Eugenia di Anna Maria Ortense

Nel 1953, per i tipi di Einaudi, nella Collana “I Gettoni”, diretta da Elio Vittorini, appare un libro sul quale da allora e poi ancora fino a tempi recentissimi, si è riversata la critica aspra e, lo dico subito, incomprensiva e a volte strumentalmente ostile, del mondo intellettuale napoletano.

Il titolo stesso della breve raccolta di racconti, cinque soltanto, Il mare non bagna Napoli, è apparso e tuttora appare come una provocazione intollerabile a chi si è ostinato in passato e persiste oggi nel vedere nella città del libro un’immagine realistica e provocatoria verso la classe intellettuale della città, quella classe molto fortunata, politicamente e sul mercato pubblico e librario, la classe di Luigi Compagnone, Raffaele La Capria, Michele Prisco, Domenico Rea e di alcuni loro ideali eredi, primo fra tutti Erri De Luca.

A ben poco servì l’apprezzamento più generale, che valse all’opera il Premio Viareggio, la città  disconobbe ed escluse Ortese, che ben presto andò via per sempre da quella Napoli in cui non era nata, ma che aveva eletto a sua propria città. A queste ragioni va ricondotta la solitudine morale e materiale in cui ella visse poi per sempre, ostracismo da una parte e sua delusione e paura del mondo intellettuale che, dopo averla accolta nell’immediato caotico dopoguerra di Napoli, dopoguerra, pure animato da speranze e tentativi di riscatto politico, morale e civile, prima ancora che sociale ed economico (e forse fu anche questo un grave errore, una debolezza del tessuto della città e del Mezzogiorno tutto) per esempio anche con l’operazione della rivista “Sud”, fecero cadere su di lei attacchi, ma subito dopo una ancor più violenta “congiura del silenzio”, sì che oggi davvero pochi sono i napoletani che la conoscono, se non vagamente, e i più quelli che non conoscono il suo amore, mai dimenticato, ma anzi ribadito in quasi ogni altro suo libro, per quella che è forse una delle più contraddittorie città del mondo.

Il primo racconto della raccolta, Un paio di occhiali, apre sul tema che sottostà in realtà all’intero libro quello dello sguardo prima velato, poi aperto nitidamente sulla città. La piccola Eugenia, poverissima bambina quasi cieca, vive nella parte più povera della città, fra umiliazioni, fame, botte sempre immeritate, nella sua famiglia, dove la durezza delle parole e dei comportamenti della maggioranza dei miseri adulti non è cattiveria, ma esasperazione per un’ingiustizia che patiscono senza riconoscerla. Il mondo appare ad Eugenia attraverso un velo, nel quale colori e luci a volte intravisti le fanno credere che il mondo dev’essere pur bello finalmente il suo desiderio di ‘chiarezza’ può realizzarsi perché la zia Nunziata che ha un po’ di denaro da parte si offre di comprarle gli occhiali. Nunziata è la sorella del padre di Eugenia, zitella che vive con Eugenia, i suoi genitori e i due fratelli piccoli (le sorelle grandi sono state avviate alla monacazione),  nel piccolissimo basso, umido e sporco che affaccia su un cortile pieno di tanta altra umanità sofferente e ferita nel corpo e nell’anima da una povertà senza speranza di riscatto, mentre ai piani alti stanno i signori egoisti e privi di pietà, loro sì, davvero ciechi sul mondo.

Eugenia esce con la zia, manesca e brusca, e con lei si reca a via Toledo, una strada di signori, dove, dopo la visita oculistica, l’ottico poggia sul naso della bambina, emozionata e con le gambe che le tremano, le lenti correttive a lei adatte. E la bambina guarda fuori e il mondo che vede appare pieno di luce e di colori, le signore dai capelli lucenti come l’oro sedute ai bar della strada, le vetrine degli altri negozi piene di abiti dalle stoffe fine fine, financo le persone che passano nei grandi autobus verdi sono ai suoi occhi elegantissime, il mondo è bello, si dice Eugenia, è bello assai.

Quasi in estasi, umilmente grata alla zia che brontola per la spesa enorme di ottomila lire a cui si è impegnata, Eugenia torna a casa, e piena di ansia gioiosa attende gli otto giorni che ancora la separano dalla consegna degli occhiali, senza curarsi delle botte della zia, delle allusioni cattive della signora del palazzo, delle umiliazioni quotidiane che nulla e nessuno le risparmiano, a lei, come agli altri abitanti dei miseri tuguri della città che per quelli come lei non ha sole né mare. E finalmente il giorno atteso arriva. Sarà la mamma, pur malata e piena di dolori per la spaventosa umidità del misero tugurio che per loro è casa, a recarsi a ritirarli. Al suo ritorno, non solo Eugenia, ma tutta la famiglia e tanti vicini dei bassi, informati dell’evento si affollano intorno alla madre e alla bambina. Rosa, la madre, entrata nel basso, estrae dall’astuccio gli occhiali, che appaiono come uno strano insetto e li inforca alla figlia … che subito prende a tremare, vede piccolo piccolo e tutto nero…vacillando esce nel cortile, senza provare più gioia, anche se si sforza di sorridere, ma le affiora sul volto pallidissimo una smorfia ebete.

Improvvisamente i balconi cominciarono a diventare tanti, duemila, centomila; i carretti con la verdura le precipitavano addosso; le voci che riempivano l’aria, i richiami, le frustrate, le colpivano la testa come se fosse malata; si volse barcollando verso il cortile, e quella terribile impressione aumentò. Come un imbuto viscido il cortile, con la punta verso il cielo e i muri lebbrosi fitti di miserabili balconi; gli archi dei terranei, neri, coi lumi brillanti a cerchio intorno all’Addolorata; il selciato bianco di acqua saponata, le foglie di cavolo, i pezzi di carta, i rifiuti, e, in mezzo al cortile, quel gruppo di cristiani cenciosi e deformi, coi visi butterati dalla miseria e dalla rassegnazione, che la guardavano amorosamente. Cominciarono a torcersi, a confondersi, a ingigantire. Le venivano tutti addosso, gridando, nei due cerchietti degli occhiali.

Eugenia non regge e vomita, vomita fino a non avere più nulla nel povero stomaco affamato. E nello sconcerto generale, nella pena della madre e della zia, nelle parole di conforto della vicina, si leva la voce afferrata della bambina, che di nuovo senza  occhiali, che provvidamente una vicina, donna Mariuccia, le ha tolto, si aggrappa alla madre e le chiede perdutamente <<Mammà, dove stiamo?>>, quasi tutti sorridono di sollievo: è mezza cecata, è mezza scema. Solo donna Mariuccia, ancora lei, capisce, è la sola che sa dare parole di comprensione alla sua amarezza:<<Lasciatela stare, povera creatura, è meravigliata>> fece donna Mariuccia, e il suo viso era torvo di compassione, mentre rientrava nel basso che le pareva più scuro del solito.

Insieme ad Eugenia, amaro nome, così in contrasto con la nascita e il destino di questa creatura atrocemente indifesa e deprivata,  Ortese apre gli occhi sulla città, ma quel che vede non permette una visione, un’analisi, razionale, non sembra profilarsi soluzione: la città distorta e spaccata fra bellezza e orrore, altera lo sguardo, dà il capogiro, angoscia e spezza. E’ la Napoli del secondo dopoguerra, già tradita dalla sua classe politica e intellettuale, quella che nei decenni successivi, ha più volte tentato un riscatto, fra luci e ombre, speranze brevi e delusioni amare, una città che ancora oggi ci appare nella sua bellezza, nelle sue zone di miseria, una luogo difficile in cui vivere, dove ancora tanti ogni giorno si inventano la giornata, sono delusi, a volte obbligati alla fuga: giovani intellettuali e professionisti, operatori degli affari, del mondo informatico ed editoriale, operai specializzati.

Oggi i tempi per una più attenta e, vorrei dire, riconoscente lettura dell’intera opera di Ortese sembrano maturi.

 

 




RUSSIA -Lungo le strade di San Pietroburgo. Solo 52 portano nomi di donne

di Olga Solovey

San Pietroburgo, la capitale della cultura in Russia, la Venezia del Nord, la Palmira del Nord, la Città delle Notti Bianche, sono solo alcuni degli appellativi con cui viene riconosciuta nel mondo. Fu fondata nel 1703 durante la Guerra del Nord contro la Svezia. Nel XVII secolo la Russia aveva perso lo sbocco nel mar Baltico, il che spinse Pietro il Grande a dichiarare guerra alla Svezia per riconquistare le terre adiacenti al fiume Neva. Al fine di rafforzare il territorio fu fondata la fortezza San Pietroburgo che diede inizio alla costruzione della nuova città. Il nome “Città di San Pietro” ha carattere puramente simbolico: “Ed io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che avrai legato sulla terra, sarà legato nei cieli…” Allo stesso modo la nuova città doveva diventare la chiave verso il mare e la porta verso l’Europa.

San Pietroburgo è adagiata su un vastissimo territorio di 1439 kmq, suddiviso in 18 distretti. Le vie della città sono circa 3717, tuttavia solo 52 portano nomi di donne, tra cui troviamo nobildonne, scienziate, poete, scrittrici, rivoluzionarie, partigiane.

1.SanPietroburgo_OlgaSolovey_Eugenia_con testo

Via Eugenia

La via prese il nome dalla comunità di sorelle del soccorso di Sant’Eugenia, fondata dalla duchessa Eugenia di Oldenburg, una famosa benefattrice, nipote di Nicola I.

Nel 1868 patrocinò un ginnasio femminile, nel 1874 creò un asilo per donne ex-detenute, nel 1876 aprì un asilo destinato a bambine figlie di detenuti, dove, oltre a svolgere la normale attività didattica, seguivano corsi di arte culinaria nonché taglio e cucito.

2.SanPietroburgo_OlgaSolovey_Elizavetinskaja.con testo

Via Elisabetta

Questa via si trova in una pittoresca località che dal 1726 apparteneva ai conti Sciuvalov. Prese il nome da Elisabetta Sciuvalova, una nobildonna, nota per la sua bellezza, intelligenza e sensibilità artistica. Spesso organizzava spettacoli di beneficenza per malati e bisognosi. All’inizio della guerra russo-giapponese si recò al fronte dove con i propri mezzi finanziari realizzò un lazzaretto.

3.SanPietroburgo_berggolz_completa

Via Olga Berggolts

La via è dedicata alla poeta russa Olga Berggolts, “musa di Leningrado assediata” in quanto lavorando alla radio, incoraggiò e ispirò il popolo nei duri tempi di guerra. Qualunque via di Leningrado – San Pietroburgo, meriterebbe di portare il suo nome, ma fu scelta proprio questa per la vicinanza alla sua casa natale.

Qui giacciono i cittadini di Leningrado,

Qui si trova la gente della città, uomini, donne, bambini.

Accanto a loro i soldati dell’Armata Rossa

Che, con la loro vita,

Ti difesero, Leningrado,

Culla della Rivoluzione.

I loro nomi nobili non si possono qui elencare,

Tanti sono, sotto la protezione eterna del granito.

Ma sappi, quando contempli queste pietre,

Che nessuno è dimenticato e nulla è dimenticato.

(versi di O. Berggolts, traduzione di O. Solovey)

4.SanPietroburgo_OlgaSolovey_kovalevskaja_con testo

 Via Sofia Kovalevskaja

La via è dedicata a Sofia Kovalevskaja, fu la prima donna russa matematico. Passò gran parte della sua vita all’estero, dove raccolse le maggiori soddisfazioni: trasferitasi a Stoccolma, ottenne una cattedra universitaria, diventando così la prima donna al mondo professore di matematica. Nel 1888 vinse il Prix Bordin dell’Accademia delle Scienze di Parigi. L’anno successivo, ottenne il Premio della Reale Accademia delle Scienze di Svezia. Nello stesso anno, ricevette il titolo di Accademica dell’Accademia delle Scienze di Russia.

 5.SanPietroburgo_Portnova_OlgaSolovey.con testo

Via Zina Portnova

Zina Portnova era una partigiana, membro dell’organizzazione “Giovani vendicatori” e spia. Si racconta che lavorando in una mensa ai corsi di aggiornamento per ufficiali tedeschi, su indicazione dei suoi superiori, avvelenò il cibo facendo morire più di cento ufficiali. Durante l’inchiesta, al fine di dimostrare la sua estraneità ai fatti, non si rifiutò di assaggiare la zuppa avvelenata, ma per miracolo rimase viva. Aveva soli 17 anni, quando durante un interrogatorio della Gestapo, afferrò fulmineamente la pistola dell’ufficiale, uccidendo lui e altri due soldati tedeschi che erano nella stanza. Nel disperato tentativo di fuggire fu catturata e a seguito torturata e fucilata.

6.SanPietroburgo_OlgaSolovey_kosmodemjanskaja.con testo

Via Zoja Kosmodemjanskaja

La via è intitolata a Zoja Kosmodemjanskaja, partigiana, la prima donna decorata con la massima onorificenza sovietica: “Eroe dell’Unione Sovietica”. Giovanissima, si distinse nella lotta contro il fascismo. A soli 18 anni, durante un’operazione di controspionaggio nei dintorni di Mosca, tradita da un suo collega combattente, fu presa prigioniera e impiccata dopo essere stata torturata con particolare crudeltà.

7.SAN PIETROBURGO_Kollontaj_completa con tsto

 Via Kollontaj

La via è intitolata ad Aleksandra Kollontaj, una rivoluzionaria russa, la prima donna nella storia che abbia avuto l’incarico di ministro e ambasciatrice. Nel 1918 fu tra le organizzatrici del Primo Congresso delle donne lavoratrici russe dal quale nacque lo Żenotdel, organismo per la promozione della partecipazione delle donne alla vita pubblica, per le iniziative sociali e la lotta all’analfabetismo. Grazie anche alla sua iniziativa, le donne ottennero il diritto di voto e di essere elette, il diritto all’istruzione e a un salario eguale a quello degli uomini. Venne anche introdotto il divorzio e, nel 1920, il diritto all’aborto. Dal 1923 abbracciò la carriera diplomatica.

 8.SanPietroburgo_OlgaSolovey_Osipenko_con testo

Via Osipenko

La via è dedicata alla pilota Polina Osipenko, “Eroe dell’Unione Sovietica”. Batté cinque record mondiali di aviazione femminile. Nel 1938 pilotò l’aereo “Rodina” che fece un volo senza scalo Mosca – Estremo Oriente di 6450 km. In seguito divenne istruttrice di tecniche di pilotaggio per i piloti da caccia. Morì durante un’esercitazione di volo “cieco”. Le sue spoglie giacciono nel cimitero del Cremlino nella Piazza Rossa a Mosca.

9.SanPietroburgo_CorsoCaterina_OlgaSolovey_con testo

Corso Caterina (Prospettiva di Caterina)

La via è dedicata a Marta Helena Skowronska, più nota come Caterina I, imperatrice di Russia. Nacque in Lettonia da una famiglia di contadini. Sin da bambina non ricevette nessun tipo di istruzione. La sua vita cambiò allorché, al servizio del principe Menshikov, grande amico di Pietro I, ne divenne ben presto l’amante. Intorno al 1703 conobbe il re, il quale, si innamorò di lei e ne fece la sua donna. I loro rapporti divennero sempre più stretti grazie anche al carattere mite e allegro di lei. Pietro riconobbe i figli che nacquero dalla loro unione e nel 1712 la sposò. Pur non interessandosi alla politica, Caterina ebbe lo stesso una certa influenza sul marito. Nel 1724 fu incoronata Zarina. Con la morte di Pietro I divenne sovrana di Russia con il titolo di Imperatrice. In realtà il potere era in mano al principe Menshikov, suo ex amante e al Consiglio Privato, nato proprio per sopperire alle lacune dell’imperatrice.

10.SanPietroburgo_Gromova_OlgaSolovey con testo

Vicolo Gromova

Il vicolo è dedicato a Uliana Gromova, membro dell’organizzazione “Giovane Guardia”, decorata col titolo “Eroe dell’Unione Sovietica”. Si distinse attivamente nella resistenza attraverso la propaganda e la diffusione di volantini, la raccolta di medicine destinate alla resistenza e partecipando a numerose azioni di guerriglia atte a sabotare i piani degli occupanti. Arrestata dalla Gestapo si rifiutò di rivelare i nomi dei suoi compagni malgrado le indicibili violenze subite. Il suo corpo fu ritrovato in una miniera con gli evidenti segni delle atroci torture.