Un’estate nera

Si respira un’aria particolare quest’anno, il solstizio estivo non è stato dei migliori. Gli italiani hanno preso un abbaglio che li ha privati della vista per diverso tempo. La realtà è piombata come un sasso sulle loro teste dopo averli fatti attendere un mesetto per avere un nuovo governo.

E che governo!

Un presidente del Consiglio che conosce cinque lingue, ma non parla; un ministro dell’Interno che chiude i porti, nega diritti, abbandona in mare centinaia di essere umani, invece di imporsi sulla scena internazionale col dialogo costruttivo e propositvo, da grande statista.

Da due mesi siedono sugli scranni a far niente.

Hanno soltanto lasciato che alcuni provvedimenti presi d’urgenza, come quello di spostare al 23 luglio la data del concorso per 2.425 dirigenti scolastici, tanto per citarne uno,  si attuassero, incuranti degli impegni lavorativi del personale scolastico e del diritto alle ferie e al riposo degli impiegati della pubblica amministrazione, incuranti delle conseguenze delle proprie omissioni, perché, per far danni, non sempre è necessario agire.

Dibattito? Nuove proposte? Attività legislativa? Tutto fermo.

Un governo giallo-verde, dunque. Al verde come le tasche degli italiani, che un’estate così strana non pensavano di vederla nemmeno col cannocchiale.

E invece giallo-verde e… Blu! Dall’altra parte dell’oceano Trump separa coattamente 3.000 bambini messicani dai genitori.

In Turchia Erdogan censura e imprigiona  giornalisti negando libertà di parola ed espressione.

In Ungheria fanno cernite razziste e costruiscono barricate.

E non sappiamo quando, quest’estate nera e bollente come la pece  smetterà di distruggere vite umane.

Non sappiamo se questa nera estate, sorta al motto: “Gli italiani prima di tutto”, lascerà sopravvivere qualcuno nella scarsa considerazione che si ha del prossimo, da quello simile e più vicino a quello più lontano e diverso, nella incuria che si ha dell’altro con le sue esigenze, con le sue necessità, con la sua diversità, della sua dignità.

Perché a fare i buffoni, a strillare siam bravi tutti, ma le buone azioni non le abbiamo ancora viste.

Adesso, teniamoci stretto uno dei pochi diritti che ci restano, quello di godere di due settimane consecutive di vacanza, con la speranza che la nostra vita cambi presto colore.

Buone vacanze e arrivederci a settembre.

 

 

 

 




ITALIA – Da Venezia in marcia scalzi per cambiare le politiche migratorie globali

La Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi è un lungo cammino di civiltà. E’ l’inizio di un percorso di cambiamento che chiede a tutti gli uomini e le donne del mondo globale di capire che non è in alcun modo accettabile fermare e respingere chi è vittima di ingiustizie militari, religiose o economiche che siano. Non è pensabile fermare chi scappa dalle ingiustizie, al contrario aiutarli significa lottare contro quelle ingiustizie.
Dare asilo a chi scappa dalle guerre, significa ripudiare la guerra e costruire la pace.
Dare rifugio a chi scappa dalle discriminazioni religiose, etniche o di genere, significa lottare per i diritti e le libertà di tutte e tutti.
Dare accoglienza a chi fugge dalla povertà, significa non accettare le sempre crescenti disuguaglianze economiche e promuovere una maggiore redistribuzione di ricchezze.

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Oggi Venezia lancia la Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi.
In centinaia camminano scalzi fino al cuore della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica.
Invitando tutti ad organizzarne in altre città d’Italia e d’Europa per chiedere con forza i primi quattro necessari cambiamenti delle politiche migratorie europee e globali:

1. certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature
2. accoglienza degna e rispettosa per tutti
3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti
4. Creare un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino.




IRLANDA – Primo paese al mondo a chiedere il matrimonio gay con un referendum

L’Irlanda è stata il primo paese al mondo a chiedere ai cittadini di decidere in un referendum se le coppie omosessuali abbiano diritto a sposarsi, come gli eterosessuali. ll 62,1% ha votato sì, i no si sono fermati al 37,9%. I voti complessivi a favore sono stati 1.201.607, mentre quelli contrari 734.300. La presidente della Camera dei Deputati, Boldrini, ha commentato: “Essere europei significa riconoscere i diritti”.

I Paesi in cui i matrimoni omosessuali sono legali salgono a quota 21 tra cui l’Olanda, dove sono stati legalizzati nel 2001, il Belgio (due anni dopo) e ancora il Regno Unito, lo scorso anno. Per un Paese come l’Irlanda, che ha depenalizzato l’omosessualità solo nel 1993,  è un passo particolarmente significativo. Per quanto riguarda adozioni e maternità surrogate nessun cambiamento: l’adozione è già possibile per le coppie gay, nel caso di unioni civili o convivenze, se uno dei due partner è legalmente genitore. La maternità surrogata non è regolata in Irlanda e il governo sta lavorando per legiferare in proposito.

Il premier irlandese Enda Kenny ha ringraziato i giovani per la vittoria del sì. Tantissimi si sono anche impegnati a fare campagna per il sì sui social network, mentre molti sono rientrati dall’estero per votare. Secondo Kenny, cattolico praticante, la decisione manda anche un messaggio alla comunità internazionale sulla “leadership pionieristica“ dell’Irlanda.

“È una rivoluzione sociale” dice l’arcivescovo di Dublino e Primate d’Irlanda – Diarmuid Martin -. La chiesa ora deve fare i conti con la realtà”. I vescovi irlandesi avevano lanciato un appello chiedendo di rispettare i valori della famiglia tradizionale.

Il voto è stato accolto con entusiasmo dal Commissario europeo Cecilia Malmstrom, liberale svedese: “Congratulazioni all’Irlanda per aver votato sì alle nozze gay e si all’amore per tutti” ha twittato aggiungendo tre cuoricini. Un tweet che è stato rilanciato anche dall’account della  Commissione europea.

“Dall’Irlanda una spinta in più. È tempo che anche l’Italia abbia una legge sulle unioni civili. Essere europei significa riconoscere i diritti”, scrive la presidente della Camera, Laura Boldrini.