Leo Lionni

«Due cinque e un dieci – una piccola simmetria all’interno dell’infinità di numeri. Due cinque: le mie mani. Dieci: le mie dita. Avrei fatto cose.»

Con queste parole, Leo Lionni apre la sua autobiografia, un viaggio tra i ricordi di una vita lunga e piena, dislocata in luoghi e campi d’azione diversi. Il titolo stesso, Tra i miei mondi, ne è testimonianza: nato in Olanda nel 1910, vivrà in Belgio, Italia, Stati Uniti e di nuovo in Italia, dove morirà nel 1999, senza contare i numerosi viaggi in giro per il mondo, che fossero per studio, lavoro o per la sua rinomata curiosità.

Fin da giovane si avvicina all’arte in ogni sua forma, dalla pittura alla scultura, dal design alla grafica pubblicitaria, fino al libro per l’infanzia. Così sperimenta l’unione di immagini e parole, la potenza comunicativa che il linguaggio visivo può avere attraverso significati suggeriti da quello verbale.

I suoi libri, infatti, propongono storie apparentemente di poco conto, ma che celano temi fondamentali per la crescita, concludendosi con un’importante presa di coscienza da parte dei personaggi e dei piccoli lettori.

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C’è Pezzettino, che cerca qualcosa di cui pensa di essere il pezzo mancante, per poi scoprire di essere sé stesso, fatto di tante parti.

Il topolino Federico (in copertina), che raccoglie i raggi del sole, le parole e i colori dell’estate, provviste speciali per allietare le grigie serate invernali.

Le lettere di un Albero Alfabeto, che si uniscono insieme scoprendo la forza delle parole per dire qualcosa di importante.

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E poi Piccolo blu e piccolo giallo, il suo primo e forse più noto libro. Si parla di un lavoro piuttosto radicale, definito talvolta anti-libro, che ha stravolto il modo di fare letteratura per l’infanzia, sia per la potenza del messaggio (di amicizia, ricchezza della diversità, evoluzione attraverso l’altro) sia per il modo in cui viene trasmesso. L’autore gioca con le posizioni delle due macchioline protagoniste per suggerire la narrazione e gli stati d’animo: immagine e parola diventano l’una indispensabile all’altra, capaci insieme di fornire a chi legge e osserva le tensioni e le suggestioni narrative, affettive, morali che permettono di accogliere in sé la storia e modificare le proprie certezze.

L’opera di Lionni apre a nuovi mondi possibili che parlano a bambine e bambini mai da una prospettiva infantile, ma come un adulta/o che dà l’esempio, per agire e vedere in modo differente. Essa, però, si rivolge anche a lettori e lettrici mature, colpendole come una rivelazione. Il valore della pace, dell’amicizia, della diversità, della solidarietà, del fare del bene, della poesia e della meraviglia sono messaggi di un’intensità etica disarmante, trasmessi con una leggerezza profonda in cui Lionni è maestro. Un lavoro estremamente concettuale, una celebrazione dell’umanità, un inno alla gioia che tornano a essere fondamentali, ancora di più oggi, e arrivano ai “grandi” come un appello: cercare di essere tali, per davvero e sempre, e insieme coltivare e abbracciare quella preziosa diversità, diventando (come una macchia blu che abbraccia una gialla) un po’ verdi.

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ITALIA – A Venezia il sindaco Brugnaro redige l’indice dei libri proibiti. L’Aie protesta

Vietare la lettura dei libri, mettendone una lista all’indice è la pratica ricorrente di chi vuole demolire la democrazia, è il gesto  oscurantista di ogni epoca: dai parabolani di Alessandria all’Inquisizione, fino ai roghi hitleriani.

La lista del neo sindaco di Venezia – imprenditore “renziano” eletto dalla Lega e dalla destra – non è meno penosa di altre che l’hanno preceduta. L’intenzione è infatti di impedire che una serie di favole per l’infanzia arrivino ai destinatari. Ben 49 libri sono stati considerati – da qualche oscuro funzionario ignorante e bigotto – “pericolosi” per l’integrità psicofisica dei bambini. Capolavori del genere, come “Piccolo blu e piccolo giallo” di Leo Lionni, oppure “Piccolo uovo” di Altan; ma anche testi sull’adozione, su genitori in seconde nozze, o sul bullismo a scuola (come “Il segreto di Lu”).

Difficile rintracciare un filo logico razionale, facile scovare l’integralista sotto il moralizzatore. L’intenzione dichiarata è quella di contrastare la diffusione della cosiddetta “cultura gender”, qualunque cosa possa significare questa espressione nella testa degli stilatori di liste proibite. In teoria, comunque, vorrebbero contrastare la “diffusione dell’omosessualità” (come se fosse un “virus culturale”). Ma visto che c’erano, hanno infilato dentro anche altri temi (adozione, secondo matrimonio, antibullismo, ecc).

Così facendo è venuta fuori la costellazione ideologica – decisamente catto-fascista, in patente contrapposizione persino con i discorsi del papa attuale – che sovrintende a questa lista. Concretizzata nella circolare a scuole materne ed elementari che esorta a eliminare dalle biblioteche quei 49 “testi del demonio”.

Scattano le polemiche, come si dice in questi casi, e il neosindaco si spaventa, ma non fa marcia indietro. Fa sapere infatti che medita di “smagrire” la lista, non di eliminarla.

Decisa e costante la reazione di genitori, insegnanti, editori, che hanno dato vita a petizioni (indirizzate al pessimo ministro Giannini, che pensa solo ad aziendalizzare la scuola), iniziative pubbliche di lettura dei libri proibiti, trasformando così la lista in “consigli alla lettura”.

“Ritirare libri da una scuola, qualsiasi libro da qualsiasi scuola, è sempre inaccettabile, nella sostanza e simbolicamente”. commenta  il presidente dell’Associazione Italiana Editori (AIE) Marco Polillo. “Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, ha scelto l’occasione più sbagliata per confermare la sua decisione, già annunciata in campagna elettorale, di ritirare alcuni libri per bambini dalle scuole comunali dell’infanzia – ha proseguito -. Lo ha fatto durante la commemorazione dei 500 anni dalla morte di Aldo Manuzio, un grande editore e umanista che operava in quella che allora era la capitale mondiale del libro, Venezia. Poteva ricordare come il primato dipendesse soprattutto dal fatto che Venezia era la città più aperta della sua epoca. Perché il lavoro dell’editore ha questo di straordinario: è sì un mestiere industriale – e spesso difficile – ma tratta una materia prima preziosissima, la libertà di espressione. Per questo il gesto di ritirare libri da una scuola, qualsiasi libro da qualsiasi scuola, è sempre inaccettabile, nella sostanza e simbolicamente”.

“Aggiungo – ha concluso Polillo – che non conta nemmeno la qualità dei libri ritirati. Non è mai compito delle autorità politiche locali o nazionali discutere dei contenuti dei libri presenti nelle scuole. Non lo è nemmeno di un’associazione di editori. In questa occasione si parla di una cinquantina di titoli, di altrettanti autori e di una ventina di editori: nel piccolo una rappresentazione di pluralità messa a disposizione degli educatori, gli unici titolati a giudicarne i contenuti e la loro utilità nel contesto di crescita dei bambini. Il compito di un sindaco, secondo noi, è semplice ed è un altro: lavorare perché abbiano una biblioteca a disposizione ancor più ricca e variegata e non interferire oltre”.