La Pasqua è arrivata anche quest’anno e, per rimanere in tema, vi parliamo di uno dei dischi più importanti dell’ultima metà degli anni ‘70, che nel 2018 ha compiuto quarant’anni: Easter. Se Janis Joplin è stata la voce femminile di maggior rilievo nella fine degli anni ‘60, Patti Smith lo è stata dal 1975 in poi, quando con un grande debutto come Horses (prodotto da John Cale dei Velvet Underground) è rientrata tra i nomi che di lì a poco avrebbero ispirato il punk prima e la new wave in un secondo momento. Tutto questo non solo grazie alle sue doti vocali, ma anche per aver formato un ottimo gruppo con il chitarrista Lenny Kaye, Ivan Kral al basso, Richard Sohl al pianoforte/tastiere e Jay Lee Daughterty alla batteria.
Easter è il suo terzo album, uscito due anni dopo il fiasco commerciale di Radio Ethiopia e dopo un incidente che per poco non ha compromesso la sua carriera (è caduta dal palco durante un concerto fratturandosi due vertebre). Rispetto all’esordio, le sonorità sono molto più variegate, così come gli arrangiamenti (vedi il classico rock di “25thFloor” e “High On Rebellion” o il folk di “Ghost Dance”). È un album in cui i testi sono pieni di rifermenti biblici, come suggerisce la title track ma anche “Privilege (Set Me Free), che riprende il salmo ventitré. Contiene due dei suoi più celebri cavalli di battaglia, come la provocatoria “Rock n’ Roll Nigger” (dove questa parola non ha il connotato razziale che potremmo immaginarci, ma è usata dalla cantante come un modo per indicare un outsidere uno sfruttato) e la celebre hit “Because The Night”, scritta a quattro mani con Bruce Springsteen, singolo che spianerà la strada al successo commerciale del disco, merito anche dell’intervento del produttore Jimmy Iovine. Quest’ultimo stava lavorando nello stesso studio con Springsteen, che nel frattempo era preso dalle registrazioni del suo grande classico “Darkness At The Edge of Town”. Il boss aveva già composto la musica e buona parte del testo ma non era soddisfatto a tal punto da voler inserire il pezzo in quell’album. Iovine diede a Patti Smith una cassetta con una demo: la cantante in un primo momento si rifiutò di ascoltarla, non apprezzando contributi esterni alla composizione dei suoi brani. Ne fu convinta solo in un secondo momento, decidendo di rivedere il testo e di riadattarlo al femminile, diversamente da com’era stata concepito in origine (nel corso degli anni Springsteen l’ha suonata più volte dal vivo senza le modifiche di Smith). Il risultato finale è una canzone che ha fatto la storia del pop e che ha scalato le classifiche di tutto il mondo.
A quarant’anni dalla sua uscita, Easter ha mantenuto intatta tutta la sua carica originaria. Non è stato tra i lavori più innovativi del periodo, considerato quanto veniva prodotto in ambito new wave, e oggi suona molto “tradizionale” se comparato a molti album del tempo (solo l’anno prima era uscito il debutto omonimo dei Suicide, tanto per fare un nome). Ma rimane, senza ombra di dubbio, uno dei migliori lavori del rock americano di quegli anni e uno degli esempi più celebri di come suonasse New York a fine decennio, assieme ai Talking Heads e ai Television.