INTERVISTA – “Precarious” al Premio Tropea. L’autrice: “Chi vorrà parlare di scuola non potrà non tenerne conto”

11012992_905017989584749_8495738008327200383_o (ph. Saverio Caracciolo)

Di Stefania Elena Carnemolla

 Precarious. Quello che della Scuola non si dice è il secondo titolo, uscito da poco, della collana I Bibliotecabili dell’editore WIP Edizioni di Bari. Un libro in 36 capitoli, con copertina di Giusy Michielli e Sadry Attanasio, illustrazioni di Antonello Lapesara (Lapis), fotografie dell’Autrice e Postfazione di Stefania Elena Carnemolla. Abbiamo intervistato l’Autrice, Angela Alessandra Milella, giornalista, scrittrice, regista-sceneggiatrice, attrice e docente di Letteratura e Storia, con cui abbiamo ripercorso la storia del suo libro, viaggio nel difficile mondo della precarietà, argomento di grande attualità tanto da valerle l’invito, il 5 settembre scorso e come ospite, alla IX Edizione del Premio Tropea, premio nazionale letterario, promosso dalla Accademia degli Affaticati di Tropea, inserito dal periodico Libri e Riviste d’Italia, organo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, fra i “Premi di qualità” e giudicato dalla stampa nazionale fra i “sette principali riconoscimenti letterari nazionali”, nonché fra i “pochissimi premi di qualità” oggi in Italia. Un palcoscenico, quello del Premio Tropea, nel suggestivo scenario di Largo Galluppi, che l’Autrice, presenti i conduttori Livia Blasi e Michele Cucuzza, ha condiviso con Luigia Barone, presidente onorario del Tribunale dei Minori di Catanzaro, Beatrice Lento, dirigente dell’Istituto di Istruzione Superiore di Tropea, Franca Giansoldati, vaticanista del quotidiano romano Il Messaggero, Mario Rossetti, ex direttore finanziario di Fastweb, testimone di una storia di mala giustizia.

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11908758_905017979584750_3629409719781528889_o (ph. Saverio Caracciolo)

Stefania E. Carnemolla Di un’esperienza molto intensa di solito si dice: sarebbe da scriverci un libro. Quand’è nata, dentro di te, l’idea del libro?

Angela A. Milella Prima del trasferimento in Veneto. Una sera ero seduta sul divano e avevo i bagagli pronti di fronte a me. Mi stavo rilassando, e guardando le valigie mi sovvenivano episodi della mia carriera che reputai pazzeschi e unici. Pensai che fosse giunto il momento di raccontare attraverso un libro la mia esperienza di docente precaria. Abbozzai l’indice individuando 27 temi.

Stefania E. Carnemolla Ti sei affidata a ricordi rimasti impressi nella tua mente o a pensieri, riflessioni, episodi che andavi via via appuntando?

Angela A. Milella Ho utilizzato appunti e ricordi indelebili. Mentre scrivevo ho provato la sensazione di rivivere le situazioni. Riascoltavo le voci, sentivo i rumori, gli odori, le sensazioni, rivedevo i volti e i luoghi, tutto come se fosse accaduto qualche ora prima.

Stefania E. Carnemolla Quando hai iniziato a scrivere il libro?

Angela A. Milella Appena terminai di risolvere i problemi logistici, alla fine del mese di Agosto, 2014.

Stefania E. Carnemolla Quanto tempo hai impiegato?

Angela A. Milella Otto mesi, ho terminato di scriverlo a metà Aprile.

Stefania E. Carnemolla Una stesura programmata o spontanea, assecondando, cioè, i ricordi man mano che riaffioravano?

Angela A. Milella Spontanea. Avevo la scaletta, ma non ho seguito l’ordine prefissato. Ho scritto assecondando l’urgenza dei ricordi e dei temi e la volontà della mente di liberarli e di riflettere su di essi.

Stefania E. Carnemolla Il canovaccio è nato passo dopo passo oppure sapevi sin dall’inizio in che ordine si sarebbero snodati i vari capitoli?

Angela A. Milella Per rendere il libro attuale ho aggiunto temi recentissimi ai 27 enucleati all’inizio, seguendo il continuo divenire della realtà. L’ordine è in linea di massima diacronico e in alcuni casi sincronico.

Stefania E. Carnemolla Hai scelto, come epigrafe, i versi di Giuseppe Ungaretti Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie. Un’immagine che suggerisce precarietà. Quante volte ti sei sentita come una di quelle foglie?

Angela A. Milella Costantemente, da quando terminai gli studi universitari.

Stefania E. Carnemolla Una foglia, parliamo sempre di te, apparentemente delicata, e che, come il libro ben testimonia, forte, tenace e che nessun vento è riuscito a strappare al suo albero. Ti rivedi in questa metafora o, se vogliamo, paragone?

Angela A. Milella Sì, continuo a stare in questa metafora, quando penso al mio lavoro di giornalista.

Stefania E. Carnemolla Lo stile del tuo libro è accattivante, i racconti si leggono tutto d’un fiato, catturano, rapiscono, trascinano, con pagine dove, talora, complici dialoghi vivaci, sembra di vedere la scena come su di un palco o, se vogliamo, come in un film. C’entra qualcosa il tuo amore per il teatro? Anche inconsapevolmente?

Angela A. Milella Amo molte cose: il teatro, la fotografia, il cinema. La loro frequentazione, il loro linguaggio, potrebbe mescolarsi alla mia scrittura, non posso escluderlo.

Stefania E. Carnemolla Hai vissuto e insegnato in tanti luoghi: a quale sei rimasta più legata e perché?

Angela A. Milella Ai comuni della provincia di Foggia. Ai ragazzi di Sannicandro Garganico, di San Severo, di Vieste, di Rodi Garganico, di Trinitapoli e dintorni. E a quelli dell’Industriale di Andria, in provincia di Bari. Perché non si limitavano a studiare o a non studiare, sono quelli che umanamente hanno reso più di tutti. Quando siedo in cattedra e valuto, non dimentico mai che quelle che insegno sono discipline umanistiche.

Stefania E. Carnemolla I tuoi viaggi, come quelli all’alba su treni deserti, non ti hanno risparmiato brutti incontri, che si sarebbero potuti trasformare in pericolo: quello con l’uomo ubriaco, quello con un “arabo” che voleva vendere il suo sesso al porto. La miseria umana nel chiuso di un vagone. E tutti gli altri: quello con il controllore, viscido e bavoso, delle Ferrovie del Gargano o quello, ancora, con i pazienti del Cim di Rodi, amanti della masturbazione in vettura: troppo per una giovane che sa che non potrà sottrarsi all’insegnamento, persino all’insegnamento per un giorno e costretta, per obbligo e necessità, a viaggiare. Un’esperienza fortificante, senza dubbio: cosa ti senti di dire a chi, considerati i tempi, probabilmente vivrà la tua stessa esperienza?

Angela A. Milella Non so se si è trattato di fortuna o di abilità nella gestione dei rapporti umani. Non ho mai avvertito la necessità di iscrivermi a un corso di difesa personale. Certo, queste situazioni hanno risvegliato in me istinti che ho utilizzato molto da bambina, nella lotta corpo a corpo con i miei compagni di gioco, per quanto mia madre, pur essendo nipote di un maestro di arti marziali, non mi abbia spinto e incoraggiato a frequentare palestre, educandomi invece alla non violenza prima e alla femminilità dopo. I pericoli li conosci, se puoi li eviti. Ma se ti trovi in certe situazioni non puoi prevedere tutto, mantenere la calma aiuta, però serve molta fortuna. In bocca al lupo. Questo posso dire a chi vivrà la mia esperienza.

Stefania E. Carnemolla C’è un’immagine nel libro, molto bella, di te che nelle ore libere, in una scuola del Sud, guardi il mare dalla scala esterna, perdendoti con lo sguardo, respirando quell’aria dal sapore di libertà. Lontana dalla tua terra, quanto il ricordo di quel mare ti ha dato forza, facendoti respirare, sebbene fra le nebbie del Nord, quel senso di libertà?

Angela A. Milella C’è una canzone popolare barese che dice: “Allegre marinare sanda Nicole va pe’ mar. Allegre pellegrine sanda Nicole a va partì”, a volte me ne ricordo. Siamo marinai…

Stefania E. Carnemolla Sei uscita dal tuo mondo, da quelli che nel tuo libro chiami gli “orti protetti”, un’esperienza che ti ha regalato anche incontri belli e particolari, come quello con i Cantori di Carpino. Nel libro c’è una bellissima descrizione del tuo incontro con questo mondo così antico e lontano…

Angela A. Milella In realtà questo è il mio mondo, un mondo che difendo. Non a caso mi sono stati presentati da una mia zia.

Stefania E. Carnemolla Quanta sciatteria, pochezza, superficialità, senso dell’intrigo nella scuola italiana, un sottobosco che è diventato bosco, un bosco fin troppo affollato, di gnomi che si sentono giganti. Il tuo libro in questo senso è un atto di coraggio. Sei consapevole del fatto che con la tua testimonianza hai squarciato il velo del silenzio e dell’ipocrisia e che della scuola italiana e delle sue storture si potrà ora finalmente parlare come tu hai fatto raccontando ciò che molti, per paura di ricatti e ritorsioni, ancora oggi temono di raccontare?

Angela A. Milella Io ho semplicemente descritto la realtà, ho detto la verità. Adesso chi vorrà parlare di scuola non potrà non tenerne conto, se vorrà essere creduto.

Stefania E. Carnemolla L’insegnamento come missione, questo il messaggio del tuo libro. Bello, ciò che fa ben sperare per il futuro, che sia stata e sia una giovane a veicolare un tale messaggio in un’Italia stanca e demotivata. Non c’è retorica, nel tuo libro, e forse proprio per questo il suo messaggio darà speranza a chi non sa più cosa sia la speranza. Auguri per la tua vita e il tuo futuro.

 

Angela Alessandra Milella

Precarious. Quello che della Scuola non si dice

WIP Edizioni

Pagine: 144, illustrato

Anno: 2015

ISBN: 978-88-8459-343-6

Prezzo: € 12,00

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