I sindacati hanno proclamato una settimana di “scioperi illimitati” con lo scopo di impedire l’approvazione della nuova legge sul lavoro proposta dal presidente della Repubblica Francois Hollande.
Della legge si parla da mesi e fin dall’inizio è stata osteggiata dalle organizzazioni dei lavoratori, ma nelle ultime settimane la tensione è arrivata a livelli non più controllabili. La legge, infatti, smantella moltissimi aspetti del diritto del lavoro che erano dati per acquisiti e rende più flessibile il mercato dell’impiego. La disoccupazione in Francia è arrivata ai suoi massimi storici. E questo è successo proprio sotto la presidenza Hollande le cui ricette economiche, evidentemente, non sono riuscite a dare una risposta convincente alla crisi.
I dati parlano chiaro: nel primo trimestre del 2012 i disoccupati erano 2,582 milioni che passano a 2,648 milioni nel secondo trimestre per iniziare un crescendo rossiniano. Nel secondo trimestre del 2014, a due anni dall’insediamento dell’ex segretario del partito socialista alla presidenza, erano arrivati a 2,790 milioni per poi raggiungere il picco nel quarto trimestre del 2015: 2,935. L’ultimo dato, relativo al primo trimestre del 2106, fissa il numero di francesi disoccupati a 2,845 milioni.
Di fronte a questi numeri la risposta dell’ex segretario del partito socialista francese, che ha tradizioni assai più “radicali” di quelle della sinistra italiana, ha proposto un ampliamento delle causali che rendono legittimo il licenziamento di tipo economico come, ad esempio, il calo di attività dell’impresa per la quale si lavora (calo degli ordini e delle vendite, per esempio) per tre trimestri consecutivi. Ma, in base alla legge, è possibile licenziare anche per riorganizzazione aziendale e per salvaguardare la competitività dell’azienda.