L’annessione del Sud e la III Guerra d’indipendenza

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Già nel 1844, i fratelli Carlo ed Emilio Bandiera avevano tentato di fomentare un’insurrezione repubblicana in Calabria, ma la popolazione locale non aveva aderito. Di nuovo, nel 1848, Carlo Pisacane aveva tentato una nuova insurrezione antiborbonica, stavolta in Campania, ma l’impresa si era rivelata un ulteriore clamoroso fallimento.

Nel 1860, approfittando dello scontento lasciato dai Borbone in Sicilia, Giuseppe Garibaldi decide di ritentare la conquista del Meridione. Parte da Quarto (vicinissimo a Genova) con circa un migliaio di uomini verso la Sicilia. A casa Savoia il Sud non interessa, a livello economico, e anche Cavour è contrario alla missione, sapendo che Garibaldi ha idee repubblicane e democratiche, quasi socialiste, e rischia di fondare una repubblica nell’Italia meridionale escludendo i Savoia. I volontari garibaldini sbarcano in Sicilia e, promettendo la democrazia e la fine del latifondismo, conquistano subito l’appoggio della popolazione locale. Non tutti sanno che alla spedizione partecipa anche una donna, Rose Montmasson, e altre presenze femminili si registrano in Sicilia: fra queste Jessie White Mario, Antonia Masanello, Maria Martini della Torre.

L’imbarco dei Mille da Quarto, 1860, Gerolamo Induno

Nel giro di poche settimane prendono possesso di tutta l’isola, varcano lo stretto di Messina e puntano su Napoli. Il Re Ferdinando II di Borbone scappa a Gaeta e lascia la città in mano ai nuovi arrivati. A questo punto il governo di Torino non può non interessarsi alla questione.

La situazione si fa preoccupante: Vittorio Emanuele e Cavour temono che Garibaldi conquisti anche Roma, il che provocherebbe la reazione francese in difesa del Papa, e che insieme a Giuseppe Mazzini instauri a Napoli una repubblica democratica con il consenso della popolazione napoletana ma non dei Savoia. Dunque il Re occupa le terre pontificie di Umbria e Marche con il consenso francese e inglese (in quanto è l’unico modo per impedire che Garibaldi prenda Roma e soprattutto che istituisca la repubblica) e punta su Napoli per fermare Garibaldi. Intanto, a Torino, il Parlamento piemontese ratifica l’annessione dell’ex Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna: non è un’unificazione tra Stati ma una conquista di uno su tutti gli altri. 

A Teano, in Campania, Vittorio Emanuele incontra Garibaldi che ha definitivamente sconfitto i Borbone: senza una sola parola di ringraziamento né il minimo riconoscimento di quanto fatto, il Re gli ordina di smettere la sua marcia. «Obbedisco» è la celebre risposta di Garibaldi, prima di ritirarsi a vita privata in Sardegna. 

2. L’incontro di Vittorio Emanuele II e Garibaldi a Teano (particolare), di Pietro Aldi. Palazzo Pubblico di Siena, affresco del 1886 

Umbria e Marche ratificano l’annessione al Regno di Sardegna con un altro plebiscito, di nuovo a suffragio universale maschile. Il Sud invece è annesso senza plebiscito. I sogni di democrazia, di abolizione del latifondo e di spartizione delle terre svaniscono nel nulla. Garibaldi vorrebbe conquistare anche Roma ma è costretto a rinunciare, vorrebbe la repubblica a Napoli con un’assemblea costituente eletta dalla popolazione ma non gli viene permesso: così, suo malgrado, un uomo di tutt’altre idee si è ritrovato a servire gli interessi di casa Savoia.

3. La bandiera del Regno d’Italia

Il 17 marzo 1861 viene proclamato il Regno d’Italia con capitale Torino: il sogno originario era Roma capitale ma la Francia non lo permette. La Costituzione del Regno è lo Statuto Albertino, il Primo Ministro è Camillo Cavour e il primo Re è Vittorio Emanuele II di Savoia, «Re d’Italia per grazia di Dio e per volontà della Nazione»: per sottolineare la continuità tra il vecchio Stato e il nuovo, il sovrano rifiuta di cambiare nome in Vittorio Emanuele I, come a ricordare che non c’è stata nessuna unificazione ma solo un’annessione in stile medievale. Mentre l’Italia centrale è stata annessa al Regno di Sardegna con plebisciti votati a suffragio universale maschile, per le elezioni del nuovo Parlamento il suffragio ritorna a essere ristretto per censo.

Il nuovo Regno d’Italia si presenta sulla scena internazionale come alleato di Francia e Gran Bretagna e acerrimo nemico dell’Austria.

Pochi mesi dopo Camillo Cavour muore.

Rispetto all’Italia che conosciamo oggi, nel periodo subito dopo la formazione del Regno mancano il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia, il Trentino, il Sud Tirolo e il Lazio.

4. Il Regno d’Italia

Nel 1864 l’Italia si impegna nuovamente con la Francia a non toccare la città di Roma, stavolta in cambio del graduale ritiro delle truppe francesi dalla città pontificia. Per rassicurare Napoleone III che Roma non verrà attaccata, la capitale del Regno viene spostata a Firenze. 

Intanto in Prussia è salito al governo Otto Von Bismarck, intenzionato a conquistare parte dell’Austria per dar vita al II Reich (l’impero tedesco). Nel 1866 Bismarck propone all’Italia una nuova alleanza antiaustriaca: in cambio di una guerra comune su entrambi i fronti, in caso di vittoria l’Italia riceverà il Veneto. Inizia così la III Guerra d’Indipendenza. L’Italia perde tutte le battaglie sulle Alpi, solo Garibaldi sta per ottenere alcune vittorie sulla strada verso Trento ma riceve dal Re l’ordine di desistere. La Prussia invece vince contro l’Austria su tutti i fronti. L’Italia di fatto ha perso le sue battaglie ma, in quanto alleata della potenza vittoriosa, siede al tavolo delle trattative in qualità di vincitrice, ottenendo così il Veneto. Per sfregio all’Italia, l’Austria cede il Veneto alla Francia, anch’essa alleata della Prussia, la quale poi lo “consegna” all’Italia: essendo in vigore questo schema di alleanze, l’Italia ha pagato con migliaia di morti ciò che avrebbe potuto ottenere gratis con accordi diplomatici. 

L’anno successivo Garibaldi ci riprova: nonostante gli accordi, nel 1867 con pochi volontari entra nel Lazio alla volta di Roma ma viene tempestivamente fermato e arrestato dai soldati francesi. Il piano prevedeva un’ampia insurrezione popolare a Roma, mai verificatasi per mancanza di partecipazione, fatta eccezione per poche decine di persone guidate da Giuditta Tavani Arquati e dal marito, laica e ostile al Papa e già protagonista della resistenza durante la Repubblica Romana del 1849. Il Re conferma all’Imperatore dei Francesi quanto già concordato: Roma non sarà toccata.

5. Schema di date

6. La formazione dell’Italia