USA – Un attentato uccide 4 marines a Chattanooga. Abbattuto Abdulazeez

L’attentato terrorista che uccide 4 marines negli Stati Uniti avviene a Chattanooga, Tennessee: Muhammad Youssef Abdulazeez, 24 anni, è il terrorista sospettato di simpatie islamiste che ha aperto il fuoco usando “numerose armi” e ha lasciato sul terreno 4 militari americani prima di venir abbattuto dalle forze di polizia, non prima di aver ferito altre tre persone. L’uomo ha aperto il fuoco contro un centro di reclutamento dei marines, prima di dirigersi verso una struttura della marina e riprovarci; le persone che sono rimaste ferite non sarebbero gravi e si starebbero già riprendendo.

La dinamica è raccontata da Huffington Post nella sua edizione americana.
Muhammad, che la polizia ha identificato come l’uomo che ha aperto il fuoco, avrebbe usato “numerose armi da fuoco” quando ha sparato contro un centro di reclutamento militare intorno alle 10.45 del mattino, prima di dirigersi verso una struttura della marina poco distante. I testimoni lo hanno descritto mentre riversava contro il centro salve di proiettili: “Non riuscivo a credere a quanti fori di proiettili ci fossero in quella porta. Era assurdo. Era un giorno come gli altri e lui è saltato fuori e basta, non pensavo che cose del genere potessero succedere”, raccontano i testimoni.
E’ trascorsa circa mezz’ora prima che le forze dell’ordine abbattessero l’uomo, anche se non è chiara la dinamica: Muhammad potrebbe essersi ucciso. Le forze dell’ordine indagano per l’ipotesi di reato di “terrorismo”.

“Le autorità statunitensi stanno verificando l’ipotesi che l’attentatore si sia ispirato allo Stato islamico o ad altri gruppi jihadisti”, scrive il Corriere della Sera, anche se le ultime notizie, riportate da Reuters, vedono l’Fbi essere plausibilmente sicuro che l’attentatore “non avesse collegamenti con gruppi internazionali: stiamo ancora indagando il movente”, ripete l’autorità federale di indagine. L’uomo, scrive Washington Post, veniva da “una famiglia della classe media” di religione mussulmana: “Mohammad Youssef Abdulazeez era nato in Kuwait, ma si era trasferito negli Stati Uniti con la famiglia poco dopo l’inizio della Guerra del Golfo persiano ed era diventato cittadino americano”. Aveva sempre vissuto nei dintorni e si era laureato in ingegneria proprio all’università del Tennessee di Chattanooga, molto vicino al luogo degli attentati.




Io c’ero. Vi presento il Mattarella interventista, tra bombe all’uranio e Missione Arcobaleno

Le guerre, è noto, alimentano e rafforzano la criminalità organizzata, ma nel 1999, il ministro della Difesa, Sergio Mattarella, ex magistrato, sembrava non saperlo, quando con il presidente del Consiglio Massimo D’Alema appoggiò la partecipazione dell’Italia all’operazione Allied Force, con la quale la NATO era intervenuta nella guerra del Kosovo.

Il governo italiano,   messo duramente alla prova da un’opinione pubblica che si mostrava quantomeno scettica nei confronti del primo vero episodio di interventismo militare italiano dal secondo dopoguerra (se ovviamente si fa eccezione della prima guerra del golfo, in occasione della quale l’apporto dell’aeronautica italiana si limitò ad una funzione logistica e d’appoggio), iniziò a vacillare e a mostrare sintomi di incoerenza e paradossalità nell’azione, impegnandosi contemporaneamente sui fronti militare e umanitario di uno stesso conflitto. Decise prontamente di intervenire, gettando sin dal 28 marzo, le basi di una grande missione di relief a favore dei profughi kosovari, denominata Missione Arcobaleno, anche in risposta all’allarme lanciato dall’UNHCR, preoccupato dall’entità dell’esodo di massa, la cui misura eccedeva le proprie capacità operative.

Prendendo atto della vastità delle proporzioni dell’emergenza e della debolezza del tessuto socio-economico nel quale stava avvenendo, caratterizzato da “forti carenze di infrastrutture primarie” (Dossier Protezione Civile), si decise per un’azione che si imperniasse nelle consolidate relazioni bilaterali con l’Albania. In un primo momento (almeno dalla prima presentazione esposta dal Ministro dell’Interno Iervolino) sembrava che la Missione Arcobaleno dovesse limitarsi ad un ruolo di coordinamento istituzionale (Protezione civile e Prefetture), sotto la guida del Ministero dell’Interno e del Ministero della Sanità, per l’accoglienza di 25.000-30.000 profughi nel territorio italiano. Tuttavia le dimensioni dell’esodo instradarono il Governo verso l’ipotesi di una raccolta fondi privata, la cui gestione sarebbe stata attribuita ad un esperto esterno, figura immediatamente individuata nel Prof. Vitale.

La campagna di sottoscrizione fu imponente e accompagnata da un lato dalla grande solidarietà degli italiani, dall’altro da forti proteste provenienti dalla società civile, soprattutto quella di matrice pacifista, la quale obiettava l’incoerenza dell’azione di Governo.

Con la missione circa 5.000 kosovari furono trasferiti dalla Iugoslavia alla ex-base Nato Comiso di in Sicilia dove alloggiarono in quelli che furono gli alloggi dei soldati americani che vi stanziarono durante la guerra fredda.

Lo scandalo scoppiò dopo un servizio di Striscia la Notizia effettuato dagli inviati Fabio e Mingo ed un articolo pubblicato dal Corriere della Sera e ripreso dal settimanale Panorama, che denunciò furti e sprechi nell’ambito della missione Arcobaleno pubblicando un’ampia inchiesta il 20 agosto 1999. Ciò diede vita ad un’indagine guidata dall’allora pubblico ministero Michele Emiliano, che portò al rinvio a giudizio di 19 delle 24 persone coinvolte nelle indagini.

Il 17 maggio 2012 la seconda sezione penale del tribunale di Bari ha concluso la vicenda dichiarando il “non luogo a procedere per intervenuta prescrizione di tutti i reati”. Nessuno degli imputati è stato condannato.

Nell’estate del 1999, c’era Sergio Mattarella a Palazzo Chigi, quando l’Italia ricevette dalla Nato un documento con cui si mettevano in guardia i paesi dell’Alleanza contro i rischi possibili di metallo pesante residuale in veicoli corazzati. Infatti, i militari italiani inviati nei Balcani,  senza istruzioni e protezioni, si sono ammalati a causa dell’uranio impoverito.

I metalli pesanti sono stati generati dall’esplosione delle bombe  che la Nato ha utilizzato per bombardare la ex Jugoslavia poco prima dell’ intervento italiano nei Balcani come Forza Multinazionale di pace.

I nostri uomini stanno morendo lentamente, come candele al vento, in seguito alla mutazione cancerosa delle cellule. E sono oggi curati da medici-ricercatori italiani in Inghilterra. Sono state riconosciute cause e fatti di servizio, ma le vittime devono costantemente scontrarsi con la burocrazia italiana, perchè le terapie devono essere autorizzate dall’Italia e questo comporta un percorso burocratico che in molti casi rende impossibili le cure. Ritardare anche di un solo giorno significherebbe compromettere per sempre l’effetto delle cure e dunque andare in modo irreversibile verso la morte. In Inghilterra ci sono professori italiani,  che sanno curare i militari colpiti da patologia dell’uranio impoverito e che potrebbero  farlo in Italia, ma si tagliano continuamente i fondi per la sanità, mentre si continua a sprecare denaro pubblico in armamenti.

Negli stessi giorni il ministro della Difesa, Mattarella, approvava la legge di riforma delle Forze Armate che aboliva di fatto il servizio di leva obbligatorio. Una lama a doppio taglio, perchè esempi negativi di milizie mercenarie la storia ne ha dati molti. In questi mesi, il governo Renzi, ha riproposto la Naia, il servizio di leva obbligatorio. Che il Bel Paese si stia preparando a un grande conflitto? Perchè ripristinarlo proprio ora?