KIEV – Petro Poroshenko sotto attacco. Si aggrava il bilancio: 1 morto e 141 feriti

Si aggrava il bilancio degli scontri  fra le forze dell’ordine e militanti di estrema destra, di fronte al Parlamento dopo l’adozione di una riforma che conferisce maggiore autonomia alle regioni separatiste dell’est del paese. Oggi, riferisce il ministro dell’Interno Arsen Avakov su Twitter, un poliziotto è morto in ospedale: il soldato Dmitri Slastikov. Olga Bogomolets, deputata e consigliera del presidente Petro Poroshenko, scrive poi su Facebook che anche un ragazzo del 1995 è deceduto a causa delle ferite. Sono quindi tre le vittime delle proteste dopo che ieri aveva perso la vita un membro 25enne della guardia nazionale ucraina.

Intanto la polizia ha informato che “in totale 141 feriti sono ancora ricoverati nei diversi ospedali di Kiev fra cui 131 poliziotti di cui 9 in gravi condizioni”. Ieri il sindaco di Kiev Vitali Klitschko aveva parlato di tre agenti uccisi, ma fino ad oggi non c’erano state conferme ufficiali. La situazione di fronte al Parlamento era degenerata dopo il lancio verso le forze di sicurezza  una granata. Il Partito Radicale di Oleh Ljasko è pronto a lasciarla. Lo ha detto il leader, Lyashko, ai giornalisti spiegando che la formazione sarà all’opposizione di governo e presidente. “Non vediamo la possibilità di rimanere nella coalizione”, ha detto Lyashko. Poco dopo sono intervenute le dimissioni del vice primo ministro e membro del Partito, Valeriy Voschevsky. “Abbandonare la coalizione è una decisione comune del Partito radicale, presa all’unanimità. Tutti abbiamo condiviso questa decisione e di conseguenza il Parito radicale non può essere rappresentato nel governo. Personalmente – ha detto Voschevsky – questo significa che mi dimetto”.
Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha avvertito dei pericoli di “flirtare” con gli estremisti. “Stavo guardando ieri quello che accadendo a Kiev. Responsabili degli scontri, secondo il ministro degli Interni dell’Ucraina, sono gli estremisti di Svoboda. Di conseguenza, non si può flirtare con gli estremisti” ha aggiunto il capo della diplomazia russa. I violenti scontri fuori dal Parlamento dell’Ucraina sono stati condannati dalla Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Petro Poroshenko è sotto attacco da due direttrici. Da un lato, la destra parlamentare, a cavallo tra il Partito radicale del nazionalista Oleg Lyashko, che dalle posizioni governative si è progressivamente distanziato sino ad opporsi alla legge sul decentramento e i vari gruppi minori raccolti intorno a figure di spicco come Dmitri Yarosh, deputato, consigliere speciale del Ministero della Difesa, ma soprattutto leader dei paramilitari di Pravi Sektor. Dall’altro, la destra extraparlamentare, riunita intorno ai movimenti estremisti, dallo stesso Settore di destra a Sbovoda, partito alla cui testa c’è sempre Oleg Tiahnybok, salito alla ribalta al tempo di Euromaidan per i toni antirussi che trascinarono la piazza più degli altri due esponenti dell’allora troika d’opposizione, Arseni Yatseniuk e Vitaly Klitschko.

Dentro e fuori il parlamento, Poroshenko è accusato di aver chinato la testa sia davanti alla Russia che all’Occidente. Per la destra nazionalista gli accordi di Minsk e la legge sul decentramento, che prevede maggiore autonomia per le regioni e una regolamentazione speciale per il Donbass, sono concessioni inaccettabili. Se i morti di questa settimana di fronte alla Rada hanno segnato il fondo della spaccatura tra presidente e gli scomodi alleati che sono stati il motore della rivoluzione e di fatto gli hanno aperto la strada per l’arrivo al palazzo della Bankova, negli ultimi mesi sono stati diversi gli episodi che hanno evidenziato come la destra radicale, benché numericamente poco significante e frammentata, sia fuori controllo. L’omicidio del giornalista Oles Busina a Kiev e gli scontri tra i miliziani di Pravi Sektor e la polizia in Transcarpazia sono solo due esempi di come la questione non sia solo legata a precisi punti politici come il decentramento regionale o le prossime elezioni amministrative che si terranno a ottobre.




UCRAINA – Quarantotto ore di combattimenti prima della tregua di sabato prossimo

KIEV – Sul fronte di guerra tra esercito ucraino e miliziani filorussi, nel Dombass, si sta avverando la previsione di Vladimir Putin: “È evidente che da qui a sabato  i combattenti cercheranno di guadagnare posizioni”. Perché la tregua prevede una ritirata delle armi pesanti di 50 chilometri dal fronte. Ma se il fronte si sposta, cambia anche il peso della tregua.

Così ora si combatte più duramente che nei giorni scorsi. Decine le vittime nelle ultime 24 ore, da una parte e dall’altra. Sullo sfondo le consuete accuse reciproche.

Per il portavoce di Kiev, i separatisti hanno ucciso 8 militari ucraini e feriti altri 34. Per le autorità del Donbass invece sono i militari ad aver ucciso 4 civili, compreso un bimbo di nemmeno due anni e due ragazzine di 7 e 14 anni.

Ma Eduard Basurin, portavoce del ministero della Difesa dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, ha affermato che Kiev nei combattimenti ha perso 42 uomini. Non è chiaro se le vittime di cui parlano Kiev (8 morti) e il Donbass (42 morti) siano per episodi diversi o sia un diverso bilancio dello stesso scontro.

Le notizie di rinnovati colpi di artiglieria arrivano da diverse fonti mediatiche sul terreno: nella notte ci sono stati bombardamenti a Lugansk, riferisce la bbc, e stamattina lo stesso scenario si è riproposto a Donetsk, riportano i corrispondenti sia della tv inglese che di Ria Novosti. “Il nemico ha bombardato posizioni delle forze dell’operazione antiterroristica con la stessa intensità di prima”, ha riferito il portavoce militare di Kiev, Vladyslav Seleznyov, aggiungendo che i combattimenti sono stati particolarmente pesanti nella zona del nodo ferroviario di Debaltsevo, dove separatisti hanno usato razzi e artiglieria.

Ora Mosca dice che la Russia era pronta ad appoggiare un cessate il fuoco immediato, ma che non è stato ritenuto fattibile dai ribelli filorussi dare vita a una tregua duratura. La diplomazia comunque non si ferma, almeno a parole e nei contatti. Il Cremlino ha fatto sapere che i leader di Ucraina, Russia, Germania e Francia che hanno negoziato il cessate il fuoco di Minsk sono in contatto.

E Putin ha dato incarico a degli esperti militari russi di analizzare la situazione nella zona di Debaltseve, lo strategico snodo ferroviario nel sud-est ucraino dove i ribelli sostengono di aver circondato migliaia di militari ucraini e ne chiedono la resa. Ma le autorità di Kiev negano la resa e non vogliono cedere quella fetta di territorio. La questione di Debaltseve è considerata critica per la messa in atto dei nuovi accordi di Minsk.




UCRAINA – Il Parlamento con 303 voti favorevoli rinuncia allo status di “paese non allineato” e si avvicina alla NATO

L’Ucraina di Poroshenko si allontana da Mosca e aumenta le speculazioni circa un suo ipotetico ingresso nella Nato. Il Parlamento ucraino ha approvato  una legge promossa dal presidente con la quale rinuncia allo status di “paese non allineato” (ne fanno parte 120 nazioni nel mondo, tra cui Iran, Iraq, Cuba e Cina). Il documento approvato dall’assemblea è passato facilmente, con 303 voti favorevoli, 77 in più del minimo richiesto. Formalmente, si tratta del primo passo per richiedere formalmente l’ingresso nel Trattato atlantico, dopo le dichiarazioni rilasciate dal governo lo scorso agosto in cui si auspicava un ingresso nella Nato in funzione anti russa.

La decisione del parlamento è destinata ad alimentare ulteriormente la tensione con la Russia e il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, l’ha definita una scelta “controproducente” che non farà che “aggravare la situazione”. Il Cremlino è sempre più preoccupato da quello che considera un atto ostile dopo la firma del “patto di associazione con l’Unione europea, anticamera della piena adesione all’Ue che ha di fatto innescato la crisi tra Mosca e Kiev.

La Nato ha accolto con prudenza la decisione dell’Ucraina di rinunciare al suo status di paese non allineato: “Le nostre porte sono aperte e l’Ucraina diventerà membro della Nato se lo richiederà e se dimostrerà di essere in grado di rispettare gli standard e i principi necessari per aderire”, ha riferito un portavoce di Bruxelles, ricordando che il processo potrebbe comunque richiedere anni.