MESSICO – Carovane in memoria dei 43 studenti scomparsi, ma il caso non è chiuso

E’ giallo sulla notte del 26 settembre 2014 a Iguala, quando  sei studenti sono stati assassinati, cinque sono stati feriti e altri 43 sono scomparsi. Tutti appartenevano alla scuola rurale di Ayotzinapa, nello stato di Guerrero.

Quattro mesi dopo la loro scomparsa, il 27 gennaio, l’allora procuratore generale della repubblica, Jesús Murillo Karam, ha informato la società messicana che gli studenti di Ayotzinapa sono stati confusi con un gruppo di narcotrafficanti della zona (Los Rojos) e che per questo sono stati uccisi da un gruppo rivale. Per il procuratore, i corpi dei 43 studenti scomparsi sono stati incendiati in una discarica di Colula e le ceneri sono state gettate nel fiume San Juan.

A sette mesi di distanza ci sono più dubbi che certezze e altre inchieste giornalistiche e scientifiche hanno smentito una a una le prove ufficiali. Per esempio è stato dimostrato che i testimoni ascoltati dalla procura sono stati torturati e inoltre, secondo la squadra di antropologi forensi che sta lavorando con i familiari degli scomparsi, il dna dei resti identificati dalle autorità non corrisponde a quello dei 43 studenti scomparsi.

Gli esperti hanno manifestato dubbi sulla versione del rogo dei morti a Cocula: se i corpi fossero stati distrutti in un falò, l’incendio sarebbe durato diversi giorni, cosa impossibile se si pensa che in quei giorni in città pioveva, secondo le testimonianze del servizio meteorologico nazionale.

Anche se il governo messicano ha insistito fin dal principio sul fatto che l’esercito non ha partecipato in nessun modo ai fatti, le ultime inchieste giornalistiche mostrano il contrario. Secondo i sopravvissuti, che hanno anche ripreso l’accaduto con i telefoni, sono stati i militari a sequestrare i ragazzi e a consegnarli ai narcotrafficanti.

I diritti umani devono venire prima degli investimenti privati, ricorda Román Hernández, del Centro dei diritti umani della montagna Tlachinollan che in questi giorni ha cominciato il giro Eurocaravana 43 in 13 paesi europei, insieme a Omar García, studente di Ayotzinapa, ed Eleucadio Ortega, padre di uno dei giovani scomparsi.

Ayotzinapa si è caratterizzata da decenni per il suo lavoro di lotta, come quasi tutte le scuole rurali nel paese. Per questo rappresenta una minaccia, che si vuole sottomettere con la violenza.

Il tour attraverso le 13 città europee continuerà fino al 19 maggio. Prima c’è stata un’altra carovana negli Stati Uniti, e se ne pianifica una in Canada e in America Latina.

Queste carovane sono possibili grazie all’aiuto di reti, associazioni e collettivi internazionali con esperienza in zone di conflitto o in aree degradate a causa di cattive politiche sociali. “Ad Ayotzinapa e a Guerrero stiamo cercando di organizzarci, di costruire garanzie affinché questi episodi non si ripetano. E non possiamo chiederlo allo stato, che allo stesso tempo è colpevole. Questo tour serve affinché i fatti di Ayotzinapa non si ripetano. Una parte di quello che abbiamo imparato è che i diritti non si chiedono, si esercitano”.

Milano, una città che è quanto di più distante da Ayotzinapa, è stata scelta come prima tappa del giro. Circondati da Versace, Escada, Harmont Blaine, Prada e Louis Vuitton, Omar, Roman e don Eleucadio saranno accompagnati da cittadini messicani che da anni vivono in Italia. Ma all’incontro sono arrivati anche gli italiani, coinvolti nella lotta dei messicani, gli stessi che in questi mesi hanno organizzato cene e incontri per raccogliere fondi e raccontare quello che è successo in Messico.

Lo studente di Ayotzinapa, Omar, dice: “Chiunque di noi potrebbe scomparire. Oggi sappiamo che la cosa più importante è portare avanti una lotta collettiva”.




ITALIA – A testa in su tra le vie al femminile di Foggia

di Federica Frisoli

Le vie sono le arterie e le vene delle città, dove scorre la vita, in cui le storie dei propri abitanti s’intrecciano e si scambiano. Ogni via ha il suo protettore, la sua guardia che dall’alto della propria targa osserva questo fiume che scorre. Si tratta di personaggi più o meno illustri, locali o di fama più ampia, che onorano con il loro nome gli angoli e i muri della scenografia urbana.

Nomi che non sono messi a caso, o almeno così non dovrebbe essere; identità di una nazione, di un territorio, della città in cui sono nate, o in cui hanno agito; personalità importanti, storiche ed esemplari, da emulare o quanto meno da rispettare e ricordare.

Nella città di Foggia, le strade intitolate a personaggi maschili sono circa 850 a fronte delle 22 dedicate alle personalità femminili.

La toponomastica femminile si distribuisce sul territorio cittadino a random e interessa vari quartieri e zone, dalle più centrali alle più periferiche.

La maggior parte delle intitolazioni riguarda la sfera religiosa ed ecclesiastica: Madonne (Addolorata, Annunziata, Incoronata…), sante, beate (Genoveffa de Troia, Chiara Lubich), una suora (Maria Celeste Crostarosa), benefattrici religiose e laiche (Maria Grazia Barone). Si tratta di intitolazioni abbastanza datate e per questo situate nel centro storico e nelle vie centrali e semi centrali della città, fatta eccezione per il parco Lubich situato nel quartiere periferico ma residenziale di Macchia Gialla.

Le pochissime donne laiche importanti della città e non solo, occupano vie più periferiche e di recente costruzione. Si va dalla più recente via Ilaria Alpi (giornalista e inviata di guerra), non ancora presente su alcuni navigatori satellitari per quanto è nuova; all’archeologa Marina Mazzei, alla quale sono stati dedicati nel 2014 la via che costeggia una delle zone archeologiche più antiche della città risalente al Neolitico e nel 2012 lo studentato universitario; al piazzale dedicato nel novembre 2012 all’On. Anna De Lauro Matera, donna politica attenta ai diritti delle donne e alle problematiche del Mezzogiorno; passando per l’On. radicale e scrittrice Maria Teresa Di Lascia, la cui via è situata nell’estrema periferia sud della città e che sbocca in campagna; fino ad arrivare all’educatrice, studiosa e storica Ester Loiodice che “abita” in una zona semi periferica e più popolare.

Grazie ad associazioni territoriali e nazionali, quali Cantiere 8 marzo e Toponomastica femminile, sono attive varie iniziative di informazione e sensibilizzazione sull’importanza della toponomastica come strumento essenziale per abbattere le barriere di genere e per portare avanti le pari opportunità. L’ultima in tal senso, è stata la mostra fotografica itinerante “La rete delle strade delle donne in Puglia”, organizzata dall’Associazione Toponomastica femminile.

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Quartiere Camporeale-Periferia S/O: On. Anna De Lauro Matera (1909-2003). Napoletana di nascita, foggiana di adozione, insegnò inglese prima di intraprendere la carriera politica. Prima donna socialista del Sud in Parlamento, rivestì numerosi incarichi istituzionali, molti legati allo sviluppo del Mezzogiorno e al mondo delle donne.

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Rione Ordona Sud-Periferia S: On. Maria Teresa Di Lascia (1954-1994). Nacque in un paesino del foggiano. Scrittrice e politica del Partito Radicale, di cui fu vicesegretaria e deputata in Parlamento, si batté per i diritti civili, alla vita, economici, sociali, ambientali. Sostenne la medicina omeopatica e fondò e diresse la lega Nessuno tocchi Caino, per l’abolizione della pena di morte nel mondo.

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Rione S. Pio X-Zona S/E: Ester Loiodice (1893-1985). Educatrice, fu direttrice della sezione “tradizioni popolari” del Museo civico di Foggia. Studiosa di etnografia della Capitanata e di storia locale, pubblicò saggi sulla ceramica popolare e sul dialetto foggiano. Nel 1925 istituì un museo didattico per studenti e durante l’ultimo conflitto bellico salvò gli ori e gli argenti del patrimonio artistico museale.

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Quartiere S. Michele-Zona centrale: Maria Grazia Barone (1844-1918). Aristocratica, moglie del Marchese G. Celentano, sindaco di Foggia e figlia del patriota Alessio Barone. Dedita alla beneficienza, in fin di vita donò le sue proprietà per l’istituzione di una Fondazione per poveri, anziani e orfani, tuttora attiva.

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Zona Macchia Gialla-Estrema periferia S/O: Ilaria Alpi (1961-1994). Giornalista Rai, inviata del Tg3 per seguire la guerra civile somala e per indagare sul traffico d’armi e di rifiuti tossici illegali. Fu assassinata a Mogadiscio il 20 marzo 1994 insieme all’operatore Miran Hrovatin da un commando di sette persone.

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Rione Puglie-Zona centrale: Marina Mazzei (1955-2004). Archeologa, diresse la sede di Foggia della Soprintendenza archeologica di Puglia, il Museo Nazionale di Manfredonia e numerose campagne di scavo. Collaborò con il Comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale; relatrice in convegni e seminari internazionali, è stata Socio corrispondente dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma ed ha scritto saggi e monografie.

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Rione dei Preti-Zona centrale: Maria Celeste Crostarosa (1696-1755). Di famiglia borghese, a venti anni si ritirò a vita religiosa in un convento. Fu chiamata a Foggia per la fondazione di un monastero con la nuova Regola dei Redentoristi di S. Alfonso de’ Liguori. Qui poté fondare il nuovo ramo delle Redentoriste o Suore del SS. Redentore.

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Quartiere Cattedrale-Centro storico: Addolorata. E’ un titolo con cui viene chiamata dai cristiani Maria, la madre di Gesù e si basa su sette dolori affrontati da Maria, descritti nei Vangeli. La devozione alla Vergine Addolorata si sviluppa a partire dalla fine dell’XI secolo, con celebrazioni dei suoi gaudi e dolori, simboleggiati da cinque spade, anticipatrici della celebrazione liturgica istituita più tardi.

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Zona centro città: Genoveffa De Troia (1887-1949). Religiosa, terziaria francescana. I gravi problemi di salute e l’estrema povertà la avvicinarono alla chiesa. Non diventò suora ma dedicò ugualmente la sua vita alla fede. Incontrò un frate cappuccino, suo padre spirituale, che le trasmise lo spirito francescano e la seguì fino alla morte, avviando il processo di beatificazione e canonizzazione.

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Zona Macchia Gialla. Periferia S: Chiara Lubich (1920-2008). Insegnante di scuola elementare, si consacrò con voti privati a Dio. È l’atto di nascita dell’Opera di Maria, movimento ecclesiale conosciuto come dei Focolari. Riteneva che vivere l’insegnamento primigenio del Vangelo era la più potente rivoluzione sociale attuabile, e ciò la portò a dedicarsi completamente ai poveri di Trento, la sua città.





IRAN – A Teheran si festeggia il nucleare, ma Netanyahu chiama Obama: «Gli accordi includano il nostro diritto a esistere»

Netanyahu ha ribadito: «l’unico obiettivo» dell’Iran è ottenere la bomba atomica. Per lo Stato ebraico è un passo in una direzione «estremamente pericolosa» perché si limita a concedere altro tempo alla Repubblica islamica. Già nella notte, dopo una telefonata con Barack Obama, Netanyahu aveva definito l’accordo tra la comunità internazionale e Teheran sul nucleare «una minaccia alla sopravvivenza di Israele».

Il Consiglio di difesa del governo di Israele ha respinto «in maniera compatta» l’intesa raggiunta tra il 5+1(Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, Germania) e l’Iran sul nucleare. È quanto si legge in un comunicato pubblicato al termine della riunione di tre ore convocata dal premier Benyamin Netanyahu. Lo stesso premier,  fa sapere di «opporsi con veemenza» all’intesa,  «l’accordo non ferma un singolo impianto nucleare in Iran, non distrugge una sola centrifuga e non fermerà lo sviluppo e la ricerca sulle centrifughe avanzate. Invece, legittima l’illegale programma nucleare».

«Riconoscete il nostro diritto di esistere».

Di conseguenza «Israele chiede che ogni accordo finale con l’Iran includa un chiaro e non ambiguo riconoscimento del diritto di Israele di esistere», ha riferito il portavoce di Netanyahu con una serie di tweet. «Voglio chiarire una cosa a tutti – ha proseguito il premier – La sopravvivenza di Israele non è negoziabile. Israele non accetta un accordo che consente ad un paese che vuole annientarci di sviluppare armi nucleari». Netanyahu, a questo proposito, ha ricordato che solo due giorni fa «nel mezzo dei negoziati di Losanna il comandante della forze di sicurezza Basij in Iran ha detto:«La distruzione di Israele non è negoziabile».
Rohani: «Tutti rispettino le promesse e onoreremo gli accordi»
Venerdì pomeriggio ha preso la parola il presidente iraniano Hassan Rohani che, in una conferenza stampa, ha parlato di «giorno storico», ricordando: «Tutto il mondo deve pensare che l’accordo di Losanna soddisferà tutte le parti. L’intesa inaugurerà una nuova fase nei rapporti tra l’Iran ed il mondo intero». Non per questo Teheran accetta di essere stata chiamata al tavolo per la sofferenza imposta dalle sanzioni: «Non ci erano state imposte per portarci a trattare: il loro scopo era far arrendere l’Iran». Inoltre, un avviso: Se il gruppo 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania) «rispetterà le promesse, anche l’Iran lo farà. Se sceglierà strade diverse, altre opzioni potranno essere valutate».

SCHEDA – L’INTESA PUNTO PER PUNTO

I punti più importanti dell’intesa.
– Il “5+1” (Usa, Francia, Regno Unito, Germania, Cina e Russia) e l’Iran hanno trovato l’accordo sulla sospensione di oltre i due terzi della attuale capacità di arricchimento dell’uranio del programma di Teheran, accompagnata da 10 anni di monitoraggio.
– La maggior parte delle riserve di uranio arricchito dell’Iran dovrà essere diluita (degradata a un livello di purezza inferiore all’attuale) o trasferita all’estero.
– L’Iran manterrà dunque 6104 delle attuali 19mila centrifughe e si impegnerà a non arricchire l’uranio oltre il 3.67 per cento per almeno 15 anni.
– L’Iran, inoltre, si impegna a ridurre il suo attuale stock di 10mila chili di uranio arricchito a non più di 300 chili, arricchiti al massimo al 3,67 per cento.
– Le centrifughe in eccesso e le strutture per l’arricchimento saranno poste sotto il controllo della Aiea e saranno utilizzate solo per fornire ricambi.
– Dopo i primi 10 anni di monitoraggio, le attività di ricerca e sviluppo continueranno a essere limitate e supervisionate, con le diverse restrizioni sul programma nucleare iraniano che resteranno in vigore per 25 anni.
– In cambio del rispetto di questi vincoli, l’Iran si vedrà gradualmente alleggerire il peso delle sanzioni internazionali.
– Il mancato rispetto dell’accordo porterà automaticamente al ristabilimento delle sanzioni contro Teheran.

Anche con l’accordo sul nucleare, resteranno invece in vigore le sanzioni contro l’Iran per terrorismo, abusi sui diritti umani e detenzione di missili ad ampia gittata. Ed è stato lo stesso ministro iraniano Zarif ha sottolineare come il raggiungimento del risultato sul nucleare non comporti necessariamente una normalizzazione delle relazioni, in particolare con gli Stati Uniti. “Le nostre relazioni con gli Usa non hanno niente a che vedere con questo. Ci dividono tante differenze e nel passato abbiamo eretto una reciproca diffidenza. La mia speranza è che, con la coraggiosa implementazione di questo accordo, si possa recuperare un po’ di quella fiducia. Non ci resta che aspettare e osservare”. Da parte sua, il segretario di Stato Kerry ha sottolineato come gli Usa siano ancora “preoccupati per le attività di destabilizzazione” messe in atto dall’Iran in Medioriente. E ha rivolto un appello alle autorità di Teheran: “rilasciare gli americani detenuti nelle celle iraniane”




ITALIA – Ritornano i fatti di Genova. “Diaz, non lavate questo sangue”

Se questo è un uomo. Se questo è un individuo che ha scelto di svolgere una professione volta ad aiutare il suo prossimo e a tentare in tutti i modi di salvarlo. Se sempre questo essere umano ha giurato: “Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio; mi asterrò dal recar danno e offesa” come può essere stato complice ed esecutore di sevizie a danno di persone indifese? Non ci è dato sapere le motivazioni che hanno spinto il dottor Giacomo Toccafondi, responsabile sanitario della caserma di Bolzaneto, a essere implicato in una delle vicende più vergognose della storia italiana, ossia quella inerente alle torture nei confronti degli ospiti della scuola Diaz durante il vertice del G8. La sera del 21 luglio 2001 nella scuola Diaz fece irruzione un comando di Polizia che fu colpevole di un pestaggio definito dal vicequestore Michelangelo Fournier da “macelleria messicana” nei confronti di persone che erano a Genova per manifestare contro l’ assemblea dei capi di Stato degli otto paesi più industrializzati, in corso proprio nel capoluogo ligure. Gente che non ha opposto resistenza, pacifisti trattati alla stregua di terroristi. Alcuni di questi giovani furono condotti nella caserma di Bolzaneto dove subirono maltrattamenti senza rispetto alcuno, furono costretti a esporsi nudi a un pubblico di ominicchi pronti a deriderli, furono costretti a stare per ore in piedi e privati di ogni diritto umano. Giacomo Toccafondi avrebbe meritato per questo di essere radiato dall’ordine dei medici, ma i suoi colleghi lo hanno impunemente graziato infliggendogli una pena esigua, vale a dire sei mesi di sospensione dall’attività medica. Se questa si può definire una pena!  “Diaz, non lavate questo sangue”.




MARIBOR – Sugli scaffali polverosi dell’Archivio Provinciale, le biografie delle donne dell’odonomastica cittadina

 di Elena Cerkvenic

Foto di Branimir Ritonja

Maribor, storicamente Marburgo sulla Drava, è il secondo centro della Slovenia per numero di abitanti, e il capoluogo della Stiria slovena.

Sottoposta per secoli all’Impero austro-ungarico, attaccata sovente da turchi-ottomani, alla fine della I guerra mondiale la città fu contesa tra Austria e Jugoslavia e finì con l’essere parte di quest’ultima. La Germania nazista non le risparmiò l’occupazione.

Oggi Maribor, situata sul fiume Drava, nel punto in cui si incontrano i monti Pohorje, la Valle e la Piana della Drava, le catene collinari del Kozjansko e delle Slovenske gorice, è diventata un’importante meta turistica, legata alla ricchezza paesaggistica e culturale.

La pendici innevate alle porte della città richiamano inoltre il turismo sportivo e ospitano, nel mese di gennaio di ogni anno, gare di slalom speciale e la tradizionale “Volpe d’oro” (Zlata lisica), competizione di slalom e gigante femminile valida per la Coppa del Mondo di sci alpino.

A differenza di quanto accade in generale in Slovenia e in particolare a Lubiana, dove prevalgono le intitolazioni femminili a combattenti nella lotta per la liberazione nazionale, Maribor presenta un quadro più vario, che coinvolge, oltre alle combattenti, donne del mondo dello spettacolo, attrici di teatro, scienziate, mediche, nonché figure poetiche tratte dalla letteratura.

In alcuni casi è difficile raccogliere informazioni biografiche relative alle donne ricordate nell’odonomastica cittadina e il nostro lavoro si è avvalso del contributo dell’Archivio Provinciale di Maribor.

2.MARIBOR_Ulica_Eve Lovse

2.

Eva Lovše, pediatra

(Miklavž nad Rimskimi toplicami, 1914 – 2003)

Eva Lovše, pediatra, studiò medicina tra Zagabria e Ljubljana e svolse il tirocinio all’ospedale generale di Maribor. Nel luglio 1941, dopo l’occupazione, si trasferì in Serbia per poi rientrare ed esercitare al policlinico scolastico di Maribor, cinque anni più tardi. Nel 1963 era la prima medica specialista in medicina scolastica. Per il lavoro svolto le vennero conferiti nel 1990 il premio dr. J. Potrč e nel 1994 il sigillo della città di Maribor.

3.MARIBOR_Ulica Brete Buksek

3.

Berta Bukšek, attrice

(Ljubljana, 1879 – Maribor, 1929)

Berta Bukšek iniziò a lavorare al teatro regionale di Ljubljana nel 1898 come cantante di coro, suggeritrice di opera e attrice. Divenne un’ottima esecutrice di ruoli comici drammatici e di operetta. Nel 1919 si trasferì a Maribor per recitare al teatro nazionale sloveno, allora istituito, dove continuò ad esibirsi, come attrice principale e caratterista fino al termine della sua vita.

 4.MARIBOR_Ulica_Silvire Tomasini

4.

Silvira Tomasini, eroina nazionale

(Trieste, 1913 – Kosovska Mitrovica, 1942)

Silvira Tomasini entra a far parte di associazioni accademiche di sinistra già durante gli studi a Lubiana. Contribuisce all’organizzazione del movimento pacifista giovanile a Maribor. Dal 1940, insegna al liceo di Kosovska Mitrovica ed è impegnata soprattutto nel campo sociale e culturale. Nel 1942, viene arrestata dai tedeschi, interrogata, torturata e uccisa in carcere. Il 27 novembre 1953, le viene conferito l’Ordine di eroina nazionale della Jugoslavia.

5.MARIBOR_Ulica_Mileve Zakrajškove

5.

Mileva Zakrajšek, attrice

(Postojna, 1885- Maribor, 1971)

Frequentò la scuola anche a Trieste, sebbene avesse vissuto la gioventù per lo più a Novo mesto. Iniziò la sua carriera artistica all’età di 40 anni e nel 1926 recitò per la prima volta al Teatro nazionale di Maribor e ne divenne l’attrice principale. Fu un’artista di eccezionale talento, semplice, schietta, spontanea, e le sue rappresentazioni risultarono sempre naturali, profonde, vissute. Fu anche attrice cinematografica. Le venne conferito per ben due volte il Premio Prešeren della Repubblica di Slovenia (nel 1948 e nel 1959).

6.MARIBOR_Ulica Slave Klavore

6.

Slava Klavora, eroina nazionale

(Maribor, 1921 –1941)

Slava Klavora studiò economia a Zagabria. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale organizzò attività di lavoro studentesche per la liberazione nazionale al confine settentrionale. Dopo il 21 giugno 1941 si attivò nella Stiria slovena (Štajerska) all’interno dell’organizzazione delle unità partigiane della liberazione nazionale. Nell’agosto 1941 venne arrestata dalla Gestapo e rinchiusa. Venne torturata e uccisa nel cortile delle carceri giudiziarie di Maribor.

7.MARIBOR_Ulica Drine Gorisek

7.

Drina Gorišek, medica

(Pula, 1909 – Maribor, 1962)

Drina Gorišek, medica, attiva nell’ambito politico-sociale, completò gli studi di medicina a Zagabria nel 1934. Durante la II guerra mondiale esercitò a Banja Luka, ma dopo la guerra lavorò al reparto di chirurgia dell’ospedale di Maribor. Fu fondatrice e direttrice del dipartimento di trasfusione di Maribor. Nel 1957 le venne conferito l’Ordine del lavoro di II grado.

8. MARIBOR.Ulica_Anice Černejeve

8.

Anica Černej , educatrice, scrittrice, poeta

(Čadram, 1900 – 1944 Neubrandenburg, 1944)

Insegnante, laureata in pedagogia, venne arrestata nel 1943 dai tedeschi e deportata al campo di concentramento di Ravensbrück. Successivamente si trasferì a Neubrandenburg. Scrittrice e poetessa, compose per lo più poesie per bambini, in cui viene espresso l’amore per la propria terra. Molte sue poesie vennero musicate.

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9.

Urška, personaggio della poesia slovena

(Zalika Dolenc, 1804-1882)

Urška è un personaggio letterario che s’incontra nella poesia Il genio dell’acqua (Povodni mož), scritta dal poeta France Prešeren. Urška rappresenta Zalika Dolenc. France Prešeren la dipinge come le bella, giovane, appariscente Urška, che al ballo sulla Piazza Vecchia (Stari trg) a Ljubljana, respinge irremovibile i corteggiatori. Alla fine sceglie Il Genio dell’acqua, con il quale, balla sempre più veloce, nonostante i tuoni e il vento, finché non scompaiono entrambi nell’impetuosa Ljubljanica.

10.MARIBOR_Ulica_lepe Vide

10.

Lepa Vida, personaggio poetico della letteratura slovena

La canzone popolare della bella Vida sarebbe nata tra il 9° e l’ 11° secolo.

Nel dramma Lepa Vida (1912), che fu scritto da Ivan Cankar e ha origine nella rielaborazione di France Prešeren, viene messo in rilievo lo struggimento, come simbolo poetico.




UCRAINA – Quarantotto ore di combattimenti prima della tregua di sabato prossimo

KIEV – Sul fronte di guerra tra esercito ucraino e miliziani filorussi, nel Dombass, si sta avverando la previsione di Vladimir Putin: “È evidente che da qui a sabato  i combattenti cercheranno di guadagnare posizioni”. Perché la tregua prevede una ritirata delle armi pesanti di 50 chilometri dal fronte. Ma se il fronte si sposta, cambia anche il peso della tregua.

Così ora si combatte più duramente che nei giorni scorsi. Decine le vittime nelle ultime 24 ore, da una parte e dall’altra. Sullo sfondo le consuete accuse reciproche.

Per il portavoce di Kiev, i separatisti hanno ucciso 8 militari ucraini e feriti altri 34. Per le autorità del Donbass invece sono i militari ad aver ucciso 4 civili, compreso un bimbo di nemmeno due anni e due ragazzine di 7 e 14 anni.

Ma Eduard Basurin, portavoce del ministero della Difesa dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, ha affermato che Kiev nei combattimenti ha perso 42 uomini. Non è chiaro se le vittime di cui parlano Kiev (8 morti) e il Donbass (42 morti) siano per episodi diversi o sia un diverso bilancio dello stesso scontro.

Le notizie di rinnovati colpi di artiglieria arrivano da diverse fonti mediatiche sul terreno: nella notte ci sono stati bombardamenti a Lugansk, riferisce la bbc, e stamattina lo stesso scenario si è riproposto a Donetsk, riportano i corrispondenti sia della tv inglese che di Ria Novosti. “Il nemico ha bombardato posizioni delle forze dell’operazione antiterroristica con la stessa intensità di prima”, ha riferito il portavoce militare di Kiev, Vladyslav Seleznyov, aggiungendo che i combattimenti sono stati particolarmente pesanti nella zona del nodo ferroviario di Debaltsevo, dove separatisti hanno usato razzi e artiglieria.

Ora Mosca dice che la Russia era pronta ad appoggiare un cessate il fuoco immediato, ma che non è stato ritenuto fattibile dai ribelli filorussi dare vita a una tregua duratura. La diplomazia comunque non si ferma, almeno a parole e nei contatti. Il Cremlino ha fatto sapere che i leader di Ucraina, Russia, Germania e Francia che hanno negoziato il cessate il fuoco di Minsk sono in contatto.

E Putin ha dato incarico a degli esperti militari russi di analizzare la situazione nella zona di Debaltseve, lo strategico snodo ferroviario nel sud-est ucraino dove i ribelli sostengono di aver circondato migliaia di militari ucraini e ne chiedono la resa. Ma le autorità di Kiev negano la resa e non vogliono cedere quella fetta di territorio. La questione di Debaltseve è considerata critica per la messa in atto dei nuovi accordi di Minsk.




ITALIA – Foibe: per cinquant’anni il silenzio della storiografia

È in queste voragini dell’Istria, cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo, che fra il 1943 e il 1947 sono stati gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani.

La prima ondata di violenza esplose subito dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano “nemici del popolo”. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. Lo racconta Graziano Udovisi, l’unica vittima del terrore titino che riuscì a uscire da una foiba. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico, è la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce.

Nel febbraio del 1947 l’Italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l’istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non hanno nulla, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia  accoglienza. Non suscita solidarietà chi sta fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell’URSS, in cui si è realizzato il socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è la ragione per cui il PCI non affronta il dramma, appena concluso, degli infoibati. Ma non è solo il PCI a lasciar cadere l’argomento nel disinteresse. Come ricorda lo storico Giovanni Sabbatucci, la stessa classe dirigente democristiana considera i profughi dalmati “cittadini di serie B” e non approfondisce la tragedia delle foibe. I neofascisti, d’altra parte, non si mostrano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della seconda guerra mondiale nei territori istriani. Fra il 1943 e il 1945 quelle terre sono state sotto l’occupazione nazista, in pratica sono state annesse al Reich tedesco.

Per quasi cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta, “perché – ricorda ancora Sabbatucci – è stata ignorata per molto tempo”. Il 10 febbraio del 2005 il Parlamento italiano ha dedicato la giornata del ricordo ai morti nelle foibe. E’ iniziata solo da un decennio l’elaborazione di una delle pagine più angoscianti della nostra storia.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Montecitorio durante la giornata del ricordo degli italiani gettati nelle cavità carsiche:

“Il Parlamento con decisione largamente condivisa ha contribuito a sanare una ferita profonda nella memoria e nella coscienza nazionale”. Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato le vittime delle foibe e l’esodo degli italiani giuliano -dalmati nel corso del Giorno del Ricordo, celebrato a Montecitorio. “Per troppo tempo – ha aggiunto il Presidente – le sofferenze patite dagli italiani giuliano-dalmati con la tragedia delle foibe e dell’esodo hanno costituito una pagina strappata nel libro della nostra storia”.

Alla celebrazione è intervenuta anche il presidente della Camera Laura Boldrini, che ha parlato di “un debito” italiano verso le vittime e “di una violenza brutale” rispetto alla quale “dobbiamo assumerci la responsabilità di aver negato o teso a oscurare la verità”. Il Giorno del Ricordo è stato istituito nel 2004 per ricordare le oltre diecimila vittime gettate nelle cavità carsiche ai confini orientali del nostro Paese tra il 1943 e il 1945 per ordine del dittatore jugoslavo Tito intenzionato a ‘slavizzare’ territori che erano stati a lungo italiani, come l’Istria e Fiume. Nel suo intervento, Boldrini ha lamentato che questo oblio sia stato dovuto “per calcoli diplomatici o convenienze internazionali”. Quella tragedia, ha detto fra l’altro la presidente della Camera, “è un monito per il passato e per il futuro: contro l’intolleranza, le dittature, le guerre e ogni tendenza a nascondere la verità”. Durante la celebrazione, che si è svolta nella sala della Regina della Camera dei deputati, Mattarella ha consegnato i premi alle scuole vincitrici del concorso nazionale ‘La Grande Guerra e le terre irredente dell’Adriatico orientale nella memoria degli italiani’, promosso dal Miur.




VENEZUELA – Collasso finanziario: entro il 2017 la restituzione di 10 mln di dollari agli azionisti del petrolio

Il Venezuela rischia il collasso finanziario a causa del ribasso sui costi del petrolio. Il paese che è il maggior produttore dell’oro nero deve restituire entro il 2017 dieci milioni di euro agli azionisti , ma l’impresa risulta essere assai ardua in quanto il 65% dei introiti delle casse statali provengono proprio dal petrolio, inoltre il 96,1% delle esportazioni sono relative al greggio e dei suoi derivati. L’unica speranza di salvezza che lo stato venezuelano avrebbe è di vedere il prezzo dell’oro nero stabilizzato a 60 euro al barile. Il presidente Maduro denuncia che dietro la situazione disastrosa in cui versa la sua nazione in realtà si nasconde un complotto politico, perché secondo lui un blocco finanziario impedirebbe di poter usufruire di crediti internazionali.Il Venezuela rischia il collasso finanziario a causa del ribasso sui costi del petrolio. Il paese che è il maggior produttore dell’oro nero deve restituire entro il 2017 dieci milioni di euro agli azionisti , ma l’impresa risulta essere assai ardua in quanto il 65% dei introiti delle casse statali provengono proprio dal petrolio, inoltre il 96,1% delle esportazioni sono relative al greggio e dei suoi derivati. L’unica speranza di salvezza che il stato venezuelano avrebbe è di veder il prezzo dell’oro nero stabilizzato a 60 euro al barile.Il presidente Maduro denuncia che dietro la situazione disastrosa in cui versa la sua nazione in realtà nasconda un complotto politico, perché secondo lui un blocco finanziario gli impedirebbe di poter usufruire di crediti internazionali.