Taranto – Per un chilo d’acciaio

“Ieri abbiamo spazzato a terra: manco Gesù Cristo sa quanto minerale abbiamo trovato!”. Questo enunciato, nella sua versione in dialetto tarantino, ha fatto il giro su WhatsApp e Facebook anche sotto forma di brano musicale ritmato e martellante. E a Taranto la musica è la stessa da mezzo secolo nella convinzione che il cambiamento della realtà del Sud d’Italia debba passare dall’industria pesante e non piuttosto dalla pensata valorizzazione del verde-azzurro paesaggio e della cultura, che ha pure nella Magna Grecia e prima ancora negli insediamenti paleolitici il suo punto di forza e di sorprendente bellezza. Invece, grande il doppio rispetto alla città dei due mari fondata da Sparta, con la sua agognata prosperità del posto fisso nelle campagne ricche di ulivi e masserie si è insediato un mostro, affamato di vita e di esistenze, frutto di «un processo barbarico d’industrializzazione. Un’impresa industriale a partecipazione statale, con un investimento di quasi 2000 miliardi, non ha ancora pensato alle elementari opere di difesa contro l’inquinamento e non ha nemmeno piantato un albero a difesa dei poveri abitanti dei quartieri popolari sotto vento»come scriveva già nel 1971 A. Cederna sul Corriere della Sera.

E per l’ennesima volta chi scrive, per esempio, sono i “Genitori tarantini” che dopo gli ultimi sconvolgenti “wind day”[1] si sono rivolti a Calenda chiedendogli se si sia mai chiesto quanto, in verità, costi un chilo d’acciaio. “ … Quanto costa in spese sanitarie? Quanto in casi di infertilità? Quanto in bambini nati già malati? ..” E gli chiedono di fare questi calcoli consultando la Costituzione soprattutto ora che, subentrato dopo i Riva il colosso Arcelor Mittal, anche l’UE ha aperto un’indagine Antitrust sull’acquisizione grazie a una delle tante denunce di Peacelink. E ancora a Pasqua, in risposta ai suoi tweet nei quali afferma che Taranto potrebbe diventare una seconda Bagnoli, tra le altre cose fanno presente che altrove in Italia gli operai sono stati impiegati per le bonifiche e non sono diventati migliaia di esuberi.

Un mio caro amico mi disse che quando era piccolo credeva che l’Italsider (allora si chiamava così) fosse la fabbrica delle nuvole: ora in Mississippi la NASA con il suo Artificial Clouds Generation System è davvero in grado di produrne e di far piovere poco dopo, però con chissà quali ripercussioni sull’atmosfera. Tra nuvole di fumo e nuvole artificiali, la Germania con la riconversione della Ruhr ci può solo essere di ispirazione: in dieci anni le strutture sono diventate musei, ristoranti, teatri o siti di archeologia industriale, molti operai sono diventati guide per i tantissimi turisti che, quanto a numero, sono quasi quanti quelli che visitano Pompei, e … il ritrovato verde brillante del paesaggio risplende con l’azzurro del cielo, nuvoloso, sì, ma a seconda delle condizioni meteorologiche.

 

[1] Giorni di vento nei quali l’Amministrazione comunale consiglia alla cittadinanza di non aprire le finestre e di rimanere in casa poiché nell’aria volano le polveri e i minerali depositati nei parchi minerari che non hanno mai avuto una copertura; le scuole restano chiuse.




ITALIA – Strasburgo processa l’Italia. Primo rinvio dell’udienza Ilva

La Corte europea dei Diritti dell’uomo accusa lo Stato italiano di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini. Primo rinvio,invece, per il dibattimento in Corte d’Assise. Prossima udienza il 14 giugno. Sono 44, tra persone fisiche e società, gli imputati alla sbarra nel processo per disastro ambientale. Molti gli «eccellenti».

Il processo sul presunto disastro ambientale prodotto dall’Ilva di Taranto subisce il primo rinvio. Per un difetto di notifica evidenziato dall’avvocato di un funzionario dell’azienda, la Corte d’Assise di Taranto presieduta dal giudice Michele Petrangelo, dopo una camera di consiglio durata tre ore, ha aggiornato il dibattimento al prossimo 14 giugno. A dire il vero il processo nei giorni scorsi ha rischiato un altro stop, a fronte della ricusazione del giudice Petrangelo da parte di uno degli imputati, l’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva. Il cui avvocato aveva posto eccezione di legittimità, in quanto Petrangelo e il giudice a latere Fulvia Misserini avevano fatto parte in passato del collegio del Riesame che in due momenti diversi, aveva respinto i ricorsi presentato dallo stesso contro il suo arresto avvenuto il 26 novembre del 2012.

Lo scorso dicembre il processo sull’Ilva, iniziato il 20 ottobre, dopo due udienze tornò all’udienza preliminare, in quanto la Procura aveva sollevato eccezione di nullità per un errore procedurale. Ovvero la mancata indicazione nel verbale del difensore d’ufficio per dieci imputati sprovvisto in quella occasione del legale di fiducia. Dopo il nuovo rinvio a giudizio di tutti gli imputati deciso lo scorso 29 febbraio, ieri è iniziato il nuovo dibattimento nell’aula «Enrico Alessandrini» del tribunale di Taranto.

Sono 44 tra persone fisiche e società gli imputati di quello che viene definito il più grande ed importante processo per disastro ambientale in Italia e in Europa. Tra gli imputati eccellenti ci sono i fratelli Fabio e Nicola Riva, l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, l’ex presidente della Provincia Gianni Florido, l’ex responsabile dei rapporti istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, gli ex direttori di stabilimento Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo, l’ex direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato, e il deputato di Sel (ex assessore regionale) Nicola Fratoianni. L’elenco delle contestazioni comprende, tra gli altri, i reati di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento delle acque o di sostanze alimentari, concussione aggravata, corruzione in atti giudiziari, getto pericoloso di cose, omissione di atti di ufficio, omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e due omicidi colposi.

In aula era presente anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Il governatore ha dichiarato di aspettarsi che il processo faccia giustizia e soprattutto sveli la verità sulle vicende Ilva. Durante l’udienza si è affacciato anche l’ex storico procuratore di Taranto, Franco Sebastio, che ha guidato il pool che ha condotto l’inchiesta. L’aula non è riuscita a contenere tutte le parti processuali e il pubblico, davanti alla Corte d’Assise. Anche oggi alcune decine di nuove costituzioni di parti civili (oltre mille quelle già accettate), tra cui quella dell’Asl di Taranto, sono state presentate: contro le quali l’avv. Annicchiarico, difensore di Nicola Riva, ha presentato eccezione di nullità perché si tratta di richieste di costituzione in giudizio non presenti nell’atto di citazione del nuovo processo. L’unico imputato presente in aula è stato l’avv. Francesco Perli, uno dei legali della famiglia Riva ai tempi della gestione dell’Ilva.

E proprio nella giornata di ieri, è arrivata da Strasburgo la notizia che lo Stato italiano è formalmente sotto processo di fronte alla Corte europea dei diritti umani, con l’accusa di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni del siderurgico tarantino. La Corte ha infatti ritenuto sufficientemente solide, in via preliminare, le prove presentate, e ha così aperto il procedimento contro l’Italia. A rivolgersi a Strasburgo sono stati, nel 2013 e nel 2015, 182 cittadini che vivono a Taranto e nei comuni vicini. Il primo gruppo di 52 persone, ha presentato ricorso attraverso il comitato cittadino Legamjonici, mentre il secondo di 130 è capeggiato dall’attuale consigliere comunale di Taranto, Lina Ambrogi Melle, dei Verdi.