ITALIA – Strade di donne nella città del Grifo (prima parte)
di Paola Spinelli
Perugia propone un itinerario che ha come fil rouge il legame con il territorio e l’impegno. Le strade non sono contigue, perciò viaggeremo sulla città alla maniera del perugino Gerardo Dottori, l’aeropittore, ammireremo le vie e i paesaggi dall’alto, trasportati dalle ali del grifo, simbolo di Perugia, e delle nostre due colombe: Colomba Antonietti e la Beata Colomba da Rieti.
Colomba Antonietti (Bastia Umbra 1826 – Roma 1849), eroina del Risorgimento, insieme al marito, conte Luigi Porzi, andò a Roma a difendere la Repubblica Romana. Si tagliò i capelli, indossò la divisa da bersagliere e combatté con intelligenza e coraggio finché morì a porta S. Pancrazio.
La sua fine è così raccontata da Giuseppe Garibaldi nelle Memorie: “La palla di cannone era andata a battere contro il muro e ricacciata indietro aveva spezzato le reni di un giovane soldato. Il giovane soldato posto nella barella aveva incrociato le mani, alzato gli occhi al cielo e reso l’ultimo respiro. Stavano per recarlo all’ambulanza quando un ufficiale si era gettato sul cadavere e l’aveva coperto di baci. Quell’ufficiale era Porzi. Il giovane soldato era Colomba Antonietti, sua moglie, che lo aveva seguito a Velletri e combattuto al suo fianco”.
La Beata Colomba ha ben due strade a lei dedicate. Via Colomba e via Beata Colomba.
La prima si trova nel centro storico, al Borgo Bello – proprio dove Colomba, arrivata a Perugia da Rieti, “creò” il suo monastero – la seconda in periferia.
Angelella Guadagnoli nasce a Rieti nel 1467 e viene poi chiamata Colomba perché pare che il giorno del suo battesimo si posasse su di lei una colomba. Diretta a Siena, si ferma a Perugia, città che diventa la sua patria d’elezione. Colomba partecipa attivamente alla vita politica della città straziata dalle lotte tra Oddi e Baglioni, adoperandosi per riportare la pace, ma sempre partigiana dei Baglioni, dei quali pare che sia ascoltata come consigliera. Nel 1494 “libera” la città da un’epidemia di peste e l’anno successivo, quando papa Alessandro VI Borgia si trasferisce con la corte a Perugia, Colomba l’affronta con decisione dicendogli, senza peli sulla lingua, cosa pensa della sua politica rivolta alle cose terrene. Muore nel 1501, pianta da tutta la cittadinanza.
Una santa umbra DOC, forse meno conosciuta di Santa Chiara che ha vie un po’ dappertutto, è Santa Scolastica, la sorella gemella di San Benedetto da Norcia
Potrebbe essere un suggerimento per il mondo di oggi la regola fondamentale a cui Santa Scolastica teneva legate le sue consorelle: il silenzio. Sento l’urgenza di questa regola, non se ne può più di chiacchiere, tutto sta diventando chiacchiera, anche la politica.
Santa Scolastica ovviamente era fedele anche alla regola benedettina “Ora et Labora” e questo ci introduce al tema del lavoro.
Da Perugia al Tevere, dal Tevere a Perugia, a piedi, scalze, le lavandaie scendevano con il loro fagotto di panni sporchi sulla testa e salivano con il fagotto di panni puliti, in tutte le stagioni, le mani rovinate dall’acqua e dal gelo, i piedi gonfi e appesantiti dalla strada.
Più che operaie, non c’erano grandi manifatture di filati, le filatrici erano le casalinghe che filavano per le necessità della famiglia. Tutte le donne avevano un fuso, lo sapevano usare e i fidanzati piuttosto che un anello, regalavano alle future spose una fuseruola. Qui in Umbria ce ne sono di bellissime di ceramica locale.
La categoria delle tabacchine rappresenta un settore del mondo del lavoro molto importante per l’economia della regione. Non è un caso che nel ‘700 la Repubblica di Cospaia fosse la capitale italiana del tabacco. Oggi in Umbria, a testimoniare la storia del tabacco e della manodopera connessa c’è il Museo Storico e Scientifico del Tabacco di San Giustino. Per chi non avesse mai sentito parlare di Cospaia o volesse fare una visita virtuale al museo, ecco i link:
http://www.appennino.info/CMDirector.aspx?id=1438, http://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica_di_Cospaia, http://62.149.208.192/hosting/museotabacco.org/index.php
Un “mestiere” del tutto diverso e per certi aspetti molto pericoloso perché illegale è quello delle streghe
e forse è proprio una di queste streghe a causare la disperazione di Marta di Giapeco.
A proposito di questa strada troviamo sulla rivista Il travaso delle idee questo stornello, firmato Gianna,
“e, fior di rosa / la via più dura e in faticosa ascesa /chiamasi, guarda un po’, via della Sposa!”
per dire che, come molte delle nostre strade, questa via presenta una bella pendenza e che, metafora, la strada del matrimonio è tutta in salita. Secondo il Gigliarelli, la via prende il nome da un episodio qui avvenuto nel 1351. Una certa Marta di Giapeco promessa sposa a un tale Armanno, fu da lui improvvisamente abbandonata, si ammalò e si ritrovò in fin di vita, si disse, per la fattura di tale Luminuccia. Per fortuna il giorno della festa della Madonna di Monteluce, 15 di agosto, il parroco di Sant’Andrea sciolse la fattura: Armanno tornò, Marta guarì e si sposarono. Il giorno delle nozze la sposa attraversò la via tra grandi festeggiamenti.
Un lavoro tradizionalmente femminile che può in certi casi valicare il confine tra l’artigianato e l’arte è il ricamo.
Margherita Lazi, l’agopittrice è nata a Perugia alla fine del 1700.
All’accademia di Belle Arti di Perugia è conservato un suo ritratto con scritto sul retro “Ritratto di Margherita Lazi Perugina Celebre Raccamatrice/Luigi Cochetti Romano/Dipinse nel 1818” .
In relazione con i più stimati artisti di Perugia e fuori, creò presso di sé una sorta di centro d’arte.
Scrive di lei Angelo Lupattelli nella sua Storia della pittura del 1895:
“Iniziata pure dal Labruzzo agli studi del disegno fu l’ agopittrice Margherita Lazi, che sollevò il ricamo a tanta altezza da prender posto degnamente fra le arti belle”.
Arte è anche il canto.
Giuseppina Pasqua (Perugia 1852 – Budrio 1934), cantante lirica, debuttò a 14 anni al teatro Morlacchi di Perugia nel ruolo del paggio ne Il ballo in maschera. Cantò alla Scala, a Parigi e in molti altri teatri esteri. Celebre la sua interpretazione di Amneris nell’Aida.
Verdi la definì la migliore e la più completa esecutrice delle sue opere e volle affidarle la parte di Mrs. Quickly al teatro Argentina di Roma per la prima del Falstaff (1893). Fu la sua ultima interpretazione prima del ritiro dalle scene.
(fine prima parte)