Marco Pannella, il leader che fece dimenticare la lotta di classe
In migliaia si sono messi in fila per l’ultimo saluto a Marco Pannella, il leader radicale morto ieri dopo una lunga lotta con due tumori. Alla Camera dei deputati è stata aperta la Camera ardente e stasera è prevista una veglia alla sede del Partito Radicale a Largo di Torre Argentina. Il funerale laico si terrà a Piazza Navona, sede di molte battaglie radicali. La cerimonia funebre domenica a Teramo. Per poter inviare una corona di fiori i detenuti del carcere della Dozza di Bologna si sono autotassati e hanno anche indetto per domani un simbolico sciopero della fame per ricordarlo. Le alte cariche dello Stato ma anche la comunità ebraica e quella africana e ancora l’ex pornostar arrivata in Parlamento proprio con i Radicali, Cicciolina.
La salma è stata collocata nella sala Aldo Moro di Montecitorio e salutata, senza soluzione di continuità, da una schiera di politici, militanti radicali, ex esponenti del partito. Ad accogliere gli ospiti, accanto alla bara, c’è un’Emma Bonino silente che, a chi l’abbraccia, accenna un educato sorriso. Anche Rita Bernardini, Sergio D’Elia, il segretario dei Radicali italiani Riccardo Magi e Francesco Rutelli sono nella sala Aldo Moro sin dall’apertura della camera ardente e accanto alla salma di Pannella c’è una Laura Harth che non riesce a trattenere le lacrime per la morte del leader che ha assistito fino agli ultimi istanti della sua vita. Enormi corone di fiori addobbano la sala: quelle della presidenza del Senato e della Camera, quella della Presidenza del Consiglio dei Ministri e quella della Regione Lazio. Alle spalle della salma lo stendardo della Regione Lazio e la corona di fiori della Presidenza della Repubblica, ‘sorvegliata’ da due corazzieri. Nella sala, tra i tanti arrivati, anche Achille Occhetto e diversi ex militanti radicali: da Elio Vito fino a Daniele Capezzone.
Muore, a 86 anni, il protagonista delle mille battaglie dell’Italia del Novecento, il simbolo della lotta non violenta per i diritti civili e politici: l’Italia dice addio a Marco Pannella. Lo storico leader Radicale era malato da tempo e, dopo aver trascorso le ultime settimane nella sua casa di via della Panetteria, mercoledì pomeriggio ha subito un ultimo, fatale, peggioramento. E’ stato ricoverato nella clinica Nostra Signora della Mercede e lì, giovedì 19 maggio, poco prima delle 14, si è spento mentre lo assistevano i ‘vecchi compagni’ di un tempo.
E’ stata un’agonia lunga, quella di Pannella, costretto negli ultimi mesi a saltare le sue quotidiane tappe in via Torre Argentina e a restare in casa dove, con il passare dei giorni, si susseguivano le visite di politici di ieri e di oggi, di cantanti, uomini di cultura, vecchi amici. Aveva un tumore al fegato e uno ai polmoni ma, nonostante il graduale peggioramento della malattia, Pannella non ha mai perso la sua verve. “Ha resistito in questi tre mesi soffrendo ma anche regalando agli altri e a sé stesso momenti di gioia. Scherzava dicendo che ‘l’erba cattiva non muore mai’ ed era comunque attaccato alla radio. E si incazzava pure”, è il racconto di Rita Bernardini che, con Sergio D’Elia, Elisabetta Zamparutti, Alessandro Capriccioli, Matteo Angioli e Laura Harth, ha vegliato sugli ultimi momenti di vita del leader Radicale.
Pannella, al loro arrivo, dormiva. Era infatti sedato e era stato proprio lui a chiederlo dicendo ‘aiutatemi’, racconta Bernardini ribadendo come il ‘vecchio leone’ abbia lottato fino all’ultimo. E, osserva commossa, “ora fa impressione non vederlo più reagire, o parlare”. Nella clinica di via Tagliamento è stato un continuo viavai di amici e politici. La commozione è stata forte, la sensazione è che, per dirla come Giuliana Graziani, militante radicale di lungo corso, con la morte di Pannella “si è chiusa un’epoca”.
Arrivano il segretario Radicale Riccardo Magi e Mina Welby, Bobo Craxi e Fausto Bertinotti e non manca di porgere il suo saluto l’ex presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, che ricorda il legame fortissimo tra Pannella e il mondo ebraico. Tutti gli altri avranno modo di salutare Pannella alla camera ardente allestita a Montecitorio dalle 15. Mentre nella notte tra venerdì e sabato una lunga veglia al partito segnerà la vigilia dell’ultimo saluto allo storico leader: sabato tra la gente a Piazza Navona, la “piazza di tante battaglie”.
Poi la salma di Pannella sarà portata nella sua città natale, Teramo, e lì sarà sepolto. E di Pannella resterà l’immensa eredità delle battaglie messe in piazza: da quella per il divorzio a quella per la legalizzazione delle droghe leggere, da quella per il miglioramento delle condizioni dei detenuti a quella contro la fame del mondo. Manifestazioni, provocazioni, scioperi della fame, infiniti monologhi via radio hanno segnato la vita politica di un leader che, tra l’altro, fu il primo a indicare Oscar Luigi Scalfaro come il più adatto alla presidenza della Repubblica, salvo poi pentirsene.
“Un leone della libertà”, è l’omaggio del premier Matteo Renzi, che quasi interrompe la conferenza stampa con il suo omologo olandese per rendere omaggio a Panella. “Un protagonista mai legato al potere, che è riuscito a cambiare il Paese da minoranza”, ricorda il presidente della Repubblica Sergio Mattarella quasi sfiorando il rammarico ch serpeggia tra i compagni più vicini al leader radicale: quello di non aver avuto mai incarichi di governo e, alla fine, di non essere neppure stato nominato senatore a vita.
“Pannella mancherà a tutti, persino ai suoi avversari, è molto amato ma poco riconosciuto nei suoi meriti in questo paese che tanto gli deve”, è il graffio dell’amica di una vita di Marco, Emma Bonino.
Alfiere dei diritti individuali e inventore della disobbedienza civile, Pannella è stato capace di attirare tra i radicali i giovani contestatori degli anni Settanta e poi, vent’anni dopo, di allearsi con Berlusconi. Ma nessuno direbbe che è stato un voltagabbana. Per lui l’importante era far vincere le sue idee. Certo non è stato un politico convenzionale: farsi arrestare per aver fumato uno spinello in pubblico (successe nel 1975) non è da tutti, ma da tutti, ed è riuscito a farlo anche lui, è far dimenticare ai leader di sinistra che il partito comunista è sorto principalmente per difendere i diritti dei lavoratori non per cavalcare le battaglie dei liberali.