ITALIA – Alla scoperta del patrimonio Unesco veronese

La bella Verona è patrimonio dell’umanità.  Per ammirare il suo eccezionale valore è necessario superare un percorso impegnativo, lungo 12 Km, che inizia dal Centro trekking Batteria di Scarpa.

Andando oltre il vallo di Cangrande  e percorrendo la Strada Castellana, tra muretti a secco e pergolati,

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è possibile raggiungere, attraverso i boschi, Poiano 3^ e 4^ Torricella. Il paesaggio che circonda la città di Verona cambia sotto gli occhi di chi si mette in cammino per raggiungere Castel san Felice che, con torri, rondelle, bastioni, fossati e terrapieni, fa parte della cinta muraria urbana, estesa oltre 9 chilometri e per quasi 100 ettari.

La flora costituita prevalentemente  da ornielli profumati, bagolare e carpini neri e bianchi ospita passeri italiani, cince,  scoiattoli, gheppi. I cipressi sono invece frutto delle opere di rimboschimento degli anni Sessanta così come gazze e cornacchie sono ospiti dell’inquinamento urbano a scapito di passeri e cince.

Tuttora rimangono imponenti i resti della città fortificata romana, il perimetro della città murata scaligera con i suoi castelli, la struttura della fortezza veneta, la grandiosa disposizione della piazzaforte asburgica, cardine del Quadrilatero. Per questo motivo nel 2000 Verona è stata decretata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, poiché “rappresenta in modo eccezionale il concetto di città fortificata durante diverse epoche significative della storia Europea”.

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Prima di risalire i colli per raggiungere il Parco delle Torricelle, così chiamato per la presenza di tre torri austriache edificate dall’esercito in ritirata, si attraversa il quartiere di Avesa, caratteristica località delle lavandaie costruita sulle grotte carsiche della Lessinia, preziose anche per i siti archeologici che conservano i resti dell’uomo di Neantherland.

Le case delle lavandaie mantengono un aspetto inalterato. Le acque carsiche fluiscono perennemente in questo angolo  silente tanto da sembrare incantato.

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All’ingresso del piccolo quartiere delle lavandaie, nel 1.200, i monaci Camaldolesi edificarono una chiesetta.

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Anche l’altare fu costruito con un blocco unico di tufo.

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All’interno si conservano gli affreschi e le croci dei Templari.

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Ad Avesa sopravvivono tradizioni dimenticate.

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Le case hanno un aspetto caratteristico determinato  dalle piccole dimensioni.

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Attraverso viuzze lambite dalle acque risorgive si raggiungono i boschi e i sentieri delle colline veronesi.

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In cima a queste alture, si scorgono, in stato di abbandono, le suddette torricelle austriache, utilizzate come base di appoggio per ripetitori e trasmettitori.

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Si prosegue il cammino sulla Strada  del vino della Valpolicella. La leggenda narra che il nome della Valpolicella era composto dalle parole “valle”, “poli” e “cellae”, a significare “valle dalle molte cantine”. La zona comprende i comuni della fascia settentrionale della provincia di Verona, da est a ovest. L’uso della specificazione Classico è riservato al prodotto della zona più antica che comprende i comuni di Negrar, Marano, Fumane, S.Ambrogio, San Pietro in Cariano.

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Il sentiero si immerge nel bosco dell’alta Valdonega.

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Dopo un centinaio di metri ecco comparire la fontana di Sommavalle.

Un imponente costone di roccia pressoché verticale sembra accogliere il visitatore. I rilievi circostanti rappresentano il bacino di carico dell’acqua piovana che poi, continuamente, sgorga dalla sorgente, anche in periodi di siccità seppur in quantità minore.

La conformazione della sorgente sembra risalire all’ epoca romana.

Grazie alla presenza dell’acqua, si è creato un vitale e particolare ambiente naturale. Al piede del citato costone di roccia calcarea, è stata ricavata una grotta con due aperture sovrapposte nella roccia, simili a finestrelle, dotate di inferriate.

Realizzazione probabilmente finalizzata a salvaguardare il corretto attingimento e l’uso dell’acqua. Sopra le finestre, si possono individuare i resti di una scritta romana scolpita nella pietra o forse su una targa.

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Secondo alcuni, all’interno della grotta della sorgente, dovrebbe aver origine un tunnel  perforato dai romani, che condurrebbe in città.

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La sorgente della Fontana di Sommavalle affiora nella zona più alta della valle Valdonega situata subito a nord della città di Verona.

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Dirigendosi verso valle si giunge al castello S. Felice.

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Nello spazio urbano veronese sono visibili ancora oggi opere monumentali che formano un repertorio di quasi 2000 anni di storia dell’arte fortificatoria.

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Secondo le testimonianze storiche, gli antichi Romani costruirono una prima parte delle mura a difesa della città nel I secolo a.C. Decisero di trincerare artificialmente la parte a sud, perché a nord, ad ovest e ad est ci si avvaleva della protezione naturale fornita dal fiume Adige.

Nel 265 d.C. all’epoca dell’imperatore Gallieno, a causa della minaccia rappresentata dagli Alemanni, fu necessaria un’opera di restauro delle mura, la cui conservazione, dopo quasi due secoli di pace, era in pessimo stato. L’Arena venne inglobata nel complesso difensivo perché i nemici non fossero facilitati nell’ingresso in città. Di epoca romana rimangono ben conservate anche porta Borsari e porta Leoni.

Successivamente, in epoca scaligera fu aggiunto un impianto di mura che sosteneva l’azione del fiume a nord e che si estendeva fino a Castel San Felice.

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In epoca veneziana, a sud e ad est, furono aggiunti bastioni, torri e roccaforti grazie all’operato dell’architetto-ingegnere Michele Sanmicheli che realizzò peraltro le imponenti porta Palio, porta San Zeno e porta Nuova. (Nella foto i tipici mattoni veneziani)

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Per il ruolo strategico e prioritario che giocava Verona, l’Impero Austriaco fra il 1833 e il 1866 rinforzò, attraverso un consistente investimento, le fortificazioni della città e le inserì nel più ampio sistema difensivo austriaco, adottando i moderni criteri di difesa contro l’artiglieria pesante e con la capacità di sferrare ritorni controffesivi.

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Le mura di Verona hanno sempre scoraggiato i nemici, per questo la città non è mai stata protagonista di grandi battaglie.




ITALIA – Trekking urbano per uno stile di vita sano e un rapporto emotivo con la città

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Il trekking urbano è un’attività sportiva facile e divertente, adatta a tutti perchè non richiede particolari attitudini e allenamento. Non c’è niente di meglio che camminare piacevolmente lungo itinerari urbani ricchi di storia e d’arte.

A Verona, per esempio, a due passi dal centro, c’è l’anello delle mura: chilometri di verde e di fortificazioni, torri e cortine merlate medioevali, rondelle cinquecentesche, bastioni veneti e asburgici, porte monumentali.

Il trekking urbano è un modo nuovo di vivere la città, ma anche di fare un turismo meno legato ai circuiti tradizionali. Basta seguire la propria curiosità e scegliere il percorso più adatto.

Il rapporto personale ed emotivo che si instaura tra chi cammina e la città rende il trekking urbano una forma di turismo sostenibile, uno stile di vita sano che aiuta a conoscere meglio i luoghi in cui si abita, adatto a tutta la famiglia.

Partecipare a queste giornate di trekking significa non solo rilassarsi in modo salutare, ma anche appoggiare iniziative per la realizzazione di parchi, la creazione di itinerari, la manutenzione e la pulizia delle aree verdi, la collocazione di tabelle informative, l’organizzazione di gruppi di cammino.

E’ il modo migliore per chiedere, con le giornate senz’auto, una città più vivibile e un’aria più pulita.

Camminare fa bene e fa bene anche alla città!

Segue photoreportage

Rondelle vecchie e nuove: Boccare e Batteria di scarpa (itinerario realizzato da Legambiente e dal Comitato per il verde)

Il gruppo di cammino si è mosso dalla chiesa consacrata alla Madonna del Terraglio, in sostituzione di un’edicola votiva collocata nelle vecchie mura medioevali, i cui resti sono  ancora presenti ai fianchi della chiesa.

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Lungo le mura medioevali soffocate da vegetazione spontanea e costruzioni di epoche successive è possibile individuare rondelle cinquecentesche.

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come quella delle Boccare, rinforzata in epoca asburgica e così chiamata perchè all’interno, sul soffitto,sono presenti tre bocche che servivano per la fuoriuscita della polvere da sparo sprigionata dai cannoni.

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Lungo il perimetro, durante la seconda guerra mondiale, sono stati costruiti dei tunnel per proteggere i feriti e far passare le barelle.

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La parte superiore esterna è stata costruita dagli austriaci ed è oggi lasciata all’incuria e per questo minacciata dalle radici degli alberi e della vegetazione spontanea.

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Seguendo il perimetro delle mura è possibile raggiungere il Pomerio Mura Magistrali, un grande parco dove è facile incontrare scoiattoli e piccoli roditori.

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Sul sentiero, un tempo di guerra, è possibile scorgere anche qualche resto fascista.

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Non mancano le torri scaligere

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a sovrastare il percorso di 3 km che conduce a Batteria di scarpa di San Zeno in Monte, opera dell’architetto Franz von Scholl. La Batteria fa parte delle fortificazioni ottocentesche inserite nel tratto collinare delle mura di Cangrande che ben esemplificano lo stato generale della cinta muraria collinare per i molteplici aspetti tecnici e problematici del progetto conservativo.

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Il Comitato per il verde ha chiesto e ottenuto dal Demanio la concessione dell’edificio, questo ha permesso di poter usufruire di un contributo di 80.000 euro della Fondazione Cassa di Risparmio, che sarà interamente speso per il ripristino della copertura.

Per rendere interamente fruibile la struttura, in modo da consentire un uso della stessa che induca a visitarla e ad ammirarla per la grande qualità costruttiva e per l’ingegnosità delle sue difese, occorre completare il restauro con la sistemazione degli spazi interni (pavimentazione, impianto elettrico, serramenti). Il progetto approvato dalla Soprintendenza, è stato redatto dall’architetto Lino Vittorio Bozzetto, profondo conoscitore e storico delle fortificazioni di Verona.

Con il presente progetto di recupero della batteria di Scarpa il Comitato per il Verde affronta un importante impegno per restituire alla città una delle opere fortificate più originale, nella quale si fondono i talenti tecnici e artistici medioevali dei fortificatori di cangrande I, con il talento del più illustre architetto militare asburgico Franz von Sholl. Una volta completato il restauro la Batteria di Scarpa diventerà la sede del Museo delle fortificazioni e del Centro visite del Parco delle Mura, aperto a tutti gli interessati. Il restauro sarà dedicato alla memoria di Carlo Furlan, scomparso recentemente, che da anni stava lavorando per il recupero del Parco delle Mura.

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GERMANIA – Involato speciale: differenze Italia-Germania in un voloGERMANIA – Involato speciale: differenze Italia-Germania in un volo

di Sadry Attanasio (inviato)

Volere volare, ovvero considerazioni su un volo da Ginevra a Bari e ritorno con scalo a Monaco di Baviera.
Due tragitti, il primo effettuato con la tedesca Lufthansa, il secondo con l’italiana Meridiana.

Siamo partiti da Ginevra con un unico bagaglio da stiva, io e la mia gattina comodamente adagiata nel suo trasportino. Nulla di sorprendente riguardo la completezza e la precisione delle informazioni degli svizzeri sul trasporto animali e, naturalmente, in cabina, durante il primo volo mi han subito detto di mettere a terra il trasportino, come prescritto dal regolamento.
Altrettanto non sorprendente la parte italiana, dove l’hostess di terra, al check-in, chiedeva paradossalmente a noi informazioni sul trasporto del gattino, poiché anche lei avrebbe voluto portarlo in aereo, ma aveva dubbi sulle procedure da seguire. D’altronde, per la compagnia italiana, la mia gattina viaggiatrice ha potuto stare sul sedile libero di fianco a me nel suo protetto trasportino, come da “interpretazione” del regolamento.

Arrivati a Monaco, qualcosa di sorprendente nello spazio di attesa ai gates: macchinette di thé e caffé e bibite gratuite per i passaggeri, senza code e spintoni, pulite e ordinate cosí come ogni utilizzatore le aveva trovate e lasciate, e dulcis in fundo tutte funzionanti. Caliamo il sipario su una scena simile nei nostri cantoni, dove già le macchinette è raro che ti rendano anche il resto.
Nella foto allegata potete ammirare un tipico cestino per i rifiuti, troppo bello, guardatelo. Attenzione si è scritto “un” cestino, perchè la cosa che lo rende bello è quella invitante scritta che dice: “Separiamo noi per te”. L’esatto contrario di quello che puoi trovare in Italia, dove i cestini tanto carini sono “tre” e la gente separa carta vetro e misto, mentre manca la scritta che dovrebbe indicare: “Mischiamo noi per te” (in molti reportage televisivi si vede bene che l’operatore ecologico, forse era meglio quando lo si chiamava spazzino, mette il contenuto dei tre bidoni in un’unica benna. Dubito che saranno terzi a riseparare il tutto).

Altra sorpresa nel servizio in volo, stavolta in favore nostrana peró, per l’unica cosa che forse rimarrà la nostra eccellenza: il cibo. Dove da parte tedesca mi veniva servito un inedito tramezzino con sugo di pomodoro al basilico (praticamente una scarpetta in busta), la parte italiana mi allettava con un bel panino con bresaola e scamorza affumicate (mmmhh anche la micina ha gradito la bresaola, ne ho tagliato un pezzo con il mio coltellino svizzero che, “stranamente”, malgrado lo avessi rincresciosamente consegnato, la parte italiana mi ha restituito, asserendo che era talmente piccolo da poter essere portato in cabina, cosa che gli svizzeri mi hanno “non stranamente” assolutamente proibito in un’altra occasione, per la stessa misura di lama).

Sicuramente non viviamo in un paese perfetto, ma posso dire: “Cara vecchia Italia, per noi che siam lontani, qualunque viaggio sarà come uno splendido volo se la rotta punta verso te”.