Maria by Callas, il documentario su Maria Callas

Il titolo del documentario diretto da Tom Volf risulta estremamente indovinato dato che sovverte l’ordine di apparizione pubblica delle ‘protagoniste’ mandando avanti la donna che emerge dietro l’artista, la vita dietro la proiezione artistica, il sentimento dietro la musica.

Questo è, sì, ammettere che Maria Callas fu effettivamente, molto per scelta, due donne, l’una indissolubilmente legata all’altra senza ipocrisia.

Il documentario affida quasi completamente la narrazione alle testimonianze audiovisive di repertorio, mentre Fanny Ardant recita le memorie e lettere private scritte dalla diva; ma la voce principale è quella di Maria che racconta se stessa e la sua versione da artista. Se, quindi, a primo impatto la storia sembra soffrire dell’assenza di una traccia narrativa esterna, via via si apprezza questo lavoro che non può più definirsi categoricamente biografico perché sembra autobiografico, certamente pensato con amore e sensibilità.

Seguendo la vita della soprano statunitense, si scorgono fin dalla prima infanzia una dedizione e una rigorosa disciplina che saranno caratterizzanti il percorso di Callas, come anche confermato da Elvira de Hidalgo, l’adorata maestra e amica.

FOTO 1. Locandina

Conflittuale il rapporto con la maternità: da una parte, l’influenza di una madre austera e anaffettiva, che spingerà una giovanissima Maria verso il canto (e, a questo riguardo, risultano soprendenti alcune considerazioni circa la dovuta libertà e spensieratezza che Callas riteneva dovessero essere accordate all’infanzia e all’adolescenza); dall’altro, una maternità mai realizzata e sacrificata alla carriera (‘Credo che il destino di una donna sia la famiglia, il mio ero diverso e non ci si può opporre al proprio destino’).

Sullo schermo, la donna che è riuscita a riproporre la figura della prima donnanelle sembianze di una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare, è sempre sorridente, risulta a volte impenetrabile, salvo poi ritrovarne un’umanità nelle parole che rivelano un pensiero rigoroso e controllato ma altrettanto autentico.

La divisione tra la donna e l’artista si risolve nella musica, nel vincolo d’amore tra il sentimento, l’emozione e l’interpretazione che ne segue (‘per me la musica è un tentativo di toccare il cielo’). A volte sembra che la scissione assunta come tale sia stata anche necessaria alla donna per sopravvivere all’altra parte. Drammatico, in alcuni momenti, il rapporto col pubblico che alla diva non perdona i naturali limiti della donna, come nel caso del linciaggio mediatico a seguito dell’abbandono della scena durante la Norma, a Roma, nel 1958, che più in là Maria commenta con un semplice, disarmante: ‘avevo solo una bronchite’.

Definita spesso turbolenta (ma a David Frost che la sta intervistando sgrana gli occhi e dice: ‘Non sono sicura di capire cosa intende per ‘turbolenta’), ma di suo restia alle definizioni, dopo questo primo difficile confronto col pubblico affina la già poderosa arte dell’autocontrollo, anche durante e dopo la celeberrima relazione con Onassis. Se nei riguardi del primo marito, Meneghini, Callas avverte una crescente insofferenza perché a suo avviso troppo concentrato sulla Callas e molto poco su Maria, con Onassis sembra che abbia provato l’irrinunciabile felicità di poter essere se stessa. Nella speranza di sposarlo, rinuncia alla cittadinanza americana a favore di quella greca per motivi legali, che però appare anche come un casuale ma potente tentativo di ritorno alle origini. Tradito, come è noto, dalla scelta dell’armatore greco di sposare Jacquline Lee Bouvier Kennedy.

Nel film Diana, Hasnat Khan afferma che il cuore umano può essere colpito da danni irreversibili e che questo era il caso di Maria Callas, morta di crepacuore. E allora, se si pensa alla morte ravvicinata di Maria e Onassis, queste parole possono avere un senso. Non solo il tradimento, non solo gli allontanamenti l’hanno abbattuta; forse la morte dell’amato, degli amici cari (tra cui Pasolini che l’aveva resa Medea), forse quella stanchezza che sentiamo spesso nominare: ‘Ho onestà e integrità, ma per l’onestà e l’integrità si paga un prezzo molto alto’.

Il documentario risulta emozionante anche per la bella selezione di performance proposte. E, a fine proiezione, emergerà forte la percezione dell’irresistibile sensazione di calore che investe il pubblico dal primo fotogramma e che proviene dalla voce di Callas, e non solo quando canta. Una voce immortale, calda, vibrante, divina e umana insieme.

Qui il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=9D__T-88hZY

Foto 2. Callas e Pasolini




ITALIA – Agliana: originalità e rinnovamento per le vie cittadine

di Laura Candiani

foto di Maria Pia Ercolini

Il Comune di Agliana si trova all’estremità orientale della provincia di Pistoia, nella direzione Prato- Firenze, e sorge in un’area completamente pianeggiante, delimitata da tre corsi d’acqua e attraversata dal torrente Brana. Attualmente ha poco più di 17.000 abitanti, molti dei quali impiegati nelle attività principali: l’industria tessile e il vivaismo. Qui ha sede anche uno dei più famosi cioccolatieri italiani che esporta i suoi prodotti di eccellenza in tutto il mondo.

L’origine dell’abitato è antica, addirittura risale al I -II sec. a. C. quando sorse la via Cassia; durante l’età medievale fu Comune rustico e poi podestarile; a questo periodo risalgono le quattro antiche chiese, assai rimaneggiate nel corso del tempo. In epoca moderna è divenuto Comune autonomo nel 1913, prima in provincia di Firenze, poi sotto Pistoia.

1.mappa

FOTO 1. MAPPA

La popolazione, di forte tradizione antifascista, contribuì con coraggio e grande tributo di sangue alla guerra partigiana, grazie anche alla posizione strategica del territorio, nei pressi della Linea Gotica; la cittadina fu liberata dalla formazione “Agliana” il 4 settembre ’44. Il ricordo di questi eventi è assai presente con un monumento e una serie di intitolazioni a martiri del fascismo e della Resistenza, nazionali e locali, come i fratelli Cervi, Amendola, Buozzi, d’Acquisto, Eugenio Curiel, Magnino Magni. Il grande parco centrale – sorto in una ex-cava – è dedicato a Sandro Pertini.

 2.Agliana-Giovannella-bassa

FOTO 2. GIOVANNELLA

Nell’odonomastica si segnalano 106 strade intitolate a uomini, 13 a donne (una delle quali alla non identificata Giovannella), ma quello che colpisce sono alcune scelte non comuni e per nulla banali. A fianco di dediche tradizionali, come quelle a Grazia Deledda (ricordata ovunque in Italia perché, alla morte, nel ’36, il Fascismo ne fece una gloria nazionale), a Elsa Morante e a Santa Teresa d’Avila, troviamo nomi di donne di spettacolo di fama internazionale come Anna Magnani e Maria Callas.

3.Agliana.Morante.Bassa

FOTO 3. ELSA MORANTE (Roma 18.8.1912- 25.11.1985)

Scrittrice, saggista, traduttrice, poeta, appassionata di cinema , iniziò giovanissima a scrivere fiabe e storie per bambini e a pubblicare su riviste. Fu amica e collaboratrice dei maggiori intellettuali dell’epoca e moglie di Alberto Moravia; la sua fama è legata a una serie di fortunati romanzi: Menzogna e sortilegio( ’48), L’isola di Arturo(’57- premio Strega), La Storia (che volle pubblicato direttamente in edizione economica, al prezzo di duemila lire, nel ’74) , Aracoeli (’82).

 4.Agliana_Teresa_bassa

FOTO 4. SANTA TERESA D’AVILA

(Avila- Spagna 28.3.1515- Alba de Tormes 15.10.1582)

Dopo un lungo e travagliato percorso, arrivò alla “conversione “ a quasi quarant’anni; fondò l’ordine dei Carmelitani scalzi (monache e frati) che fu uno dei pilastri della Controriforma. Scrisse testi che illustrano la sua dottrina, in particolare Il castello interiore. Santa nel 1622, nel 1970 fu nominata da papa Paolo VI “dottore della Chiesa” , insieme a Santa Caterina da Siena.

 5.Agliana.Callas.bassa

FOTO 5. MARIA CALLAS

(New York 2.12.1923- Parigi 16.9.1977)

Anna Maria Cecilia Sophia Kalogeropoulou è stata la soprano che ha fatto riscoprire il belcanto (Bellini- Donizetti) e per le sue uniche doti vocali ha contribuito a far riemergere opere dimenticate (Anna Bolena, La Vestale, Macbeth) o sottovalutate ( La Gioconda, Medea). È stata definita “soprano drammatico d’agilità” per la forza e per l’estensione della sua voce, straordinariamente espressiva, che ha dato una svolta alle interpretazioni teatrali: pensiamo alla sua “Traviata”(regia di Visconti) e alla sua “Norma”. Importante anche il contributo cinematografico con il ruolo di protagonista in “Medea” di Pasolini (’66).

D’altra parte, fra gli uomini, incontriamo Caruso e Toscanini, cantanti come Giorgio Gaber e Fabrizio de Andrè, il ciclista Fausto Coppi, a cui è eretto un monumento.

 6.Agliana Luxemburg_bassa

FOTO 6. ROSA LUXEMBURG

(Zamosc- Polonia 5.3.1871- Berlino 15.1.1919)

Politica, filosofa, rivoluzionaria e teorica del marxismo, naturalizzata tedesca, brillava per intelligenza e cultura, per vitalità ed energia; fu fra i fondatori del Partito Socialista Polacco e poi del Partito Comunista Tedesco. Rapita e uccisa durante le rivolte successive alla Prima guerra mondiale, il suo corpo fu recuperato in un canale, ma nel ’35 i resti andarono dispersi. La sua opera più importante si intitola L’accumulazione del capitale (1913); molto interessante anche La rivoluzione russa- Un esame critico, pubblicata postuma.

Se ancora Anna Frank e Rosa Luxemburg si possono inserire in una certa tradizione – almeno in Toscana e nelle regioni un tempo definite “rosse”, in un Comune governato da sempre da giunte di sinistra – appare una scelta originale il ricordo della intellettuale Hannah Arendt.

7.Agliana.Arendt.bassa 

FOTO 7. HANNAH ARENDT

(Hannover 14.10.1906- New York 4.12.1975)

Filosofa, storica, scrittrice tedesca, naturalizzata statunitense; a causa delle persecuzioni razziali lasciò la Germania per Parigi e poi emigrò negli USA, nel ’40. Scrisse fra l’altro: Le origini del totalitarismo (’51) e Vita Activa (’58) in cui espose la sua teoria politica. Per il “New Yorker” seguì il processo al criminale nazista Eichmann che le ispirò il celebre libro La banalità del male.

Un nome non molto frequente, ma in crescente presenza è quello di Ilaria Alpi, la giovane giornalista che cadde vittima di un agguato a Mogadiscio a causa delle proprie rischiose inchieste. Le scelte tuttavia che colpiscono per la loro originalità e portano a indagare riguardano due donne attive in ambiti ben diversi, pochissimo conosciute ma entrambe eccezionali: si tratta della patriota salvadoregna Marianella Garcia, di formazione cattolica, barbaramente uccisa, come il vescovo Romero di cui era coraggiosa collaboratrice nella lotta contro i soprusi e le violenze.

 8.Agliana_Garcia_bassa

FOTO 8. MARIANELLA GARCIA VILLAS

(San Salvador 7.8.1947 – Suchitoto – El Salvador 13.3.1983)

Figlia della borghesia, dopo aver studiato in Spagna, si laureò in Filosofia e poi in Scienze politiche; scelse la lotta a fianco del suo popolo sfruttato e collaborò con il vescovo Oscar Romero. Definita efficacemente “avvocata dei poveri, difensore degli oppressi, voce dei perseguitati e degli scomparsi”, armata solo di una macchina fotografica per testimoniare i soprusi degli “squadroni della morte”, torturata e violentata, venne uccisa a soli 36 anni.

 

L’altra è la papirologa Medea Norsa, un genio nel suo campo: dopo aver sofferto da ebrea per le persecuzioni razziali, subì un vero ostracismo professionale da parte dei colleghi invidiosi, che non accettavano il suo ruolo dirigenziale. Quest’ultima intitolazione è avvenuta nel 2012, nel quinquennio in cui era sindaca Eleanna Ciampolini (2009-2014).

 9.Agliana_Norsa_bassa

FOTO 9. MEDEA NORSA

(Trieste 26.8.1877- Firenze 28.7.1952)

Maria Vittoria Irma Norsa fu filologa, grecista e papirologa insigne; dopo aver studiato a Vienna e a Firenze, insegnò nei Licei e poi fu libera docente in Papirologia alle Università di Firenze e Pisa. Membro di istituzioni prestigiose, divenne nel ’35 direttrice dell’Istituto Papirologico Italiano, ma le invidie dei colleghi le resero difficile il lavoro, finché fu collocata forzatamente a riposo nel ’49.

Viene infine ricordata – come anche a Pistoia – la gentildonna Selvaggia Vergiolesi, sconosciuta al di fuori di un certo ambito letterario, ispiratrice del poeta stilnovista Cino da Pistoia (anche lui nello stradario aglianese).

10.Agliana_Vergiolesi-bassa

FOTO 10. SELVAGGIA VERGIOLESI

Come Dante ebbe la sua Beatrice, così il poeta stilnovista Cino da Pistoia ebbe come ispiratrice Selvaggia, pistoiese, di nobile famiglia ghibellina. Probabilmente fu moglie di un certo Focaccia de’ Cancellieri, ma i dati sono incerti e la figura si perde nella leggenda. Sembra che sia morta nel 1313 nel castello di Sambuca Pistoiese dove si era rifugiata per sfuggire alle violenze dei Guelfi e per salvarsi dal rogo della rocca presso Piteccio in cui viveva.

Per concludere un’altra segnalazione interessante: la biblioteca comunale – che sorge vicino all’Istituto Tecnico dedicato a Aldo Capitini (bella figura di intellettuale antifascista e pacifista)- è stata intitolata ad Angela Marcesini, che negli anni ’90 ne fu direttrice e morì prematuramente.

 

 

 




ITALIA – Lirica e teatro nelle targhe stradali femminili a Milano

Di Nadia Boaretto

Se c’è una tipologia di artiste ben celebrate a Milano con targhe commemorative è quella delle cantanti, a cominciare dalle esponenti della lirica. Non sarà un caso: La Scala rappresenta l’incontestato tempio operistico nel mondo, senza timore di competizioni. Non esistono strutture al suo livello per fama e tradizione. Soprani, contralti, tenori, baritoni trovano qui la conferma del loro talento. E talvolta ne divengono l’icona.

In epoca moderna a perpetuare fasti mai cessati spicca il nome di Maria Callas, e per la voce e per il personaggio.

1.Callas

Nata Anna Maria Cecilia Sophia Kalogeropoulou (New York, 2 dicembre 1923 – Parigi, 16 settembre 1977), studiò ad Atene dal 1939 al 1945 e intraprese la carriera internazionale a partire dai tardi anni quaranta.
 Dotata di un timbro unico per volume, estensione e coloratura, riportò in auge il repertorio italiano del primo Ottocento, da lei interpretato con passionalità drammatica vocale e teatrale. Bell’esempio di canto di bravura, rientra a pieno titolo nella definizione di soprano drammatico d’agilità in senso lato.
Il suo straordinario talento di soprano e interprete, il successo artistico e mediatico, il mito costruito attorno a lei, le valsero l’appellativo di Divina. Come Maria Malibran e Giuditta Pasta riuscì a estendere la gamma ai suoni più acuti a completamento della pienezza delle note gravi.
Attiva in Grecia nel periodo 1937-1945, calcò le scene statunitensi dal 1945-1947 e nel 1947 giunse In Italia dove incontrò l’imprenditore Meneghini, suo futuro marito. I nomi lirici più noti al tempo erano Tebaldi, Simionato, Del Monaco, Di Stefano. La consacrazione di Callas avvenne nel 1948-1950, quando fu osannata a Venezia, Roma, Firenze, Torino. E alla Scala, che negli anni d’oro (1951-1957) aveva come sovrintendente

2.Callas.

Ghiringhelli, mai in buone relazione con lei.
 Un notevole cambiamento avvenne tra il 1952 e il 1954, quando un drastico calo di 38 chili ridusse il peso da 92 a 54 che, distribuiti su un’altezza di 172 cm, le conferirono una silhouette degna delle modelle di Biki, sua stilista preferita. Era pronta per assurgere a stella della mondanità, come dimostrerà il legame con Onassis, incontrato nel 1959. Nel 1966 Callas rinunciò alla doppia nazionalità statunitense e italiana per ottenere quella greca, forse per indurlo al matrimonio, ma lui le preferì Jackie, vedova di John Kennedy.
Il declino della voce appare già evidente nel 1958, data d’inizio di un periodo tormentato, interrotto nel 1966 dall’interpretazione nel film Medea di Pasolini. Alla stagione 1973-1974 risale l’ultima tournée, con Giuseppe Di Stefano. Maria Callas morì nella casa di Parigi, in angosciosa solitudine, stando al film di Zeffirelli.

Al mondo della lirica appartiene anche Giuseppina Maria Camilla Grassini, o Josephina (Varese, 18 aprile 1773 – Milano, 3 gennaio 1850), contralto debuttante nel mondo dell’opera a Parma nel 1789.

3.Grassini

L’anno seguente fu alla Scala di Milano in tre opere buffe che non ebbero grande successo, il che la indusse a dedicarsi ai ruoli drammatici.
 A partire dal 1792 Giuseppina tornò pienamente attiva nei teatri di Vicenza, Venezia, e di nuovo a Milano, Napoli e Ferrara. Il suo anno di gloria fu il 1796 grazie alla creazione di due ruoli a tutt’oggi famosi: la protagonista dell’opera Giulietta e Romeo e Orazia in Gli Oriazi e i Curiazi.
 Non aliena alle avventure amorose, la Grassini incantò Napoleone Bonaparte e lo seguì come amante a Parigi. Qui si esibì in alcuni concerti, per poi recarsi in tournée nei Paesi Bassi e in Germania (1801), e rientrare in Italia. Nel 1804-5 fu a Londra e nel 1806 tornò a Parigi, dove venne nominata Prima cantante di Sua Maestà l’Imperatore. Nuovamente chiamata al King’s Theatre di Londra, intrecciò una relazione con il nemico giurato di Napoleone, il duca di Wellington. Seguì un breve soggiorno a Roma, poi a Parigi durante i Cento giorni dell’epilogo napoleonico e anche dopo la Restaurazione (il Duca di Wellington era stato nominato ambasciatore britannico a Parigi). Ma dovette lasciare la Francia per volere di Luigi XVIII, poco propenso ad accettare la popolarità di un’ex-amante del Bonaparte.
Rientrata quindi definitivamente in Italia, calcò le scene a Brescia, Padova, Trieste, Firenze e nel 1817 nuovamente alla Scala, ma con minore successo.

RIDOTTA_4.Giuseppina_Grassini

La sua carriera si concluse nel 1823 a Milano, dove morì dopo anni di insegnamento, avendo tra le sue allieve Giuditta Pasta. 
Giuseppina Grassini, una delle più grandi cantanti liriche a cavallo tra Settecento e Ottocento, aveva una voce di contralto, del genere che oggi rientrerebbe nella categoria mezzosoprano. Malgrado la limitata estensione vocale, brillava per sonorità e volume, oltre che per la notevole flessibilità e le doti interpretative, ben esaltate dalla bellezza. Avversa alla tendenza che preferiva i superacuti fini a se stessi, simboleggiò la passione e il vigore della stagione aurea bisecolare del canto lirico.

Allieva della Grassini e attiva in un periodo subito successivo fu Giuditta Angiola Maria Costanza Pasta, nata Negri (Saronno, 26 ottobre 1797 – Como, 1o aprile 1865), mezzosoprano e soprano tra le maggiori celebrità operistiche del XIX secolo, alla pari con Maria Malibran.

RIDOTTA_5.GiudittaPasta

Interessatasi precocemente alla musica, studiò solfeggio e canto privatamente. Nel 1813, raggiunta l’età minima necessaria, si iscrisse al Conservatorio di Milano, dove rivelò subito un eccezionale talento. Il debutto come professionista avvenne nel 1815 al Teatro Filodrammatici di Milano. Fu un’infelice esibizione, tuttavia seguita l’anno dopo da uno straordinario successo a Parigi.
 Nel 1817 era a Londra, dove ancora una volta ebbe un debutto scoraggiante, il che non le impedì di rispettare coscienziosamente gli impegni presi. Soltanto la gravidanza poté costringerla a ritirarsi temporaneamente dalle scene. A marzo nacque la figlia Clelia e a settembre ricominciò l’attività al Teatro San Benedetto di Venezia.
Nel biennio 1818-20 Giuditta si esibì a Padova, Roma, Brescia, Trieste, Torino, Venezia, collaborando con la grande Giuseppina Grassini. Nel 1819 cantò al Théâtre-Italien di Parigi e l’anno successivo al Teatro La Fenice di Venezia, per tornare tra il 1821 e il 1823 a Parigi con un vasto repertorio, contesa non solo dai teatri Odéon e Opéra, ma anche dall’aristocrazia.
Seguirono tournée al Teatro Regio di Torino e nel biennio 1824-25 a Londra e Parigi. Nel 1826, oltre agli impegni con Parigi e Londra, vi fu lo strepitoso successo al Teatro San Carlo di Napoli. E poi la Pasta sarà ancora a Londra e al Teatro Comunale di Bologna nel 1829, anno in cui, dopo circa tre lustri come contralto, passò al registro di soprano, esordendo a Vienna. Nel frattempo si esibiva con frequenza a Milano, dove soggiornava nell’attuale via Montenapoleone. Sempre nel 1829 ricevette il titolo di Illustrissima cantatrice di S.M.I.R.A. (Sua Maestà Imperial Regia Apostolica).

 RIDOTTA_6.PastaNel 1830 Donizetti scrisse per lei l’opera Anna Bolena, soggiornando a Blevio, ospite della stessa Pasta, che contribuì alla composizione con preziosi suggerimenti. 
L’incontro tra la Pasta e il Bellini fu fondamentale per entrambi: la cantante trovò nel giovane musicista l’unico capace di metterne in risalto le doti, mentre Bellini trovò l’interprete ideale, l’unica che grazie ai ricchi mezzi vocali soddisfacesse pienamente la sua verve creativa e sperimentale. Dopo una serie di esibizioni, tra cui alcune infelici alla Scala nella Norma, a causa di scemate prestazioni vocali che con uno sforzo quasi sovrumano era sempre riuscita a dominare, si ritirò dalle scene. Ma nel 1837, dopo due anni di riposo, riprese l’attività in Gran Bretagna e a Parigi. Cantò per l’ultima volta opere complete in una tournée in Russia nel 1841, dove a San Pietroburgo e Mosca interpretò Norma, Semiramide e Anna Bolena.

Nel 1848 appoggiò da Blevio i patrioti italiani durante i moti rivoluzionari delle Cinque giornate di Milano e, avuta notizia della vittoria degli insorti, il 22 marzo piantò la bandiera tricolore sul colle di Brunate e intonò l’inno dell’Italia libera.
La sua ultima esibizione risale al 1851, quando cantò in un concerto alla Royal Opera House con Teresa Parodi, sua allieva.

La sua era stata una storia di studio accanito che le aveva permesso di valorizzare la voce, inizialmente limitata, debole e disomogenea, fino a raggiungere una eccezionale sonorità, coloratura, duttilità ed estensione. Il suo stile ampio e aulico fu definito da Bellini «sublime tragico». I motivi del precoce declino vocale sono da ricercare nella transizione dal registro di contralto a quello di soprano, che la sottoposero a duro sforzo. Come attrice possedeva una notevole presenza scenica, ottime doti recitative, straordinaria musicalità e forte temperamento drammatico.

A scavalcare il XIX secolo sconfinando in epoca moderna ci guida Adelina Patti (Madrid, 19 febbraio 1843 – Craig-y-Nos, 27 settembre 1919).

7.AdelinaPatti

Nata in Spagna e cresciuta negli Stati Uniti da famiglia italiana, è inscritta nella storia operistica come uno dei più grandi soprani di coloratura del Novecento. Ultimogenita di un padre tenore e di una madre soprano, Adelina non fu l’unica dei loro figli a seguire la carriera artistica: le sorelle maggiori Carlotta (1835-1889) e Amalia (1831-1915, sposata al pianista Maurice Strakosch) divennero stimate cantanti, mentre il fratello Carlo (1842-1873) fu violinista e direttore d’orchestra. La formazione canora di Adelina si deve al fratellastro Ettore e al cognato Maurice Strakosch. La sua prima apparizione pubblica del 1852 fu

seguita da numerose tournée negli Stati Uniti e a Cuba, ma il vero e proprio debutto operistico, lodato dalla critica, avvenne il 24 novembre 1859 all’Academy of Music Opera House di New York. Si recò poi con il padre a Londra, dove il 14 maggio 1861 debuttò al Covent Garden, riscuotendo notevole successo. Cantò ad ogni stagione del Covent Garden fino al 1884 e passò quindi in Germania, nei Paesi Bassi, in Belgio. Nel novembre 1861 era al Théâtre Italien di Parigi. In Italia partecipò alla stagione 1865-66.
Nel 1862 si era esibita alla Casa Bianca commuovendo Abramo Lincoln e la moglie (in lutto per la recente perdita del figlio Willie) con il brano Home! Sweet Home! che divenne uno dei suoi bis più frequenti, insieme alla canzone popolare Comin’ Thro’ the Rye.
Nel 1868 cantò ai funerali solenni di Rossini nella Chiesa della Trinité a Parigi. La sua carriera proseguì di successo in successo, negli Stati Uniti, in Europa, in Russia e in Sud America, suscitando ovunque l’entusiasmo del pubblico e della critica, grazie anche all’aspetto fanciullesco che le conferiva un’ottima presenza scenica. Sua celeberrima antagonista fu l’ungherese Etelka Gerster.
La Patti non amava sperimentare e nel programma dei suoi concerti includeva invariabilmente le stesse arie. Tuttavia fu un’attrice convincente in ruoli patetici e quando la sua voce maturò, si cimentò in ruoli di maggior peso. Nel 1885 giunse a interpretare Carmen al Covent Garden, raccogliendo uno dei rari insuccessi della sua carriera.
Si sposò tre volte: nel 1868 con il marchese di Caux, da cui divorziò nel 1885; nel 1886 a Londra con il tenore Ernest Nicolini, che fu suo compagno anche sulla scena e che morì nel 1898; nel 1899 con il barone svedese Rolf Caderström, di 27 anni più giovane.
 A lei è dedicato un cratere di 47 km di diametro sul pianeta Venere.

8.Patti

Dotata di una voce non potente ma limpida e di splendido timbro nonché di straordinaria estensione e agilità, fu una delle più autentiche dive teatrali del suo tempo e come tale si concesse ogni genere di libertà nell’adattare gli spartiti ai suoi mezzi vocali. Pare che un giorno, esercitandosi nell’aria del “Barbiere di Siviglia” Una voce poco fa accompagnata al pianoforte dall’anziano Rossini, la modificasse con una tale quantità di abbellimenti che il musicista le chiese con ironia chi ne fosse l’autore.
Ritiratasi in un grandioso castello di sua proprietà presso Craig-y-Nos, in Galles, la Patti continuò ad esibirsi privatamente nel piccolo teatro del palazzo. Tra il 1903 e il 1906, ormai sessantenne, decise di incidere con la Gramophone Company. Ne nacque una ventina di pezzi, che spaziavano dalle arie d’opera alle canzoni popolari inglesi di fine Ottocento e mostravano come, nonostante l’età, la sua voce rimanesse duttile e armoniosa.

Sempre in campo musicale, ma di tutt’altro registro, raggiunse la fama Milly (nata Carla Mignone: Alessandria, 26 febbraio 1905 – Nepi, 22 settembre 1980), segnalatasi non solo come cantante, ma anche come attrice. Oggi è considerata l’emblema della milanesità.

RIDOTTA_9.Milly

Allevata dalla madre, dopo l’abbandono del padre nel 1910, inizia a lavorare adolescente nel Teatro Fiandra della sua città, dove debutta come cantante nel 1925. Forma poi un trio con la sorella Miti e il fratello Totò, esibendosi nell’avanspettacolo e nella rivista. In quel periodo frequenta il principe Umberto II di Savoia.
Lavora come soubrette e recita in operette al Teatro Lirico di Milano nel 1931 ed al Teatro Reinach di Parma nel 1932. Il trio familiare si scioglie quando la sorella Miti sposa il regista Mario Mattoli, che nel 1934 arruola Milly per il film Tempo massimo. Il cinema non è per lei un’esperienza nuova, perché il debutto era avvenuto due anni prima, in 5 a 0 di Mario Bonnard. Mattoli la chiamerà poi a fianco di Vittorio De Sica in Amo te sola.
In contemporanea Milly incide i primi 78 giri e ottiene un buon successo soprattutto nel 1929 con Stramilano.
Dopo un periodo trascorso in America, nel dopoguerra s’impone nel teatro impegnato e drammatico con L’opera da tre soldi di Bertolt Brecht, allestita dal Piccolo di Milano per la regia di Giorgio Strehler.

10.Milly

Nel 1962 è protagonista, insieme a Enzo Jannacci e Tino Carraro, dello spettacolo Milanìn Milanon.
 Nel 1964 incide la canzone Autunno a Milano, quindi inserisce nel repertorio brani dei cantautori emergenti (Jannacci, De André, Svampa, ecc.). 
Spesso ospite in televisione come interprete di motivi degli anni Venti, Trenta e Quaranta, affianca spesso Mina (sua futura discografica per la PDU) ed è ospite fissa a “Studio Uno” (1965) di Antonello Falqui, con una rubrica di canzoni famose tra le due guerre mondiali, talvolta in duetto con Lelio Luttazzi e nelle medley di chiusura di ogni puntata. Il suo leit motif “come nei mille, mille, mille, ritornelli di Milly” rievocava i testi d’amore del passato che lei stessa presentava in una breve introduzione. Continuavano intanto gli spettacoli e il cinema. È del 1970 Il conformista, per la regia di Bernardo Bertolucci. L’ultimo recital di Milly avviene a Palermo il 3 agosto 1980, poco prima della morte.

Teatro, radio e cinema furono anche i campi d’azione di Maria Melato (Reggio nell’Emilia, 16 ottobre 1885 – Lucca, 24 agosto 1950), attrice, portata alla recitazione sin dall’infanzia, figlia del maestro di scherma Silvio Melato e della nobildonna Elisa Friggieri.

RIDOTTA_11.Melato

Cominciò la sua variegata carriera artistica nella compagnia Berti-Masi (1903), poi come amorosa nella compagnia di Teresa Mariani e Vittorio Zampieri. Successivamente fu prima attrice giovane nella compagnia di Irma Gramatica e Flavio Andò. Ma la vera maturazione avvenne sotto la guida di Virgilio Talli, il più importante capocomico di allora. Rimase con lui dal 1909 al 1921, componendo con Annibale Betrone e Alberto Giovannini una famosa triade: fino al 1918 con un repertorio classico, in seguito sperimentando testi più attuali e di moderna problematica come quelli di Luigi Pirandello, Rosso di San Secondo, Massimo Bontempelli, Gabriele D’Annunzio.

La Melato si cimentò anche in pellicole cinematografiche, purtroppo oggi perdute. Nel 1921 divenne capocomica con Bentrone e iniziò un periodo di fervore artistico a tutto tondo, occupandosi di regia, adattamento dei testi, formazione degli attori, ideazione dei costumi. Dal 1922 in poi fondò diverse compagnie teatrali; nel 1923 e 1925 portò i suoi spettacoli in America Latina con grande successo; nel 1927 trionfò al Vittoriale nell’interpretazione di La figlia di Jorio di D’Annunzio. Negli anni Trenta dovette tornare a temi e autori più tradizionali, formando una compagnia propria ancora con Bentrone e con la regia di Luigi Carini.

12.Melato

Accostata dai suoi ammiratori alla Duse per la tensione emotiva e per la sensibilità esasperata, possedeva un registro vocale che la induceva a compiacimenti fonici, quasi con modulazioni da cantante. In seguito alle vicissitudini della guerra, l’attrice, ormai sessantenne, cominciò a perdere terreno; non le rimasero che alcune recite di secondo piano e il lavoro radiofonico. Si congedò dalle scene nel 1948 per poi ritirarsi in Versilia. Morì il 24 agosto 1950 a seguito di una brutta caduta dal treno mentre si accingeva ad andare a Torino per una trasmissione radiofonica.




ITALIA – Un quartiere dedicato alle donne a Parma

Di Rita Ambrosino

Ci si aspetterebbe che un itinerario al femminile della toponomastica di Parma prendesse le mosse dalla tanto amata Maria Luigia d’Austria, duchessa di Parma e Piacenza dal 1801 al 1847. Tuttavia è un altro il punto di vista che si è scelto di adottare per analizzare parte delle 99 “elette” che sono riuscite a conquistarsi un posto nella toponomastica parmigiana, sulle oltre 2000 strade cittadine, di cui circa 1200 dedicate ad uomini.

Nella periferia Nord-Est di Parma sorge il quartiere Cortile San Martino, comune autonomo fino al 1943 ed una delle prime zone della città ad essere investita dagli insediamenti industriali.

Negli anni ’80 parte del quartiere è destinataria del PEEP, vale a dire il programma di edilizia economica e popolare; sorge così un’area residenziale, il Peep Paradigna, dove fu scelto di intitolare molte strade e piazze a donne celebri. Troviamo, infatti: Ilaria Alpi, Matilde Serao, Maria Callas, Irma ed Emma Gramatica, Matilde di Canossa, Sibilla Aleramo, Eugenia Picco, Ada Negri, Milena Pavlovic Barilli, Katharine Mansfield, Marie Curie, George Sand ed altre ancora.

La passeggiata all’interno di questi palazzi di periferia ci restituisce un’atmosfera piuttosto cupa, di sicuro lontana dallo spessore storico che aleggia nel centro della cittadina padana, ma a rincuoraci qui, così come ad accompagnarci tra le splendide vie del centro storico, è l’eco rimandata dai nomi e dalle storie di illustri donne.

1.ViaMariaCallas_Parma_Foto_RitaAmbrosino

Via Maria Callas, cantante lirica (New York 1923 – Parigi 1977)

Dalla direttrice di via San Leonardo, oltre il Centro Torri, ci inoltriamo per via Maria Callas. Soprano di origini greche, con una voce straordinaria e una maestria scenica unica, Maria Callas diede un rinnovato vigore al repertorio classico italiano ottocentesco; indimenticabili le interpretazioni di opere di Bellini, Donizetti, Puccini, Verdi che contribuirono ad alimentare il successo della Divina.

2.ViaIrma_e_Emma_Gramatica_Parma_Foto_RitaAmbrosino

Via Irma ed Emma Gramatica, ricorda le famose sorelle, attrici teatrali, Irma (Fiume 1867 – Impruneta 1962) ed Emma (Fidenza 1874 – Roma 1965). Di temperamento differente ma entrambe dotate di un’indubbia carica interpretativa, furono prime attrici nelle più note compagnie teatrali dell’epoca. Negli ultimi anni intrapresero con successo anche la carriera radiofonica, cinematografica e televisiva.

3.PiazzaSibillaAleramo_Parma_Foto_RitaAmbrosino

Piazza Sibilla Aleramo è dedicata alla scrittrice e poetessa, nata ad Alessandria nel 1876 e morta a Roma nel 1960, il cui vero nome era Marta Felicina Faccio. Della sua vita, tormentata ed intensa, la cifra più significativa fu l’amore con il quale visse ogni suo giorno. Diceva di sé: “Non so se sono stata donna, non so se sono stata spirito. Son stata amore”. Di indole anticonformista, si ribellò al gretto provincialismo, abbandonando tutto per dedicarsi con vorace passione alla produzione letteraria. Uguale passione mise, inoltre, nella lotta in favore dei diritti delle donne e contro la prostituzione.

4.StradelloMatildediCanossa_Parma_Foto_RitaAmbrosino

Stradello Matilde di Canossa (Mantova 1046 – Bondeno di Roncore 1115). Contessa medievale, il cui vasto dominio si estendeva dal Lazio al Lago di Garda, ricordata per le sue doti politico-diplomatiche e dotata di singolare acume, Matilde volle nel suo entourage studiosi di testi sacri ed esperti di diritto. Di fondamentale importanza fu il suo sostegno al papato durante i difficili equilibri della lotta per le investiture tra Chiesa e Impero; fu, infatti, proprio nel suo castello di Canossa che nell’inverno del 1075 avvenne l’incontro tra l’imperatore Enrico IV e papa Gregorio VII. Nominata Regina d’Italia, entrò nella storia ancora in vita, riconosciuta e venerata dai contemporanei in un’epoca, quale quella medievale, in cui quasi nulla era l’attenzione riservata alle donne.

5.ViaIlariaAlpi_Parma_Foto_RitaAmbrosino

Via Ilaria Alpi, giornalista (Roma 1961 – Mogadiscio 1994). A 15 anni dalla tragica scomparsa della giornalista romana, assassinata, insieme con Miran Hrovatin, a colpi di kalashnikov a Mogadiscio, durante la guerra civile somala, Parma le ha dedicato questa strada nel 2009. Il coraggio e la passione per il suo lavoro, l’avevano portata a condurre una delicata inchiesta sui traffici di armi e di rifiuti tossici tra Italia e Somalia.

6.PiazzaEugeniaPicco_Parma_Foto_RitaAmbrosino

Piazza Eugenia Picco, beata (Crescenzago 1867 – Parma 1921)

Unica intitolazione non “laica” è quella alla religiosa, ora beata, Eugenia Picco. Per sfuggire all’opposizione della famiglia, che sperava per lei un futuro da artista, e per seguire la sua vocazione manifestatasi, come si racconta, dopo essere stata investita dal fenomeno della transverberazione, si trasferì da Milano a Parma. Qui divenne madre superiora del nuovo ordine religioso delle Chieppine e fu molto attiva con opere assistenziali e caritatevoli durante la prima guerra mondiale.

7.StradelloMilenaPavlovic Barilli_Parma_Foto_RitaAmbrosino

Stradello M. Pavlovic Barilli, (Požarevac, Serbia 1909 – New York 1945)

La M. cela il nome di Milena, figlia di Bruno Barilli, musicista e scrittore, discendente da una grande famiglia di artisti parmigiani, e di Danitsa Pavlovic, un’apprezzata pianista imparentata con la famiglia reale serba. Questo incontro di culture caratterizzò tutta la vita e l’arte di Milena, arte che si arricchì delle tendenze europee dei primi decenni del ‘900 fino ad approdare negli Stati Uniti, a New York, dove il suo stile diventerà maturo. Fu pittrice, illustratrice, collaborò a riviste di moda e di decorazioni di interni. Una tragica caduta da cavallo interruppe improvvisamente la sua vita.

8.PiazzaGraziaDeledda_Parma_Foto_RitaAmbrosino

Piazza Grazia Deledda, scrittrice (Nuoro 1871- Roma 1936). Motivi autobiografici e realismo documentario sono le principali caratteristiche della ricca produzione di questa scrittrice autodidatta, dal carattere schivo e riservato, la cui lucida capacità descrittiva dei drammi della sua Sardegna e, in generale, della solitudine e dell’incomunicabilità dell’uomo moderno le valsero il Premio Nobel per la letteratura nel 1926, seconda donna ad essere insignita di questo riconoscimento, dopo la svedese Selma Lagerlöf nel 1909.

9.PiazzaMarieCurie_Parma_Foto_RitaAmbrosino.ridotta

Piazza Marie Curie, chimica e fisica polacca (Varsavia 1867 – Passy 1934). Dalla Polonia si trasferì a Parigi per proseguire i suoi studi e qui si laureò in matematica e fisica. Scienziata, due volte Premio Nobel, nel 1903 per la fisica e nel 1911 per la chimica, alle sue ricerche, unitamente a quelli del marito Pierre, si devono le ricerche sulla radioattività e la scoperta del radio e del polonio.

10.ViaKatherine Mansfield_Parma_Foto_RitaAmbrosino

Via Katherine Mansfield, (Wellington 1888 – Fontainebleau 1923).

Piacevole scoperta è la via dedicata a questa sfortunata scrittrice neozelandese, morta a soli 34 anni perché gravemente malata di tubercolosi, dopo un estremo tentativo di cura mistico-ascetica nella speranza di diventare una figlia del sole, nell’istituto per lo sviluppo armonioso dell’uomo di Georges Gurdjieff a Fontainebleau, in Francia. Lettrice instancabile, fu un’autrice vibrante, appassionata, incisiva, tanto ammirata da Virginia Woolf, sua contemporanea, la quale non fece mistero anche di una certa dose di invidia per la scrittura perfetta delle sue short stories, alcune rimaste incompiute e venute alla luce solo alcuni anni fa.

11.ViaAdaNegri_Parma_Foto_RitaAmbrosino

Stradello Ada Negri, (Lodi 1870 – Milano 1945). Poetessa e scrittrice, molto varia è la sua produzione: poesie, novelle, racconti. Apprezzata e stimata per l’umanitarismo dei suoi scritti che con delicatezza affrontavano le sofferenze delle classi sociali più umili e il loro desiderio di redenzione sociale, Ada Negri ottenne numerosi riconoscimenti e fu gradita al regime fascista tanto da essere la prima donna ammessa all’Accademia d’Italia.

12.PiazzaGeorgeSand_Parma_Foto_RitaAmbrosino

Piazza George Sand, (Parigi 1804 – Nohant, Indre 1876)

Straordinaria e prolifera scrittrice e drammaturga francese, il cui vero nome era Aurore Dupin, espresse nelle sue opere tutte le sue passioni e le contraddizioni della sua epoca. Anticonformista, amava vestirsi da uomo e non esitò ad adottare uno pseudonimo maschile, scelta del resto comune in un’epoca in cui le capacità artistiche femminili erano considerate di minor valore rispetto a quelle maschili. Condusse una vita intensa, ricca di amori e fuori dagli schemi, di cui non si curò affatto. Partecipò con interesse alla vita politico-sociale, esprimendo il proprio appoggio per l’emancipazione femminile e le idee socialiste, arrivando ad appoggiare la rivoluzione parigina del 1848.




ITALIA – A Roma soltanto il 3,7% delle strade ha nomi di donne, quasi tutte sante…

 

di Barbara Belotti

Agli inizi degli anni Duemila le strade di Roma erano poco più di 14.000 e quelle con nomi femminili 336 (2.35%).

Dopo oltre dieci anni le nuove aree di circolazione sono più di 16.000, le strade dedicate alle donne sono salite a 608, riducendo il divario ma confermando la percentuale bassa (3.7%).

Gli uomini, invece, sono rappresentati con oltre 7.500 intitolazioni: vie, viali, piazze, corsi ecc. ricostruiscono un universo maschile composto da personaggi noti (alcuni stranoti) ma anche da tantissimi sconosciuti.

La città continua ad espandersi e nelle cinture periferiche sono sorti nuovi quartieri e nuovi insediamenti. La realizzazione delle necessarie opere viarie avrebbe potuto essere l’occasione per restringere il divario fra intitolazioni maschili e femminili, recuperando molti nomi di donne che hanno contribuito alla definizione del mondo in cui viviamo. Forse nelle aree periferiche della città qualcosa è cambiato e in alcuni quartieri si è avuta una maggiore attenzione verso la memoria femminile … eppure proprio in un paio di municipi esterni (l’XI e il XV) si registrano i più bassi indici di femminilizzazione: ogni cento intitolazioni maschili, circa due sono destinate a donne.

Nel centro cittadino, dove invece il rapporto M/F è di 5 a 1, sono le figure religiose a dare un forte contributo alla sfera femminile.

Roma.Antonietti.Ercolini.maggio2012 copia

Nel complesso, un terzo delle strade e delle piazze di Roma continua a essere legato al ricordo della Madonna, ai nomi delle sante, delle beate o martiri cristiane e, in un curioso sincretismo, ai personaggi della mitologia greco – romana.

01.01.Iotti.foto.LindaZennaro copia

Il numero di strade dedicate alle protagoniste storiche, a Roma, ha una certa rilevanza: sono 111 (quasi il 18% del totale femminile) ma molte sono eroine dell’antichità, del Medioevo e del Rinascimento alle quali solo da poco tempo si stanno affiancando figure più moderne, che possono diventare concreti modelli di riferimento per le nuove generazioni. Come non guardare con tristezza ai pochi nomi di donne che celebrano le vicende del Risorgimento e della Repubblica Romana del 1849, Colomba Antonietti, Cristina di Belgioioso, Margareth Fuller Ossoli per esempio?

Ancora più desolante appare la scarsa attenzione rivolta alle “Madri dell’Italia”, le donne che hanno animato la Consulta Nazionale e l’Assemblea Costituente, il cui contributo di pensiero e di azione ha dato vita al volto democratico del Paese. A Roma nessun luogo pubblico, nessuna piazza o via commemora quei nomi, eccezion fatta per Nilde Iotti, ricordata in un viale interno a Villa Celimontana; ma anche in questo caso il suo nome non ha una valenza storica e politica, piuttosto recupera la sfera intima di Nilde, i momenti di riposo e di tranquillità vissuti con Togliatti passeggiando proprio in questo parco cittadino.

Ancora più stretti i percorsi della memoria collettiva che restituiscono visibilità alle figure impegnate nella cultura, nell’arte, nella scienza, nel lavoro. Accanto alle 78 donne del mondo letterario – umanistico e alle 72 donne dello spettacolo ricordate nelle targhe stradali, poche sono le figure di artiste (solo 18), ancor meno le donne del mondo scientifico (12) e del mondo dell’imprenditoria (4), testimonianza evidente della preclusione di genere in questi ambiti.

L’odonomastica cittadina riflette quindi un vuoto, che riguarda il mancato riconoscimento, la scarsa memoria e l’evidente disattenzione nei confronti dei ruoli sostenuti in ogni tempo dalle donne.

Nel XII Municipio della capitale c’è un luogo che apparentemente sembra ribaltare ogni discorso sul sessismo nell’odonomastica. È il parco pubblico di Villa Pamphili, nel XII Municipio, dove la natura suggestiva e solenne fa da sfondo a un universo quasi completamente femminile.

Trenta aree, fra radure e viali della villa, sono state intitolate a donne, attraverso un arco temporale che va dal XVII secolo (con il ponte dedicato ad Artemisia Gentileschi) fino ai giorni nostri (con le targhe ad Anna Politkovskaja e Oriana Fallaci, collocate pochi mesi dopo la loro morte). Trenta personaggi che costituiscono il 50% di tutte le intitolazioni femminili del Municipio.

Quali sono le donne ricordate? 14 sono figure storiche, dalle protagoniste del Risorgimento e della difesa della Repubblica Romana a quelle che difesero Roma e il mondo dalla violenza nazifascista; 13 sono donne “di scrittura”, letterate come le sorelle Bronte o giornaliste come Camilla Cederna e la già ricordata Anna Politkovskaja. In misura minore sono presenti personaggi della musica (Clara Schumann, Maria Callas e Maria Carta) dell’arte (Artemisia Gentileschi Lomi) e della scienza (Florence Nightigale).
A partire dalla fine degli anni Settanta, ma con una maggior frequenza nei decenni successivi fino al 2008, le amministrazioni capitoline hanno seguito la politica di intitolare quasi esclusivamente alle donne i sentieri e i viali interni a Villa Pamphili. Le figure commemorate del parco costituiscono un’inversione di tendenza rispetto alle scelte odonomastiche del passato, che privilegiavano nomi di sante, figure religiose o legate all’impegno sociale di tipo assistenziale e caritatevole. Le donne ricordate nel parco hanno tutte avuto ruoli attivi e paritari nella società, dimostrando capacità di pensiero e di azione, indipendenza intellettuale e morale.
Il caleidoscopico panorama di genere che si presenta dimostra che si è voluto rimediare alle evidenti e continue “distrazioni” delle amministrazioni creando una sorta di “Pantheon all’aperto” dell’universo femminile, un risarcimento tardivo alla memoria delle donne e alla loro storia. Le intitolazioni dei viali ad alcune figure storiche del femminismo come Anna Maria Mozzoni, Carlotta Clerici, Simone de Beauvoir e la targa dedicata alla data dell’8 marzo confermano la riflessione intrapresa in passato dal Comune di Roma sul ruolo e sulla condizione femminile nella società moderna.

villa.sciarra.fuller

La scelta dell’amministrazione comunale di dedicare alla memoria delle donne una grande area verde come Villa Pamphili pone alcuni interrogativi.

Chiuse all’interno del parco, le strade femminili sono isolate dall’ambiente urbano, una sorta di ghetto che le sottrae in parte allo spazio fisico della città e alla sua sfera simbolica; i nomi si susseguono senza che sia possibile rintracciare altri caratteri comuni se non quello di essere donne. Le loro presenze sembrano formare un gruppo toponomastico omogeneo, così come esistono i gruppi che derivano dalla flora, dal mondo animale, o che vogliono ricordare i fiumi, i monti, i comuni di una regione.

Al tempo stesso passeggiare nel parco offre un’interessante prospettiva di genere e un’utile occasione per ricordare o scoprire figure di donne importanti. Lo sviluppo della consapevolezza di quanto è stato creato, inventato, realizzato dalle donne, consente un significativo rispecchiamento nella vita di tanti personaggi femminili importanti e, soprattutto nelle nuove generazioni, educa al rispetto delle differenze e al superamento degli stereotipi culturali.

Barbara Belotti

Ha collaborato  a Percorsi di genere femminile, (voll.1-2) di Maria Pia Ercolini (Iacobelli, 2011 e 2013). È vicepresidente dell’Associazione Toponomastica femminile.