La Germania viene unificata nel 1870 ma, già da prima, la Prussia era la potenza militare più forte del mondo e la seconda nazione dopo la Gran Bretagna per industrializzazione, con i conflitti sociali che ne conseguono: la Germania è infatti il Paese europeo con il più forte movimento operaio.
Nel 1875 viene fondato il Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD) unendo la corrente socialista statalista a quella comunista marxista: in breve tempo, l’SPD diventa il principale partito politico tedesco e il più numeroso elemento di aggregazione operaia in Europa.
Non riuscendo ad arginarlo né a reprimerlo, il governo di Bismarck è costretto a varare importanti riforme sociali, come le pensioni di invalidità e di vecchiaia, l’assicurazione in caso di infortuni sul lavoro e il riposo pagato in caso di malattia; lo scopo di tali riforme è ridurre la conflittualità sociale – in particolare gli scioperi – e quindi aumentare la produzione a vantaggio dei padroni (altrimenti non si spiegherebbe come mai queste riforme provengano da un governo fortemente conservatore), ma di fatto la vita della classe operaia ne riceve notevoli benefici.
La società tedesca è comunque controllata, non tanto dalla borghesia imprenditoriale quanto da una ristretta nobiltà terriera ultraconservatrice e quasi feudale, detta Junker, di cui fa parte lo stesso Bismarck, che esercita il suo potere sull’esercito e su tutto l’apparato statale. Il sistema elettorale tedesco è assai significativo: il Parlamento è diviso in due Camere, un Senato ereditario che rappresenta l’aristocrazia e una Camera eletta a suffragio universale maschile in cui Junker, borghesia e lavoratori hanno la stessa ripartizione di seggi pur rappresentando fasce sociali numericamente tutt’altro che pari. A questo bisogna aggiungere che il Parlamento non ha alcun controllo sull’operato del governo, che è interamente dominato dal Kaiser (Imperatore) e dal Cancelliere (Primo Ministro), quindi le elezioni per la Camera sono di fatto ininfluenti. La Germania è quindi il Paese con il Parlamento meno rappresentativo nonostante abbia il suffragio elettorale più esteso d’Europa. Di conseguenza, lo stesso movimento operaio, per quanto numerosissimo, è del tutto ininfluente sul piano istituzionale in quanto nessuno è tenuto ad ascoltare le sue istanze.
Fig. 1. Unificazione della Germania
La Gran Bretagna ha sempre goduto di una situazione molto particolare, anche grazie alla sua posizione geografica: vicina all’Europa ma fisicamente distaccata, sciolta da vincoli stretti con gli altri Paesi, è sempre stata l’autonoma egemone di gran parte dei traffici marittimi, mantenendo un piede dentro e uno fuori rispetto a tutte le tensioni internazionali grazie anche all’impero, che ha costruito oltreoceano in tutti gli angoli del mondo. Dunque, la Gran Bretagna non ha nessuna convenienza nel legarsi all’Europa né a intervenire nelle vicende europee che non siano di natura commerciale.
Dal 1837 al 1901 siede sul trono di Londra la Regina Victoria. Il suo regno è ricordato come il più prosperoso per l’impero e come il secondo più lungo (superato oggi soltanto dalla Regina Elizabeth II, regnante dal 1952). Durante l’età vittoriana, la Gran Bretagna raggiunge la sua massima espansione imperiale e ricchezza economica. Lo Stato si sviluppa in una forma sempre più liberale: formalmente il governo è nominato dalla Regina ma di fatto è responsabile davanti alla Camera dei Comuni; le cariche pubbliche vengono attribuite per merito, anziché in base alla ricchezza; viene esteso il suffragio elettorale grazie a una legge che ridefinisce i collegi elettorali, dando più spazio ai centri urbani e sottraendo all’aristocrazia terriera il controllo sulle votazioni.
Da dopo la Rivoluzione del 1688, l’impero britannico ha vissuto un periodo di stabilità politica e pace sociale, fatta eccezione per l’Irlanda, le cui richieste di autonomia politica e di maggiore rappresentanza nel Parlamento imperiale vengono sempre represse nel sangue. L’altro fattore di repressione è il cattolicesimo irlandese, mai tollerato dall’Inghilterra protestante: si tratta dell’unico caso di guerra di religione ancora aperto in Europa alle porte del Novecento.
Durante l’età vittoriana si estende anche alle classi lavoratrici l’idea di perbenismo e di rispettabilità tipica della nobiltà britannica. La miseria delle campagne, lo sfruttamento in fabbrica e la prostituzione diffusa, note a chiunque, sono tenute nascoste da un velo di ipocrisia che nasconde le questioni nel silenzio senza affrontarle; durante il cosiddetto compromesso vittoriano, il tabù sessuale è tale che l’etichetta prevede di nascondere non solo le gambe umane ma anche quelle dei tavoli.
Fig. 2. L’Europa negli anni 1890-1995
All’inizio del Novecento, con la salita al trono dello Zar Nicola II Romanov (che rimarrà al potere fino alla Rivoluzione dell’ottobre 1917) e in minima parte anche con il suo predecessore Alessandro III, la parte europea della Russia vede iniziare un timido processo di industrializzazione su modello occidentale. Si tratta di uno sviluppo lento, non paragonabile alla situazione economica inglese o tedesca: la Russia rimane un Paese principalmente agricolo. La spinta industriale, per quanto debole, permette la formazione di moderni partiti di stampo occidentale: tra questi il partito socialdemocratico, che si sviluppa clandestinamente sotto la guida di Lenin, esiliato dalla polizia zarista e rifugiato in Svizzera. Sono rilevanti anche il partito costituzionale democratico e il partito socialrivoluzionario. Quest’ultimo fa spesso ricorso al terrorismo come forma di lotta politica.
Nel 1905 la situazione è in fermento. I nobili premono per la fine dell’assolutismo e i contadini per avere le terre, inoltre la guerra con il Giappone ha esasperato gli animi degli strati più disagiati della popolazione. E guerra e Rivoluzione sono strettamente collegate. A gennaio una imponente manifestazione di operai a Pietroburgo vuole presentare una petizione allo Zar ma, davanti al Palazzo d’Inverno, viene accolta a mitragliate. Centinaia di persone restano sul selciato. Questo episodio, noto come «la domenica di sangue», accende una polveriera enorme. Il movimento operaio si infiamma, sotto la guida del soviet (consiglio operaio) di Pietroburgo, presieduto dal giovane socialista Lev Trozkij; anche i contadini formano dei soviet; si susseguono vari ammutinamenti di militari; a ottobre uno sciopero generale paralizza il Paese. Spaventato dalla situazione incandescente, lo Zar emana un documento in cui proclama la fine dell’assolutismo e l’istituzione di un parlamento (Duma) con funzione legislativa ma praticamente impotente. Per tre volte di fila lo Zar scioglie la Duma non appena questa tenta di affrontare la questione agraria.
Nonostante una parvenza di monarchia parlamentare e in via di sviluppo industriale, la Russia rimane un Paese di stampo feudale. La situazione sociale è quindi destinata a esplodere nuovamente alla prima scintilla, che non tarderà ad arrivare.
Fig. 3. Schema di date
In copertina: Queen Victoria and her family, including King Edward VII, Tsar Nicholas II, Tsarina Alexandra, Kaiser Wilhelm II and Empress Frederick at a wedding in Coburg, Germany, 1894