ITALIA – Le Madri della Repubblica

Nel 1946, per la prima volta in Italia, si consentì alle donne l’esercizio del voto attivo e passivo, prima nelle elezioni amministrative di marzo e successivamente con il Referendum istituzionale monarchia-repubblica del 2 giugno. Il diritto di votare e di essere votate costituiva una reale svolta nell’Italia ferita e lacerata da anni di regime e di guerra: le donne potevano scrivere pagine nuove e significative della loro storia e della storia della nazione.
Le 21 neo-deputate elette, meno del 4% dell’intero Parlamento, hanno contribuito a fissare nella Carta Costituzionale principi fondamentali, nuove solide basi con cui ripartire e creare una nuova società, quella in cui viviamo.
Di certo l’apporto delle Madri della nostra Repubblica al riconoscimento del valore e della dignità del pensiero femminile e alla sua libera espressione è stato decisivo. Si devono al loro pensiero e alla loro determinazione l’art. 3 che disciplina il principio di uguaglianza, l’art. 37 che tutela il lavoro delle donne e dei minori, l’art. 29 che riconosce l’uguaglianza tra i coniugi, l’art. 30 che tutela i figli nati al di fuori del matrimonio, l’art. 51 che garantisce alle donne l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive.
Se alle idee dei Padri della Costituzione si è sempre dato il giusto riconoscimento, minor considerazione è stata rivolta alle Madri Costituenti: pochissimo spazio – se non silenzio assoluto – sui loro nomi nei libri di storia, negli articoli dei giornali, nelle trasmissioni televisive.

La stessa disattenzione emerge nelle intitolazioni stradali che indicano le figure degne di essere ricordate e celebrate e che concorrono a definire il volto di un popolo.

Nonostante il valore di quelle pagine di storia nazionale, le Costituenti non sono celebrate in tutti i comuni d’Italia e le vie loro dedicate costituiscono un interessante osservatorio della misoginia che ancora pervade il modo di pensare e di ricordare la storia.

Nilde Iotti, una delle cinque deputate che entrarono a far parte della Commissione dei 75 incaricata di formulare la proposta di Costituzione da dibattere e approvare in aula, è la più commemorata.
Vie, piazze e aree verdi la ricordano a Bellaria, Bologna, Calderara di Reno, Canicattì, Carbonia, Carpi, Colbordolo, Genazzano, Modica, Moncalieri, Monterotondo, Olbia, Ozzano dell’Emilia, Pescara, Pianezza, Piombino, Pomigliano d’Arco, Pontedera, Ravenna, Reggio Emilia, Ragusa, Rivalta, Roma, San Quirico d’Orcia…
É la sola Costituente ad aver ricevuto tante intitolazioni sul territorio nazionale.
In molti casi però, e questo vale per esempio per Roma, la sua figura si lega al ruolo successivo di prima donna a presiedere la Camera dei Deputati e a diventare la terza carica dello Stato. Nel 2007 venne inaugurato, dall’allora amministrazione capitolina, un viale all’interno del parco pubblico di Villa Celimontana. Nelle motivazioni presenti nella delibera della Giunta Comunale non si fa alcun accenno al suo impegno nella Commissione dei 75 e al ruolo svolto in quel primo fondamentale momento della vita nazionale. La scelta del luogo, suggestiva ma certamente un po’ appartata per una protagonista della Repubblica, appare legata più alla sfera privata che politica di Nilde Iotti che, nel verde del parco romano, amava passeggiare con Togliatti.

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Fecero parte della Commissione dei 75 anche Teresa Noce, Angelina Merlin, Angela Gotelli, Maria Agamben Federici (di cui si è parlato in un precedente articolo). Pur se in misura minore, anche loro sono ricordate in alcuni comuni italiani. Teresa Noce, militante insieme a Nilde Iotti nel PCI, è entrata nella memoria odonomastica con intitolazioni a Carpi, Lecce, Milano, Mosciano Sant’Angelo (TE), Pessano con Bornago, Pisa e Ravenna; Lina Merlin ha una piazza intitolata ad Adria, vie a Chioggia, Crotone, Ravenna, Rovigo, un giardino a Padova; Maria Agamben Federici strade a L’Aquila, suo luogo d’origine, a Monteleone Sabino e Perugia; una piazza è stata dedicata a Angela Gotelli a Varese Ligure, in provincia di La Spezia, e una via si trova nel paese di Albareto dove nacque nel 1905.

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Altre deputate sono ricordate qua e là in giro per l’Italia con intitolazioni spesso, ma non sempre, nei rispettivi luoghi natali: Adele Bei a Cantiano, Bianca Bianchi a Vicchio, Laura Bianchini a Castenedolo e a Brescia, Maria De Unterrichter Jervolino a Salerno, Angela Guidi Cingolani a Ravenna, Ottavia Penna a Caltagirone, Elettra Pollastrini a Rieti, Maria Maddalena Rossi a Codevilla…

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Tutti riconoscimenti giusti, anche se centellinati, che le relegano in ambiti locali senza alcuna prospettiva ampia e nazionale, loro che invece hanno difeso e immaginato un futuro nuovo per un’intera nazione.
Per altre non c’è spazio né memoria in alcuna città, grande o piccola, d’Italia.
È il caso di Maria Nicotera Fiorini, nata a Catania nel 1913 ed eletta nel gruppo parlamentare della DC, o di Nadia Gallico Spano, classe 1916 e deputata del PCI. Anche ad Angela Minella Molinari non hanno intitolato strade ma a Noli, in provincia di Savona dove si rifugiò nel ’42 con la madre e la sorella dopo i bombardamenti di Torino, le è stata dedicata una biblioteca.

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Fino a poco tempo fa anche Rita Montagnana non aveva ricevuto riconoscimenti odonomastici. Ma qui comincia una nuova storia.

Nell’estate dello scorso anno la Giunta del Comune di Roma ha deliberato l’intitolazione di 7 nuovi percorsi ciclopedonali ad altrettante Madri costituenti, fra queste proprio Rita Montagnana che nella capitale ha a lungo vissuto come parlamentare del PCI e fondatrice dell’UDI. Insieme a lei sono state ricordate Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Angelina Merlin, Teresa Noce, Maria Maddalena Rossi e Elettra Pollastrini.

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La delibera è stato l’atto conclusivo del concorso Sulle vie della parità @ Roma, organizzato da Toponomastica femminile in collaborazione con Legambiente e il Comune di Roma, che ha dato vita a un interessante laboratorio di collaborazione fra istituzioni scolastiche e istituzioni politico-amministrative. La proposta di commemorare nell’odonomastica cittadina le sette deputate è partita dalle alunne e dagli alunni di una scuola romana ed è stata accolta dal Comune di Roma, che ha avviato le procedute tecniche per le intitolazioni di sette tratti consecutivi della pista ciclabile di Monte Mario. Le targhe stradali sono state affiancate da pannelli esplicativi sui quali sono trascritte le biografie redatte dalle/dagli studenti: un’interessante opportunità di rileggere la storia nazionale attraverso uno sguardo di genere.




ITALIA – A Roma soltanto il 3,7% delle strade ha nomi di donne, quasi tutte sante…

 

di Barbara Belotti

Agli inizi degli anni Duemila le strade di Roma erano poco più di 14.000 e quelle con nomi femminili 336 (2.35%).

Dopo oltre dieci anni le nuove aree di circolazione sono più di 16.000, le strade dedicate alle donne sono salite a 608, riducendo il divario ma confermando la percentuale bassa (3.7%).

Gli uomini, invece, sono rappresentati con oltre 7.500 intitolazioni: vie, viali, piazze, corsi ecc. ricostruiscono un universo maschile composto da personaggi noti (alcuni stranoti) ma anche da tantissimi sconosciuti.

La città continua ad espandersi e nelle cinture periferiche sono sorti nuovi quartieri e nuovi insediamenti. La realizzazione delle necessarie opere viarie avrebbe potuto essere l’occasione per restringere il divario fra intitolazioni maschili e femminili, recuperando molti nomi di donne che hanno contribuito alla definizione del mondo in cui viviamo. Forse nelle aree periferiche della città qualcosa è cambiato e in alcuni quartieri si è avuta una maggiore attenzione verso la memoria femminile … eppure proprio in un paio di municipi esterni (l’XI e il XV) si registrano i più bassi indici di femminilizzazione: ogni cento intitolazioni maschili, circa due sono destinate a donne.

Nel centro cittadino, dove invece il rapporto M/F è di 5 a 1, sono le figure religiose a dare un forte contributo alla sfera femminile.

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Nel complesso, un terzo delle strade e delle piazze di Roma continua a essere legato al ricordo della Madonna, ai nomi delle sante, delle beate o martiri cristiane e, in un curioso sincretismo, ai personaggi della mitologia greco – romana.

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Il numero di strade dedicate alle protagoniste storiche, a Roma, ha una certa rilevanza: sono 111 (quasi il 18% del totale femminile) ma molte sono eroine dell’antichità, del Medioevo e del Rinascimento alle quali solo da poco tempo si stanno affiancando figure più moderne, che possono diventare concreti modelli di riferimento per le nuove generazioni. Come non guardare con tristezza ai pochi nomi di donne che celebrano le vicende del Risorgimento e della Repubblica Romana del 1849, Colomba Antonietti, Cristina di Belgioioso, Margareth Fuller Ossoli per esempio?

Ancora più desolante appare la scarsa attenzione rivolta alle “Madri dell’Italia”, le donne che hanno animato la Consulta Nazionale e l’Assemblea Costituente, il cui contributo di pensiero e di azione ha dato vita al volto democratico del Paese. A Roma nessun luogo pubblico, nessuna piazza o via commemora quei nomi, eccezion fatta per Nilde Iotti, ricordata in un viale interno a Villa Celimontana; ma anche in questo caso il suo nome non ha una valenza storica e politica, piuttosto recupera la sfera intima di Nilde, i momenti di riposo e di tranquillità vissuti con Togliatti passeggiando proprio in questo parco cittadino.

Ancora più stretti i percorsi della memoria collettiva che restituiscono visibilità alle figure impegnate nella cultura, nell’arte, nella scienza, nel lavoro. Accanto alle 78 donne del mondo letterario – umanistico e alle 72 donne dello spettacolo ricordate nelle targhe stradali, poche sono le figure di artiste (solo 18), ancor meno le donne del mondo scientifico (12) e del mondo dell’imprenditoria (4), testimonianza evidente della preclusione di genere in questi ambiti.

L’odonomastica cittadina riflette quindi un vuoto, che riguarda il mancato riconoscimento, la scarsa memoria e l’evidente disattenzione nei confronti dei ruoli sostenuti in ogni tempo dalle donne.

Nel XII Municipio della capitale c’è un luogo che apparentemente sembra ribaltare ogni discorso sul sessismo nell’odonomastica. È il parco pubblico di Villa Pamphili, nel XII Municipio, dove la natura suggestiva e solenne fa da sfondo a un universo quasi completamente femminile.

Trenta aree, fra radure e viali della villa, sono state intitolate a donne, attraverso un arco temporale che va dal XVII secolo (con il ponte dedicato ad Artemisia Gentileschi) fino ai giorni nostri (con le targhe ad Anna Politkovskaja e Oriana Fallaci, collocate pochi mesi dopo la loro morte). Trenta personaggi che costituiscono il 50% di tutte le intitolazioni femminili del Municipio.

Quali sono le donne ricordate? 14 sono figure storiche, dalle protagoniste del Risorgimento e della difesa della Repubblica Romana a quelle che difesero Roma e il mondo dalla violenza nazifascista; 13 sono donne “di scrittura”, letterate come le sorelle Bronte o giornaliste come Camilla Cederna e la già ricordata Anna Politkovskaja. In misura minore sono presenti personaggi della musica (Clara Schumann, Maria Callas e Maria Carta) dell’arte (Artemisia Gentileschi Lomi) e della scienza (Florence Nightigale).
A partire dalla fine degli anni Settanta, ma con una maggior frequenza nei decenni successivi fino al 2008, le amministrazioni capitoline hanno seguito la politica di intitolare quasi esclusivamente alle donne i sentieri e i viali interni a Villa Pamphili. Le figure commemorate del parco costituiscono un’inversione di tendenza rispetto alle scelte odonomastiche del passato, che privilegiavano nomi di sante, figure religiose o legate all’impegno sociale di tipo assistenziale e caritatevole. Le donne ricordate nel parco hanno tutte avuto ruoli attivi e paritari nella società, dimostrando capacità di pensiero e di azione, indipendenza intellettuale e morale.
Il caleidoscopico panorama di genere che si presenta dimostra che si è voluto rimediare alle evidenti e continue “distrazioni” delle amministrazioni creando una sorta di “Pantheon all’aperto” dell’universo femminile, un risarcimento tardivo alla memoria delle donne e alla loro storia. Le intitolazioni dei viali ad alcune figure storiche del femminismo come Anna Maria Mozzoni, Carlotta Clerici, Simone de Beauvoir e la targa dedicata alla data dell’8 marzo confermano la riflessione intrapresa in passato dal Comune di Roma sul ruolo e sulla condizione femminile nella società moderna.

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La scelta dell’amministrazione comunale di dedicare alla memoria delle donne una grande area verde come Villa Pamphili pone alcuni interrogativi.

Chiuse all’interno del parco, le strade femminili sono isolate dall’ambiente urbano, una sorta di ghetto che le sottrae in parte allo spazio fisico della città e alla sua sfera simbolica; i nomi si susseguono senza che sia possibile rintracciare altri caratteri comuni se non quello di essere donne. Le loro presenze sembrano formare un gruppo toponomastico omogeneo, così come esistono i gruppi che derivano dalla flora, dal mondo animale, o che vogliono ricordare i fiumi, i monti, i comuni di una regione.

Al tempo stesso passeggiare nel parco offre un’interessante prospettiva di genere e un’utile occasione per ricordare o scoprire figure di donne importanti. Lo sviluppo della consapevolezza di quanto è stato creato, inventato, realizzato dalle donne, consente un significativo rispecchiamento nella vita di tanti personaggi femminili importanti e, soprattutto nelle nuove generazioni, educa al rispetto delle differenze e al superamento degli stereotipi culturali.

Barbara Belotti

Ha collaborato  a Percorsi di genere femminile, (voll.1-2) di Maria Pia Ercolini (Iacobelli, 2011 e 2013). È vicepresidente dell’Associazione Toponomastica femminile.