SIMONE DE BEAUVOIR: Nata a Parigi nel 1908, è stata una scrittrice, filosofa, insegnante e femminista francese. Oltre ai capolavori letterari come “Il Secondo Sesso”, “Una donna spezzata” e i quattro volumi di memorie autobiografiche, ne ricordiamo l’instancabile attivismo politico. Fu tra le fondatrici di “Choisir: la cause des femmes” e della “Lega dei diritti della donna”. Morì nel 1986 e fu sepolta nel cimitero di Montparnasse, accanto a Jean-Paul Sartre, compagno di una vita.
Dietro la vetrina del Café de Flore, tra i viali alberati di Saint Germain des Prés, riesco a distinguere chiaramente il profilo di una donna, seduta a un tavolino di legno scuro.
Mi saluta sorridendo attraverso il vetro: sono nel posto giusto.
– Prendi un espresso anche tu? Ci porta due caffè, per favore?
Dopo una stretta di mano molto calorosa, Simone de Beauvoir si risiede sulla panca di pelle rossa e comincia a seguire delicatamente con un dito la trama ruvida del legno.
– Non sai quante delle mie carte sono state qui, io e Jean Paul eravamo clienti abituali di questo caffè. Oltre ad offrirmi un porto sicuro dove scrivere è sempre stato una grande fonte di ispirazione per la mia creatività.
D’altronde, non c’è modo migliore di capire la società in cui si vive che osservare le persone mentre non sanno di essere guardate.
– Anche le carte de “Il Secondo Sesso” sono passate da qui?
– Ovviamente sì. In questo bar, come in ogni luogo che ho attraversato, ho ritrovato il riflesso di una società profondamente misogina. Ho osservato e analizzato tantissime donne diverse e, ai miei occhi, nessuna era meno donna di altre. Mi sono invece resa conto, mi creda, con infinita amarezza, che nella concezione comune una donna che non fosse moglie, o ancor di più, che non fosse madre, era vista come una femmina snaturata.
Si è instaurato sotto la nostra pelle questo apparentemente inscalfibile determinismo biologico applicato ai ruoli sociali. Io non nego che esistano differenze tra i due sessi nella società in cui viviamo, ma ritengo abbiano origine dalla nostra cultura; la natura c’entra ben poco.
Ha un’eleganza nel mettere le parole una dietro l’altra che farebbe rimanere a bocca aperta chiunque: cura e spontaneità così perfettamente calibrate da non lasciare spazio ad alcuna replica.
– Oltre ad aver scritto dei romanzi indimenticabili, so che è stata in prima linea nella lotta per la parità di genere. Guardando il mondo di oggi, quanto è stato fatto e quanto ancora c’è da fare?
– Sarebbe sciocco negare che si sono fatti dei passi avanti, basti pensare che fino agli anni ’70 del secolo scorso, nella stragrande maggioranza dei paesi europei, l’interruzione volontaria di gravidanza era illegale e perseguibile penalmente.
Fondando “Choisir: la cause des femmes” puntavamo a sopprimere le leggi anti-aborto e anti-contraccezioni e, nel frattempo, a difendere e assistere gratuitamente tutte le donne trascinate in tribunale con l’accusa di aborto o complicità con esso.
Dal punto di vista giuridico c’è ancora da fare, ma abbiamo vinto tantissime battaglie.
Al momento l’urgenza più sostanziale rimane, a mio avviso, quella di cambiare mentalità. Possiamo anche risultare pari sulla carta, ma non saremo uguali finché non cominceremo a considerarci effettivamente come tali.
Il cambiamento è necessario che parta in primis da noi, dobbiamo smettere di pensarci come donne spezzate.
- Anche lei si ritiene una donna spezzata?
– Io credo fermamente che noi donne abbiamo troppo spesso una rappresentazione mentale fuorviante di noi stesse. Si insinua come un tarlo nelle nostre menti la convinzione di aver bisogno di essere tutelate da un uomo, di avere necessità di un maschio accanto per poter essere.
Anche io da giovane sono caduta nella tela del ragno, ma dopo le prime delusioni ho smesso di concedere a un uomo il potere di definirmi.
Comunque, tornando al discorso di prima, se vuoi approfondire meglio la situazione attuale posso presentarti Gisele Halimi, siamo amiche da mezzo secolo e avevo in programma di incontrarla proprio questo pomeriggio.
– Sarebbe un onore per me, è ancora la presidente di “Choisir”?
– Assolutamente sì, per questo credo possa darti risposte più puntuali delle mie.
E così la seguo, fuori dal Cafè de Flore, verso la fermata del tram. Vorrei imitarne tutto, se potessi: il passo, lo sguardo, le parole, ma mi limito a raccogliere scrupolosamente le briciole di orgoglio che lascia lungo il suo cammino. È una donna che ha imparato ad alzare la testa.