
La formazione del Regno d’Italia. La frammentazione della penisola e l’egemonia sabauda
INDICE
Fino al 1848 la penisola italiana è divisa in tanti piccoli regni. A Sud il Regno delle Due Sicilie (ex Regno di Napoli) con i Borbone di Spagna, al Centro lo Stato della Chiesa sotto il diretto controllo papale e il Granducato di Toscana, a Nord i Ducati di Parma, Piacenza e Modena, il Regno di Sardegna a guida sabauda e il Regno Lombardo-Veneto degli Asburgo d’Austria. In tutto il Nord aleggiano le prime aspirazioni indipendentiste e unitarie, ma hanno ancora una forma poco concreta e determinata. In tutti gli Stati vigono ancora la monarchia assoluta o forme di “assolutismo illuminato” (monarchie pressoché assolute con leggeri ammorbidimenti gentilmente concessi dai sovrani).
L’Italia nel 1815
L’unico Stato che sembra fare eccezione è il Regno di Sardegna: qui nel 1848 viene emanata la prima Costituzione scritta; nello stesso anno anche gli altri regni vedono nascere delle carte costituzionali, ma avranno tutte vita breve e saranno ritirate nel giro di pochi mesi. Tra le monarchie costituzionali, casa Savoia è la prima famiglia italiana ad abbandonare definitivamente l’assolutismo. Inoltre, trattandosi dell’unico Stato con un certo peso non sottomesso a potenze straniere, il Regno di Sardegna viene considerato (anche da intellettuali di idee tutt’altro che monarchiche) di fatto l’unica potenza in grado di unire l’intera penisola e darle finalmente l’indipendenza. Di certo alla famiglia Savoia interessa dare spazio sulla scena internazionale a quello staterello poco rilevante che è il Regno di Sardegna prima del 1848: a questo scopo è sicuramente necessario annettere al proprio territorio, o quantomeno le zone del Nord in fase di sviluppo industriale, prima fra tutte il Regno Lombardo-Veneto, governato dagli Asburgo d’Austria. Inoltre città come Firenze e Roma costituiscono a livello culturale e simbolico le più antiche culle della civiltà italiana, sebbene non esista un sentimento di identità nazionale radicato tra la popolazione. È quindi interesse diretto di casa Savoia annettere al Regno di Sardegna almeno metà della penisola. Ma non è affatto scontato che a Torino interessi prendere anche il Sud, molto meno appetibile sul piano delle risorse economiche. Ovviamente le terre conquistate dovranno diventare parte del Regno sabaudo, e perché questo avvenga è necessaria un’azione militare contro gli altri occupanti della penisola. Massimo D’Azeglio e Camillo Benso conte di Cavour sono i principali sostenitori della politica espansionistica sabauda in vista di un regno unitario, mentre Cesare Balbo è sì favorevole al dominio sabaudo ma a un unico regno preferisce una confederazione di Stati del Nord e non è affatto interessato al Mezzogiorno. Tra le idee di questi anni è degna di considerazione quella che porta il nome di Neoguelfismo, teorizzata principalmente dal sacerdote torinese Vincenzo Gioberti: riprendendo le posizioni dei guelfi medioevali (filopapali, in contrapposizione ai ghibellini filoimperiali), Gioberti immagina una confederazione di Stati italiani sotto la guida del Papa. Di tutt’altro avviso rispetto agli interessi di casa Savoia è Carlo Cattaneo, fautore di una repubblica federale che unisca gli Stati italiani su modello svizzero o statunitense. Il principale esponente di idee repubblicane e democratiche è il genovese Giuseppe Mazzini, che prende parte all’esperienza della I Internazionale ma ne viene espulso per il suo pensiero spiritualista anziché materialista e di conseguenza antimarxista. Mazzini è il primo a sognare l’Italia «una, libera, indipendente e repubblicana», obiettivo da raggiungere attraverso l’insurrezione popolare. Ma Mazzini, tuttavia, vede l’umanità come una grande famiglia che deve restare unita ed è quindi contrario a ogni forma di lotta di classe, da qui il motto «Dio e popolo». Tragica è stata la sorte dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, fucilati nel 1844 in Calabria, dove erano sbarcati nel tentativo di fomentare un’insurrezione di stampo mazziniano tra una popolazione non istruita e non pronta. Repubblicano è anche Giuseppe Garibaldi, distante da Mazzini in quanto non spiritualista ma attento alle condizioni materiali della popolazione e di idee quasi socialiste (di conseguenza non contrario alla lotta di classe), interessato soprattutto all’abolizione del latifondo e alla redistribuzione delle terre tra le famiglie contadine povere. In questo capitolo non userò le parole Unità o Risorgimento: di solito con questi termini si vuole glorificare l’espansione sabauda facendola passare per una “unificazione nazionale” voluta da chissà quali grandi masse popolari che fervono di patriottismo; la costruzione dello Stato-Nazione moderno in Italia è stata invece la conquista di vari territori da parte di uno Stato già esistente a opera di pochi patrioti, alcuni dei quali hanno agito in buona fede ma molti altri attratti invece da potere e ricchezze.
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