ITALIA – Leggi Ue sulla salute: on line c’è chi le trasgredisce. La chiamano satira!

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E siamo stufi anche delle emerite sciocchezze del Giomale ( http://www.ilgiomale.it/wordpress/ ), che dopo Esami di Stato, Marò e pena di morte, ne inventa una grossa sulla legalizzazione della cannabis in Italia:

“La Legalizzazione in Italia è ormai una certezza, dopo la legge firmata alla Camera da ben 218 parlamentari Italiani, la legalizzazione della Cannabis sarà presto una realtà con cui ognuno di noi dovrà convivere.
Oltre a combattere lo spaccio e la criminalità organizzata, con la legalizzazione apriremo le porte ad un Business di Milioni di euro, sia per le grandi Lobby del Tabacco, sia per le casse dello stato.

La prima a muoversi è stata la Marlboro, che ha già realizzato le sigarette alla Marjuana, considerate dei veri e propri spinelli commerciali, già pronti all’uso, che verranno lanciati in Italia subito dopo l’effettiva Legalizzazione”.

Non tralasciando di raccogliere interventi di fantomatiche associazioni:

“l’Associazione Genitori Cattolici di Roma, che oggi è scesa a manifestare contro la legalizzazione e la commercializzazione degli Spinelli.
Fabio Renato, Co-Fondatore dell’associazione ha dichiarato: “Ogni giorno lottiamo contro le etichette sociali per impedire che i nostri figli comincino a fumare sigarette, e ahimè non sempre riusciamo a impedirlo, cosa dovremo fare se gli spinelli saranno pubblicizzati e disponibili in ogni angolo della città? E’ un errore madornale, questo è solo frutto della tentazione di Satana.”

E pubblicando un’immagine fuori legge, che non riporta nemmeno il messaggio per la tutela della salute dei cittadini.

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Nessuno sembra essersene accorto: il sito è ancora on line e va alla grande. Ricordiamo ai redattori del “magazine satirico”, come lo definiscono, anche se a Noi questa tutto sembra tranne che satira, quanto accaduto e stabilito nel 2000:

“Il fumo uccide” e “il fumo può uccidere”. Sono le scritte che compaiono sui pacchetti di sigarette per decisione del Consiglio dei ministri dell’ Unione europea, riunito il 19 giugno 2000 a Lussemburgo, che ha votato una direttiva che inasprisce le norme sulla produzione e sul consumo di sigarette, ribadendo in larga parte quanto già approvato dal Parlamento europeo il 13 giugno dello stesso anno a Strasburgo. L’ Ue ha fatto dunque un altro passo avanti nella lotta contro il fumo, che provoca ogni anno nei Quindici la morte di 500.000 persone, una al minuto. L’ accordo raggiunto dai ministri della Sanità comunitari introduce norme più rigide per la fabbricazione, l’ etichettatura e la composizione delle sigarette “made in Ue”. L’ intesa è stata accolta con entusiasmo dal ministro Umberto Veronesi, padre del disegno di legge italiano antifumo che nei prossimi giorni dovrebbe essere varato definitivamente dal governo, che l’ ha definito “di importanza storica”. “L’ Ue ha lanciato un messaggio molto forte a tutti i paesi membri sulla grave pericolosità del fumo, che rafforza il disegno di legge italiano: ora – ha detto il ministro – bisogna passare da una società in cui il fumo è considerato la norma, ad una cultura in cui la norma è non fumare”. La normativa Ue in particolare riduce il tenore massimo di catrame, nicotina, e monossido di carbonio nelle sigarette, impone l’ iscrizione su una superficie pari a almeno il 25% dei pacchetti di sigarette dell’ avvertenza “il fumo uccide”, accanto ad altri moniti supplementari come “fumare è causa di impotenza”. Dal 2003, quando la legge Ue entrerà in applicazione, dovranno scomparire inoltre sui pacchetti di sigarette le menzioni light, ultralight o mild, che ingannano i consumatori facendo credere ad una minore pericolosità. La normativa, combattuta dalle multinazionali del tabacco e adottata con il voto contrario della Germania, potrebbe essere resa ancora più severa agli eurodeputati che dovranno adottarla in seconda lettura in autunno. Il Parlamento europeo chiede infatti almeno il 35% della superficie dei pacchetti per le avvertenze anti-fumo, l’ interdizione dell’ ammoniaca (che crea assuefazione) fra gli additivi e un divieto di vendita ai meno di 16 anni. Veronesi ha confermato che il “no” all’ ammoniaca potrebbe essere accolto in seconda lettura, ma si è detto contrario a un divieto per gli under 16 che potrebbe avere effetti boomerang, incitando i giovani alla trasgressione. Ma il grande cambiamento di mentalità sul fumo deve partire dai giovanissimi, fra gli 8 e i 10 anni, verso i quali vanno avviati programmi di dissuasione. Desta preoccupazione l’ aumento del vizio del fumo fra le donne, mentre è in forte calo fra gli uomini: “La madre quarantenne che fuma – ha detto il ministro – crea condizioni imitative nei figli, soprattutto i maschi, fra i 10 ed i 14 anni”.

AUSTRALIA – L’Australia ha approvato una legge che vieta la stampa dei loghi sui pacchetti di sigarette. Tutte le sigarette avranno una stessa confezione di colore olivastro. Inoltre dovranno riportare informazioni sui danni che il fumo arreca. La decisione mina gli introiti delle grandi multinazionali. Inoltre secondo queste ultime, darebbe spazio al contrabbando di tabacco. Anche l’Unione Europea, attraverso un suo portavoce, ha fatto sapere che un provvedimento simile potrebbe essere messo in pratica in Europa a partire dal prossimo autunno.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il fumo è “una delle più grandi minacce per la salute pubblica che il mondo abbia mai affrontato”.

Il fumo provoca il cancro ai polmoni e malattie respiratorie croniche, oltre a quelle cardiovascolari che sono la prima causa di morte per malattia nel mondo. Le cifre dell’OMS parlano di 8 milioni di decessi all’anno entro il 2030 se la situazione resterà così com’è.

Dopo la sentenza australiana contro il ricorso dei giganti del tabacco alla legge contro i pacchetti di sigarette tutti uguali la Commissione Europea attraverso il portavoce Antony Gravili ha detto che sta seguendo la vicenda da vicino.

Infatti in autunno dovrà essere presentato il nuovo piano contro il fumo che sostituirà quello del 2001.

Gravili ha dichiarato: “Stiamo lavorando ad una proposta di revisione della direttiva () sui prodotti del tabacco. Saranno discusse molte cose tra cui la possibilità di imballaggi tutti uguali.”

Ha aggiunto, riferendosi alle avvertenze sanitarie grafiche attualmUEente richieste sul retro dei pacchetti di marca in Europa: “Una delle cose che stiamo prendendo in considerazione è, ad esempio, rendere l’immagine sulla confezione più grande.”

Coloro che sono contari al fumo sostengono che un’operazione del genere eviterebbe l’effetto del marchio sui giovani. L’ipotesi è che il marchio della sigaretta diventi una moda così come possono esserlo le scarpe, e che, attraverso questo meccanismo, ci si possa poi assuefare al fumo.

Le grandi multinazionali sostengono invece che i paccheti di sigarette tutti uguali, oltre a violare il diritto di proprietà intellettuale, faciliterebbero il mercato di contrabbando delle sigarette.

C’è poi un altro aspetto non di poco conto: le grandi multinazionali sostengono che venga leso il diritto al libero mercato perchè si dovrebbero cambiare gli imballaggi a seconda dei paesi.

Anche la Gran Bretagna sta valutando l’ipotesi degli imballaggi uguali, considerando i vari aspetti legislativi. A breve dovrebbe decidere sull’oportunità di procedere con la legislazione o meno.

L’OMS si augura che la decisione australiana abbia un effetto domino: infatti anche la Nuova Zelanda, il Canada e l’Irlanda stanno valutando se adottare provvedimenti simili.

PRINCIPALI NORMATIVE IN ITALIA

La disciplina che regola il settore del tabacco in Italia è molto vasta ed articolata. Per orientarsi in modo più agevole riportiamo nel seguito le principali norme di riferimento relative alla regolamentazione del settore dei tabacchi lavorati in Italia.

Pubblicità

La principale norma di riferimento
Legge n.165 del 10 aprile 1962 e successive modificazioni.
La legge prevede un divieto totale della pubblicità diretta ed indiretta dei prodotti del tabacco.

Il confezionamento e il prodotto

Decreto legislativo n. 184 del 24 giugno 2003.
Il Decreto ha recepito la direttiva 2001/37/CE relativa all’etichettatura, produzione e vendita dei prodotti del tabacco ha introdotto nuove e più ampie avvertenze sanitarie sui pacchetti dei prodotti del tabacco, limiti ad alcuni contenuti nelle sigarette, la comunicazione degli ingredienti utilizzati nella fabbricazione, l’eliminazione dei termini light, mild, ecc.
Il Decreto Legislativo ha fatto propri i contenuti della direttiva 2001/37/CE relativi a:

le dimensioni delle avvertenze sanitarie (30% front e 40%back del packaging);
i livelli massimi dei contenuti nelle sigarette (che devono ricoprire almeno il 20 % della superficie laterale del pacchetto);
le due avvertenze generali (“Il fumo uccide” e “il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno”) alla rotazione di otto (su 14) avvertenze supplementari;
la comunicazione al Ministero della Salute ed al Ministero dell’Economia, da parte dei produttori ed importatori, dell’elenco di tutti gli ingredienti utilizzati nella fabbricazione con le relative quantità, suddivisi in base alla marca ed al tipo;
il divieto dell’uso sulla confezione dei tabacchi lavorati di diciture (quali “light”, “ultra light”, “mild”), marchi, immagini ed altri elementi figurativi o simboli suscettibili di suggerire che un particolare prodotto del tabacco sia meno nocivo di altri;
la possibilità di effettuare ulteriori analisi per determinare il tenore di altre sostanze nocive (diverse da catrame, nicotina e di monossido di carbonio) contenute nelle sigarette;
la possibilità di introdurre in futuro fotografie a colori sui pacchetti, illustrative degli effetti del fumo sulla salute.
Sono, infine, previste sanzioni amministrative pecuniarie da 10.000 a 50.000 euro (salvo che il fatto non costituisca reato), per chiunque fabbrica, immette sul mercato, importa od esporta prodotti non conformi a quanto prescritto.

Tassazione

Le principali norme di riferimento.
Legge n. 825 del 13 luglio 1965 e successive modificazioni, che disciplina le tabelle di vendita al pubblico, l’iscrizione in tariffa dei prodotti, le richieste di variazione prezzi da parte dei produttori e/o importatori. La normativa prevede, inoltre, che le richieste di variazione prezzi debbano essere corredate da una scheda rappresentativa degli effetti economico-finanziari conseguenti la variazione richiesta, in relazione ai volumi di vendita di ciascun prodotto.
Legge n. 76 del 7 marzo 1985, e successive modificazioni – sul sistema di imposizione fiscale:
I tabacchi lavorati destinati alla vendita al pubblico nel territorio soggetti a monopolio sono gravati dall’imposta di consumo (Accisa) e dall’IVA.
Decreto Legge n. 331 del 30 agosto 1993 – sull’armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sui tabacchi lavorati e in materia di IVA.
Decreto Legge n. 24 del 30 gennaio 2004 – Art. 4 – coordinato con la Legge di conversione 31 marzo 2004, n. 87 – che ha introdotto tra l’altro l’accisa minima.
Decreto Legge n. 168 del 12 luglio 2004 – Art. 2, commi 6, 7 e 8 convertito con modifiche dalla legge 30 luglio 2004, n. 91 – che ha introdotto la revisione semestrale della MPPC (Most Popular Price Class).

Il regime dei depositi fiscali e della circolazione dei tabacchi lavorati

Le regole che disciplinano la commercializzazione di tabacchi lavorati, discendono da un sistema normativo, armonizzato a livello comunitario, che regola la circolazione delle merci nella UE abolendo i controlli alle frontiere tra gli Stati membri (Dir. 92/12/CE e successive modificazioni).
La disciplina, che si riferisce anche al regime di accertamento e versamento delle imposte sui tabacchi lavorati (IVA+Accisa), incide in modo rilevante sull’attività di distribuzione e vendita che, per garantire la sicura riscossione del gettito fiscale derivante dalla commercializzazione dei prodotti in questione, viene svolta sotto il costante controllo delle Autorità fiscali degli Stati membri.

In Italia, l’attività di controllo sulla produzione, distribuzione e vendita dei tabacchi lavorati è svolta dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) che ha mantenuto le proprie funzioni di organo di controllo della riscossione e del versamento delle imposte gravanti sui tabacchi lavorati in qualità di Organo del Ministero dell’Economia (D.M. 67/1999).

L’AAMS svolge le proprie funzioni di controllo fiscale attraverso la vigilanza permanente esercitata da propri funzionari all’interno di tutti i depositi fiscali di fabbricazione dei prodotti da fumo presenti in Italia e nei depositi fiscali di distribuzione che movimentano un volume di tabacchi lavorati superiore a 10 milioni di Kg l’anno.
L’AAMS, nell’esercitare l’attività di vigilanza permanente, si avvale anche della collaborazione della Guardia di Finanza, con funzioni di polizia fiscale in Italia.

In Italia, la commercializzazione dei tabacchi lavorati è sottoposta al controllo preventivo da parte di AAMS.
In particolare, i prodotti del tabacco prima di essere immessi in consumo devono essere iscritti nella tariffa di vendita al pubblico.

I prezzi di vendita al pubblico e le relative variazioni sono richiesti dai produttori.
I produttori richiedono l’iscrizione in tariffa all’AAMS che ne controlla sia l’esatta descrizione del prodotto, verificandone la corretta classificazione (sigaretta, sigaro, trinciati, ecc.) al fine dell’applicazione dell’aliquota fiscale corrispondente, sia che il prodotto rispetti le norme in materia di etichettatura (avvertenze sanitarie) dei contenuti per le sigarette.

Le richieste di variazione prezzi devono essere correlate da una scheda tecnica rappresentativa degli effetti economici derivanti dalla variazione di prezzo richiesta.

Dall’avvio del procedimento, l’AAMS ha 120 giorni per accettare o rigettare la richiesta. Se l’esito del controllo è positivo l’iscrizione in tariffa viene sancita da decreto direttoriale pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Soltanto a conclusione di tale procedimento il nuovo prodotto potrà essere messo in commercio.

L’autorizzazione preventiva è necessaria, inoltre, anche per eventuali modifiche al packaging dei prodotti e per le variazioni dei livelli dei tenori di nicotina, catrame e monossido di carbonio per le sigarette.

La Legge Sirchia e Limitazioni del fumo nei luoghi pubblici in Italia

Legge n. 3 del 16 gennaio 2003 – Art. 51 “Divieto di fumo esteso ai locali aperti al pubblico” e successive modificazioni e provvedimento attuativo D.P.C.M. del 23 dicembre 2003.
La cosiddetta Legge Sirchia, che regolamenta il fumo nei locali pubblici e privati aperti al pubblico, al fine di tutelare la salute dei non fumatori, ha esteso il divieto di fumo, già previsto per i luoghi pubblici (ospedali, cinema, teatri e uffici della Pubblica Amministrazione aperti al pubblico), anche ai locali aperti al pubblico (bar, ristoranti), oltreché ai luoghi di lavoro ed alle carceri, ad eccezione dei locali privati non aperti al pubblico e di quelli riservati ai fumatori.
E’ prevista la costituzione, all’interno degli stessi, di apposite aree riservate ai fumatori, che dovranno essere materialmente separate dalle aree riservate ai non fumatori, dotate di idonei sistemi di ventilazione per garantire un adeguato ricambio d’aria e segnalate con idonea cartellonistica. Dove tali prescrizioni non saranno realizzabili vigerà il divieto di fumo totale. Il divieto entrerà in vigore dal 10 gennaio 2005.

Le direttive UE

Il legislatore comunitario ha dato via alle seguenti direttive:
Direttiva in materia di etichettatura

La Direttiva 2001/37/CE ha introdotto nuove disposizioni armonizzative in materia di etichettatura, produzione e vendita dei prodotti del tabacco.
In particolare, la direttiva prevede:

un notevole aumento delle dimensioni delle avvertenze sanitarie: 30% front e 40% back sul packaging dei prodotti del tabacco;
l’abolizione dei termini light, mild, ecc.;
la comunicazione degli ingredienti utilizzati nella fabbricazione;
la rotazione di 2 avvertenze generali e 14 avvertenze sanitarie supplementari;
la possibilità di introdurre immagini (foto a colori c.d. pittogrammi) abbinate alle avvertenze sanitarie supplementari e finalizzate alla descrizione visiva degli effetti del fumo sulla salute;
la riduzione a 10 mg del limite massimo di catrame per le sigarette;
l’introduzione, per la prima volta, dei limiti massimi anche per il monossido di carbonio con 10 mg/sigaretta e per la nicotina con un valore non superiore a 1 mg/sigaretta.
Direttiva cul controllo del tabacco

Direttiva 2001/37/CE – La direttiva ha lo scopo di ravvicinare le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative degli stati membri della UE in materia di:

contenuto massimo di catrame, nicotina e monossido di carbonio delle sigarette;
di avvertenze sanitarie e di altra natura, stampate sui pacchetti;
di alcune misure relative agli ingredienti;
divieto dell’uso delle diciture quali light, mild, ecc., suscettibili di suggerire che un particolare prodotto del tabacco sia meno nocivo di altri.
Con una sentenza del 10 dicembre 2002, la COGE (Corte di Giustizia Europea) ha deciso per la validità della Direttiva, fatta eccezione per un punto (relativo all’uso delle diciture ligth, mild, ecc., sui tabacchi lavorati destinati all’esportazione, cioè commercializzati al di fuori della U.E.).

Direttive sulla pubblicità dei tabacchi

Già la direttiva 89/552/CEE, cosiddetta “televisione senza frontiere”, aveva vietato in precedenza qualsiasi forma di pubblicità dei tabacchi lavorati su tale mezzo di comunicazione.

Successivamente, era intervenuta la direttiva 98/43/CE che introduceva, in pratica, un divieto generale di qualsiasi pubblicità diretta ed indiretta dei prodotti del tabacco nell’area comunitaria. La Corte di Giustizia l’aveva annullata, con sentenza del 5 ottobre 2000, in quanto lesiva della libera circolazione dei beni e dei servizi nel mercato della U.E.
Questa sentenza ha stabilito chiaramente che il legislatore non ha l’autorità di armonizzare legislazioni nazionali riguardanti prassi pubblicitarie che non esercitino effetti al di là delle frontiere di uno Stato membro.

La nuova direttiva 2003/33/CE in materia di pubblicità e sponsorizzazione dei tabacchi

Tale direttiva 2003/33/CE, adottata il 26 giugno 2003, è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco.

La direttiva costituisce un ulteriore passo verso la restrizione in ambito comunitario della possibilità di promuovere i prodotti del tabacco ed è stata giustificata dalla Commissione UE con l’intento di armonizzare le legislazioni introdotte nel settore a livello nazionale dei diversi Stati membri.

La direttiva prevede, tra l’altro, le seguenti disposizioni:

divieto di sponsorizzare eventi o attività che coinvolgano più stati membri o abbiano luogo in più stati membri o che producano effetti oltre le frontiere di un Paese;
divieto di pubblicizzare marche di tabacchi attraverso la radio e Internet (questo genere di pubblicità è già vietata in televisione da vari anni ai sensi della Direttiva 97/36/CE che ha modificato la direttiva 89/552/CEE);
divieto di distribuire gratuitamente tabacchi nel corso di eventi sponsorizzati che coinvolgano più Stati membri;
l’applicazione di sanzioni alle violazioni di queste norme, in forme che dotino implicitamente i singoli cittadini e le organizzazioni nazionali “aventi causa” del diritto di intentare azioni giudiziarie.
Sostanzialmente, gli unici ambiti in cui la pubblicità sarà consentita sono le pubblicazioni ed informazioni commerciali esclusivamente destinate agli operatori del settore, quelle prodotte o stampate in Paesi terzi che non siano principalmente destinate al mercato comunitario, nonché le sponsorizzazioni a carattere locale, laddove, secondo la normativa locale, siano ammissibili. In merito, si rileva che con Decreto Legge n. 10 del 15 febbraio 2007, il Governo italiano ha recepito le osservazioni della Commissione Europea, abrogando la norma che consentiva eventi che, pur avendo implicazioni transfrontaliere (ad es. via TV), si svolgevano esclusivamente sul territorio nazionale.




GRECIA – Il no stravince al referendum. Tsakalotos Nuovo ministro delle Finanze: “Non possiamo accettare una soluzione non praticabile”

Solo una trentina di righe in cui viene chiesto un prestito triennale e in cambio vengono promesse una serie di riforme. Questa la proposta della Grecia di Tsipras e del neo ministro Euclid Tsakalatos all’Europa dei creditori, inviata al fondo salva-stati “Esm”.

“La repubblica greca è pronta a varare un comprensivo pacchetto di riforme e misure incentrato ad assicurare la sostenibilità del bilancio, la stabilità finanziaria e la crescita economica di lungo periodo”. Oltre alle riforme immediate di fisco e pensioni, il governo promette di includere anche delle “misure aggiuntive per rafforzare e modernizzare l’economia”. “Per evitare ogni dubbio questa missiva sovrascrive le nostre precedenti richieste inviate nella lettera datata 20 giugno 2015” conclude la lettera.

Riportiamo  le ana­lisi del suc­ces­sore di Yanis Varou­fa­kis dei pro­blemi che affronterà come nuovo mini­stro delle Finanze di Atene:

“La nostra tesi prin­ci­pale è che la crisi greca non sia asso­lu­ta­mente da con­si­de­rarsi un caso par­ti­co­lare. Al con­tra­rio, essa costi­tui­sce il para­digma di una più gene­rale crisi dell’assetto poli­tico ed eco­no­mico neoliberista.

In que­sto senso, è neces­sa­rio non solo com­pren­dere le ori­gini della crisi eco­no­mica glo­bale ma anche capire per­ché la strut­tura eco­no­mica e isti­tu­zio­nale dell’eurozona si sia rive­lata ina­de­guata per affron­tare gli effetti della crisi esplosa nel 2008.

Le poli­ti­che di auste­rità che hanno domi­nato la scena sin dall’avvento della crisi hanno raf­for­zato l’impostazione neo­li­be­ri­sta dell’economia e della società. Lo spa­zio per rispon­dere alle domande pro­ve­nienti dagli strati più bassi della società si sono andati dram­ma­ti­ca­mente ridu­cendo, anche rispetto al periodo, comun­que con­tras­se­gnato dall’egemonia neo­li­be­rale, pre­ce­dente la crisi.

Tale irri­gi­di­mento ha coin­ciso con un sem­pre mag­giore distacco tra le élite la realtà sociale o, alter­na­ti­va­mente, con una cre­scente inca­pa­cità delle mede­sime élite di rece­pire pro­po­ste di solu­zione ai pro­blemi pro­ve­nienti dall’esterno dei loro circoli.

La riso­lu­zione finale della pre­sente crisi non potrà por­tare alla rico­stru­zione delle con­di­zioni vis­sute delle eco­no­mie neo­li­be­rali prima del 2008 né, tan­to­meno, con­durre verso il ritorno di un sistema social­de­mo­cra­tico di tipo Key­ne­siano. Dovremmo ricor­dare che non vi fu nes­sun ritorno agli sta­tus quo pre­ce­denti in seguito alle due grandi crisi degli anni ’30 e ’70.

Dun­que, da que­sta crisi si muo­verà o nella dire­zione di un’economia capi­ta­li­stica carat­te­riz­zata da un sostan­ziale auto­ri­ta­ri­smo oppure verso un lungo periodo di tra­scen­denza rispetto ad alcuni degli ele­menti fon­da­men­tali del capitalismo.

La nostra visione rispetto alla situa­zione attuale può essere sin­te­tiz­zata nelle quat­tro tesi che seguono.

La crisi che ha inve­stito la Gre­cia non pre­senta alcun carat­tere di eccezionalità
La nar­ra­tiva che vor­rebbe la Gre­cia come un caso iso­lato ed ecce­zio­nale si fonda su tre ele­menti tra di loro inter­con­nessi. In primo luogo, l’irresponsabilità fiscale dei poli­tici greci. In secondo luogo, le dina­mi­che clien­te­lari che afflig­gono il sistema poli­tico greco. Infine, sia l’irresponsabilità della classe poli­tica che il clien­te­li­smo dif­fuso sareb­bero da ricon­durre a una gene­rale inca­pa­cità di moder­niz­zarsi del paese.

Tutto ciò dovrebbe con­durre a una giu­sti­fi­ca­zione dell’austerità fon­data sulla favola cal­vi­ni­sta cara ad Angela Mer­kel, per la quale i pec­ca­tori deb­bono essere puniti per gli sba­gli da loro com­messi nel pas­sato. La nostra visione non potrebbe essere più lon­tana da quella appena sintetizzata.

La Gre­cia, all’alba dell’esplosione della crisi, era com­ple­ta­mente posi­zio­nata all’interno di un’impostazione neo­li­be­ri­sta sia dal punto di vista eco­no­mico che da quello poli­tico. Il paese si tro­vava a con­di­vi­dere con gli altri Stati mem­bri tutti i tratti carat­te­riz­zanti le eco­no­mie fon­date su basi neo­li­be­ri­ste, così come tutti i fal­li­menti spe­ri­men­tati dalle stesse eco­no­mie. In altre parole, la crisi greca è com­pren­si­bile solo se la si guarda come una mani­fe­sta­zione della crisi glo­bale del neo­li­be­ri­smo piut­to­sto che come una crisi dovuta all’incapacità di appli­care, in modo effi­cace, le ricette pro­prie dello stesso sistema neoliberale.

Siamo di fronte ad una crisi glo­bale del neo­li­be­ri­smo e del capitalismo
La nostra seconda tesi è con­fer­mata dal fatto che l’epicentro della crisi è loca­liz­za­bile nei paesi più avan­zati dal punto di vista dell’applicazione delle ricette neo­li­be­ri­ste, piut­to­sto che in paesi ‘sta­ta­li­sti’ quali la Fran­cia o la Gre­cia. La nostra inter­pre­ta­zione della crisi, inol­tre, rifiuta net­ta­mente l’interpretazione orto­dossa sulla base della quale il mal­fun­zio­na­mento dei sistemi eco­no­mici sarebbe da ricon­durre a ragioni eso­gene al sistema stesso. Le radici della crisi sono, altresì, legate all’incertezza e all’instabilità endo­ge­na­mente pro­dotta dal sistema capitalistico.

La crisi ha messo a nudo la fra­gi­lità del sistema poli­tico post 2008.
Dopo una breve fase in cui i prin­ci­pali ele­menti carat­te­riz­zanti l’impostazione neo­li­be­ri­sta – la dere­go­la­men­ta­zione del sistema finan­zia­rio, i super­bo­nus dei mana­ger, gli squi­li­bri macroe­co­no­mici tra paesi o gli effetti dell’individualismo sulla coe­sione sociale – sono stati messi in discus­sione dalle stesse élite, vi è stato un rapida e rin­no­vata con­ver­genza verso lo sta­tus quo ideologico.

In tale con­te­sto, la domanda da un milione di dol­lari è stata: per quale motivo la crisi del 2008 non è stata colta, dalla social­de­mo­cra­zia, come un’opportunità per riaf­fer­mare le pro­prie ragioni sull’ideologia neoliberista?

Per­ché la crisi del 2008 non è stata colta dalla social­de­mo­cra­zia come un’opportunità per riaf­fer­mare le pro­prie ragioni sull’ideologia neo­li­be­ri­sta?

La nostra ipo­tesi è che i social­de­mo­cra­tici siano intrap­po­lati in quel che viene defi­nito da Blyth nel 2002 il «cogni­tive loc­king». Dopo tanti anni di ege­mo­nia cul­tu­rale neo­li­be­ri­sta i social­de­mo­cra­tici si son sco­perti non più in grado di guar­dare il modo da un’altra prospettiva.

Dalla crisi attuale non è pos­si­bile tor­nare indietro.
La nostra tesi con­clu­siva è che dalla crisi che stiamo spe­ri­men­tando non è pos­si­bile tor­nare indie­tro. Le strade pos­si­bili sono due. Una svolta verso una forma di capi­ta­li­smo auto­ri­ta­rio o una tra­scen­denza di alcuni degli ele­menti fon­da­men­tali del capi­ta­li­smo. Nel secondo caso si avrà un disve­la­mento degli effetti cor­ro­sivi pro­dotti da una visione inge­gne­ri­stica della eco­no­mia in cui un unico modello è valido per tutte le società.

Il razionalismo-tecnocratico fa di con­cetti quali la «com­pe­ti­ti­vità» o la «fles­si­bi­lità del mer­cato del lavoro» ele­menti di per sé pre­gni di valore e sulla base dei quali i paesi ven­gono costan­te­mente clas­si­fi­cati. Que­sta visione ha avuto un effetto deva­stante sullo stato di salute delle demo­cra­zie occi­den­tali. E sulla capa­cità di costruire una nar­ra­tiva basata sulle domande cre­scenti pro­ve­nienti dagli strati più bassi della società.

Il legame fon­da­men­tale tra la demo­cra­zia e il fun­zio­na­mento del sistema eco­no­mico dovrà, dun­que, essere posto al cen­tro della rispo­sta della sini­stra alla pre­sente crisi.”

* Quello qui è pre­sen­tato è un estratto da «Cru­ci­ble of resi­stance. Greece, the Euro­zone and the World Eco­no­mic Cri­sis» di Euclid Tsa­ka­lo­tos e Chri­stos Laskos (Plu­to­Press 2013).

E’ uno dei testi migliori sulla crisi tra Gre­cia e Europa e pre­senta le ana­lisi del suc­ces­sore di Yanis Varou­fa­kis sui pro­blemi che ora affronta come nuovo mini­stro delle finanze di Atene.

Tra­du­zione di Dario Guarascio

LE POSIZIONI DELL’EUROGRUPPO:

Taglio del debito? Non se ne parla, ma la Grexit è cosa buona

LETTONIA: «Se in un sistema c’è un elemento che non funziona, rimuovere quell’elemento può essere positivo» per l’insieme dell’Eurozona. Il ministro delle Finanze della Lettonia, Janis Reirs, non ha lasciato alcun dubbio sulla sua posizione. E arrivando all’Eurogruppo straordinario sulla Grecia ha ricordato che il suo Paese ha fatto grandi riforme strutturali che comprendevano anche «il taglio del 30% del personale e dei salari» nel settore pubblico.
ESTONIA –  Il 6 luglio con un provocatorio tweet il presidente estone Toomas Hendrik Ilves aveva proposto di chiedere con un referendum negli altri 18 paesi se i cittadini vogliono aumentarsi la tasse per un altro salvataggio della Grecia.
FINLANDIA –  I piccoli Paesi del Nord sono più duri della Germania, aveva dichiarato qualche giorno fa il ministro delle Finanze francese Michel Sapin. E tra i più duri c’è la Finlandia. Il ministro di Helsinki Alexander Stubb ha chiarito subito: «Non vogliamo alleggerire il debito greco, è stato già fatto nel 2011 e 2012». E ha chiuso anche al progetto di un prestito ponte da elargire attraverso lo European Stability mechanism (Esm).Tuttavia il 6 luglio aveva spiegato di essere disponibile a discutere di una eventuale estensione dei prestiti. La linea morbida nei confronti della Grecia rischia in Finlandia di alimentare il partito euroscettico.
SLOVACCHIA –  La ristrutturazione del debito «è la questione più delicata per la maggior parte dei Paesi» dell’eurozona e per la Slovacchia «è assolutamente impossibile», sono state invece le parole nette del ministro slovacco delle Finanze Peter Kazmir.

LA GERMANIA E I SUOI ALLEATI: NO ALLA  GREXIT

GERMANIA – In Germania non c’è solo il falco delle finanze Wolfgang Schauble a imporre la linea dura. Ma anche i nomi più in vista della Spd, che fa parte della Grosse Koalition di governo. I tedeschi sulla carta vogliono evitare la Grexit, ma le posizioni sono distantissime. Schaeuble ha dichiarato: «Chi conosce i trattati Ue sa che il taglio del debito è vietato». Mentre la cancelliera Angela Merkel ha avvertito: «Mancano ancora le basi per negoziare». E al termine dell’Eurosummit ha aggiunto: «Stasera molti attorno al tavolo hanno detto che un haircut del debito greco non avrà luogo perché questo è vietato nell’euro zona». «Prima di parlare di una ristrutturazione del debito», ha concluso, «vediamo quel che la Grecia può fare».
LITUANIA –  La Lituania chiede riforme, ma è disponibile al negoziato: «Siamo qui per ascoltare il nuovo ministro greco Tsakalotos» in quanto è «necessario rendere le cose più chiare e trovare una strada da seguire», perché «in politica c’è sempre spazio per un compromesso», ha detto il ministro delle finanze lituano Rimantas Sadzius. La Grexit, ha sottolineato, «per noi non è un’opzione per noi».
AUSTRIA –  Il giorno successivo al referendum, il cancelliere austriaco Werner Faymann, considerato nell’ultimo periodo ben disposto verso Atene, aveva spiegato: «Non vedo una strategia» del governo greco, «Un ponte si può costruire solo se anche l’altra parte contribuisce un po’».

SPAGNA – Il governo Rajoy era tra i più intransigenti verso Atene, ma il 7 luglio il ministro delle Finanze De Guindos che aspira al ruolo di presidente dell’Eurogruppo sostiene che Madrid «rispetta l’esito del referendum» ed è «aperta» ad un «nuovo round di aiuti». «Non contemplo l’uscita della Grecia dall’euro».

IL CASO: L’ITALIA

ITALIA –  L’Italia dovrebbe essere, a guardare le sue condizioni finanziarie, tra i migliori alleati della Grecia. Ma per ora si tiene strategicamente ben distante. Il premier Matteo Renzi ha institito sulla necessità di una maggiore integrazione politica europea. E per l’apertura di una fase sempre più necessaria di crescita e investimenti che superi le rigidità dell’euroburocrazia. Ma il primo ministro ha cercato in questi mesi di dialogare direttamente con Berlino. E il carico del nostro debito rende la sua posizione assai scomoda in questo frangente. Uscendo dall’Eurosummit, Renzi ha dichiarato: «Rispetto all’ultima volta non mi pare ci siano le condizioni per parlare ‘in modo strategico del debito’ della Grecia». «La palla», ha aggiunto, «ora è nel campo del governo greco, che domenica dovrà presentare le sue proposte: se saranno ritenute accettabili, si troverà l’intesa, come credo e spero».

SI’ ALL’ACCORDO

IRLANDA – Stupisce la totale apertura irlandese. La nazione Smeraldo che ha subito i colpi duri della crisi del debito si è schierata a fianco dei greci. La ristrutturazione del debito «fa parte delle discussioni» sulla Grecia, ha detto il ministro delle Finanze irlandese Michael Noonan. Il premier Enda Kenny è stato ancora più caloroso: «È giunto il momento ora di dare un po’ di speranza al popolo greco».

LUSSEMBURGO – Il Lussemburgo membro fondatore dell’Unione e Paese del presidente della Commissione Jean Claude Juncker è aperto a tutti gli scenari: «Dobbiamo ascoltare tutte le opzioni», inclusa quella della ristrutturazione del debito, «anche se questo non vuol dire che io sia d’accordo», ha dichiarato il ministro delle finanze del Gran Ducato, Pierre Gramegna.
BELGIO – Il Belgio fa parte del gruppo dei Paesi più concilianti nei confronti di Atene. Eppure il premier Charles Michel non nasconde la stanchezza: «Aspettiamo da parte di Tsipras proposte concrete, precise e convincenti, e innanzitutto ascolteremo quello che ha da dire». Per fare un accordo, ha aggiunto Michel, «bisogna essere in due».
FRANCIA: «Tsipras faccia proposte serie e credibili», chiede il presidente Hollande, che sempre a fianco della cancelliera tedesca ha definito «urgente per la Grecia e l’Europa» che si arrivi a un’intesa. Altri esponenti francesi si sono sbilanciati di più. Il ministro dell’Economia Emmanuel Macron, subito dopo il risultato del referendum di Atene, aveva invitato i governi europei a essere ragionevoli: «Sarebbe un errore storico schiacciare il popolo greco». Lo stesso ha ribadito il collega alle Finanze Michel Sapin: il posto della Grecia «è in Europa ed è nell’euro», h affermato Sapin, dicendosi convinto che Atene sia «capace di fare proposte concrete, solide, durevoli, che sono indispensabili per il dialogo con i partner». Il ministro ha inoltre sottolineato che la Francia, considerata da alcuni più accomodante della Germania, ha «le stesse esigenze degli altri in materia di serietà delle proposte», ma «ha forse un po’ più il senso della storia dell’Europa».