Recensione di Luminusa di Franca Cavagnoli
Rileggere Luminusa è un buon antidoto contro il senso di smarrimento che si prova nel considerare le inedite misure del governo attuale di fronte alla tragedia delle migrazioni. Ci ricorda che c’è anche un altro modo di guardare a una realtà come quella.
La vicenda di Mario, studente cremonese di Scienze Politiche che ha scelto di passare qualche tempo a Lampedusa per dare una mano nell’emergenza, si intreccia con le vite degli isolani e con quelle della gente che viene dal Ciad, dal Ghana, dal Mali, dal Niger, dalla Somalia, cercando oltremare una possibilità di sopravvivenza che le è negata in un continente percorso dall’instabilità politica, dalla guerra, da tensioni di ogni tipo. Per tanti uomini e tante donne la terra promessa è stata per qualche tempo la Libia, dove era possibile trovare lavoro; poi, con lo scoppio della guerra civile, anche quel paese è diventato pericoloso, soprattutto per chi ha la pelle scura, e l’unica via di scampo è stata proseguire verso Nord, verso l’Europa, in qualsiasi modo.
Mario ascolta i racconti dei sopravvissuti e colloca nel piccolo “museo” del paese, accompagnandoli con didascalie in versi, gli oggetti restituiti dal mare, trovati sul fondo dei barconi o abbandonati da chi è arrivato sull’isola e ne è ripartito. Sono fotografie dilavate dall’acqua marina, disegni, tanti disegni fatti dai bambini, scarpe da tennis, sandali scompagnati, giocattoli. C’è un fumetto macchiato di sangue, c’è anche un rotolo di lettere in tigrino, trovato nella tasca di una giacca. Qual è stato il destino delle persone cui quegli oggetti sono appartenuti? Nel piccolo cimitero di Lampedusa, affacciato su quel cimitero più grande che è il mare, le persone senza nome che vi sono state seppellite (uomini e donne giovani, e poi bambini e bambine) sono solo ottanta, ma molte di più sono quelle che il mare non ha mai restituito. Mario e gli altri ragazzi con cui vive e collabora sull’isola sanno che “dei morti, dei dispersi, dei caduti in mare non rimane traccia in nessun archivio. Sono scomparsi e basta. Il minimo che si può fare è cercare di ricordarli” con quello che rimane di loro.
Foto 1. Migranti
Sono giovani ma tristi, Mario e i suoi amici. Vivono in un paese senza speranza, un paese “che ha perso la sua dignità” e non produce che “governanti meschini”. Per questo sempre più spesso questa gioventù non vede altra prospettiva che andarsene dall’Italia. Anche Mario, alla fine, decide di partire e sceglie una direzione diversa, atipica, perché ha il “dono” di sentire la sofferenza degli altri, quella dei deboli e degli offesi, come gli dice suo padre. Ma a spingerlo c’è anche un dramma personale di cui si viene a conoscenza soltanto alla fine del romanzo, ed è questa scoperta a conferire intensità al personaggio e a farcelo rimanere nel cuore.
Una lettura non banale, una storia breve ma densa, incardinata su temi attuali e significativi. E poi c’è l’isola di Lampedusa, con la sua luce, la sua aria trasparente, il suo fascino. Lampedusa porta d’Europa, “terra di pietre e di niente”. Un niente che diventa, per chi legge, un grosso, pressante punto interrogativo.
Franca Cavagnoli
Luminusa
Pagg. 158
€ 18,50
Frassinelli, Milano, 2015