Donne estoni tra leggenda e realtà

di Livia Capasso

Tallinn, capitale dell’Estonia e suo principale porto, affaccia sul Mar Baltico, nel Golfo di Finlandia, quasi di fronte a Helsinki.

1_panorama Tallinn

Fig. 1

L’etimologia del nome è ancora incerta, probabilmente deriva da Castrum Danorum, nome che la città aveva durante il periodo danese (1219-1346), e che tradotto in estone divenne Tannin lidna, poi abbreviato in Tallinn. Toompea è il nome della collina che si erge sul centro della città, col suo castello medioevale, sede del governo estone, con le ambasciate e le rappresentanze diplomatiche.

Tallinn è stata crocevia dei commerci dal Nord Europa alla Russia; i mercanti tedeschi ne fecero uno dei più importanti porti della Lega anseatica. Passata dal dominio danese, che convertì gli abitanti al cristianesimo, a quello svedese e poi a quello della Russia zarista, divenuta indipendente nel 1918, fu occupata dall’URSS nel 1944, e Tallinn divenne la capitale delle Repubbliche socialiste sovietiche estoni, che comprendevano la Lituania, l’Estonia e la Lettonia. Il periodo di occupazione sovietica, durato quasi cinquant’anni, terminò nel 1991, quando l’Estonia proclamò la propria indipendenza.

Benché nel corso della sua storia la città sia stata più volte attaccata, saccheggiata e assediata, e durante la seconda guerra mondiale anche pesantemente bombardata, la città vecchia medioevale mantiene intatto il suo fascino, ed è divenuta patrimonio dell’umanità dell’UNESCO nel 1997. Da visitare la chiesa di Sant’Olav, in stile gotico, fino al 1600 l’edificio più alto del mondo; il palazzo del Municipio, con la guglia del Vecchio Tommaso, risalente agli inizi del 1300, la chiesa medievale di San Nicola, oggi utilizzata prevalentemente come parte del Museo d’arte medioevale e come sala da concerti; il Duomo, cattedrale di Tallinn, dedicato a Maria Vergine; la cattedrale ortodossa dedicata ad Aleksandr Nevskij; la Colonna della Vittoria dell’Indipendenza dell’Estonia che sorge in piazza della Libertà. Notevoli anche la Cinta muraria, medioevale con torri di guardia, il Monastero domenicano e il Passaggio di Santa Caterina.

2_Passaggio S. Caterina

Fig. 2

Quest’ultimo (in estone: Katariina Käik) è un passaggio pedonale di origini medioevali, nel centro storico di Tallinn. È un tipico e caratteristico percorso pedonale, con la pavimentazione risalente all’epoca medioevale. È chiamato di Santa Caterina, in quanto conduce al monastero domenicano o di Santa Caterina, uno degli edifici più antichi della Città Vecchia. Da una ventina di anni ospita la Gilda di Santa Caterina: un insieme di botteghe di artigianato tradizionale che vendono oggetti di vetro, cappelli, piumini, ceramica, gioielli, seta dipinta a mano e altre merci.

3_via Linda.ridotta

Fig. 3

Linda è un personaggio della mitologia finnica, sposa di Kalev e madre di Kalevipoeg; compare nel poema epico in lingua estone Kalevipoeg, redatto nell’Ottocento dallo scrittore Friedrich Reinhold Kreutzwald e pubblicato dal 1857 al 1861. Linda nacque da un uovo che la madre aveva trovato al pascolo assieme a un pulcino, che si trasformò in sua sorella Salme, e un corvo, che diventò una piccola serva. Sposò Kalev, da cui ebbe moltissimi figli, forti e coraggiosi come il padre; ma l’eredità delle sue virtù doveva essere destinata, per intero, a un solo figlio, e nessuno, per quanto avesse ricevuto dal padre la forza, sembrava degno di succedergli. In età molto avanzata Kalev chiamò la moglie per annunciarle una nuova maternità, un figlio che avrebbe ereditato tutto. Nella speranza di salvare l’ormai vecchio Kalev, Linda chiamò una coccinella e la mandò alla ricerca di un grande mago che potesse scongiurare la morte dello sposo, ma ben tre maghi predissero l’imminente morte di Kalev. Linda pianse il marito per sette giorni, poi lo seppellì in una fossa profonda, infine eresse un tumulo sulla cui sommità voleva trasportare un grande blocco di pietra, ma, mentre faticosamente saliva, cadde e la pietra rotolò alla base della tomba. Linda allora cominciò a piangere, e le sue lacrime divennero dapprima una pozza, poi uno stagno e infine un lago che oggi è individuato nel Lago Ulemiste presso Tallinn. Poco tempo dopo mise al mondo il figlio postumo di Kalev, e in suo onore lo chiamò Kalevipoeg ovvero “Figlio di Kalev”. Questi crebbe rapidamente e fu l’immagine del padre, ereditando tutte le sue virtù. Kalevipoeg è l’eroe nazionale estone. Si dice che la tomba di Kalev sia sulla collina di Toompea, che è sorta proprio dal mucchio di pietre trasportate da Linda.

4_Elfriede Lender

Fig.4

Elfriede Lender Amanda (nata Elfriede Meikov, Tallinn, 19 maggio 1882 – Stoccolma, 10 aprile 1974) è stata la fondatrice della prima scuola femminile estone.

Nata da famiglia operaia (suo padre era un sellaio, la madre si guadagnava da vivere cucendo), dopo aver studiato all’Alexander Gymnasium, si laurea all’Università di Tartu e diventa insegnante. Comincia a lavorare con bambini che avevano difficoltà di apprendimento e problemi con la disciplina. Sposa nel 1904 l’ingegnere Voldemar Lenderig, che nel 1906 diventa il primo sindaco estone di Tallinn. Elfriede deve però rinunciare al suo insegnamento perché allora le leggi non permettevano alle donne sposate di lavorare nella scuola pubblica. Nel 1907, a soli 25 anni, fonda l’Elfriede Lender Eragümnaasium, scuola secondaria per ragazze estoni, di studi umanistici. A quel tempo, c’erano solo le scuole tedesche, che fornivano l’istruzione scolastica secondaria, Elfriede Lender diede alle ragazze l’opportunità di studiare in estone anche nella scuola secondaria. Subito dopo l’apertura della scuola, purtroppo, arriva una battuta d’arresto. Poche sono le iscrizioni e i genitori considerano Elfriede troppo giovane e non credono in lei. Nel 1927 la scuola però raggiunge un livello di élite.

Nel 1944 Elfriede fugge in Svezia durante il periodo di occupazione tedesca. Qui scrive le sue memorie, pubblicate nel 1967. Muore all’età di 92 anni.

Nel 2006 le è stato dedicato un francobollo.

L’autore della targa commemorativa, di granito nero, con in rilievo il ritratto di bronzo, è lo scultore Aime Kuulbusch-Molder.

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Fig.5

ll Palazzo Kadriorg è un edificio in stile barocco petrino risalente al 1718: situato nell’omonimo parco di Kadriorg fu costruito per volere di Pietro il Grande in onore della moglie Caterina I di Russia da Gaetano Chiaveri, su progetto dell’architetto veneziano Nicola Michetti. Originariamente era chiamato Catherinethal (la Valle di Caterina); dopo la morte dello Zar Pietro, Caterina si mostrò disinteressata a questa proprietà, che entrò progressivamente nell’oblio. Con l’indipendenza dello stato, nel 1918, prese il nome estone di Kadriorg, utilizzato anche per il quartiere e il parco circostante. Il palazzo odierno è il risultato di drastici restauri ordinati da Nicola I di Russia nel 1827. Attualmente in parte è sede del Museo estone d’arte.

Sculture femminili si possono ammirare in giro per Tallinn.

6_russalka memorial

Fig.6

Il Russalka Memorial è un monumento in bronzo scolpito da Amandus Adamson nel 1902 a Kadriorg, in occasione del nono anniversario del naufragio della nave da guerra russa Russalka, o “Sirenetta”, affondata in Finlandia nel 1893. E ‘stato il primo monumento in Estonia realizzato da uno scultore estone. Raffigura un angelo che regge una croce ortodossa verso la direzione assunta dal naufragio. Il modello per l’angelo fu la governante dello scultore Juliana Rootsi.

7_Eva copia

Fig.7

Eve (Hämarik) è una statua di donna nuda con la mano sulla testa. Secondo una leggenda, nei tempi antichi Eve (Hämarik= Crepuscolo) aveva il compito di mettere a riposo il sole ogni sera e Dawn invece doveva accendere la sua luce ogni mattina. Nei paesi nordici l’estate è il periodo delle notti bianche. In questo momento i due si incontrarono e si innamorarono. Il Creatore suggerì che si sposassero, ma gli amanti rifiutarono, sostenendo che il loro amore sarebbe rimasto in questo modo sempre fresco e nuovo. Il Creatore rispettò il loro desiderio e li benedì.

L’autrice della scultura è Mare Mikoff (Tallinn 1941). Mare ha studiato storia presso l’Università di Tartu e scultura presso l’Istituto Statale d’Arte Estone. Dal 2005 è docente di scultura presso l’Estonian Art Academy. Ha iniziato a impegnarsi attivamente nel campo delle arti nei primi anni ‘70, influenzata dalla pop art e dall’iperrealismo. Tra i suoi lavori più noti, oltre a questo di Eve nel centro di Viru, anche Nõmme Madre (1998) a Tallinn nel dstretto di Nõmme. Allo stesso tempo produce anche immagini digitali. Mostre personali hanno avuto luogo in Estonia, Austria e Russia, mostre collettive in Estonia, Cina, Lituania, Francia, Finlandia, Russia e molti altri paesi.

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Fig.8

Le Cariatidi sono 6 figure femminili sulla facciata del Tallinna Reaalkool (The Building of Tallinn Secondary Science School). Si intervallano tra ampie finestre e raffigurano varie discipline scolastiche, avendo in mano libri, scultura, tavolozza con pennello e altri attributi.

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Fig.9

La poeta estone Lydia Koidula è stata raffigurata sulle banconote da 100 korone.

Lydia Koidula (Vana-Vändra, 24 dicembre 1843 – Kronštadt, 11 agosto 1886) è considerata la prima autrice di poesia patriottica della letteratura estone. Figlia di Johann Voldemar Jannsen, attivo nel movimento nazionalista estone, fondatore del primo giornale in lingua estone e autore dell’inno nazionale estone, collaborò strettamente col padre, e fu una pioniera del giornalismo femminile estone. Non ebbe una produzione letteraria molto vasta, ma le sue raccolte di poesie Emmajöe Öpik (L’usignolo del fiume Emma) e Vaino-Lilled (I fiori del campo) sono ritenute la prima espressione di poesia patriottica estone.

Fu legata da una forte amicizia con Friedrich Reinhold Kreutzwald, l’autore del Kalevipoeg, il poema epico nazionale estone.

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Fig.10

Betti Alver (Jõgeva, 23 novembre 1906 – Tartu, 19 giugno 1989) è stata una delle poete estoni più importanti. Appartenuta alla prima generazione educata nelle scuole dell’Estonia indipendente, ha studiato a Tartu. Ha fatto parte dell’Arbujad (“Indovini”), un piccolo gruppo di poeti estoni. Dopo la guerra il marito Heiti Talvik è stato imprigionato dai sovietici ed è morto in Siberia. Per qualche decennio Betti è rimasta in silenzio come poeta, in segno di protesta contro il dominio sovietico, poi ha ripreso a scrivere nel 1960. Da segnalare in questo secondo periodo la raccolta del 1966 Tähetund o Starry Hour. Ha scritto anche romanzi e ha fatto il lavoro di traduzione. Nel centesimo anniversario della sua nascita le è stato dedicato un francobollo.

E per finire, sapevate che la nostra Ornella Muti è nata a Roma nel 1955 da padre napoletano, giornalista, e da madre estone, Ilse Renate Krause, scultrice?

 




GRECIA – Il no stravince al referendum. Tsakalotos Nuovo ministro delle Finanze: “Non possiamo accettare una soluzione non praticabile”

Solo una trentina di righe in cui viene chiesto un prestito triennale e in cambio vengono promesse una serie di riforme. Questa la proposta della Grecia di Tsipras e del neo ministro Euclid Tsakalatos all’Europa dei creditori, inviata al fondo salva-stati “Esm”.

“La repubblica greca è pronta a varare un comprensivo pacchetto di riforme e misure incentrato ad assicurare la sostenibilità del bilancio, la stabilità finanziaria e la crescita economica di lungo periodo”. Oltre alle riforme immediate di fisco e pensioni, il governo promette di includere anche delle “misure aggiuntive per rafforzare e modernizzare l’economia”. “Per evitare ogni dubbio questa missiva sovrascrive le nostre precedenti richieste inviate nella lettera datata 20 giugno 2015” conclude la lettera.

Riportiamo  le ana­lisi del suc­ces­sore di Yanis Varou­fa­kis dei pro­blemi che affronterà come nuovo mini­stro delle Finanze di Atene:

“La nostra tesi prin­ci­pale è che la crisi greca non sia asso­lu­ta­mente da con­si­de­rarsi un caso par­ti­co­lare. Al con­tra­rio, essa costi­tui­sce il para­digma di una più gene­rale crisi dell’assetto poli­tico ed eco­no­mico neoliberista.

In que­sto senso, è neces­sa­rio non solo com­pren­dere le ori­gini della crisi eco­no­mica glo­bale ma anche capire per­ché la strut­tura eco­no­mica e isti­tu­zio­nale dell’eurozona si sia rive­lata ina­de­guata per affron­tare gli effetti della crisi esplosa nel 2008.

Le poli­ti­che di auste­rità che hanno domi­nato la scena sin dall’avvento della crisi hanno raf­for­zato l’impostazione neo­li­be­ri­sta dell’economia e della società. Lo spa­zio per rispon­dere alle domande pro­ve­nienti dagli strati più bassi della società si sono andati dram­ma­ti­ca­mente ridu­cendo, anche rispetto al periodo, comun­que con­tras­se­gnato dall’egemonia neo­li­be­rale, pre­ce­dente la crisi.

Tale irri­gi­di­mento ha coin­ciso con un sem­pre mag­giore distacco tra le élite la realtà sociale o, alter­na­ti­va­mente, con una cre­scente inca­pa­cità delle mede­sime élite di rece­pire pro­po­ste di solu­zione ai pro­blemi pro­ve­nienti dall’esterno dei loro circoli.

La riso­lu­zione finale della pre­sente crisi non potrà por­tare alla rico­stru­zione delle con­di­zioni vis­sute delle eco­no­mie neo­li­be­rali prima del 2008 né, tan­to­meno, con­durre verso il ritorno di un sistema social­de­mo­cra­tico di tipo Key­ne­siano. Dovremmo ricor­dare che non vi fu nes­sun ritorno agli sta­tus quo pre­ce­denti in seguito alle due grandi crisi degli anni ’30 e ’70.

Dun­que, da que­sta crisi si muo­verà o nella dire­zione di un’economia capi­ta­li­stica carat­te­riz­zata da un sostan­ziale auto­ri­ta­ri­smo oppure verso un lungo periodo di tra­scen­denza rispetto ad alcuni degli ele­menti fon­da­men­tali del capitalismo.

La nostra visione rispetto alla situa­zione attuale può essere sin­te­tiz­zata nelle quat­tro tesi che seguono.

La crisi che ha inve­stito la Gre­cia non pre­senta alcun carat­tere di eccezionalità
La nar­ra­tiva che vor­rebbe la Gre­cia come un caso iso­lato ed ecce­zio­nale si fonda su tre ele­menti tra di loro inter­con­nessi. In primo luogo, l’irresponsabilità fiscale dei poli­tici greci. In secondo luogo, le dina­mi­che clien­te­lari che afflig­gono il sistema poli­tico greco. Infine, sia l’irresponsabilità della classe poli­tica che il clien­te­li­smo dif­fuso sareb­bero da ricon­durre a una gene­rale inca­pa­cità di moder­niz­zarsi del paese.

Tutto ciò dovrebbe con­durre a una giu­sti­fi­ca­zione dell’austerità fon­data sulla favola cal­vi­ni­sta cara ad Angela Mer­kel, per la quale i pec­ca­tori deb­bono essere puniti per gli sba­gli da loro com­messi nel pas­sato. La nostra visione non potrebbe essere più lon­tana da quella appena sintetizzata.

La Gre­cia, all’alba dell’esplosione della crisi, era com­ple­ta­mente posi­zio­nata all’interno di un’impostazione neo­li­be­ri­sta sia dal punto di vista eco­no­mico che da quello poli­tico. Il paese si tro­vava a con­di­vi­dere con gli altri Stati mem­bri tutti i tratti carat­te­riz­zanti le eco­no­mie fon­date su basi neo­li­be­ri­ste, così come tutti i fal­li­menti spe­ri­men­tati dalle stesse eco­no­mie. In altre parole, la crisi greca è com­pren­si­bile solo se la si guarda come una mani­fe­sta­zione della crisi glo­bale del neo­li­be­ri­smo piut­to­sto che come una crisi dovuta all’incapacità di appli­care, in modo effi­cace, le ricette pro­prie dello stesso sistema neoliberale.

Siamo di fronte ad una crisi glo­bale del neo­li­be­ri­smo e del capitalismo
La nostra seconda tesi è con­fer­mata dal fatto che l’epicentro della crisi è loca­liz­za­bile nei paesi più avan­zati dal punto di vista dell’applicazione delle ricette neo­li­be­ri­ste, piut­to­sto che in paesi ‘sta­ta­li­sti’ quali la Fran­cia o la Gre­cia. La nostra inter­pre­ta­zione della crisi, inol­tre, rifiuta net­ta­mente l’interpretazione orto­dossa sulla base della quale il mal­fun­zio­na­mento dei sistemi eco­no­mici sarebbe da ricon­durre a ragioni eso­gene al sistema stesso. Le radici della crisi sono, altresì, legate all’incertezza e all’instabilità endo­ge­na­mente pro­dotta dal sistema capitalistico.

La crisi ha messo a nudo la fra­gi­lità del sistema poli­tico post 2008.
Dopo una breve fase in cui i prin­ci­pali ele­menti carat­te­riz­zanti l’impostazione neo­li­be­ri­sta – la dere­go­la­men­ta­zione del sistema finan­zia­rio, i super­bo­nus dei mana­ger, gli squi­li­bri macroe­co­no­mici tra paesi o gli effetti dell’individualismo sulla coe­sione sociale – sono stati messi in discus­sione dalle stesse élite, vi è stato un rapida e rin­no­vata con­ver­genza verso lo sta­tus quo ideologico.

In tale con­te­sto, la domanda da un milione di dol­lari è stata: per quale motivo la crisi del 2008 non è stata colta, dalla social­de­mo­cra­zia, come un’opportunità per riaf­fer­mare le pro­prie ragioni sull’ideologia neoliberista?

Per­ché la crisi del 2008 non è stata colta dalla social­de­mo­cra­zia come un’opportunità per riaf­fer­mare le pro­prie ragioni sull’ideologia neo­li­be­ri­sta?

La nostra ipo­tesi è che i social­de­mo­cra­tici siano intrap­po­lati in quel che viene defi­nito da Blyth nel 2002 il «cogni­tive loc­king». Dopo tanti anni di ege­mo­nia cul­tu­rale neo­li­be­ri­sta i social­de­mo­cra­tici si son sco­perti non più in grado di guar­dare il modo da un’altra prospettiva.

Dalla crisi attuale non è pos­si­bile tor­nare indietro.
La nostra tesi con­clu­siva è che dalla crisi che stiamo spe­ri­men­tando non è pos­si­bile tor­nare indie­tro. Le strade pos­si­bili sono due. Una svolta verso una forma di capi­ta­li­smo auto­ri­ta­rio o una tra­scen­denza di alcuni degli ele­menti fon­da­men­tali del capi­ta­li­smo. Nel secondo caso si avrà un disve­la­mento degli effetti cor­ro­sivi pro­dotti da una visione inge­gne­ri­stica della eco­no­mia in cui un unico modello è valido per tutte le società.

Il razionalismo-tecnocratico fa di con­cetti quali la «com­pe­ti­ti­vità» o la «fles­si­bi­lità del mer­cato del lavoro» ele­menti di per sé pre­gni di valore e sulla base dei quali i paesi ven­gono costan­te­mente clas­si­fi­cati. Que­sta visione ha avuto un effetto deva­stante sullo stato di salute delle demo­cra­zie occi­den­tali. E sulla capa­cità di costruire una nar­ra­tiva basata sulle domande cre­scenti pro­ve­nienti dagli strati più bassi della società.

Il legame fon­da­men­tale tra la demo­cra­zia e il fun­zio­na­mento del sistema eco­no­mico dovrà, dun­que, essere posto al cen­tro della rispo­sta della sini­stra alla pre­sente crisi.”

* Quello qui è pre­sen­tato è un estratto da «Cru­ci­ble of resi­stance. Greece, the Euro­zone and the World Eco­no­mic Cri­sis» di Euclid Tsa­ka­lo­tos e Chri­stos Laskos (Plu­to­Press 2013).

E’ uno dei testi migliori sulla crisi tra Gre­cia e Europa e pre­senta le ana­lisi del suc­ces­sore di Yanis Varou­fa­kis sui pro­blemi che ora affronta come nuovo mini­stro delle finanze di Atene.

Tra­du­zione di Dario Guarascio

LE POSIZIONI DELL’EUROGRUPPO:

Taglio del debito? Non se ne parla, ma la Grexit è cosa buona

LETTONIA: «Se in un sistema c’è un elemento che non funziona, rimuovere quell’elemento può essere positivo» per l’insieme dell’Eurozona. Il ministro delle Finanze della Lettonia, Janis Reirs, non ha lasciato alcun dubbio sulla sua posizione. E arrivando all’Eurogruppo straordinario sulla Grecia ha ricordato che il suo Paese ha fatto grandi riforme strutturali che comprendevano anche «il taglio del 30% del personale e dei salari» nel settore pubblico.
ESTONIA –  Il 6 luglio con un provocatorio tweet il presidente estone Toomas Hendrik Ilves aveva proposto di chiedere con un referendum negli altri 18 paesi se i cittadini vogliono aumentarsi la tasse per un altro salvataggio della Grecia.
FINLANDIA –  I piccoli Paesi del Nord sono più duri della Germania, aveva dichiarato qualche giorno fa il ministro delle Finanze francese Michel Sapin. E tra i più duri c’è la Finlandia. Il ministro di Helsinki Alexander Stubb ha chiarito subito: «Non vogliamo alleggerire il debito greco, è stato già fatto nel 2011 e 2012». E ha chiuso anche al progetto di un prestito ponte da elargire attraverso lo European Stability mechanism (Esm).Tuttavia il 6 luglio aveva spiegato di essere disponibile a discutere di una eventuale estensione dei prestiti. La linea morbida nei confronti della Grecia rischia in Finlandia di alimentare il partito euroscettico.
SLOVACCHIA –  La ristrutturazione del debito «è la questione più delicata per la maggior parte dei Paesi» dell’eurozona e per la Slovacchia «è assolutamente impossibile», sono state invece le parole nette del ministro slovacco delle Finanze Peter Kazmir.

LA GERMANIA E I SUOI ALLEATI: NO ALLA  GREXIT

GERMANIA – In Germania non c’è solo il falco delle finanze Wolfgang Schauble a imporre la linea dura. Ma anche i nomi più in vista della Spd, che fa parte della Grosse Koalition di governo. I tedeschi sulla carta vogliono evitare la Grexit, ma le posizioni sono distantissime. Schaeuble ha dichiarato: «Chi conosce i trattati Ue sa che il taglio del debito è vietato». Mentre la cancelliera Angela Merkel ha avvertito: «Mancano ancora le basi per negoziare». E al termine dell’Eurosummit ha aggiunto: «Stasera molti attorno al tavolo hanno detto che un haircut del debito greco non avrà luogo perché questo è vietato nell’euro zona». «Prima di parlare di una ristrutturazione del debito», ha concluso, «vediamo quel che la Grecia può fare».
LITUANIA –  La Lituania chiede riforme, ma è disponibile al negoziato: «Siamo qui per ascoltare il nuovo ministro greco Tsakalotos» in quanto è «necessario rendere le cose più chiare e trovare una strada da seguire», perché «in politica c’è sempre spazio per un compromesso», ha detto il ministro delle finanze lituano Rimantas Sadzius. La Grexit, ha sottolineato, «per noi non è un’opzione per noi».
AUSTRIA –  Il giorno successivo al referendum, il cancelliere austriaco Werner Faymann, considerato nell’ultimo periodo ben disposto verso Atene, aveva spiegato: «Non vedo una strategia» del governo greco, «Un ponte si può costruire solo se anche l’altra parte contribuisce un po’».

SPAGNA – Il governo Rajoy era tra i più intransigenti verso Atene, ma il 7 luglio il ministro delle Finanze De Guindos che aspira al ruolo di presidente dell’Eurogruppo sostiene che Madrid «rispetta l’esito del referendum» ed è «aperta» ad un «nuovo round di aiuti». «Non contemplo l’uscita della Grecia dall’euro».

IL CASO: L’ITALIA

ITALIA –  L’Italia dovrebbe essere, a guardare le sue condizioni finanziarie, tra i migliori alleati della Grecia. Ma per ora si tiene strategicamente ben distante. Il premier Matteo Renzi ha institito sulla necessità di una maggiore integrazione politica europea. E per l’apertura di una fase sempre più necessaria di crescita e investimenti che superi le rigidità dell’euroburocrazia. Ma il primo ministro ha cercato in questi mesi di dialogare direttamente con Berlino. E il carico del nostro debito rende la sua posizione assai scomoda in questo frangente. Uscendo dall’Eurosummit, Renzi ha dichiarato: «Rispetto all’ultima volta non mi pare ci siano le condizioni per parlare ‘in modo strategico del debito’ della Grecia». «La palla», ha aggiunto, «ora è nel campo del governo greco, che domenica dovrà presentare le sue proposte: se saranno ritenute accettabili, si troverà l’intesa, come credo e spero».

SI’ ALL’ACCORDO

IRLANDA – Stupisce la totale apertura irlandese. La nazione Smeraldo che ha subito i colpi duri della crisi del debito si è schierata a fianco dei greci. La ristrutturazione del debito «fa parte delle discussioni» sulla Grecia, ha detto il ministro delle Finanze irlandese Michael Noonan. Il premier Enda Kenny è stato ancora più caloroso: «È giunto il momento ora di dare un po’ di speranza al popolo greco».

LUSSEMBURGO – Il Lussemburgo membro fondatore dell’Unione e Paese del presidente della Commissione Jean Claude Juncker è aperto a tutti gli scenari: «Dobbiamo ascoltare tutte le opzioni», inclusa quella della ristrutturazione del debito, «anche se questo non vuol dire che io sia d’accordo», ha dichiarato il ministro delle finanze del Gran Ducato, Pierre Gramegna.
BELGIO – Il Belgio fa parte del gruppo dei Paesi più concilianti nei confronti di Atene. Eppure il premier Charles Michel non nasconde la stanchezza: «Aspettiamo da parte di Tsipras proposte concrete, precise e convincenti, e innanzitutto ascolteremo quello che ha da dire». Per fare un accordo, ha aggiunto Michel, «bisogna essere in due».
FRANCIA: «Tsipras faccia proposte serie e credibili», chiede il presidente Hollande, che sempre a fianco della cancelliera tedesca ha definito «urgente per la Grecia e l’Europa» che si arrivi a un’intesa. Altri esponenti francesi si sono sbilanciati di più. Il ministro dell’Economia Emmanuel Macron, subito dopo il risultato del referendum di Atene, aveva invitato i governi europei a essere ragionevoli: «Sarebbe un errore storico schiacciare il popolo greco». Lo stesso ha ribadito il collega alle Finanze Michel Sapin: il posto della Grecia «è in Europa ed è nell’euro», h affermato Sapin, dicendosi convinto che Atene sia «capace di fare proposte concrete, solide, durevoli, che sono indispensabili per il dialogo con i partner». Il ministro ha inoltre sottolineato che la Francia, considerata da alcuni più accomodante della Germania, ha «le stesse esigenze degli altri in materia di serietà delle proposte», ma «ha forse un po’ più il senso della storia dell’Europa».




EUROPA – Corsa al riarmo per la guerra in Ucraina

I primi ad entrare in fibrillazione sono stati i Paesi baltici, che più si sentono vulnerabili. La Lituania ha reintrodotto la leva obbligatoria, l’Estonia ha visto una adesione di massa alle unità paramilitari, mentre le tre capitali nordiche stanno facendo piani prendendo in considerazione gli scenari peggiori.

Certo, i tre piccoli Stati sono membri della Nato, e in molti pensano che Mosca non attaccherebbe mai l’Alleanza atlantica, ma i governi baltici hanno comunque paura di manovre destabilizzatrici, anche interne.

Chi invece non fa parte della Nato è la Svezia. Dopo la fine della guerra fredda ha tagliato costantemente le sue spese militari. Nel 1990 erano pari al 2,6% del Pil, nel 2013 erano all’1,2%. Stoccolma ha così varato un programma di riarmo da 722 miliardi di dollari, che prevede anche il ritorno dei militari sull’isola di Gotland, nel Mar Baltico, vicino all’enclave russa di Kaliningrad.

A spaventare la Svezia, come anche Gran Bretagna, Danimarca e Norvegia, sono stati i voli di bombardieri a poche miglia dagli spazi aerei nazionali. Oltre alla presenza di sommergibili nelle acque territoriali svedesi (anche se non si ha conferma della nazionalità).

D’altronde nel 2014 la Russia ha aumentato del 33% le sue spese militari, mentre in Europa sono state tagliate. Washington aveva avvertito gli alleati più di una volta di stanziare almeno il 2% del Pil per la difesa. Ma solo Gran Bretagna, Estonia e Grecia rispettano lo standard, tutti gli altri sono sotto. Chi di poco, come la Francia (1,9%) e chi di molto, come l’Italia (1,2%) e la Germania (1,3%).

In Italia la guerra in Ucraina ha avuto come effetto quello di sbloccare l’impasse sugli ordini degli F-35, mentre a Berlino la Merkel sta elaborando un piano di riarmo. Nel frattempo ha smesso di smantellare il proprio arsenale, dismesso per ridurre le spese di manutenzione.