Facciamo un bel viaggetto, italiani brava gente?

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Grazie anche ai voli low cost e alla diffusione di Internet, gli italiani sono diventati i più attivi d’Europa nel turismo sessuale. I “turisti” sono circa 80mila, per lo più uomini (90%), secondo le stime dell’organizzazione noprofit Ecpat (End Child Prostitution in Asia Tourism). Negli ultimi anni la loro età si è abbassata, ed è compresa tra i 20 e i 40 anni.


1. ECPAT

Si può scegliere un pacchetto all inclusive: viaggio, alloggio, vitto, drink e ragazze. Si paga un po’ di più per le vergini (“robetta tenera”, le chiamano), ma i confini tra chi va con adulti e chi con minori è labile: ovunque dominano il consumismo sessuale, il rapporto di dominio, il potere del denaro. A ogni latitudine il filo rosso che lega le vittime è quella della povertà.

A fronte di prestazioni a prezzi stracciati, il giro d’affari è colossale, stimato nel mondo intorno ai 5 miliardi di dollari all’anno, ed è in gran parte controllato dalle organizzazioni criminali.

Figli, mariti, padri, lavoratori. E poi un aereo. E poi in vacanza al Sud del mondo. E poi diventano il demonio. Italiani, tra quelli che ”consumano” di più a Santo Domingo, in Colombia, in Brasile. Italiani, i primi pedofili del Kenya. Attivissimi, nell’olocausto che travolge 15.000 creature, il 30% di tutte le bambine che vivono tra Malindi, Bombasa, Kalifi e Diani. Piccole schiave del sesso per turisti. In vendita a orario continuato, per mano, talvolta, dei loro genitori. In genere hanno tra i 12 e i 14 anni, ma possono averne anche 9, anche 7, anche 5. Minuscoli bottini per turisti. Burattini di carne da manipolare a piacimento. Foto e filmati da portare a casa come souvenir. Costa quanto una buona cena o un’escursione.

Dal blog del Ricciocorno schiattoso.

Complessivamente, i minori vittime di sfruttamento sessuale nel mondo sono stimati in 2 milioni; un quarto vive in Asia. La Thailandia, per anni destinazione preferita dei turisti-pedofili, negli ultimi tempi è meno gettonata a causa di una maggiore attenzione da parte delle autorità locali, pur sempre però in un quadro di illegalità diffusa.


2. Le rotte

A conferma del fatto che i nostri connazionali siano i principali fruitori di questo tipo di turismo sessuale, in alcune strade dell’Africa non è difficile trovare cartelli che intimano di non toccare i bambini, scritti in italiano.

Le ragioni che stanno dietro la scelta dei clienti non interessano, o peggio paiono ovvie: non ho letto una sola analisi psicologica in merito.

Il frequentatissimo www.gnoccatravel.it, o www.travelweare.com, i numerosi siti in cui i clienti scrivono le recensioni delle loro vittime, bastano a dimostrare che l’uomo non patisce oggi, come non pativa ieri, alcuno stigma.

Anche sui marciapiedi delle città italiane e negli hotel compiacenti stanno arrivando ragazze sempre più giovani: sono le più richieste. Emerge una pedofilia ben più diffusa di quel che pensiamo: la giovane età accentua il senso di supremazia del maschio.

In Italia li incontri a scuola, in ufficio, al bar, per strada; o in chiesa. E mentono, come quelli che negano di conoscere l’età delle ragazzine quando fanno carte false per usarle proprio perché giovanissime. Ricordate i facoltosi pedofili dei Parioli?

Esiste una tradizione. Durante la triste stagione del colonialismo italiano in Eritrea molti soldati italiani e gerarchi fascisti si concedevano una “Venere nera” bambina: la pratica si chiamava madamato. Era l’espressione del dominio autoritario del colonizzatore sull’indigeno, dell’uomo sulla donna, dell’adulto sul bambino, del libero sul prigioniero, del ricco sul povero, del forte sul debole. 

Nella prostituzione convergono gli effetti perversi di tre sistemi di dominio: il patriarcale, il capitalista e il razziale.

3. Foto ricordo

Ecco in che termini di malcelata soddisfazione il famoso giornalista Indro Montanelli in un’intervista del 1982 raccontava a Enzo Biagi la sua esperienza:

Aveva dodici anni, ma non mi prendere per un Girolimoni, a dodici anni quelle lì erano già donne. L’avevo comprata a Saganeiti assieme a un cavallo e un fucile, tutto a 500 lire. (…) Era un animalino docile, io gli (sic) misi su un tucul con dei polli. E poi ogni quindici giorni mi raggiungeva dovunque fossi insieme alle mogli degli altri ascari.

Montanelli era così sereno perché riteneva (non senza ragione) che gli italiani in grande maggioranza la pensassero come lui. 

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Graziella Priulla, già docente ordinaria di Sociologia dei processi culturali e comunicativi nella Facoltà di Scienze Politiche di Catania, vive a Roma e lavora alla formazione docenti, nello sforzo di introdurre esplicitamente l’identità di genere nelle istituzioni formative. Ha pubblicato numerosi volumi tra cui: “C’è differenza. Identità di genere e linguaggi”, Parole tossiche, cronache di ordinario sessismo”, “La libertà difficile delle donne”, “Viaggio nel paese degli stereotipi”.