ROMA – I tronchi di Andrea

A parlare, quest’oggi, oggi non saranno i muri, ma le sculture urbane di Andrea Gandini, in mostra a Roma il 6-7-8 aprile.

L’artista nasce a Teramo, in Abruzzo, nel 1997 e si trasferisce con la famiglia fin dalla tenera età nella città di Roma. Intraprende gli studi artistici al liceo Ripetta, prediligendo la scultura alle altre discipline. All’età di diciotto anni anni inizia a intagliare volti sui tronchi recisi e abbandonati per le strade della Capitale.

Necessariamente la metropoli e lo spazio pubblico sono i luoghi di espressione privilegiati dall’artista, che con pazienza e dedizione fa riaffiorare la linfa vitale da un albero ormai morto.

C’è un rapporto particolare tra l’artista e il tronco che scolpisce, cosa che si evince osservando le sue sculture in strada.

Ogni opera è legata da un’estetica comune che però si diversifica di soggetto in soggetto. Questo perché ogni tronco scelto ha una storia, una sua conformazione e una propria identità. Proprio l’identità nascosta dell’albero è quella che viene rivelata.

I suoi strumenti sono la sgorbia, lo scalpello e la motosega con i quali il tronco viene scrupolosamente lavorato, assumendo i connotati umani tipici delle sue sculture.

Nasi grandi e sporgenti come personaggi dei disegni di Andrea Pazienza, lineamenti spigolosi e occhi socchiusi. Andrea Gandini risente delle influenze degli scultori quali Michelangelo, Medardo Rosso, Giacometti e Botero.

I soggetti scolpiti sono per lo più volti di uomini anziani, ritratti di personaggi austeri e dignitosi, manifestanti la senilità delle piante. Andrea Gandini è capace di trasformare l’albero in una sfinge silenziosa volta a ricordarci la sua antica funzione di sostegno all’ambiente. Come le maschere funebri egizie che celebravano il sovrano, allo stesso modo gli alberi defunti vengono commemorati.

Nel suo processo di elaborazione artistica lo scultore è capace di cristallizzare l’immagine all’interno della corteccia, lasciando immacolato l’involucro, l’antica traccia dell’albero, emblema di vita.

Un aspetto fondamentale del suo lavoro è la performance in strada.

Le creazioni sono realizzate in pieno giorno, attirando l’attenzione dei passanti che con curiosità e inizialmente anche con un po’ di stupore, si avvicinano e osservano il work in progress.

Nonostante le sculture siano alte in media non più di 70 cm, hanno la forza di rivoluzionare lo spazio circostante, rallentando la frenetica corsa del cittadino, restituendogli, in quei pochi minuti di contemplazione, il piacere e la serenità d’animo.

Essendo en plein air le sculture sono in continua metamorfosi.

I volti, soggetti alle intemperie del tempo e al deterioramento, mutano i propri connotati iniziali e le proprie espressioni.

L’effimero, tipico della Street Art, si esprime in questo processo inevitabile di trasformazione di ogni opera all’infinito, rendendola irripetibile e unica nella sua esistenza e nel luogo in cui si trova, l’hic et nunc di Walter Benjamin. Il suo lavoro si inserisce all’interno della corrente della Street Art Sculpture, un ramo che per la sua peculiarità vede pochi ma grandi artisti, come per esempio il portoghese Vhils.

L’esposizione rappresenta il post-finem. Non a caso il titolo della mostra è “Troncomorto”.

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I tronchi, presto o tardi, verranno tagliati per essere sostituiti da quelli nuovi. La loro destinazione non sarà più la strada, bensì lo spazio chiuso.

Proprio all’interno dello studio, Andrea ha concepito le sue prime forme artistiche. L’idea di scolpire per strada è nata per caso, osservando i tanti alberi recisi. La sua prima scultura è nata proprio accanto al suo studio, rappresentando una freccia che ne indica la posizione con un volto di uomo.

Da quel giorno ha continuato la sua attività costellando Roma con piu di cinquanta sculture, senza mai abbandonare l’attività all’interno del suo studio.

Per la sua prima mostra personale, Andrea Gandini ha scelto di lavorare il legno di quercia, un albero dal fusto alto e dal colore dorato. La quercia ha inoltre un forte valore simbolico, considerata da secoli una pianta sacra e oracolare, simboleggiante l’albero della vita nel culto Celtico.Le dieci opere realizzate per la mostra sono il frutto di un elaborato lavoro in studio, processo inevitabile per la creazione artistica.