Rita Atria, testimone di giusizia

Fra le figure di donne Giuste segnalate dalle scuole nell’ambito della quarta edizione del concorso nazionale “Sulle vie della parità”, la più giovane delle venti selezionate dalla giuria è Rita Atria, appartenente alla categoria delle donne che si sono ribellate alla mafia, hanno lottato contro l’organizzazione e la mentalità mafiosa, hanno rischiato e spesso perso la vita, solo apparentemente sconfitte, in realtà vittoriose contro l’indifferenza, l’omertà e la paura.

Rita Atria, testimone di giustizia, è stata indicata da tre scuole diverse: l’IIS Vaccarini di Catania, l’ITE Bassi e il Liceo Vegio di Lodi; anch’essa è stata poi posizionata, il 10 marzo 2017, all’interno del Viale delle Giuste nella Libera Università di Alcatraz.

Foto 1. Il pannello dedicato a Rita Atria nella Libera Università di Alcatraz

Rita ha 17 anni quando la sua coscienza le impone di denunciare il sistema mafioso che soffoca il territorio di Agrigento, nella cui provincia (Partanna), era nata nel 1974. Aveva solo undici anni quando suo padre, Don Vito, un boss il cui compito consisteva nel mantenere “la pace” fra i vari clan locali, era stato ucciso in un agguato. Dopo sei anni era venuta la volta di suo fratello, Nicola, a cui Rita era molto legata. Dal fratello, “pesce piccolo”, che girava sempre armato e con una grossa moto, aveva appreso importanti informazioni relative agli affari criminali del paese: Rita scrive tutto ciò che sa e che le accade sul suo diario, col quale si sfoga e parla di una vita che non le piace. In quell’ambiente malavitoso, era stata allora sua cognata, Piera Aiello, ad aprire la strada della ribellione e a decidere di mettersi dalla parte della giustizia, denunciando alla polizia gli assassini che aveva visto con i suoi occhi. Grazie alle sue rivelazioni, vennero arrestati diversi mafiosi.

La scelta della denuncia comporta per Rita una terribile solitudine. In quel mondo è ritenuta un’infame, tutti l’abbandonano, anche sua madre, che le ripete: “Rita, non t’immischiare, non fare fesserie”. Quella figlia così poco allineata, per niente assoggettata, le procurava stizza e preoccupazione, non le perdonava di aver “tradito” l’onore della famiglia. L’abbandona anche il fidanzatino, Calogero, un giovane del suo paese, troppo spaventato per poter rimanere legato a chi vuole scontrarsi con i capi mafia. Ma lei non desiste.

Dopo l’incontro con il giudice Paolo Borsellino, che all’epoca era procuratore di Marsala, nel suo animo fiorisce la speranza che la giustizia possa fare il suo corso. Si fida di quell’uomo che diventa per lei come un padre. Gli rivela particolari che tra l’altro consentono di avviare un’indagine sul sindaco di Partanna, Vincenzino Culicchia, esponente della Democrazia Cristiana.

Rita Atria si trasferisce a Roma con la cognata, sotto protezione, ma quando nell’estate del 1992 apprende la notizia dell’assassinio di Paolo Borsellino, in preda alla disperazione si lancia nel vuoto dal settimo piano del palazzo di viale Amelia, in cui viveva in clandestinità, sotto falso nome. Dopo la sua morte viene considerata come una “fimmina dalla lingua longa e amica degli sbirri” e per questo al suo funerale non si presenta nessuno, nemmeno la madre, che l’aveva già ripudiata in vita, e che distruggerà, mesi dopo, a colpi di martello il marmo tombale e la fotografia della figlia. Per 20 anni la sua tomba è rimasta in stato di abbandono.

Foto 2. Intitolazione a Roma. Foto di Barbara Belotti

Le classi hanno riconosciuto in Rita una Giusta, una giovane donna libera, che ha la legge morale dentro di sé e la fa valere ovunque, contro uomini e donne che vogliono spegnere la dignità e la gioia di vivere liberi. È stata vista come un’eroina per la sua capacità di rinunciare a tutto, persino all’affetto della madre. Hanno scritto: “È dovere di tutti noi ricordare la figura di Rita, noi che viviamo in un Paese dove la mentalità omertosa la fa ancora da padrona.”

A lei sono stati dedicati tanti libri, spettacoli teatrali e film. A lei sono state dedicate tante vie e beni confiscati alla mafia, come per esempio il capannone di Calendasco, in provincia di Piacenza, inaugurato il 12 maggio 2018 alla presenza di Enza Rando per l’associazione Libera e don Luigi Ciotti, che di lei ricordò queste parole: «Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta».

Foto 3. Intitolazione a Pontefelcino (PG). Foto di Paola Spinelli




La ricerca delle “Giuste”. Anna Paolina Pazzaglia Spazio aperto a contributi esterni

Il viale delle Giuste, inaugurato nella Libera Università di Alcatraz, conta a oggi quaranta figure di donne degne di essere definite tali. I pannelli biografici esposti sono il risultato di una selezione operata dalla giuria nell’ambito del concorso nazionale “Sulle vie della parità.  Centinaia di altre proposte hanno raggiunto il tavolo delle giurate: si tratta soprattutto di personaggi poco noti, segno di una grande ricchezza di vite esemplari femminili nascoste nelle pieghe della storia. In questo spazio vorremmo far uscire dall’ombra quei nomi meritevoli e sconosciuti e raccogliere nel contempo, nuove segnalazioni di donne che hanno combattuto contro ingiustizie, soprusi, criminalità o discriminazioni.

Invitiamo pertanto lettrici e lettori a inviare contributi e profili via mail, scrivendo all’indirizzo baldo.d@impagine.it

Esordiamo oggi con la sintesi della proposta pervenuta dalla classe prima del Liceo Maffeo Vegio di Lodi, guidata dai docenti Laura Coci e Ivano Mariconti.

La biografia, inviata al concorso, è già presente nel viale perugino (foto di copertina).

Anna Paolina Passaglia, nata a Gragnano Trebbiense (Piacenza) l’11 aprile 1902 si avvia in giovanissima età alla professione di sarta. Nel 1920 sposa Giovanni Lanzani e si trasferisce a San Colombano al Lambro, nella casa di famiglia del marito, dove mette al mondo quattro figli.

Anna non frequenta la chiesa e non nasconde le sue opinioni socialiste, maturate grazie al confronto con il padre, e pertanto è isolata e malvista in paese.

Nel 1932 Giovanni viene investito da un’automobile guidata da un fascista e muore; l’antifascismo di Anna è rafforzato dall’impunità di cui gode l’uccisore del marito.

Il regime non le rilascia né la tessera alimentare né il materiale scolastico per i figli, uno dei quali, Mario, diventa partigiano dopo l’8 settembre 1943.

Anna entra in contatto con il partito comunista clandestino: procura armi e viveri ai resistenti del territorio e ne accompagna alcuni in montagna, dove andranno a costituire la 167a Brigata Garibaldi. Le viene affidato il delicato compito di ufficiale di collegamento.

Nel 1944 è arrestata e condotta nel carcere di Lodi, dal quale riesce a fuggire. Torna a San Colombano per trasferire i figli in un luogo sicuro e continuare la lotta fino alla Liberazione. Dopo la guerra fonda la sezione ANPI del territorio e si dedica ad aiutare le persone in difficoltà. Muore a San Colombano, il 19 settembre 1998.

La generosità e il coraggio di Anna sono ancor oggi ricordati nelle sue terre, dove le è stata dedicata la sezione locale dell’ANPI.

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Il viale delle Giuste

È un progetto che nasce nel Parco della Libera Università di Alcatraz (Gubbio) durante un’esperienza di Alternanza Scuola Lavoro, nel marzo 2016.

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Dopo aver conosciuto il villaggio gestito da Jacopo Fo, individuato come sede del quinto Convegno nazionale dell’associazione Toponomastica femminile nel settembre 2015, ci era sembrato interessante pensare a un’attività che permettesse di continuare il nostro cammino di toponomaste con la Libera Università di Alcatraz. Così era nata l’idea di portar lì una classe, affinché imparasse la conduzione e l’organizzazione di un villaggio turistico-culturale quale quello di Alcatraz, con una progettualità che avrebbe implicato tematiche inerenti la Toponomastica femminile.

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Utilizzando la tecnica del brain storming, stimolata a illustrare le proprie idee, a scatenare la fantasia, una classe terza del Liceo Maffeo Vegio di Lodi, alla fine del percorso ha individuato un progetto che è stato chiamato “Viale delle giuste“, con l’intento di ricordare le numerose donne che hanno ben agito per la collettività, figure di donne non più viventi e preferibilmente non ancora riconosciute come Giuste in uno dei tanti giardini dedicati, a partire dal Giardino dei Giusti di Gerusalemme.

Per “Giuste” s’intendono donne laiche che in ogni tempo e in ogni luogo si sono distinte, anche a rischio della propria vita, sia per le loro attività volte alla salvezza di singole persone oggetto di persecuzione e di discriminazione, sia per la loro lotta e denuncia dei soprusi e delle ingiustizie, in difesa di un ideale superiore di dignità e umanità.

Il progetto “Viale delle giuste“ è diventato, poi, una sezione del concorso nazionale “Sulle vie della parità”, indetto da Toponomastica femminile e FNISM, invitando scuole di tutta Italia a ricercare e riflettere su figure femminili che in società hanno denunciato e combattuto ingiustizie o discriminazioni, sia nel passato sia nell’attualità, sia in Italia sia nel mondo.

Nel marzo 2017 il Viale delle Giuste, dedicato a Franca Rame, si è concretizzato nella tenuta della Libera Università di Alcatraz, in un percorso di circa tre chilometri, lungo il quale sono state esposte le biografie delle prime venti donne meritevoli del titolo di Giuste, selezionate dalla giuria del concorso fra centinaia di nomi mandati dalle scuole, inizialmente rappresentate con totem lignei, che poi verranno sostituiti da opere d’arte in materiali non deperibili.

Nel frattempo le biografie, appositamente stampate, sono divenute una mostra itinerante per scuole e biblioteche. (FOTO_04)

Quest’anno, domenica 11 marzo 2018, ad Alcatraz si completerà il Viale, con il ricordare altre venti donne Giuste e verranno istallate le prime tre opere d’arte, che andranno a sostituire i totem.

Obiettivo è però continuare la ricerca di donne Giuste da far uscire dall’ombra e ricordare come esempio, per le nuove generazioni: l’impegno è realizzare nei paesi, nelle città, nelle scuole… tanti Viali delle Giuste, sino a ricordarne cento, mille… di donne che hanno lottato per rendere questo mondo migliore!