Le musiciste e compositrici della musica popolare-folklorica italiana (prima parte)
Sono state attive protagoniste della memoria sociale, custodi, divulgatrici e creatrici della musica popolare delle diverse regioni italiane: musiciste geniali, ricercatrici, che oggi definiamo interpreti della musica folk. Già nell’antichità le trovatore utilizzarono il canto e la musica per denunciare ingiustizie private e sociali.
1. Giovanna Daffini
Nella prima metà del Novecento, da Nord a Sud dell’Italia, ricordiamo Giovanna Daffini, nata a Villa Saviola di Motteggiana, presso Mantova, nel 1914 e morta a Gualtieri, presso Reggio Emilia nel 1969, che iniziò giovanissima a suonare come ambulante e divenne una delle esponenti di spicco del Nuovo Canzoniere Italiano. Lavorava nelle risaie e da mondina, “con la voglia di libertà”, iniziò a interpretare brani celebri, narrativi della tradizione padana e in seguito, grazie alla sua partecipazione alla Resistenza, brani di lotta sociale: Amore mio non piangere, L’amarezza delle mondine, Bella ciao, La lega, A morte la casa Savoia, Sacco e Vanzetti. Con il marito, il violinista Vittorio Carpi, si esibì in feste popolari e fu scoperta da Gianni Bosio e Roberto Leydi, con i quali collaborò come informatrice e cantante. Le sue reinterpretazioni di canzoni popolari e il timbro della sua voce, aspro e aggressivo, definito spesso “eversivo”, ben rappresentavano l’anima della lotta di classe, della denuncia sociale e politica di quegli anni. È stata sicuramente una musa ispiratrice per le cantanti folk italiane, come Giovanna Marini; ammirata dalla generazione rock e riscoperta negli anni Novanta come una madre del punk.
Risale al 1964 la sua prima produzione discografica.
Giovanna Salviucci Marini (Roma 1937, foto di copertina) cantautrice, interprete e ricercatrice etnomusicale si diplomò in chitarra classica al Conservatorio di Santa Cecilia e si perfezionò con Andreas Segovia. In seguito all’incontro con Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino, Roberto Leydi, Gianni Bosio e Diego Carpitella scoprì il valore del canto sociale e politico, e promosse quindi sia spettacoli in tutta Italia, sia lo studio e la trasmissione della musica folklorica. Nel 1974 fondò con un gruppo di musicisti e musiciste la Scuola popolare di musica di Testaccio a Roma, di cui è attualmente presidente onoraria. Con l’Istituto Ernesto De Martino, si è dedicata alla raccolta di canti di tradizione orale e ha inventando un sistema di notazione musicale che permette di trasportare la storia orale cantata sul palcoscenico. Con i suoi allievi ha condotto decine di viaggi di studio per ascoltare e registrare i canti di tradizione orale ancora presenti in Italia nelle feste religiose o profane. Nel 1976 ha fondato il Quartetto Vocale per il quale compone le “Cantate” e con il quale si esibisce in concerti e tournées in Italia e all’estero. Numerosi sono i premi e i riconoscimenti ricevuti (tra i quali Premio Tenco, Premio Maria Carta, Commendatore della Repubblica Italiana) come pure le collaborazioni con grandi artisti e registi italiani, quali: Dario Fo, Francesco De Gregori, Ascanio Celestini, Nanni Loy, Citto Maselli, Paolo Pietrangeli e Yervant Gianikian.
2. Maria Carta
Maria Carta nacque a Siligo (Sassari) nel 1934 e morì a Roma nel 1994. Cantautrice e attrice, dedicò tutta la sua vita di ricerca alla musica sarda e alla sua divulgazione, rivitalizzando ninne nanne, gosos, canti rituali religiosi e canti gregoriani. Studiò musica popolare nel centro di Carpitella al Conservatorio di Santa Cecilia, continuando sempre a svolgere ricerca etnografica. Nel 1971 la Rai trasmise un documentario su di lei, Incontro con Maria Carta. Nel 1975 pubblicò il volume di poesie Canto rituale, ma lasciò anche numerosi inediti di grande intensità. I più prestigiosi teatri europei hanno ospitato il suo Canto della memoria e, in particolare, si ricorda il tour sardo con Amália Rodrigues. Come attrice ha lavorato con Francis Ford Coppola e Franco Zeffirelli. Il suo è un canto necessario alla vita: «Ho sempre detto che scacciavo le Ombre dalla mia strada solo attraverso la mia voce […] Avevo paura del buio, sentivo echi di passi, sapevo che erano loro, le Ombre, che mi accompagnavano dal mondo del passato. Allora cantavo a voce delirante».
3. Sassari, intitolazione a Maria Carta (foto di Teresa Spano)
Arriviamo ora in Sicilia, a cui è stata data voce da Rosa Balistreri (Licata, 1927 – Palermo, 1990) cantante e cantastorie. Figlia di un padre violento, lavorò fin da giovane nei campi, nei mercati e come domestica. Scoprì la sua voce e il canto per dare sfogo alla propria rabbia per le condizioni di vita personali, e poi collettive, della sua terra. Dichiarò: «Si può fare politica e protestare in mille modi, io canto. Diciamo che sono un’attivista che fa comizi con la chitarra. Le mie storie di miseria provocheranno guai a molti pezzi grossi il giorno in cui l’opinione pubblica sarà più sensibile ad argomenti come la fame, la disoccupazione, le donne madri, l’emigrazione, il razzismo dei ceti borghesi…». Il timbro della sua voce, forte e originale, le permise di esprimere tutta la drammaticità della sua vita gravata, per due volte, dal carcere per vicende di vita privata. Nel 1966 partecipò allo spettacolo di canzoni popolari portato sulle scene da Dario Fo, dal titolo Ci ragiono e canto. La sua prima produzione discografica risale al 1967 con La voce della Sicilia, alla quale seguirono: Un matrimonio infelice (1967), La cantatrice del Sud (1973), Amore tu lo sai la vita è amara (1971), Terra che non senti (1973), Noi siamo nell’inferno carcerati (1974), Amuri senza amuri (1974), Vinni a cantari all’ariu scuvertu (1978), Concerto di Natale (1985).
4. Licata (AG), in memoria di Rosa Balistreri (foto di Giovanni Savio)