12 maggio. A Giorgiana

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Su iniziativa del Partito Radicale, sabato 12 maggio, Roma ha ricordato l’anniversario dell’uccisione di Giorgiana Masi, diciannovenne colpita a morte presso ponte Garibaldi nel 1977.

Foto 1. Roma, ponte Garibaldi. Targa in memoria di Giorgiana Masi

 

La grande Rivoluzione degli anni Settanta è stata segnata dall’irruzione nella Storia di soggetti nuovi, prima relegati ai margini della società. In particolare, la partecipazione delle donne è ancora più forte che nel decennio precedente. Femministe e lesbiche prendono la parola, combattono il maschilismo radicato nella società e spesso anche nello stesso movimento, chiedono la parità di salari, l’abolizione del diritto di famiglia patriarcale, il sesso libero senza essere giudicate. La presenza di così tante donne in piazza costringe la società a farci i conti, ad accettarle e, lentamente e gradualmente, le rivendicazioni femministe si diffondono e si normalizzano. A decenni di distanza, anche se la violenza domestica contro le donne non è finita, la società è mutata: che una ragazza esca la sera, magari da sola, oggi è un fatto normale mentre negli anni Cinquanta sarebbe stato scandaloso.

 

Il 1977 in Italia è un anno incandescente per i giovani. Rispetto a dieci anni prima, il mondo del lavoro è cambiato e la rappresentanza politica è stata superata da nuove forme di partecipazione. Le nuove leve, studenti e futuri precari, in gran parte provenienti dal Sud Italia, non si sentono più rappresentate dal partito e dal sindacato in cui le persone più anziane hanno creduto: la generazione che ha fatto la Resistenza si sente tradita da quella successiva che a sua volta si vede tagliata fuori da istituzioni vecchie. Gli scioperi e i cortei sono sempre più frequenti, l’assenteismo sul lavoro è ai massimi storici, occupazioni di scuole e fabbriche ed espropri nei negozi sono all’ordine del giorno e la polizia non ha più il monopolio della violenza. Il PCI di Berlinguer si sta avvicinando sempre di più al governo democristiano. Eppure, nonostante l’ostilità dei movimenti, continua a crescere nei sondaggi elettorali. Il comizio del segretario della CGIL Luciano Lama all’università di Roma, occupata da giovani ostili al sindacato, è una provocazione: il forte dissenso, tradotto nella cacciata del sindacalista, diventa il pretesto per sgomberare l’ateneo.

 

Il 12 marzo a Roma, come risposta all’omicidio a Bologna, da parte dei Carabinieri, di un venticinquenne di Lotta Continua, tutte le anime del movimento prendono parte a un corteo che invade le vie del centro e riesce ad assaltare la sede centrale della DC in piazza del Gesù. Il ministro dell’Interno, Francesco Cossiga vieta tutte le manifestazioni nelle città. Lo stesso Cossiga, nei giorni successivi, definisce «illegale ed extra legem» il divieto dichiarandolo una forzatura costituzionale non prevista da nessuna legge repubblicana ma in questo caso necessaria, secondo il parere di tutte le forze parlamentari.

Due mesi dopo, mentre è ancora in vigore l’ordinanza che vieta di manifestare, il Partito Radicale sfida il divieto e indice un presidio femminista e un concerto in piazza Navona. È il 12 maggio.

I radicali intendono ricordare la vittoria del referendum sul divorzio e raccogliere le firme per abrogare la Legge Reale – un provvedimento estremamente repressivo che aumenta a dismisura i poteri della polizia – approvata in Parlamento grazie ai voti dei fascisti dell’MSI.

Sono presenti in piazza anche alcuni deputati. I militanti dell’Autonomia operaia non partecipano alla manifestazione. La giornata è all’insegna della nonviolenza, ma la polizia attacca i manifestanti sparando lacrimogeni. Dopo ore di cariche ingiustificate e grazie alla mediazione di un gruppo di parlamentari, viene concesso a chi è in piazza di defluire verso Trastevere. Ma durante la fuga le cariche continuano. Da ponte Garibaldi gli agenti sparano con pistole probabilmente fuori ordinanza. Sul lato di piazza Belli adiacente al ponte, un proiettile colpisce Giorgiana Masi all’addome, tutti i soccorsi sono inutili.

La sera stessa Cossiga dichiara di non aver inviato agenti in borghese nella manifestazione e che la polizia non ha fatto uso di armi da fuoco. Uno scatto del fotografo Tano D’Amico è sufficiente a smentirlo.

 

Giovanni Santone, il poliziotto in borghese ripreso armato duranti gli scontri finiti con la morte di Giorgiana Masi in una fotografia scattata il 12 maggio 1977 da Tano D’Amico. ANSA/ PER GENTILE CONCESSIONE DI TANO D’AMICO

Foto 2. 12 maggio 1977, di Tano D’Amico

La pubblicazione di tale immagine costringerà Cossiga ad ammettere lapresenza di «corpi speciali addetti alla pubblica sicurezza».

Il referendum sulla Legge Reale indetto dal Partito Radicale si tiene a giugno del 1978, un mese dopo il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro che colpisce profondamente l’opinione pubblica italiana. Su pressione di tutti i partiti di governo, tra cui lo stesso PCI, la maggioranza delle persone votanti si schiera contro l’abrogazione della legge e quindi per il mantenimento dello stato di polizia.

Nel 1981 la magistratura chiude il procedimento sull’omicidio della ragazza archiviandolo perché «rimasti ignoti i responsabili del delitto». Eppure Cossiga ha sempre ammesso apertamente e senza vergogna di essere una tra le cinque persone a sapere il nome dell’assassino di Giorgiana Masi. Ha ricoperto le cariche di ministro, di presidente della Repubblica e di senatore a vita nascondendo al Paese informazioni importanti sui crimini di cui lo Stato si è reso responsabile e impedendo alla magistratura di svolgere il proprio operato.

«La morte di Giorgiana Masi – ha aggiunto Cossiga – è stata presa a simbolo di molte lotte giovanili contro presunte ingiustizie della polizia e della politica».

Quando nel 2001 lo Stato ha nuovamente ucciso un manifestante e mai aperto un processo sul caso, le opposizioni hanno chiesto le dimissioni dell’allora ministro dell’interno Claudio Scajola: Cossiga ha difeso il collega con un intervento furioso rivendicando la repressione feroce del 1977.

Nel 2008, davanti a un vasto movimento studentesco non certo violento che protestava contro i tagli alla scuola pubblica, Cossiga, in una delirante intervista edita da Repubblica, ha di nuovo sostenuto che «il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Link all’intervista: http://temi.repubblica.it/micromega-online/francesco-cossiga-%C2%ABvoglio-sentire-il-suono-delle-ambulanze%C2%BB/

Foto 3. 12 maggio 2018, di Andrea Zennaro

 

Ogni 12 maggio ponte Garibaldi rende omaggio alla ragazza «uccisa dalla violenza del regime» – come recita la targa stabilmente affissa in sua memoria – e il marciapiede si riempie di fotografie, fiori e ricordi.

Durante tutto il giorno di sabato molte storie si sono alternate sul posto, militanti di vecchia data e semplici passanti, tante giovani ma anche tante persone adulte che allora erano presenti e ricordano bene quegli anni e quella giornata. Contemporaneamente, un pensiero «alla compagna Giorgiana Masi» è stato mandato anche dall’esponente COBAS il cui intervento ha concluso la manifestazione di solidarietà con il popolo palestinese giunta in quelle ore a piazza Venezia.

 

In copertina, foto di Andrea Zennaro