GRECIA – La Germania vota l’accordo. Voto favorevole per salvare Atene

«So che ci sono molti dubbi sul fatto che la Grecia possa stare di nuovo sulle sue gambe, ma sarebbe irresponsabile non tentare questa strada e non dare una nuova chance alla Grecia». Esordisce così Angela Merkel al Bundestag riunito per pronunciarsi sull’apertura dei negoziati per un terzo pacchetto di aiuti alla Grecia. Il voto favorevole è dato per scontato malgrado la crescente opposizione all’interno della maggioranza. Nel corso di una riunione che si è svolta ieri, 48 esponenti del blocco conservatore dei 311 deputati che fa capo alla cancelliera hanno annunciato l’intenzione di votare contro.

Per il premier greco Alexis Tsipras l’intesa raggiunta è il risultato di una “dura battaglia” che pone il popolo greco “di fronte a decisioni difficili”. Ma queste decisioni, ha insistito, “permetteranno di mantenere la stabilità finanziaria della Grecia e daranno la possibilità del rilancio. L’applicazione non sarà facile”.

L’accordo in 5 punti:

1 – Un prestito dell’European Stability Mechanism (il fondo salva-stati) da 82-86 miliardi in tre anni.
L’accordo prevede che se il programma economico concordato rispetterà i dettagli e il calendario, sarà possibile prevedere un alleggerimento del debito con scadenze più lunghe e un periodo di grazia sui pagamenti.

2 – Creazione di un fondo indipendente di circa 50 miliardi stabilito in Grecia.
Si tratta di una piccola ma importante vittoria per Tsipras. Il fondo, infatti, non avrà sede in Lussemburgo, come inizialmente ipotizzato, sarà gestito dai greci anche se con la continua supervisione dell’istituzioni europee. Nel fondo saranno trasferiti dal governo asset da privatizzare: 25 miliardi saranno usati per la ricapitalizzazione delle banche, 12,5 miliardi per la riduzione del debito e 12,5 miliardi per investimenti per il rilancio della crescita.

3 – Riforme urgenti, entro mercoledì.
Il governo greco dovrà tradurre in legge tra domani e mercoledì alcune riforme urgenti. Solo da quel momento si definirà negli aspetti più tecnici l’intervento dell’Esm. Tra gli interventi più duri e immediati che il governo ellenico dovrà mettere in opera ci sarà la modifica delle aliquote Iva, con l’allargamento della relativa base fiscale, e la riforma del sistema pensionistico con l’abolizione delle baby-pensioni. Entro il 22 luglio, Atene dovrà anche intervenire sull’adozione del nuovo codice di procedura civile e la trasposizione delle norme europee per la risoluzione bancaria.

4 – I settori di intervento
Ci sarebbero altri settori d’intervento previsti dall’accordo e già al centro delle trattative nelle scorse settimane: l’apertura dei settori commerciale, della proprietà delle farmacie, di certe professioni come il trasporto via mare; la privatizzazione dell’operatore di trasmissione dell’elettricità Admie “a meno che non ci siano misure con effetti equivalenti sulla concorrenza”; revisione della contrattazione collettiva comprese le norme sui licenziamenti “con un calendario e un approccio concordato con le istituzioni”; misure per il settore finanziario in particolare per i crediti in sofferenza e per eliminare “le interferenze politiche soprattutto nelle nomine”.

5 – la nuova Troika
Torna uno degli elementi più contestati da Tsipras. Nel testo dell’accordo viene chiarito come il controllo dei creditori diventerà invasivo e spalmato su tutte le principali scelte pubbliche. Il governo greco, infatti, dovrà necessariamente consultare i creditori “su tutte le leggi sulle aree rilevanti prima della discussione in parlamento”.




GRECIA – Il Coniglio di Stato boccia il ricorso. Il 5 luglio si andrà al voto

Il referendum sul programma di aiuti proposto dai creditori è costituzionale. Il Consiglio di Stato boccia il ricorso contro il quesito e cade così anche uno degli ultimi ostacoli sulla strada della consultazione popolare in Grecia: domenica 5 luglio gli elettori potranno esprimersi a favore o contro il piano.

Al popolo greco è chiesto di decidere se accettare o meno una bozza di accordo tra la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale avanzata all’incontro dell’Eurogruppo del 25 giugno e che consiste in due documenti: il primo si chiama “Riforme per il completamento dell’attuale programma e per andare oltre” mentre il secondo si chiama “Analisi preliminare della sostenibilità del debito”.
– Se si rifiutano le proposte delle istituzioni, votare Non Approvo / NO.
– Se si accettano le proposte delle istituzioni, votare Approvo / SI.

Nel caso di una vittoria dei Sì  il governo di Alexis Tsipras sarebbe politicamente nei guai: avendo fatto campagna per il No e avendo criticato l’accordo oggetto della consultazione, ne uscirebbe sconfitto e sconfessato dagli elettori. Il ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, ha già annunciato che se vinceranno i Sì lascerà il suo incarico; Tsipras non è stato altrettanto esplicito ma ha fatto capire di non essere “un uomo per tutte le stagioni”. La vittoria del Sì renderebbe praticamente inevitabile un accordo con l’UE sulla base delle condizioni richieste a giugno, ma non è detto che Tsipras abbia intenzione di firmarlo: è plausibile che dopo un’eventuale sconfitta al referendum si dimetta e che a quel punto i partiti che hanno fatto campagna per il Sì formino un nuovo governo di unità nazionale, con l’obiettivo minimo di concordare le condizioni per il prestito.

Se vincessero i No Il governo Tsipras uscirebbe dal referendum immediatamente rafforzato e potrebbe ripresentarsi davanti alle autorità europee con una nuova legittimazione popolare, chiedendo e sperando di ottenere modifiche favorevoli alle richieste dei creditori per ottenere un nuovo prestito. La vittoria del No sarebbe anche una sconfitta politica per i leader europei che hanno sostenuto la linea più dura, come la cancelliera tedesca Angela Merkel, e che hanno scommesso su un indebolimento del governo Tsipras e delle posizioni della Grecia.
Tsipras ha detto che la vittoria del No farebbe ripartire i negoziati e permetterebbe di ottenere un accordo migliore per la Grecia, ma non sarebbe comunque facile: la ragione è che in ogni caso la Grecia sta finendo i soldi e senza un prestito internazionale è destinata alla bancarotta, che vinca il Sì o che vinca il No.

A poche ore dalla chiamata alle urne, mentre i sostenitori dei due schieramenti opposti scendono in piazza per le ultime manifestazioni, cresce la tensione sul fronte Atene-Bruxelles. Fonti dell’agenzia Reuters hanno rivelato che le potenze europee avrebbero cercato di bloccare il report del Fmi (poi diffuso giovedì 2 luglio) in cui si chiedeva di tagliare il debito greco: un documento che è subito diventato uno dei punti a cui si aggrappa il premier Tsipras nelle sue argomentazioni per il “no” e che mette in difficoltà l’Ue. Dal punto di vista finanziario, le banche greche hanno fatto sapere di avere la disponibilità di un miliardo di euro fino a lunedì. Poi, in base al risultato del voto, sarà la Bce a decidere come comportarsi. Il vicepresidente della Banca centrale europea Vitor Constancio ha già fatto sapere che “se vincerà il sì, si potrebbe allentare la stretta sui fondi della liquidità d’emergenza. Se vincerà il no, allora sarà più difficile per l’intesa essere raggiunta”.

L’ennesima giornata di passione per i greci si chiude con due manifestazioni ad Atene dei due schieramenti opposti per il referendum. Circa 25mila le persone a piazza Syntagma, per sostenere il fronte del ‘no’. Qui non sono mancate le tensioni poco prima dell’inizio dell’evento: circa 300 persone con il volto coperto dai passamontagna hanno cercato di forzare un cordone di poliziotti posto all’inizio di via Ermou. Nei pressi dello stadio Panathenian, invece, il raduno di coloro che propendono per il ‘sì’: stando alla polizia, 17mila i partecipanti.

Dopo la diffusione dei risultati di un sondaggio ancora incompleto sulle intenzioni di voto dei greci, la cautela è d’obbligo. Mentre il premier greco Alexis Tsipras invita i cittadini a non farsi suggestionare (“È meglio stare calmi e aspettare che il popolo prenda nelle sue mani il suo futuro. Andiamo a votare tranquilli”), il presidente della commissione Ue Jean-Claude Juncker continua a schierarsi per il “sì” (“Se i greci rifiuteranno il programma di aiuti, la posizione della Grecia sarà drammaticamente indebolita”). Il leader greco poi attacca il Fondo monetario internazionale: “Ora l’Fmi afferma che il debito greco può essere sostenibile solo con un taglio del 30 per cento e un periodo di grazia di 20 anni”. Ma questo rapporto, diffuso nelle scorse ore, “non è mai stato condiviso con le istituzioni nei cinque mesi in cui abbiamo negoziato”.

Tutti gli occhi sono puntati però sul risultato. Per il momento sono i numeri stessi a non consentire un’analisi: i nuovi rilevamenti aggiornati a venerdì 3 luglio, quando in Grecia mancano due giorni alla consultazione, fotografano una situazione in bilico, con l’elettorato diviso quasi perfettamente a metà tra favorevoli e contrari. Secondo quello realizzato dalla società Alco per il quotidiano Ethnos, i sì sarebbero al 44,8% mentre i no si attesterebbero al 43,4%. Gli indecisi scendono all’11,8%. In compenso il 74% dei greci vuole che il paese resti nell’eurozona e solo il 15% vorrebbe tornare ad una moneta nazionale. Spaccatura degli elettori e sostanziale parità sono confermate anche da un sondaggio commissionato da Bloomberg all’università della Macedonia: no al 43%, sì al 42,5.

Considerato il numero degli indecisi e il margine di errore di qualsiasi poll, impossibile trarre conclusioni. Il sostegno al no, cioè la posizione sostenuta dal governo, è comunque calato rispetto allo scorso sabato, quando si attestava a oltre il 50%. Nella notte il premier Alexis Tsipras ha parlato di nuovo in tv garantendo: “Il giorno dopo il referendum sarò a Bruxelles e un accordo sarà firmato” entro 48 ore dal voto. Mentre il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis ha detto che non solo un accordo è in vista” anche con la vittoria del no, ma “è più o meno fatto”. Da Bruxelles, puntuale, è arrivata la smentita: se vincesse il ‘no’ “la posizione greca ne uscirebbe drammaticamente indebolita“, ha detto il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. E “anche in caso di vittoria del ‘sì’- in seguito alla quale iTsipras ha fatto capire di essere pronto a dimettersi – dovremmo affrontare negoziati difficili”. Parole smentite duramente anche dal presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem: “Un accordo già fatto? Affermazione totalmente falsa”.

Il fondo salva Stati: “Grecia ha fatto evento di default ma non chiediamo restituzione immediata dei prestiti” – Intanto il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf) ha diffuso un comunicato in cui attesta che Atene, non avendo pagato martedì la rata da 1,6 miliardi dovuta al Fondo monetario internazionale, ha fatto quello che viene definito un “evento di default”. Di conseguenza i Paesi dell’Eurozona che ne sono azionisti “si riservano il diritto di richiedere prima della scadenza il rimborso di 130,9 miliardi di euro di prestiti”. Vale a dire che per ora, come auspicato due giorni fa dal vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis, hanno deciso di non chiedere il pagamento immediato, cosa che avrebbe accelerato il percorso della dichiarazione di default delle Gracia. Il capo dell’Efsf, Klaus Regling, ha detto però che “questo evento di default è motivo di profonda preoccupazione. Si rompe l’impegno assunto da parte della Grecia di onorare i suoi obblighi finanziari verso tutti i suoi creditori, e si apre la porta a gravi conseguenze per l’economia greca e il popolo greco”. L’Efsf resta “in stretto coordinamento con gli Stati membri dell’area dell’euro, la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale per decidere le sue azioni future”. In ogni caso il mancato pagamento greco “non ha alcuna influenza sulla capacità dell’Efsf di rimborsare i propri obbligazionisti. Gli investitori sanno che le obbligazioni Efsf beneficiano di una struttura di garanzia solida”.

Forniture problematiche nelle Cicladi a causa delle limitazioni ai pagamenti verso l’estero – Nel frattempo la popolazione, al quinto giorno con le banche chiuse e tetti ai prelievi ai bancomat, è sempre più in difficoltà. Secondo l’edizione online di Kathimerini, diverse isole dell’arcipelago delle Cicladi sono già alle prese con problemi di approvvigionamento, soprattutto per alcune categorie di generi alimentari, come la carne, e per le medicine. Alla base del problema, secondo la Camera di Commercio, c’è il fatto che le imprese locali non possono pagare i fornitori esteri a causa del limitazioni ai movimenti dei capitali. L’associazione ha chiesto al governo di intervenire per evitare ripercussioni sul turismo. Il vice ministro competente, Elena Kountoura, ha assicurato che da lunedì sono stati fatti tutti gli sforzi per dare priorità all’invio dei pagamenti di alberghi e ristoranti e limitare questi problemi. L’Associazione delle agenzie turistiche elleniche (Sete) calcola però che negli ultimi giorni il calo delle prenotazioni, rispetto alle attese, è stato superiore al 30 per cento.