Restaurazione e moti rivoluzionari. Il Congresso di Vienna

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INDICE

 Dopo la Rivoluzione, Napoleone Bonaparte dà il via all’espansionismo francese ottenendo in un primo momento numerose vittorie e conquiste territoriali. Con queste diffonde in Europa l’imperialismo e il militarismo, ma anche gli ideali rivoluzionari che pochi decenni prima avevano scosso la Francia e abbattuto la monarchia assoluta, creando una situazione di subbuglio politico e sociale difficilmente controllabile. Sebbene gestiti da parenti dello stesso Napoleone, i piccoli Stati da lui creati in Italia, Spagna e Portogallo con il nome di “Repubbliche giacobine” contribuiscono a diffondere i sentimenti di Liberté Égalité e Fraternité in tutta l’Europa.

Nel 1812 la Campagna di Russia aperta da Napoleone si conclude con un esito disastroso: la popolazione russa arretra facendo trovare ai soldati francesi solo terra bruciata e città vuote, lasciando che la fame e l’inverno distruggessero l’invasore. L’anno dopo le armate napoleoniche subiscono un’altra clamorosa sconfitta a Lipsia, nell’Europa centrale, questa volta da parte di una coalizione formata da Austria, Prussia, Russia e Svezia.

Nel 1814 Napoleone, confinato all’isola d’Elba, riesce a tornare in Francia e armare nuovamente l’esercito. L’ultima e definitiva battaglia persa è quella di Waterloo (nell’attuale Belgio) contro l’Inghilterra. Napoleone viene recluso nuovamente, stavolta sull’isola di Sant’Elena, in mezzo all’Oceano Atlantico, dove morirà nel 1821.

La grande paura che ha spinto tutte le potenze europee a coalizzarsi contro la Francia è sicuramente quella di perdere territori, ma anche e soprattutto di veder diffondere gli ideali della grande Rivoluzione del 1789.

Con questo spirito nel novembre 1814, pochi giorni prima della battaglia di Waterloo, si apre il Congresso di Vienna. Qui si riuniscono i rappresentanti di tutti gli Stati che hanno contribuito a sconfiggere la Francia e di tutti gli interessi che l’espansione napoleonica ha turbato. L’obiettivo è ristabilire l’ordine che regnava in Europa prima della Rivoluzione: azzerare le conquiste di Napoleone, restaurare la monarchia assoluta e rimettere sul trono i sovrani spodestati.

Fino a quel momento alla fine delle guerre vincitori e vinti si riunivano intorno a un tavolo per trattare le condizioni della futura pace: ovvio che la parola del vincitore contava di più, ma anche la parte sconfitta la sua parte di voce in capitolo ce l’aveva. Con il Congresso di Vienna, per la prima volta nella Storia moderna, le potenze vincitrici si riuniscono da sole e decidono le condizioni per punire la nazione sconfitta senza consultarla né coinvolgerla nelle trattative: la Francia è considerata l’unica responsabile di aver sconvolto la pace europea prima vigente.

Il primo dei criteri che guida il Congresso è il cosiddetto principio di legittimità: si vuole ristabilire l’assetto europeo prerivoluzionario in virtù del fatto che, secondo gli artefici della Restaurazione, la presunta legittimità della monarchia assoluta sarebbe basata sull’origine divina del potere. Quindi l’Austria deve tornare agli Asburgo, il Portogallo ai Braganza e la Francia e la Spagna ai Borbone; l’Italia meridionale viene restituita ai Borbone con il Regno delle Due Sicilie (ex Regno di Napoli) e quella settentrionale agli Asburgo con il Regno Lombardo-Veneto, mentre al centro della penisola restano lo Stato Pontificio sotto il diretto controllo papale e i Ducati di Parma, Piacenza e Modena e il Granducato di Toscana dati in mano a famiglie legate agli Asburgo ma di fatto autonomi.

L’altro importante elemento guida del Congresso di Vienna è il principio di equilibrio. Le ultime guerre hanno dimostrato notevoli fragilità e squilibri nella cartina europea lasciando ad alcuni Stati la possibilità di espandersi facilmente a danno dei vicini: riportare la situazione esattamente al punto di partenza rischia di far ripetere le esperienze appena vissute. Inoltre, le mire imperialiste di Napoleone si sono servite di soldati che credevano in buona fede negli ideali rivoluzionari ed erano convinti di star esportando proprio quei valori, che hanno comunque lasciato un segno nella mentalità comune non solo francese: con queste premesse, è forte il rischio di nuove rivolte e tentativi rivoluzionari. E allora la nuova mappa dell’Europa dovrà essere a prova di insurrezione.

Con questo criterio vengono creati degli Stati-cuscinetto, in particolare intorno alla Francia, utili per arginare in tempo eventuali nuove espansioni e tamponare ogni spinta libertaria. Così tra Francia e Prussia nasce il Regno dei Paesi Bassi dalla fusione di Belgio e Olanda, troppo piccole da sole per resistere ad attacchi o attutire colpi; con la stessa intenzione, tra Francia e Austria, il Piemonte, la Sardegna e la ex Repubblica di Genova vengono unite a formare il Regno di Sardegna, affidato alla famiglia Savoia; l’Impero Russo si espande fino alla Polonia in cambio di alcune concessioni territoriali al Regno di Svezia; al posto della ricostituzione del Sacro Romano Impero Germanico viene sancita un’alleanza tra Austria e Prussia con il nome di Confederazione Germanica; l’Impero Ottomano non viene toccato e l’Inghilterra non avanza alcuna pretesa territoriale sull’Europa continentale (nonostante abbia gran parte del merito della sconfitta di Napoleone) ma ottiene invece di allargare il proprio impero coloniale oltreoceano. La Spagna è il luogo dove la repressione è più forte: viene perseguitato chiunque abbia tendenze liberali ed è sospesa la Costituzione di Cadice del 1812, principale eredità delle Repubbliche Giacobine. In Francia sale sul trono con il beneplacito asburgico e papale Luigi XVIII di Borbone, nipote di Luigi XVI (il Re ghigliottinato durante la Rivoluzione) e figlio di Luigi XVII (scomparso nel nulla senza lasciare traccia).

A suggellare il tutto viene stabilito il principio di intervento: ogni tentativo insurrezionale che metta a repentaglio l’ordine costituito deve essere duramente represso. A questo scopo nasce la Santa Alleanza: Austria, Russia e Prussia, legate dal Cattolicesimo e accompagnate dalla benedizione papale, formano una coalizione militare che interverrà a sedare le future rivolte.

Nonostante ne condivida i contenuti, l’Inghilterra protestante rifiuta l’ingresso in uno schieramento i cui principi sono ritenuti eccessivamente mistici: così nello stesso 1815 nasce la Quadruplice Alleanza, simile alla prima, ma senza la forte connotazione cattolica, con il preciso intento di isolare la Francia in cui potrebbero facilmente risorgere sentimenti rivoluzionari. In seguito, proprio per inseguire l’equilibrio ed evitare nuove guerre, i sovrani francesi rimessi sul trono entreranno nella Quintuplice Alleanza insieme agli altri quattro imperi.

 

L’unica volontà totalmente calpestata è quella popolare: non viene dato nessun ascolto, ad esempio, alle spinte indipendentiste polacche e alle idee libertarie spagnole.

Una pace fondata su questi pilastri non può avere vita lunga.

 

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