario coordinamento di tutto il territorio della Provincia per la soluzione dei problemi e dei temi legati all’accoglienza».

La vicenda di Treviso, con la rivolta dei residenti e le manifestazioni incrociate di Forza Nuova e centri sociali, aveva portato al trasferimento dei 101 profughi dai condomini di Quinto di Treviso all’ex caserma Serena, vicino Casier (Treviso), dove si trovano tuttora E proprio il prefetto Marrosu era stata criticato da più parti per il modo in cui aveva gestito la questione. Di fronte al clima incandescente creatosi davanti al residence trevigiano, la prima reazione della prefettura era stata dura: i profughi – si disse – non potevano «che rimanere dove stanno». Salvo poi, sotto la pressione dei sindaci trevigiani e del governatore Zaia, decidere due giorni dopo il loro trasferimento nell’ex caserma Serena. Dal prefetto, finora, nessuna reazione dall’annuncio di Alfano. Da domenica 19 luglio Maria Augusta Marrosu risulta ufficialmente in ferie.




La crisi italiana che vogliono nascondere

IMG_42061

Da quando è iniziata la crisi, in Grecia si sono suicidate 10.000 persone, a riferire questo dato  Theodoros Giannaros, 58 anni, direttore dell’Ospedale Elpis:

“Penso continuamente a quei 10 mila morti che abbiamo seppellito nel silenzio. Penso a mio figlio. E penso che se in Germania un cane muore in malo modo, ecco che il caso finisce sui giornali, se ne dibatte in tv. Ma avete mai sentito parlare dei nostri giovani, dei nostri anziani che si sono suicidati? La guerra civile della Jugoslavia ha fatto 20 mila morti. Quella, però, era una guerra. Che cos’è, invece, questa nostra strage? È una domanda a cui non so rispondere, posso solo dire che in questo momento mi vergogno di essere un europeo”.

In Italia  i morti non si contano, di loro ci giunge notizia attraverso i giornali e  ci sembrano casi isolati e sporadici.

Si è impiccato il giorno prima dell’esecuzione dello sfratto dell’appartamento dove viveva a Casalecchio. L’uomo, un 53enne agente di commercio, secondo quanto riporta l’edizione locale del Resto del Carlino, reduce dal fallimento della propria attività economica – si occupava della gestione di una rete di distributori automatici di acqua ed alimenti – è stato trovato morto dalla madre.

Separato, padre di una figlia piccola, viveva con una nuova compagna e da due anni era tornato ad abitare assieme alla madre 81enne nell’appartamento, venduto all’asta giudiziaria. Il 53enne aveva manifestato anche chiari segni di depressione, tanto che da alcuni anni era seguito dal servizio di igiene mentale dell’Ausl. A Casalecchio sono intervenuti i carabinieri e il 118.

***

Tragedia sull’argine del Brenta, un operaio si suicida impiccandosi.
Il corpo della vittima, un padovano 32enne di Piove di Sacco, è stato trovato martedì pomeriggio da un passante nel territorio di Campolongo Maggiore, nella limitrofa provincia veneziana.

***

 Costretta a vivere in tenda da giugno dopo essere stata sfrattata, è morta la donna la cui storia disperata era stata raccontata dal Carlino domenica scorsa. Il dramma di Luana Brugè, 45 anni, di Porto Recanati, si è tragicamente concluso lunedì notte nell’abitazione della madre a Loreto, dove la donna si è spenta dopo un malore. Probabilmente sfiancata dalle precarie condizioni in cui si trovava, disidratata, dopo essersi accampata per giorni vicino al fiume Potenza, la 45enne era stata accompagnata a Loreto dal compagno.

 La donna, dopo aver perso l’abitazione perché non riusciva più a pagare l’affitto e senza un lavoro che potesse garantirle un guadagno anche minimo, aveva trovato riparo nella tenda acquistata per una manciata di euro al supermercato, nonostante il caldo torrido di questo periodo. Ma per lei era l’unica soluzione. Aveva detto di aver cercato un’occupazione come donna delle pulizie, ma senza risultati. E anche il compagno, che lavorava come operaio, è disoccupato. Quindi, prima di decidere di rifugiarsi nella tenda, alla coppia non era rimasto altro da fare che affidare la bimba alla nonna. “Almeno mia figlia vive decorosamente – aveva spiegato la 45enne –. Non posso portarla in questo tugurio. Noi ci arrangiamo come possibile ma lei non deve sapere nulla. Appena ho un passaggio vado a trovarla da mia madre. Qui non voglio che venga”.

Brugè aveva abitato, fino ai primi di giugno, in via San Giovanni Bosco, nel centro di Porto Recanati. “Mio marito ha perso il lavoro da mesi e non ha trovato più nulla – aveva proseguito nel racconto delle sue difficili condizioni di vita –. Io non trovo un posto da oltre un anno. Nemmeno come donna delle pulizie. Ho provato anche negli chalet per la stagione estiva, ma già avevano il personale al completo. Ho girato dappertutto e chiesto anche aiuto al Comune, ma senza ottenere qualcosa di concreto. Non mi ha ascoltato nessuno. Il proprietario di casa, che mi aveva garantito di riuscire a farmi rimanere in casa fino a fine mese, mi ha detto che dovevo andarmene”.

La 45enne si era già sentita male sabato scorso, a causa del gran caldo. La donna era stata soccorsa dalla Croce Azzurra che l’aveva trovata in un forte stato di disidratazione. Quella mattina erano intervenuti anche i vigili urbani e gli assistenti sociali che si erano resi disponibili ad aiutare la coppia. Purtroppo non è stato possibile. La 45enne è morta prima per un collasso cardio-circolatorio. Nessun commento da parte della famiglia della donna che si è chiusa nel proprio dolore, per proteggere la nipotina.

***

Sono sempre di più le famiglie che non riescono a pagare l’affitto e il dato emerge dall’analisi pubblicata dall’Agenzia di statistica del ministero dell’Interno sull’andamento degli sfratti in Italia nel 2014. Numeri che fanno paura e raccontano una vera e propria emergenza sociale, che di anno in anno si va aggravando.

Nei primi sei mesi del 2014 i nuovi sfratti emessi sono stati 39.427 (di cui 35.257 per morosità), le richieste di esecuzione con ufficiale giudiziario 74.718, gli sfratti eseguiti con la forza pubblica hanno raggiunto la cifra di 18.465. Nei primi sei mesi del 2013 (anno in cui si è raggiunto il picco negativo di 73.385 sfratti) gli sfratti emessi erano stati 38.869, 75.348 le richieste di esecuzione, 16.520 gli sfratti eseguiti con la forza pubblica.
A conti fatti il numero degli sfratti continua costantemente a crescere dal 2008, anno di inizio della crisi economica. Inoltre ad aumentare sempre di più sono gli sfratti per “morosità”, che hanno raggiunto la percentuale del 90%: la maggior parte delle famiglie che perdono casa non possono permettersi di pagarla, spesso perché ha perso il lavoro.
Dal 2014 sembra proprio che l’emergenza abitativa non riguardi più soltanto le grandi metropoli del nostro Paese, come spiega Walter De Cesaris, segretario nazionale dell’Unione Inquilini: “Il numero degli sfratti per morosità emessi nelle province ha raggiunto quelli emessi nei capoluoghi e sempre più si sfratta con la forza pubblica. Questo mostra il fallimento delle politiche del governo a partire dalle mirabolanti promesse avanzate nel cosiddetto ‘Piano casa’ del Ministro Lupi. Serve una vera politica sociale della casa che oggi non c’è“.
Ma non solo: pure i fatti di cronaca ci portano a pensare che la questione casa sia ormai una vera e propria emergenza.

Anche una giovane madre di Bologna si è impiccata lasciando orfani i suoi due figli, proprio a pochi giorni dall’arrivo dell’ufficiale giudiziario. Inoltre il 28 giugno è scaduta la proroga di quattro mesi per finita locazione per le categorie protette: “Il nostro non è più un grido d’allarme ma una dichiarazione di guerra” tuonano i movimenti per il diritto alla casa, in protesta davanti al tribunale civile di Roma che promettono una calda estate di mobilitazioni.

E come se non bastasse, nel pieno della crisi,  il Governo Renzi ha pensato bene di opporsi all’impignorabilità della prima casa, bocciando – nel dettaglio – la mozione presentata dal Movimento 5 Stelle che prevedeva “la sospensione per 36 mesi della procedura espropriativa immobiliare” qualora “l’immobile non sia sottoposto a sequestro e a confisca in attuazione della legislazione contro la criminalità organizzata” e l’assunzione di “iniziative per prevedere, al contempo, l’istituzione di un fondo, con dotazione annua di almeno dieci milioni di euro, per la remunerazione degli interessi ai creditori“.

I testi approvati – si legge su http://www.mafia-capitale.it/ – sono molto blandi e impegnano il governo solo a “a valutare l’opportunità di adottare iniziative di rango normativo volte ad individuare misure di natura economica per la gestione dei mutui ipotecari per la prima casa in sofferenza, con particolare riferimento ai nuclei familiari, soprattutto quelli numerosi, che si trovano in situazione di temporanea insolvenza“.

Si è preferito dare dieci milioni di euro al porto di Molfetta per fare un favore al senatore Azzollini su cui pende una richiesta di arresto. Rinunciando a un F35 si potrebbero salvare 144mila famiglie.

Solo grazie al sito web del Pentagono veniamo a sapere che la Difesa italiana ha firmato a inizio giugno un nuovo contratto con Lockheed Martin ordinando altri quattro F35 e portando così a 14 il totale dei velivoli acquistati finora dal nostro Paese. Il contratto, da circa 35 milioni di euro, è relativo all’ordine di un nuovo lotto di F35 (il decimo) comprendente quattro aerei: due convenzionali e due in ‘versione portaerei’ a decollo corto e atterraggio verticale. La cifra, una sorta di piccola caparra di prenotazione, riguarda solo i componenti a lunga consegna (Long Lead Items), mentre il grosso del pagamento – 150 milioni di euro ad aereo – verrà versato a rate alla conferma d’acquisto (2016) e poi alla consegna. E’ stato firmato anche un altro contratto datato 30 giugno, da circa mezzo milione di dollari: ennesimo pagamento per lo sviluppo del software di bordo che prosegue, con enormi difficoltà e ritardi, dal 2002.

Significa che a questo governo non importa nulla delle famiglie italiane.

In Italia non c’è solidarietà verso chi è in difficoltà, il voto contrario di tutta la maggioranza permette da oggi di perdere la prima casa anche per un piccolo debito, diciamo grazie a Renzi, è lui che porta via il bene primario degli italiani. Siamo un paese dove il Governo porta sempre più alla disperazione e alla povertà le famiglie.

Talvolta è davvero triste scoprire l’esistenza degli emarginati e degli ultimi, che in un silenzio di omissione e noncuranza, vivono abbandonati miseramente dal mondo.

Sono uomini e donne che privati dei diritti essenziali di sopravvivenza trascorrono un’esistenza  peggiore di chi sbarca quotidianamente sulle nostre coste. Tutto ciò dovrebbe far riflettere.