Muri che urlano la storia
Quando nel 2015 con le colleghe dell’Osservatorio di Genere abbiamo iniziato a ragionare sul contest #leviedelledonnemarchigiane nessuna di noi poteva immaginare cosa si stava per mettere in moto. Tam tam, passaparola, vere e proprie cordate per votare questa donna o quell’altra e tra i nomi che via via si andavano aggregando, accompagnati dall’ormai indispensabile hashtag, spuntavano con sempre maggiore insistenza le partigiane, staffette o comandanti di brigata: donne antifasciste, protagoniste della Resistenza e della guerra di Liberazione che anche nelle Marche lottarono con coraggio e passione contro il nazi-fascismo. Lavorando al libro che da quel contest è nato (#leviedelledonnemarchigiane: non solo toponomastica, ODG Edizioni, 2017), abbiamo scoperto le vite che si celavano dietro quei nomi: abbiamo sentito il peso di battaglie portate avanti a testa alta, con la consapevolezza di essere dalla parte giusta, senza se e senza ma, nonostante tutto. Abbiamo percepito, a volte quasi condividendolo, il dolore di scelte difficili, di delusioni e di sconfitte davanti alle quali queste donne, che avevano percorso quasi incoscienti – l’incoscienza della gioventù e degli ideali – i sentieri impervi dei nostri Appennini nascondendo armi, ordini e messaggi in codice, seppero opporsi e resistere con la stessa forza con cui si erano opposte alle milizie in camicia nera.
A Macerata non c’è una targa murale che le ricordi espressamente eppure da quando le strade dell’OdG hanno incrociato Rosina, Leda, Radia, Egidia, Joyce, Adele, Derna, Walchiria, Ada e tutte le altre, la targa che campeggia sul Monumento dedicato Alla Resistenza nel maceratese(in copertina) ci appare inevitabilmente più ricca, più piena e più significativa. Questo muro che dal 1969 ha parlato a generazioni di maceratesi – e non – raccontando la storia dei 408 italiani, inglesi, jugoslavi, francesi, polacchi, somali e sudafricani che a Macerata caddero per la libertà. Questo muro ha parlato e continua a farlo di tutto ciò che c’è stato prima di quel fatidico 30 giugno 1944, quando finalmente Macerata venne liberata prima dai partigiani del gruppo Bande Nicolò che apposero la loro bandiera sul Monumento dei caduti – violato e deturpato dal neofascista responsabile della sparatoria del 3 febbraio 2018 che proprio lì si è consegnato ai poliziotti dopo aver ferito 6 persone inermi – e poi dai reparti dei paracadutisti della Nembo e dalle avanguardie del II° Corpo d’armata polacco. Questa è la storia, quella ufficiale declinata tutta al maschile, ma quel muro su cui campeggia la scritta Alla Resistenza nel maceratese porta con sé e celebra anche la memoria di tutte quelle donne che lottarono e che contribuirono alla liberazione di Macerata e dell’Italia intera. Da quella targa emerge con forza anche la voce delle donne resistenti – il pensiero corre veloce ad esempio a Nunzia Cavarischia la “Stella Rossa” – che scrissero la nostra storia facendo una scelta giusta, la più difficile e dolorosa, ma giusta, non l’unica possibile certo (avrebbero potuto fare come molti, stare a casa aspettando che tutto finisse), ma la più giusta.
In foto. Nunzia Cavarischia, classe 1929. La foto campeggia sulla copertina del suo Ricordi di una staffetta, Capodarco fermano, 2011.
Scelsero di essere partigiane e lo furono nonostante tutto: “quella di Leda è la storia di una donna molto giovane ma capace di scelte determinate”; “Mimma Baldoni di nascosto porta dentro la caserma i vestiti per il travestimento… tutto pur di liberare qualcuno”; “Trascorre sette anni e mezzo tra il carcere femminile delle Mantellate di Roma e in quello di Perugia e poi due anni e mezzo al confino a Ventotene. Liberata nell’agosto del 1943, partecipa alla lotta di Liberazione a Roma”; “è portaordini del comando dei GAP di Pesaro. La sua completa dedizione alla causa resistenziale e le sue “doti non comuni” la fanno diventare un punto di riferimento per le formazioni partigiane”; “Noi eravamo piccoli ma non ci tiravamo mai indietro”; “sovversiva comunista pericolosa”; “fu perseguitata durante il fascismo”; “antifascista operaia e sindacalista”; “decide di entrare da protagonista nella Resistenza”; “Comandante partigiana del Gruppo Settebello, sottogruppo del Distaccamento Panichi del V battaglione della V Brigata Garibaldi Pesaro. Medaglia d’argento al valor militare”.
Buon 25 aprile!