L’ Argentina, un Paese dove, dicono le associazioni, ogni 31 ore una donna viene uccisa, per un totale di 1.800 morte dal 2008 al 2014, e dove chi decide di denunciare abusi e violenze da parte dei propri partner spesso non viene presa in considerazione dalle forze dell’ordine, è stata sconvolta dalla morte di Chiara.
Dopo l’omicidio, uomini, donne e bambini di tutto il Paese non sono rimasti in silenzio. Sui social, l’hashtag #NiUnaMenos («Non una di meno») è rimasto per giorni tra i trend topic.
Migliaia di persone hanno manifestato in 70 città del Paese. A Buenos Aires 200mila persone si sono ritrovate nella piazza del Parlamento per chiedere al governo un sforzo maggiore contro la violenza di genere. Una mobilitazione storica. Che si è estesa anche a Cile e Uruguay, perchè questa è una storia che riguarda il mondo intero e un sentimento ritenuto universale, perchè i fatti accaduti tornano a interrogare tutti: che cos’è l’amore? Quale deve essere l’educazione sentimentale da dare alle nostre figlie? E a investire di responsabilità individui e istituzioni.
Cara Chiara, piccolo fiore reciso, gli uomini sono tristi, non te lo ha mai detto nessuno? Adesso la tua famiglia chiede giustizia.
Tuo padre, Fabio, ha cambiato pochi giorni fa la foto del suo profilo Facebook, mettendo la tua. «Tutte le notti prima di andare a dormire, piango da solo nel mio letto», ha scritto. «Vorrei tanto che qualcuno potesse darmi una spiegazione per quello che è successo».
Avevi solo 14 anni. Una giovane come tante altre, legata alla tua famiglia, studentessa modello. Con decine di foto della tua vita postate su Instagram e Facebook che ti ritraggono sorridente insieme alla mamma, al papà, o alle compagne della squadra di hockey del suo istituto.
Un giorno, all’inizio di maggio, sei scomparsa. Su Facebook in molti hanno iniziato a postare il tuo ritratto insieme a richieste di aiuto per ritrovarti. Tanti hanno partecipato alle ricerche. Tra loro anche il tuo ragazzo, Manuel Mansilla. Sì, proprio lui, che ti ha tradito.
Le ricerche sono durate tre giorni. L’11 maggio il tuo corpo senza vita è stato ritrovato nel cortile della casa di Manuel. Il tuo volto tumefatto dalle botte, quasi irriconoscibile. Eri, si è appreso in seguito, incinta di 8 settimane. Il tuo ragazzo ti ha sepolta sepolta in giardino. Eri ancora viva.
Manuel ha confessato l’omicidio. E visto che l’autopsia ha trovato nel tuo corpo anche tracce di un farmaco abortivo, è stato accusato di avere costretto l’ interruzione di gravidanza. E sarebbe proprio questo il motivo per cui avete litigato e per cui lui avrebbe deciso di ucciderti.
Quello che invece sembrava strano era che Manuel avesse agito da solo. In un secondo momento, infatti, anche la madre del ragazzo e il suo compagno sono stati arrestati. «Chiara è una ragazza in forma», ha detto tuo padre, «pesa 70 kg, è alta 1 metro e 70, è impossibile che Manuel abbia fatto tutto da solo».
La tragedia è compiuta. Nessuno potrà restituirti la vita rubata. Con questo editoriale conserviamo la tua memoria affinchè la tua morte non sia vana e serva da lezione a questo mondo distratto, superficiale e sprovveduto, perchè la tua storia salvi altre giovani donne.
Riposa in pace.