ITALIA – A Cagliari, tra le donne di Castello

Di Agnese Onnis

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FOTO 1. Castello

Posta a sud dell’isola, di cui è capoluogo, Cagliari si caratterizza per i suoi sette colli da cui prendono nome alcuni quartieri: Castello, Tuvumannu/Tuvixeddu, Monte Claro, Monte Urpinu, Colle di Bonaria, Colle di San Michele, Calamosca/Sella del Diavolo e da zone pianeggianti laddove a partire dall’Ottocento sono sorti quelli nuovi.

Anche le targhe delle strade e delle piazze – una vera risorsa per la memoria della città insieme ai suoi luoghi, ai suoi monumenti, ai segni lasciati dai popoli antichi e dominatori – consentono una lettura curiosa della storia delle città attraverso fonti scritte nel circuito urbano.

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FOTO 2. Porta Cristina

Nel quartiere medioevale di Castello si entra attraverso la porta Cristina, costruita nel 1815, quale omaggio del re Carlo Felice di Savoia a sua moglie Cristina di Borbone, regina del Regno di Sardegna.

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FOTO 3. Targa Porta Cristina

Carolus Felix Rex viam planiorem brevioremque a Castro Caralis ad portam arcis regiam aperuit Maria Cristina Regina – Porte egressus in apertam viam nomen suum imposuit – MDCCCXXV. Januario Rotario regni Praeside. “

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FOTO 4. Scuola Santa Caterina

In Castello domina sul bastione Santa Caterina l’edificio della scuola pubblica di quartiere che assume lo stesso nome, costruita nel 1910 sui ruderi del vecchio convento domenicano. La scuola si affaccia sulla piazza Santa Caterina, verso il panorama del porto, della laguna e del mare del Poetto. A destra della scuola, salendo verso la via Fossario, si trova la piazza Palazzo con la cattedrale di Santa Maria edificata in stile romanico-pisano nel 1258, sulle rovine della più antica chiesa di Santa Cecilia, e rimaneggiata alla fine del ‘600 in stile barocco.

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Foto 5. Cattedrale di Santa Maria

Attraversata la piazza Indipendenza verso via Lamarmora, al civico 63 di un palazzo settecentesco una targa ricorda l’abitazione della nobildonna Francesca Sanna Sulis, la prima imprenditrice del ‘baco da seta’ in Sardegna. Nelle sue proprietà terriere del Sarrabus avviò e consolidò le bachicolture produttive fin dalla metà del Settecento ricavando una seta di qualità e di pregio.

Francesca Sulis agli inizi dell’800 anticipò nuove formule d’impresa nell’isola. Nei suoi laboratori di Quartucciu, la cui Biblioteca comunale oggi è a lei intitolata, predilesse la manodopera femminile, introdusse nei suoi progetti sociali la scuola per le operaie e organizzò i corsi professionali di filatura e tessitura. La sua produzione venne valorizzata da creazioni di alta sartoria.

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Foto 6. Francesca Sanna Sulis

Dal mondo lontano dei fili di seta di Francesca Sulis ad un’altra grande artista sarda, Maria Lai, creatrice dell’arte dei fili di telai.

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Foto 7. Maria Lai

Il progetto espositivo “Ricucire il mondo” ha ospitato numerose sue opere nelle stanze del Palazzo di città, sede municipale dal medioevo fino ai primi anni del XX secolo e oggi spazio museale.

La città le ha intitolato l’aula Magna del Dipartimento delle Facoltà giuridiche, un edificio contiguo all’anfiteatro e all’Orto botanico della città.

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Foto 8. Palazzo di città

Ciò che appare del mio lavoro, cioè la cultura contemporanea, che senz’altro ho acquisito fuori dalla Sardegna e che mi permette un dialogo col mondo, è solo la punta dell’iceberg… Ho dietro di me millenni di silenzi, di tentativi di poesia, di pani delle feste, di fili di telaio.

Il sole illumina una piazzetta di Castello dedicata alla poetessa Mercede Mundula, nata nel 1890 a Cagliari e ivi vissuta nei suoi anni giovanili con le sorelle.

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Foto 9. Piazzetta Mercede Mundula

Le altre città secondarie d’Italia hanno più o meno vicina la grande città che le fa impallidire: Cagliari no, Cagliari, città madre dell’Isola, si specchia solitaria nel suo mare che le dà una specie di “splendid isolation” per suo uso e consumo.

Con il matrimonio si trasferisce a Roma, approfondisce i suoi interessi artistici e culturali, frequenta diversi circoli letterari ricchi e stimolanti e collabora con alcune riviste nazionali. Svolge una ricca attività letteraria, recensisce libri e pubblica saggi tra cui spiccano le protagoniste delle opere di Grazia Deledda, di cui fu amica per vent’anni. Mercede pubblica monografie su Eleonora d’Arborea e Adelasia di Torres; scrive racconti per ragazzi e soprattutto poesie, di cui molte in lingua sarda.

Dopo il disastro dei bombardamenti del 1943, volle rivedere la sua amata città natale, che le appare come un bel viso con dolorose cicatrici ma dove il sangue già rifluiva copioso (…). Una buona plastica facciale fatta da eccellenti chirurghi, e sarebbero spariti i segni delle ferite.

Un’altra piazzetta di Castello ha per protagonista una donna. Si tratta di Mafalda di Savoia.

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Foto 10. Piazzetta Mafalda di Savoia

Mafalda figlia di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro, benchè fosse figlia del re d’Italia, fu principessa tedesca per matrimonio con Filippo Kassel d’Assia, principe ma anche ufficiale tedesco. Nel 1943 dopo l’Armistizio e il disarmo delle truppe italiane, Mafalda, di ritorno da Sofia attraversa pericolosamente l’Europa con aerei per diplomatici, raggiunge Roma ma qui in circostanze poco chiare viene arrestata dal comando tedesco e deportata nel lager di Buchenwald. Nell’agosto del ‘44 il campo fu bombardato dagli anglo-americani e la baracca dove alloggiava fu distrutta, la principessa subì ustioni e ferite su tutto il corpo. Dopo quattro giorni di atroci dolori, operata per cancrena, ormai abbandonata e priva di soccorsi, morì dissanguata nel campo. Il suo corpo oggi è sepolto nel cimitero del castello degli Assia vicino a Francoforte sul Meno.

 




SIRIA – L’Isis rapisce ancora: 86 eritrei e una bambina assira

In Libia si regista un altro rapimento di cristiani da parte dell’Isis, lo annuncia Meron Estefanos, la direttrice della ong svedese Eritrean Initiative on Refugee: 86 migranti eritrei, tra i quali 12 donne e bambini, di religione cristiana sarebbero stati sequestrati mentre erano in viaggio verso Tripoli. I jihadisti avrebbero separato i cristiani dai migranti musulmani dopo averli interrogati sul Corano, e hanno lasciato questi ultimi liberi.

Sono stati 3480 i migranti salvati  in 15  barconi alla deriva al largo della Libia in un’operazione congiunta alle quale hanno partecipato navi italiane e straniere. Le richieste di soccorso erano giunte in mattinata alla centrale operativa della Guardia Costiera tramite telefono satellitare. Le imbarcazioni, 9 barconi e 6 gommoni, si trovavano in un tratto di mare a circa 45 miglia dalle coste libiche. In particolare, SkyNews ha riferito che la nave inglese Hms Bulwark, con a bordo il ministro della Difesa, Michael Fallon, ha fatto rotta «a tutta velocità» verso la Libia per prendere parte a un’operazione di salvataggio di «migliaia» di migranti alla deriva nel Mediterraneo su 14 barconi, ciascuno con a bordo decine o centinaia di persone.

Si è trattato di un’operazione senza precedenti, con tutte le navi europee dell’area che hanno ricevuto l’ordine di lanciarsi al soccorso, sostiene Skynews. Fallon aveva comunque chiesto che anche «altre marine europee vengano nel Mediterraneo ad aiutare». La maggioranza dei migranti sarà sbarcata in Italia, in Grecia, a Malta o in altri paesi rivieraschi: proprio la Gran Bretagna, infatti, si è già chiamata fuori da ogni ipotesi di ripartizione di quote di migranti.
Anche Moas e Medici senza Frontiere al lavoro: 2000 già in salvo
Alle operazioni di soccorso hanno partecipato tre motovedette e un aereo ATR42 della Guardia Costiera, unità della Guardia di Finanza e della Marina Militare Italiana, il rimorchiatore Phoenix, le navi della Marina militare tedesca Hessen e Berlin e la nave Le Eithne appartenente alla Marina militare irlandese, ma anche le unità di Moas (Migrant Offshore Aid Station, l’Ong maltese fondata da Christopher e Regina Catrambone) e Medici Senza Frontiere, e proprio il Moas segnala che il coordinamento dei soccorsi tra navi italiane, tedesche e irlandesi ha salvato 2000 persone da 5 scafi. Di queste, 372 provenienti dall’Eritrea sono ora imbarcate sulla Phoenix e già dirette verso la Sicilia.

Tra gennaio e maggio l’Italia ha registrato circa 46.500 arrivi, registrando un incremento del 12% rispetto allo stesso periodo del 2014. Lo ribadisce lo stesso Unhcr. Le proiezioni per il 2015 riguardano circa 200.000 persone, contro il 170.000 dello scorso anno. E domenica, nel primo pomeriggio, arriveranno altri 650 migranti al porto di Palermo: sono stati soccorsi nei giorni scorsi nel Canale di Sicilia e saranno ospitati nei centri di accoglienza di Palermo e provincia. Altri 105, prevalentemente nigeriani, somali o del Burkina Faso, sono giunti a Pozzallo già sabato pomeriggio con una nave militare, mentre altri 106 sono sbarcati a Lampedusa dopo essere stati soccorsi dalla Guardia di finanza. Non fanno parte del conteggio dei circa 3.000 in difficoltà.

SIRIA – «I miliziani avevano intimato a tutti i cristiani di lasciare il villaggio, altrimenti sarebbero stati uccisi. Nonostante questo, noi avevamo deciso di rimanere nella nostra casa. Il 22 agosto ci hanno fatti salire con la forza su un autobus dicendo che ci portavano nella clinica di Qaraqosh. Dopo, hanno aperto le nostre borse in cerca di soldi e di gioielli. Un uomo dell’Isis si è accorto che tenevo Cristina tra le braccia e l’ha presa con la forza. Supplicavo di riavere mia figlia ma l’unica risposta è stata: “Sali sull’autobus o ti ammazzo”. Non ho potuto fare niente». Aida Ebada appartiene alla comunità dei cristiani assiri della piana di Ninive, in Iraq, culla storica del cristianesimo mesopotamico. Il Califfato li ha derubati e umiliati, cacciati dalle case e dalle chiese, e in alcuni casi portato via anche i loro bambini, come Cristina di tre anni.
L’appello
A Erbil, in un campo profughi dove alla fine Aida è scappata con il marito e gli altri quattro figli, una delegazione di frati della Basilica di San Francesco d’Assisi ha ascoltato la sua testimonianza. Il dolore di questa madre li ha spinti a lanciare un appello con l’hashtag #savecristina: Salvate Cristina. Le missioni e le mense francescane d’Italia intanto hanno attivato il numero solidale 45505 dal 7 al 26 giugno per aiutare i profughi in Iraq.

Con la foto incorniciata della bambina in mano e il volto quarantatreenne sfigurato da rughe centenarie e occhiaie profonde, la madre ripete da dieci mesi il racconto del rapimento. L’ha denunciato alla tv irachena, ne ha parlato a numerosi siti cristiani, lo ha spiegato agli attivisti di Amnesty International. Non ha intenzione di smettere. La vicenda di Cristina è una delle numerose violenze contro i minorenni avvenute in questi mesi nel califfato.

Lo scorso febbraio, diciotto esperti del Comitato Onu sui diritti dell’Infanzia hanno denunciato che «i bambini delle minoranze etniche e religiose vengono uccisi sistematicamente dall’Isis: ci sono stati ripetuti casi di esecuzioni di massa, come pure notizie di decapitazioni, crocifissioni e di minorenni sepolti vivi». Le vittime appartengono soprattutto a minoranze, come gli yazidi e i cristiani, ma sono anche sciiti e sunniti. Il rapporto denunciava la vendita dei bambini come schiavi e le violenze sessuali sistematiche. Secondo alcune testimonianze, i piccoli schiavi al mercato di Mosul vengono «esposti con i cartellini con il prezzo» e quello più alto è riservato a maschi e femmine di età compresa tra uno e nove anni (proprio come Cristina). La madre chiede al mondo di non restare indifferente. «Queste cose che stanno succedendo in Iraq, come rapire una bambina innocente, e questi crimini come rubare il denaro, togliere tutto alla gente… che cos’è tutto questo? Questo non è umano. Che cosa abbiamo fatto di male? Restituitemi mia figlia».