COLAZIONE CON ELSA MORANTE

Se c’è un quartiere di Roma in cui ancora sopravvive la veracità romana, quello è Testaccio.
Nonostante i locali, i negozi e la vita notturna, addentrandomi per le vie del rione mi sono sempre sentita sospesa in una realtà parallela fuori dal tempo.
C’è un bar sulla piazza, con qualche tavolino all’esterno che dà su Santa Maria Liberatrice, di fronte ai giardini. È lì davanti che aspetto Elsa Morante1. Questa volta sono in anticipo.

– Scusa il ritardo, ‘sta città più passa il tempo, più è trafficata.
– Si figuri, anzi, grazie di aver accettato di incontrarmi.
– Cappuccino e cornetto, come da tradizione?

Ho già fatto colazione, ma un cornetto con la Morante è impossibile da rifiutare.

– Amo moltissimo i suoi romanzi, “L’isola di Arturo” è stato un grande compagno di viaggio nella mia adolescenza. Da cosa ha tratto ispirazione per raccontare l’età di transizione?
– Mi ricordo che da piccola, quando accompagnavo mio padre Augusto a lavorare nell’istituto di correzione, rimanevo ammaliata da questo mondo in cui i ragazzi vivevano in una situazione di collettività, di perenne gioco e confronto. Non era un luogo particolarmente felice, ma ai miei occhi sembrava meraviglioso e stimolava moltissimo la mia creatività.
Arturo, come tutti gli adolescenti, è prigioniero di un metamorfismo incontrollabile. Man mano che cresce, crollano tutte le sue certezze, riemergono ferite e lutti del passato, si frantuma l’immagine idealizzata che aveva di suo padre.
Crollano i miti e fioriscono le insicurezze. Sono le tipicità di quella che hai giustamente definito età di transizione, in cui ci si prepara per lanciarsi nel mondo degli adulti. È un limbo, per alcuni infernale, ma fuori dal quale “non v’è Eliso”, come ho scritto nella dedica del romanzo.

– Ascoltando le sue parole non posso far a meno di cogliere dei riferimenti alla sua storia personale.
– Questo è chiaro, i dolori di Arturo sono in parte stati anche i miei. C’è molto di me in quel libro.
– Allora perché ha dato voce a un ragazzo e non a una ragazza?
– Non ti nascondo che in fondo in fondo avrei sempre voluto essere un uomo.
Mi è mancata molto quella dimensione giocosa e infantile che si è sempre presentata davanti ai miei occhi come un privilegio riservato al genere maschile.

– Altra grande protagonista, oltre ai ragazzi, è la figura materna, non trova?
– Assolutamente sì. Ho posto al centro di moltissimi dei miei romanzi il legame madre-figlio.
L’universo femminile nei miei libri è fondamentalmente spaccato a metà, tra l’affermazione, a volte sofferta, della propria maternità e la tensione verso l’amore e la passione. Questi ultimi sono intrappolati però in un momento di sogno, destinato a infrangersi nella dura realtà. Ida, protagonista de “La storia”, ne è forse l’esempio più calzante.
– Anche per lei l’amore e la passione hanno sofferto nello scontro con la realtà?
– Io ho amato senza mezzi termini, tutte le volte. Lo saprai… La mia vita privata è, mio malgrado, sulla pubblica piazza. Delusione dopo delusione, sono arrivata a covare dentro di me una profonda infelicità; ma preferirei non parlarne, se non ti dispiace.

Per la prima volta dall’inizio del nostro incontro stacco gli occhi dai miei appunti e incrocio il suo sguardo. Vale più di mille parole: le leggo dentro una vitalità bruciante che fa la lotta con una selvatica, autodistruttiva insofferenza. Ho davanti Arturo.

1 Elsa Morante è nata a Roma nel 1912. È stata una delle principali letterate italiane del dopoguerra, donando al mondo capolavori come “L’isola di Arturo” e “La Storia”.
Fu la prima donna a vincere il Premio Strega, nel 1957, consacrandosi come una delle più importanti narratrici di tutti i tempi.
Dopo un lungo periodo di infermità, tentò il suicidio nel 1983. Morì nel 1985, in una clinica romana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




ITALIA – Agliana: originalità e rinnovamento per le vie cittadine

di Laura Candiani

foto di Maria Pia Ercolini

Il Comune di Agliana si trova all’estremità orientale della provincia di Pistoia, nella direzione Prato- Firenze, e sorge in un’area completamente pianeggiante, delimitata da tre corsi d’acqua e attraversata dal torrente Brana. Attualmente ha poco più di 17.000 abitanti, molti dei quali impiegati nelle attività principali: l’industria tessile e il vivaismo. Qui ha sede anche uno dei più famosi cioccolatieri italiani che esporta i suoi prodotti di eccellenza in tutto il mondo.

L’origine dell’abitato è antica, addirittura risale al I -II sec. a. C. quando sorse la via Cassia; durante l’età medievale fu Comune rustico e poi podestarile; a questo periodo risalgono le quattro antiche chiese, assai rimaneggiate nel corso del tempo. In epoca moderna è divenuto Comune autonomo nel 1913, prima in provincia di Firenze, poi sotto Pistoia.

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FOTO 1. MAPPA

La popolazione, di forte tradizione antifascista, contribuì con coraggio e grande tributo di sangue alla guerra partigiana, grazie anche alla posizione strategica del territorio, nei pressi della Linea Gotica; la cittadina fu liberata dalla formazione “Agliana” il 4 settembre ’44. Il ricordo di questi eventi è assai presente con un monumento e una serie di intitolazioni a martiri del fascismo e della Resistenza, nazionali e locali, come i fratelli Cervi, Amendola, Buozzi, d’Acquisto, Eugenio Curiel, Magnino Magni. Il grande parco centrale – sorto in una ex-cava – è dedicato a Sandro Pertini.

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FOTO 2. GIOVANNELLA

Nell’odonomastica si segnalano 106 strade intitolate a uomini, 13 a donne (una delle quali alla non identificata Giovannella), ma quello che colpisce sono alcune scelte non comuni e per nulla banali. A fianco di dediche tradizionali, come quelle a Grazia Deledda (ricordata ovunque in Italia perché, alla morte, nel ’36, il Fascismo ne fece una gloria nazionale), a Elsa Morante e a Santa Teresa d’Avila, troviamo nomi di donne di spettacolo di fama internazionale come Anna Magnani e Maria Callas.

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FOTO 3. ELSA MORANTE (Roma 18.8.1912- 25.11.1985)

Scrittrice, saggista, traduttrice, poeta, appassionata di cinema , iniziò giovanissima a scrivere fiabe e storie per bambini e a pubblicare su riviste. Fu amica e collaboratrice dei maggiori intellettuali dell’epoca e moglie di Alberto Moravia; la sua fama è legata a una serie di fortunati romanzi: Menzogna e sortilegio( ’48), L’isola di Arturo(’57- premio Strega), La Storia (che volle pubblicato direttamente in edizione economica, al prezzo di duemila lire, nel ’74) , Aracoeli (’82).

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FOTO 4. SANTA TERESA D’AVILA

(Avila- Spagna 28.3.1515- Alba de Tormes 15.10.1582)

Dopo un lungo e travagliato percorso, arrivò alla “conversione “ a quasi quarant’anni; fondò l’ordine dei Carmelitani scalzi (monache e frati) che fu uno dei pilastri della Controriforma. Scrisse testi che illustrano la sua dottrina, in particolare Il castello interiore. Santa nel 1622, nel 1970 fu nominata da papa Paolo VI “dottore della Chiesa” , insieme a Santa Caterina da Siena.

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FOTO 5. MARIA CALLAS

(New York 2.12.1923- Parigi 16.9.1977)

Anna Maria Cecilia Sophia Kalogeropoulou è stata la soprano che ha fatto riscoprire il belcanto (Bellini- Donizetti) e per le sue uniche doti vocali ha contribuito a far riemergere opere dimenticate (Anna Bolena, La Vestale, Macbeth) o sottovalutate ( La Gioconda, Medea). È stata definita “soprano drammatico d’agilità” per la forza e per l’estensione della sua voce, straordinariamente espressiva, che ha dato una svolta alle interpretazioni teatrali: pensiamo alla sua “Traviata”(regia di Visconti) e alla sua “Norma”. Importante anche il contributo cinematografico con il ruolo di protagonista in “Medea” di Pasolini (’66).

D’altra parte, fra gli uomini, incontriamo Caruso e Toscanini, cantanti come Giorgio Gaber e Fabrizio de Andrè, il ciclista Fausto Coppi, a cui è eretto un monumento.

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FOTO 6. ROSA LUXEMBURG

(Zamosc- Polonia 5.3.1871- Berlino 15.1.1919)

Politica, filosofa, rivoluzionaria e teorica del marxismo, naturalizzata tedesca, brillava per intelligenza e cultura, per vitalità ed energia; fu fra i fondatori del Partito Socialista Polacco e poi del Partito Comunista Tedesco. Rapita e uccisa durante le rivolte successive alla Prima guerra mondiale, il suo corpo fu recuperato in un canale, ma nel ’35 i resti andarono dispersi. La sua opera più importante si intitola L’accumulazione del capitale (1913); molto interessante anche La rivoluzione russa- Un esame critico, pubblicata postuma.

Se ancora Anna Frank e Rosa Luxemburg si possono inserire in una certa tradizione – almeno in Toscana e nelle regioni un tempo definite “rosse”, in un Comune governato da sempre da giunte di sinistra – appare una scelta originale il ricordo della intellettuale Hannah Arendt.

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FOTO 7. HANNAH ARENDT

(Hannover 14.10.1906- New York 4.12.1975)

Filosofa, storica, scrittrice tedesca, naturalizzata statunitense; a causa delle persecuzioni razziali lasciò la Germania per Parigi e poi emigrò negli USA, nel ’40. Scrisse fra l’altro: Le origini del totalitarismo (’51) e Vita Activa (’58) in cui espose la sua teoria politica. Per il “New Yorker” seguì il processo al criminale nazista Eichmann che le ispirò il celebre libro La banalità del male.

Un nome non molto frequente, ma in crescente presenza è quello di Ilaria Alpi, la giovane giornalista che cadde vittima di un agguato a Mogadiscio a causa delle proprie rischiose inchieste. Le scelte tuttavia che colpiscono per la loro originalità e portano a indagare riguardano due donne attive in ambiti ben diversi, pochissimo conosciute ma entrambe eccezionali: si tratta della patriota salvadoregna Marianella Garcia, di formazione cattolica, barbaramente uccisa, come il vescovo Romero di cui era coraggiosa collaboratrice nella lotta contro i soprusi e le violenze.

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FOTO 8. MARIANELLA GARCIA VILLAS

(San Salvador 7.8.1947 – Suchitoto – El Salvador 13.3.1983)

Figlia della borghesia, dopo aver studiato in Spagna, si laureò in Filosofia e poi in Scienze politiche; scelse la lotta a fianco del suo popolo sfruttato e collaborò con il vescovo Oscar Romero. Definita efficacemente “avvocata dei poveri, difensore degli oppressi, voce dei perseguitati e degli scomparsi”, armata solo di una macchina fotografica per testimoniare i soprusi degli “squadroni della morte”, torturata e violentata, venne uccisa a soli 36 anni.

 

L’altra è la papirologa Medea Norsa, un genio nel suo campo: dopo aver sofferto da ebrea per le persecuzioni razziali, subì un vero ostracismo professionale da parte dei colleghi invidiosi, che non accettavano il suo ruolo dirigenziale. Quest’ultima intitolazione è avvenuta nel 2012, nel quinquennio in cui era sindaca Eleanna Ciampolini (2009-2014).

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FOTO 9. MEDEA NORSA

(Trieste 26.8.1877- Firenze 28.7.1952)

Maria Vittoria Irma Norsa fu filologa, grecista e papirologa insigne; dopo aver studiato a Vienna e a Firenze, insegnò nei Licei e poi fu libera docente in Papirologia alle Università di Firenze e Pisa. Membro di istituzioni prestigiose, divenne nel ’35 direttrice dell’Istituto Papirologico Italiano, ma le invidie dei colleghi le resero difficile il lavoro, finché fu collocata forzatamente a riposo nel ’49.

Viene infine ricordata – come anche a Pistoia – la gentildonna Selvaggia Vergiolesi, sconosciuta al di fuori di un certo ambito letterario, ispiratrice del poeta stilnovista Cino da Pistoia (anche lui nello stradario aglianese).

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FOTO 10. SELVAGGIA VERGIOLESI

Come Dante ebbe la sua Beatrice, così il poeta stilnovista Cino da Pistoia ebbe come ispiratrice Selvaggia, pistoiese, di nobile famiglia ghibellina. Probabilmente fu moglie di un certo Focaccia de’ Cancellieri, ma i dati sono incerti e la figura si perde nella leggenda. Sembra che sia morta nel 1313 nel castello di Sambuca Pistoiese dove si era rifugiata per sfuggire alle violenze dei Guelfi e per salvarsi dal rogo della rocca presso Piteccio in cui viveva.

Per concludere un’altra segnalazione interessante: la biblioteca comunale – che sorge vicino all’Istituto Tecnico dedicato a Aldo Capitini (bella figura di intellettuale antifascista e pacifista)- è stata intitolata ad Angela Marcesini, che negli anni ’90 ne fu direttrice e morì prematuramente.

 

 

 




ITALIA – Due passi per Modena e per le strade femminili che non ci sono (Parte seconda)

Di Roberta Pinelli

A partire dagli anni Sessanta qualcosa cambia a Modena nei criteri adottati per le scelte odonomastiche e sarà forse per la nomina di una donna nella Commissione Toponomastica che nel 1961 furono dedicati a donne ben cinque toponimi: due letterate (Grazia Deledda e Ada Negri), una musicista (Cecilia Paini), una partigiana (Gabriella Degli Esposti), una donna di potere (Matilde di Canossa).

1.Modena-Via Ada Negri-foto di Roberta Pinelli

2. Modena-Via Grazia Deledda-foto di Roberta Pinelli

Figlia di Giovanni, suonatore di corno da caccia, Cecilia Paini ancora in tenera età seguì il padre che per lavoro si era trasferito a Parigi. Qui studiò al Conservatorio di musica dove, precocissima, conseguì il I premio in arpa e solfeggio. A 11 anni dette alcuni concerti in Francia e venne considerata una bambina prodigio. Con un decreto del 23 marzo 1843 la duchessa di Parma la nominò arpista della Ducale Orchestra. Fu al servizio del Ducato di Parma fino al 1859, poi rimase al Teatro Regio di Parma fino al 1875. Nel 1876 si trasferì a Modena, dove aveva sposato un certo Eugenio Zoboli, da cui ebbe due figli. Dedicatasi all’insegnamento, fu sempre attorniata da grande ammirazione. Morì a Modena nel 1922.

3.Modena-Via Cecilia Paini-foto di Roberta Pinelli

Gabriella Degli Esposti con il nome di battaglia di Balella partecipò fin dall’inizio alle attività della Resistenza nel modenese, prodigandosi anche per la formazione dei primi Gruppi di Difesa della Donna, nonostante fosse madre di due bambine e incinta del terzo figlio. Coordinatrice della IV Zona partigiana, fu arrestata dalle SS il 13 dicembre 1944 durante un rastrellamento, rifiutò di parlare e fu giustiziata insieme ad altri 9 compagni di prigionia. Prima della fucilazione fu brutalmente torturata. In suo onore fu chiamato “Gabriella Degli Esposti” l’unico distaccamento partigiano formato esclusivamente da donne. Le è stata assegnata la Medaglia d’Oro al Valor Militare.

4.Modena-Via Gabriella Degli Esposti-foto di Roberta Pinelli

Passarono altri 10 anni prima che comparissero nuove targhe dedicate alle donne; nel 1971 furono intitolate due strade a Gaetana Agnesi e Marie Curie, precedute nel 1966 da una partigiana (Irma Marchiani) e da due dee dell’antichità, Cerere e Igea, e nel 1969 da una straordinaria figura di benefattrice, Marianna Saltini.

5.Modena-Via Gaetana Agnesi-foto di Roberta Pinelli

6.Modena-Via Marie Curie-foto di Roberta Pinelli

7.Modena-Via Irma Marchiani-foto di Roberta Pinelli

8.Modena-Via Marianna Saltini-foto di Roberta Pinelli

Nata a Carpi nel 1889, a 21 anni Marianna Saltini sposò il sarto Arturo Testi, ma rimase vedova a 39 anni con 6 figli. Decise di affidare alcuni dei figli ai parenti e di mandare i più grandi in collegio, per potersi dedicare ad allevare le figlie dei poveri. Da quel momento fu per tutti “Mamma Nina”, da qualcuno definita anche “la matta che aveva abbandonato i figli suoi per quelli degli altri”. Solo nel marzo del 1936 il vescovo approvò, e solo provvisoriamente, la sua opera e il Comune di Carpi le concesse in uso il Palazzo Benassi. Sorella di don Zeno Saltini, fondatore di Nomadelfia, Mamma Nina allevò e continuò ad occuparsi di migliaia di bambine povere, insegnando loro un mestiere e togliendole dalla miseria e dai rischi della strada. Fondata a Carpi, ma con sedi in molti comuni della provincia di Modena, ancora oggi l’istituzione benefica da lei creata è attiva e ha mantenuto il nome di “Casa della Divina Provvidenza”.

Nel 1985 fu aperto il processo di beatificazione che nel 1988 dichiarò Mamma Nina “serva di Dio”.

Nel 1982 una parte dell’anello della tangenziale che circonda Modena è stato intitolato al Premio Nobel per la Letteratura Gabriela Mistral, mentre nel 1986 una stradina periferica viene dedicata a una vittima di femminicidio, novella Maria Goretti modenese: Maria Regina Pedena.

 9.Modena-Tangenziale Gabriela Mistral-foto di Roberta Pinelli

10.Modena-Via M.Regina Pedena-foto di Roberta Pinelli

Il 19 luglio 1827, attirata con l’inganno in casa di Eleuterio Malagoli, liutaio, invaghitosi di lei, resistette ai suoi approcci. Infuriato per la resistenza della ragazzina (Regina aveva solo 14 anni), Eleuterio Malagoli l’accoltellò più volte. All’arrivo della polizia Maria Regina Pedena era già morta e il Malagoli tentò il suicidio.

Il 24 luglio 1827 si tennero i solenni funerali della ragazza, cui fece seguito una sorta di devozione, che però svanì ben presto, consentendo che i suoi resti fossero inumati in una fossa comune. Nel 1973, a cura di un comitato promotore del processo di beatificazione, i resti di M.Regina Pèdena furono traslati nel Santuario della Madonna del Murazzo di Modena, dove sono tuttora conservati.

Nel 1990 ecco la targa e la scuola media intitolate a Luisa Guidotti Mistrali.

11.Modena-Via Luisa Guidotti Mistrali-foto di Roberta Pinelli

Luisa Guidotti Mistrali nacque a Parma nel 1932 e nel 1947 si trasferì definitivamente a Modena. Dopo la maturità scientifica, si iscrisse alla Facoltà di Medicina dell’Università di Modena, dove si laureò nel 1960, acquisendo poi nel 1962 la specializzazione in Radiologia.

Entrata nell’Associazione Femminile Medico-Missionaria da laica, dopo un periodo di tirocinio religioso fra Modena e Roma, nel 1966 venne destinata alle missioni nella Rhodesia (l’attuale Zimbabwe). Nel 1969 fu assegnata definitivamente all’ospedale “All Souls” di Mutoko nella provincia del Mashonaland Orientale.

A Mutoko in realtà l’ospedale consisteva in alcune capanne di paglia e fango che in pochi anni, sollecitando la generosità degli amici italiani, Luisa riuscì a trasformare in edifici in muratura, aprendo anche una scuola per infermiere e un orfanatrofio. Già nel 1971 l’ospedale era in grado di accogliere annualmente oltre 5.000 ammalati e contava più di 400 nascite all’anno.

Oltre al lavoro nell’ospedale, si recava periodicamente al lebbrosario di Mutema, dove i pazienti erano pressoché abbandonati, e nei villaggi vicini per assisterne i malati.

Nel 1976 venne arrestata dalla polizia con l’accusa di aver curato un ragazzo, presunto guerrigliero, rischiando la condanna a morte per impiccagione. Rilasciata dopo quattro giorni, fu tenuta per due mesi in libertà provvisoria vicino a Salisbury. Venne poi assolta per le forti pressioni esercitate dalla Santa Sede e dal governo italiano. La situazione a seguito della guerra divenne sempre più pericolosa e molti missionari furono costretti ad andarsene dalla Rhodesia. Luisa Guidotti subì delle minacce, ma non volle abbandonare l’ospedale e vi rimase, unica occidentale, insieme alle infermiere africane. Il 6 luglio 1979 con l’ambulanza dovette accompagnare una partoriente a rischio all’ospedale di Nyadiri. Sulla via del ritorno venne fermata ad un posto di blocco dall’esercito governativo. All’improvviso, partirono due raffiche di mitra da entrambi i lati della strada e un proiettile colpì la dottoressa, recidendole l’arteria femorale e provocandone la morte per dissanguamento. Aveva da poco compiuto 47 anni.

Nel 1983 le fu intitolato l’ospedale “All Souls” di Mutoko. Nel 1988 il vescovo di Modena fece traslare i suoi resti nel Duomo e dal 2006 è aperta la causa di canonizzazione.

Nel 1996 ecco un’altra musicista, la soprano modenese Teresina Burchi, e nel 1998 Madre Teresa di Calcutta ed Elsa Morante.

Nel 2011 quattro furono le targhe modenesi dedicate alle donne: Natalia Ginzburg, Sibilla Aleramo, Gina Borellini e Fausta Massolo.

12.Modena-Via Natalia Ginzburg-foto di Roberta Pinelli

13.Modena-Via Sibilla Aleramo-foto di Roberta Pinelli

14.Modena-Via Gina Borellini-foto di Roberta Pinelli

Gina Borellini nacque a San Possidonio, da una famiglia di agricoltori, nel 1924. Si sposò a soli 16 anni con Antichiano Martini, di professione falegname. Insieme al marito, dopo l’8 settembre 1943, partecipò attivamente alla Resistenza come staffetta partigiana e soccorrendo militari sbandati. Nel 1944 furono entrambi catturati, arrestati e torturati. Dopo la fucilazione del marito entrò nella Brigata “Remo”. Il 12 aprile 1945, a seguito di uno scontro a fuoco con i fascisti, venne ferita e perse una gamba.

Nel 1946 fu eletta al consiglio comunale di Concordia e due anni dopo entrò in Parlamento nelle file del Partito Comunista Italiano. Fu Deputata della Repubblica nella I, II e III legislatura e fece parte della Commissione Difesa della Camera.

Fu tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane, presidente dell’UDI di Modena per molti anni e presidente della sezione di Modena dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra dal 1960 al 1990.

È stata insignita del titolo di Commendatore della Repubblica e della medaglia d’Oro al Valor Militare. È morta a Modena nel 2007.

15.Modena-Via Fausta Massolo- foto di Roberta Pinelli

Fausta Massolo nacque ad Arquata Scrivia (AL) nel 1935. Dopo gli studi in Medicina, nel 1966 si trasferì a Modena, dove sarebbe rimasta poi per tutta la vita. Diventata Primaria di Pediatria, nel 1984 fu nominata Direttrice della nuova Divisione di Oncoematologia Pediatrica del Policlinico di Modena, da lei fortemente voluta e che avrebbe diretto fino al 1999.

Pioniera non solo nelle cure mediche (fu uno dei primo oncologi pediatrici a sperimentare cure allora pionieristiche), Fausta Massolo sostenne e incoraggiò anche la presenza in ospedale di diverse figure professionali: maestre, insegnanti, psicologi/ghe, che fornissero al bambino ricoverato una accoglienza completa.

Scomparve prematuramente il 7 settembre 1999, amata e rimpianta dai collaboratori, dai pazienti e dalle loro famiglie. Nel maggio 2014, un accordo fra Comune e Provincia di Modena, Associazione Famiglie Malati di Oncoematologia Pediatrica, Policlinico e Azienda Casa Emilia Romagna ha dato il via alla costruzione di una “casa lontano da casa”, una palazzina di 15 appartamenti da destinare ai bambini che necessitano di lunghi periodi di cura e alle loro famiglie: “La casa di Fausta”.

Nel 2013 sono state quattro le targhe femminili aggiunte: Santa Liberata, le tabacchine, dette alla modenese Paltadori, Gaspara Stampa e la partigiana Caterina Zambelli.

16.Modena - Via Caterina Zambelli - foto di Roberta Pinelli

La famiglia Zambelli di Bomporto (MO) partecipò attivamente alla lotta partigiana, nel rifiuto delle requisizioni, nella raccolta di armi e viveri, nelle azioni di disarmo, sabotaggio, distruzione di armi nemiche: il padre Angelo fu partigiano della Brigata Tabacchi, i figli combattenti, le figlie staffette o fiancheggiatrici del movimento della Resistenza. Sette dei tredici membri della famiglia furono uccisi in ritorsioni nemiche: il capofamiglia Angelo, con il genero Bozzali Quinto e il nipote Pellacani Fabio, fu arrestato e fucilato a Navicello di Modena il 9 marzo 1945. Caterina Bavieri Zambelli, moglie di Angelo, che aveva 60 anni, fu arrestata a metà febbraio 1945, condotta all’Accademia Militare e torturata; fu poi liberata, ma assassinata il 27 marzo 1945 insieme alla figlia Iride. Il figlio Floriano fu ucciso in una rappresaglia con altri partigiani nella notte tra il 18 e il 19 marzo 1945; l’altro figlio Renato arrestato durante il rastrellamento del 17 febbraio, morì sotto le torture nemiche.

 Nel luglio del 2015 è stata infine approvata l’intitolazione di una stradina a Margherita Hack, mentre ancora non si è arrivati a ricordare con un toponimo Rita Levi Montalcini, richiesta presentata fin dal 2013.

Per le vie di Modena si può dunque fare un viaggio nel tempo e nella mentalità che ha contribuito a modificare l’immaginario femminile.

Si può anche scoprire come pure la progredita Modena, dove la presenza e la partecipazione delle donne alla vita pubblica è sempre stata ragguardevole, non si differenzi per niente dalle realtà più restie a dare spazio alla memoria delle donne, nemmeno di coloro che hanno avuto un ruolo nella storia della città.