TURCHIA – Arrestati 12 docenti universitari per propaganda terroristica

La polizia turca ha arrestato 12 docenti universitari con l’accusa di “propaganda terroristica” a favore del Pkk per aver firmato un appello che chiede una soluzione pacifica alla questione curda. Il mandato d’arresto riguarda anche altri 9 accademici, non ancora fermati. Lo riferisce l’agenzia statale Anadolu. Il provvedimento d’arresto è stato deciso dalla procura di Kocaeli, a sud di Istanbul, nei confronti di docenti della locale università. L’appello firmato dagli accademici arrestati era stato lanciato dal gruppo ‘Accademici per la pace’ con il titolo ‘Noi non saremo parte di questo crimine!’, in riferimento alle operazioni condotte da Ankara contro il Pkk nel sud-est a maggioranza curda, in cui dalla scorsa estate sono morte centinaia di persone, tra cui molti civili. Siglato finora da 6.492 persone, l’appello resta aperto alle sottoscrizioni fino a questa sera e ha raccolto il sostegno di docenti e ricercatori di decine di università anche straniere, tra cui Noam Chomsky. Ieri l’agenzia Anadolu aveva diffuso la notizia che tutti i firmatari erano finiti sotto inchiesta. Il presidente Recep Tayyip Erdogan aveva attaccato duramente i firmatari, denunciando il loro come un atto di “tradimento” verso la Turchia, mentre il Consiglio per l’educazione superiore (Yok) ha annunciato azioni punitive.

Erdogan: “Solo perché hanno titoli come professore o dottore davanti ai loro nomi non significa che siano illuminati. Queste persone sono oscure, crudeli e vili. Chi sostiene i massacri del Pkk contribuisce ai suoi crimini. Ho invitato i giudici a fare subito tutto ciò che serve”. Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sugli accademici arrestati oggi per aver firmato l’appello per una soluzione pacifica al conflitto curdo.




ZURIGO – Mondiali truccati: sette arresti e 8 fermi per tangenti e frode fiscale. Un’inchiesta travolge la Fifa

«Vogliamo che il calcio rimanga uno sport aperto e libero per tutti. Queste persone hanno corrotto il business del calcio in tutto il mondo per arricchire sé stessi, siamo determinati a far terminare questo tipo di pratiche illegali», ha detto il ministro della Giustizia Usa, Loretta Lynch, che ha chiarito come Blatter non sia al momento sotto accusa. «Parliamo del coinvolgimento di membri della Fifa, di persone che hanno ricevuto milioni di dollari in tangenti per l’organizzazione di tornei in tutto il mondo. Tangenti e frode fiscale sono solo alcune delle accuse mosse ai soggetti coinvolti. Tutto questo è cominciato nel 1991, due generazioni di dirigenti hanno utilizzato le loro posizioni di potere per avere vantaggi dalla vendita dei tornei».

«Ci siamo concentrati sul sistema tangenti di Sudafrica 2010. Sono state pagate diverse tangenti, nel 2011 tangenti sono state pagate anche per le elezioni presidenziali della Fifa. Questo è solo l’inizio», è l’analisi del capo dell’Fbi James Comey.

Mosca, questa volta, promette di collaborare per far luce sulla verità («la nostra candidatura è pulita»), ma si difende con forza dai sospetti, assicurando come tutto si sia svolto regolarmente e accusando Washington di «uso extraterritoriale» delle sue leggi.

A Zurigo, nell’hotel Baur au Lac sono state arrestate 7 persone, gente importante che nel corso degli anni ha coperto cariche rilevanti. Sette arresti certificati più altri 8 fermi. In totale 15 uomini coinvolti, di cui 9 membri della Fifa e 6 persone che lavorano nell’organizzazione a vario titolo.

La Fifa travolta cerca di isolare le mele marce, convinta di essere «la prima vittima». Si trincerano dietro difese insostenibili: «Scopriremo chi è stato coinvolto e come. Il presidente non è implicato in questa faccenda e il congresso continuerà come preventivato». In realtà è davvero difficile continuare a dire che è colpa di pochi avidi e che non esiste un sistema sballato. E soprattutto è impossibile sostenere che Blatter, tutt’ora in carica e in corsa per un quinto mandato consecutivo, non è responsabile. Sta lì dal 1998, dovrebbe essere responsabile di ogni carta entrata nell’inchiesta. Lui non è nella lista degli arrestati ma ci sono Jeffrey Webb, presidente del Concacaf, Jack Warner il suo predecessore che si è dovuto dimettere proprio per una precedente accusa di corruzione, Eduardo Li, Jose Maria Marin, e Eugenio Figueredo, uruguaiano potente ed influente che ai Mondiali si è battuto per togliere la squalifica a Luis Suarez. Con loro anche Julio Rocha (ufficio sviluppo Fifa, capo della Federazione in Nicaragua) e Costas Takkas, ex segretario della federazione delle isole Cayman. Blatter è ancora al suo posto, ma il regno sul quale vuole dominare in eterno non c’è più.

E’ solo l’inizio dello scandalo e dai primi dettagli sul lavoro dell’Fbi pare che ancora le grandi votazioni per i Mondiali e gli sponsor non siano state esaminate a dovere. Servivano testimoni e pentiti per andare avanti e adesso ci sono 15 persone in arresto che entreranno dentro l’enorme puzzle della corruzione pallonara. E dieci membri della commissione che ha votato per la sede delle prossime due edizioni mondiali saranno ascoltati in questi giorni proprio qui a Zurigo. Unici esclusi Blatter e Platini ma non è rispetto del ruolo, piuttosto fretta. I presidenti Fifa e Uefa sono residenti svizzeri e dovrebbero rispondere alla convocazione in procura in qualsiasi momento. Gli altri potrebbero dileguarsi in fretta.

È solo il primo passo di una retata destinata a stravolgere il mondo del pallone riunito in Svizzera per le votazioni, che il 29 maggio, dovrebbero decidere l’esecutivo del calcio mondiale. E in teoria confermare Sepp Blatter presidente. La mossa, scontata per quanto assurda, suona sempre più anacronistica in una giornata dove a ogni ora c’è un nuovo arresto sull’asse Zurigo-Miami: la Fifa Connection. La polizia svizzera ha già aperto un altro filone dell’inchiesta per capire cosa è successo nel dicembre del 2010, quando la Fifa ha assegnato i Mondiali del 2018 alla Russia e quelli del 2022 al Qatar.

La prima mossa arriva dal calcio europeo: «Chiediamo che le elezioni vengano posticipate e riorganizzate nei prossimi sei mesi. Farle ora potrebbe trasformare il voto in farsa e l’Uefa penserà accuratamente se presentarsi o meno in caso la richiesta venga respinta». L’Uefa attacca, una spinta calcolata perché le federazioni che fanno capo a Platini facevano già in gran parte fronda. Almeno un terzo delle nazioni, qualcuno dice la metà erano pronte a votare l’avversario di Blatter, il principe giordano Ali Bin al-Hussein. Blatter è pronto a rispondere, difficile che non si trinceri dietro frasi logore che suoneranno come lo spettacolo deve continuare. Fermarsi ora per lui significherebbe la resa.