Ogni giorno nel mondo muoiono 15000 bambini sotto i 5 anni: nel 46% dei casi, pari a 7000 al giorno, ciò avviene entro i primi 28 giorni dalla nascita. Queste cifre sono state fornite dall’ultimo rapporto, reso pubblico di recente da UNICEF, OMS, UNDESA e Banca Mondiale riunite nell’IGME (Interagency Group for Child Mortality Estimation), aggiornato a ottobre 2017.
Anche se il numero di bambini che muoiono prima di aver compiuto 5 anni non è mai stato così basso nella storia – 5,6 milioni nel 2016 contro i 9,9 milioni nel 2000 – è preoccupante riscontrare come la mortalità si concentri sempre più nella fascia neonatale, dove la percentuale dei decessi dal 2000 ad oggi è salita dal 41% al 46% . Si tratta di un fenomeno che si verifica principalmente in due regioni: Asia meridionale e Africa subsahariana. Qui il 30 % delle morti è dovuto a infezioni post parto che potrebbero essere facilmente curate. Principale causa è la diffusione del tetano materno e neonatale, malattia endemica che nel mondo occidentale è sconfitta da anni. Causato da batteri che vivono nel terreno, il tetano è diffuso principalmente nelle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo, dove spesso si partorisce in casa e in situazioni di scarsa igiene. In tali condizioni, una volta contratto, il tetano non è curabile, per questo il 70% dei bambini malati muore entro il primo mese di vita.
Dal 2000 a oggi sono stati fatti passi in avanti, attraverso la diffusione di vaccini grazie all’agenzia dell’ONU, vaccini comunque già disponibili sul mercato da oltre 80 anni. Il processo di vaccinazione inizia durante la gravidanza con almeno due dosi alla futura mamma, insieme a un programma di istruzione che assicuri la consapevolezza dell’importanza di questi interventi per le generazioni successive. In questo contesto è fondamentale che le donne capiscano quanto sia determinante assumere il vaccino, per poi trasferire il messaggio ad altre donne affinché si instauri un meccanismo virtuoso.
Il nuovo rapporto UNICEF, pur ribadendo i notevoli progressi raggiunti, evidenzia la disparità nella sopravvivenza dei bambini fra regione e regione.
In Ghana, dove il tetano neonatale è stato cancellato nel 2011, vi è l’obiettivo di consolidare il risultato con una corretta politica sanitaria. Nel Paese l’UNICEF è presente con due unità, nella capitale e nel Nord-Ovest, che è l’area più svantaggiata. Qui un’equipe di 122 operatori socio-sanitari si occupa di cinque programmi dedicati essenzialmente a Sanità, Igiene ed Educazione.
In molte nazioni le campagne di sensibilizzazione, prevenzione e vaccinazione come quelle ghanesi hanno avuto successo, ad esempio in Costa d’Avorio, Liberia, Mauritania, Senegal, Sierra Leone, Cambogia, Indonesia). Ugualmente, ci sono almeno 20 Paesi in cui il tetano neonatale colpisce ancora, tra cui: Afghanistan, Angola, Pakistan, Yemen, tutti correlati tra loro da situazioni di conflitto, instabilità e barriere culturali che rappresentano un ostacolo difficile da superare.
Nonostante non siano stati totalmente raggiunti i risultati auspicati dalla la fase degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, la comunità internazionale ha concordato il nuovo quadro d’azione e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.
Questi goals riguardano settori direttamente legati alla sopravvivenza dell’infanzia come salute, miglioramento della nutrizione, educazione inclusiva e paritaria, gestione sostenibile dell’acqua e delle condizioni di igiene, accesso all’energia pulita, promozione dell’innovazione e di modelli di consumo sostenibili. Affinché non restino meri disegni utopici, la salute materno infantile dovrebbe essere un obiettivo primario nelle agende governative, con misure concrete e di veloce attuazione.
Si è portato l’esempio del tetano materno-fetale e di come sia necessario debellarlo: occorre che il monitoraggio di questa malattia diventi un indicatore della valutazione del livello di progresso raggiunto nei Paesi in via di sviluppo, suggellando così il concetto imprescindibile che la salute dell’infanzia non ha frontiere.
I progressi compiuti nel corso degli ultimi 20 anni dimostrano che, seppur con molte difficoltà, strategie corrette, risorse adeguate e soprattutto la volontà politica, possono fare la differenza nella vita di milioni di bambini.