A Napoli da Matilde

“Guarda che bello… Per carità, Roma è Roma, ma un lungomare così dove altro puoi trovarlo?”
“Ha ragione signora Serao1, Napoli ti entra nel cuore… Lei quando è venuta qui?”
“Ho seguito la mia famiglia nel 1861, avevo solo cinque anni. Ci siamo trasferiti perché mio padre è stato assunto alla redazione de Il Pungolo.”
“È grazie a lui che ha cominciato a scrivere?”
“Sicuramente mio padre mi ha fatto avvicinare al mondo del giornalismo e mi ha abituato sin da piccola all’ambiente della redazione, ma in realtà ho imparato a leggere e a scrivere molto tardi!”
“Quindi il suo esordio a quando risale?”
“All’inizio scrivevo brevi articoli per il Giornale di Napoli, poi ho pubblicato qualche novella sotto lo pseudonimo di “Tuffolina”. Però, al di là di questi primi esperimenti, la mia prima pubblicazione vera e propria è stata la novella “Opale”, che uscì nel 1878 sul Corriere del Mattino.”
“Da lì in poi ha scritto romanzi che hanno avuto un successo strepitoso! Penso a “Fantasia”, o a “Il ventre di Napoli”…”
“Sì, ma ti fermo subito: scrivere mi ha sempre appassionato tantissimo, soprattutto perché mi ha consentito di far trapelare dei lati della mia personalità che in un articolo non potevo mettere in luce, ma è al giornalismo che ho dedicato tutta la mia vita. Possiamo discutere a lungo di tecniche letterarie, di personaggi, ma sul giornalismo ho cose molto più interessanti da raccontare, perché ho passato la mia vita a sgomitare per conquistare il posto che meritavo e, nel mentre, ho visto tante cose, cara mia!”
“Io la seguo, signora Serao! Le va di raccontarmi la sua esperienza a Roma, allora?”
“Ecco, di Roma, per esempio, ho davvero tante cose da dire! Ho iniziato a collaborare con il giornale Capitan Fracassa, dove ho avuto la libertà di spaziare dalla critica letteraria alla cronaca mondana. Inoltre, sono entrata nei salotti romani, ho conosciuto personalità del calibro di Carducci e D’Annunzio, ma mi vedi? Ti sembro una tipa da salotto io? Non lo sono e tantomeno lo ero; il fatto che non c’entrassi proprio niente con quelle damine eleganti, intente a parlare del nulla, non mi ha di certo favorito.”
“Però mi risulta che a Roma abbia conosciuto l’amore, quindi su qualcuno sicuramente ha fatto colpo!”
“Ah, Edoardo… Amava di me proprio quella spontaneità che in quei salotti risultava fuori luogo. Insieme abbiamo fondato Il Corriere di Roma, nell’85. È durato solo due anni, ma subito dopo aver smesso di pubblicare, Matteo Schilizzi ci propose di tornare a Napoli e di fondere la nostra testata alla sua, Il Corriere del Mattino, e così nacque Il Corriere di Napoli.”
“E poi? Come siete arrivati alla fondazione de Il Mattino?”
“Io ed Edoardo abbiamo deciso di cedere la nostra parte di proprietà sul Corriere e con il ricavato abbiamo fondato il nuovo giornale. Era il 1892, che dopo molto poco si rivelò uno degli anni peggiori della mia vita.”
“Come mai dice così?”
“È l’anno in cui il mio matrimonio si spaccò definitivamente, tanto che io me ne andai di casa per un paio d’anni e al mio ritorno… Insomma, della storia di Gabrielle2non ho voglia di parlare, ma lo scandalo uscì su tutti i giornali e fu molto difficile a quel punto tenere separate la mia carriera e la mia vita privata.
Ho fatto ciò che potevo e ho cresciuto Paolina come se fosse mia figlia, con tutto l’amore che meritava. D’altronde, lei non c’entrava proprio niente, povera creatura…”
Ha ragione: dello scandalo so già tutto e più la guardo, più mi chiedo come abbia fatto a rialzarsi dopo una simile tragedia. Eppure, con la sua risata fragorosa, Matilde ce l’ha fatta e, in risposta a chi voleva scagliarla nel dimenticatoio, ha ricominciato da zero con un nuovo compagno e, soprattutto, con un nuovo giornale.

 

1MATILDE SERAO: nata a Patrasso nel 1856 è stata una scrittrice e giornalista. È stata la prima donna italiana ad aver fondato e diretto un quotidiano, Il Corriere di Roma, e, a partire dal 1903, Il Giorno.
Ha scritto romanzi indimenticabili come “Fantasia”, “Il ventre di Napoli” e “Addio, amore!”.
Morì nella sua amata Napoli nel 1927, colpita da un infarto mentre scriveva nel suo studio.

2GABRIELLE BESSARD: cantante di teatro, ebbe una relazione con Edoardo Scarfoglio, marito di Matilde Serao, da cui nacque una bambina. Quando Scarfoglio decise di restare con la moglie, Bessard si suicidò sull’uscio della casa della coppia, affidandogli la bambina neonata. La scrittrice accolse la bambina come fosse sua figlia. Nonostante fosse stata richiesta la massima riservatezza, lo scandalo uscì sul Corriere di Napoli, in aperta polemica con la coppia Scarfoglio-Serao.




ITALIA – Gallura: percorso al femminile fra mito, storia e devozione

di Laura Candiani (testo e foto)

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FOTO 0. La Gallura

La Gallura (Gaddura in gallurese, Caddura in sardo) è la parte all’estremo nord della Sardegna e costituisce una regione storica e geografica comprendente ventuno comuni, dei quali venti appartenenti alla provincia di Olbia-Tempio, uno (Viddalba) a quella di Sassari. Il nome ha una origine incerta; secondo alcune teorie deriverebbe da una popolazione seminomade preromana, per altre dal gallo sullo stemma pisano dei giudici Visconti, oppure sembra significhi “rocciosa, sassosa” e in effetti -sia nella parte propriamente costiera sia nell’interno ricco di rilievi montuosi- le conformazioni bizzarre delle rocce rendono questa area straordinariamente pittoresca: quelle di Capo Testa, ad esempio, fecero esclamare al celebre scultore Henry Moore: «Ho trovato chi sa scolpire meglio di me!» E poi la roccia dell’Orso, l’incredibile Valle della Luna, i massicci granitici modellati dal vento, dal mare e dalle piogge nel corso di millenni. Affascinante la vegetazione, che unisce oleandri, macchia mediterranea, boschi di querce da sughero, pinete e olivi millenari. Una terra aspra, spesso battuta dal maestrale, come la vicinissima Corsica con cui ha molte somiglianze (anche linguistiche), ma piena di colori e profumi, specie durante la primavera.

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Arzachena

  1. via Eleonora d’Arborea. La figura di Eleonora è talmente immensa da meritare ben più di un cenno, ma è sempre opportuno ricordare colei che – in un mondo totalmente maschile – per quasi vent’anni portò avanti il sogno irredentista del padre Mariano IV che avrebbe voluto unificare la Sardegna in un unico regno. E’ anche colei che in anni lontanissimi (intorno al 1392), con la Carta de Logu (rimasta in vigore in Sardegna fino al 1827) fa segnare una tappa fondamentale del diritto. La Carta – di 198 articoli- presenta straordinarie novità come la distinzione fra dolo e colpa, la centralità del bene comune, la mancanza totale di leggi contro ebrei ed eretici, il rifiuto della vendetta privata, i risarcimenti in denaro a una donna violentata (il matrimonio è previsto solo se LEI è d’accordo), la collegialità della giustizia; emerge inoltre, fra le righe, l’assenza di rapporti feudali, comune a tutta la Sardegna ed eredità del modello bizantino.Secondo Carlo Cattaneo Eleonora «è la figura più splendida di donna che abbiano le storie italiane, non escluse quelle di Roma antica».
  2. via Regina Elena. Elena del Montenegro (Cettigne 8.01.1873-Montpellier 28.11.1952) fu moglie di Vittorio Emanuele III di Savoia; bella donna, molto alta e robusta, dette nuova linfa al sangue malato di emofilia dei Savoia e fu madre di cinque figli, fra cui Umberto II, il “re di maggio”. Regina dal 1900 al ’46, riservata, amante delle arti, dotata per le lingue, attiva e generosa verso il suo popolo, ricevette la laurea “honoris causa” in Medicina e fu molto apprezzata per la sua dedizione alle opere caritatevoli e assistenziali tanto che Pio XI le conferì la “Rosa d’oro della cristianità” e nel 2001 è stata nominata “Serva di Dio”.

La storia ha lasciato profonde tracce che precedono la civiltà nuragica: questa area fu abitata dall’uomo fin dal neolitico e la sua posizione certamente favorì gli scambi con il continente, passando attraverso l’arcipelago toscano: doveva essere, infatti, il corridoio dell’ossidiana e della ceramica, l’oro nero e l’oro bianco dell’antichità. Qui si trovano nuraghi importanti, tombe, siti in parte ancora da studiare; i Romani -mai del tutto tranquilli in Sardegna e circondati dal pericolo costante di rivolte -trovarono il modo di sfruttarne l’abbondanza di granito: sulla spiaggia delle Colonne sono ancora ben visibili gli abbozzi di quelle abbandonate, là dove ora giocano i bambini in acque calme e piatte come meravigliose piscine naturali. I Pisani lasciarono evidenti impronte nell’architettura religiosa e gli Aragonesi nelle imponenti strutture difensive. I Piemontesi -con i loro ingegneri militari- hanno tracciato l’urbanistica di alcune cittadine (Santa Teresa), costruite a scacchiera con le strade perfettamente rettilinee che si incrociano, mentre le case talvolta mantengono la tipica struttura gallurese a un solo piano.

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Aglientu

  1. piazza Sirenella (villaggio Rena Majore). La piazzetta centrale del villaggio (in cui quasi tutti i nomi di strade sono legati al mare oppure alla vegetazione) è dedicata alla Sirenella, con esplicito riferimento nell’immagine di ceramica dipinta alla Sirenetta di Andersen più che alle sirene che incantarono Ulisse.

Oggi è la regione con il più alto reddito pro-capite della Sardegna grazie ad una florida economia in parte ancora agro-pastorale e all’importante risorsa del turismo, non solo perché comprende l’arcipelago della Maddalena, la Costa Smeralda e note località come Budoni e San Teodoro, ma anche per la costa in gran parte incontaminata; afferma il giornalista Beppe Severgnini, abituale frequentatore di Rena Majore: «ancora oggi penso che i venti chilometri tra Santa Teresa e Vignola siano il tratto di mare più spettacolare, affascinante – e rispettato- del Mediterraneo».

Venendo alla odonomastica, emergono alcuni elementi interessanti: per primo la presenza quasi ovunque di due nomi ricorrenti in Sardegna, ovvero Grazia Deledda ed Eleonora d’Arborea; il secondo dato si riferisce alle intitolazioni di tipo devozionale; alle Madonne (d’Itria, di Pompei, del Carmelo) si affiancano le sante di epoca e provenienza davvero varia: Caterina, Rita, Lucia, Anna, Chiara, Cecilia, Ilaria, Giusta, Degna, Barbara, Agnese, Margherita fino alla marchigiana Maria Goretti e alla lucchese Gemma Galgani, a testimoniare una fede popolare che si è rinnovata nel tempo. Un terzo elemento riguarda il frequente ricordo delle donne della famiglia Savoia: dalla amata prima regina degli Italiani, Margherita, alla regina Elena, fino alle principesse Iolanda e Mafalda, morta nel lager di Buchenwald nel ’44. Altre presenze sono legate al periodo risorgi-mentale: Anita Garibaldi (alla Maddalena, a Tempio Pausania e a Olbia) e la fervente patriota mazziniana Giuditta Bellerio Sidoli (Olbia); rimandano alla Resistenza e alla storia più recente i nomi di Nilde Iotti (Olbia) e Luigina Comotto, fucilata a settanta anni il 1° novembre del ’44 (Tempio Pausania). Un altro dato riguarda le donne attive in vari ambiti culturali: oltre alla già ricordata Deledda, compare più volte Maria Montessori, cui si affiancano la pittrice Artemisia Gentileschi, l’attrice Eleonora Duse, la cantante folk Maria Carta, la studiosa locale Maria Azara, autrice di un libro sulle tradizioni galluresi edito nel 1943. Nei comuni di Santa Teresa, Palau, Golfo Aranci, Aglientu fanno poi la loro comparsa nomi tratti dal mito e dall’epica: troviamo, infatti, Penelope, la maga Circe, la ninfa Calipso, Clitemnestra, Galatea, le Sabine, Sirenella (forse più fiabesca e disneyana nella raffigurazione che si accompagna al nome, nel villaggio di Rena Majore).

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Santa Teresa di Gallura

  1. via Circe (località Conca Verde). Secondo una credenza popolare presso il vicino Porto Pozzo si troverebbe il mitico paese dei Lestrigoni, giganti antropofagi che nell’”Odis-sea” distrussero la flotta di Ulisse e uccisero tutti gli uomini, eccetto quelli della sua nave, rimasta fuori dal porto. Proseguendo il viaggio Ulisse avrebbe incontrato nell’isola di Eea la maga Circe che li trasformò in animali. La maga fa parte della mitologia greca e, oltre che nel poema omerico, compare anche nel mito degli Argonauti.
  2. via Calipso (località Conca Verde). La ninfa (o dea del mare) vive nell’isola di Ogigia e trattiene Ulisse presso di sé per sette anni, promettandogli inutilmente l’immortalità.
  3. via Nausicaa (località Conca Verde). La fanciulla -figlia del re dei Feaci- soccorre l’eroe omerico e lo aiuta a ripartire fornendogli una nave.
  4. via Penelope (località Conca Verde). Ulisse,  dopo mille peripezie, riesce a ritornare a Itaca e alla amata sposa che lo ha atteso fedelmente per venti lunghissimi anni.
  5. via Maria Teresa. La cittadina di Santa Teresa fu fondata nel 1808 per controllare il contrabbando lungo la costa (Bocche di Bonifacio) e creare un avamposto contro le mire espansionistiche di Napoleone; era l’epoca del re Vittorio Emanuele I di Savoia che la volle dedicare (attraverso la santa omonima) alla moglie, Maria Teresa d’Austria-Este (1773-1832).
  6. biblioteca comunale Grazia Deledda. Grazia Cosima Deledda (Nuoro 27.09.1871-Roma 15.08.1936) è stata l’unica italiana a ricevere il premio Nobel per la letteratura (1926). Nelle sue opere la Sardegna non è altro che uno spaccato del mondo e dell’eterno conflitto fra male e bene: i drammi sono gli stessi ovunque; scrive: «L’uomo è, in fondo, uguale dappertutto». I suoi romanzi della maturità (Canne al vento, Elias Portolu, La madre, L’edera, Marianna Sirca) sono spesso incentrati sul senso di colpa, sulla potenza del peccato, sulla forza implacabile del destino, sul caos morale, ma «i suoi colpevoli e i suoi delinquenti» – scrisse Momigliano – incutono in noi lettori un «interesse intenso», «rispetto», «senso di pietà e di elevazione»: la colpa non viene rappresentata in modo superficiale o semplicistico, ma porta «a meditare sul drammatico destino che a tutti è imposto di peccare per poter sapere veramente che cosa è il bene e che cosa è il male». Sempre Momigliano ebbe a dire: «Nessuno dopo il Manzoni ha arricchito e approfondito come lei, in una vera opera d’arte, il nostro senso della vita».
  7. via e piazza Santa Lucia. In alto rispetto al paese, sul lato est, vicino all’antico mulino a vento, sorge la graziosa chiesetta di Santa Lucia nella piazza omonima. La devozione per la martire siracusana (283-304) -uccisa durante le persecuzioni di Diocleziano- è presente ovunque nei paesi cattolici e ortodossi, ma anche presso i luterani in Svezia; è la patrona di molte città e protettrice degli occhi e degli oculisti. Si festeggia il 13 dicembre, secondo la credenza popolare “il giorno più corto dell’anno”.

Per concludere, merita una breve riflessione a parte l’odonomastica di Olbia: quarantatré donne ricordate a fronte di 484 uomini, ma che donne! Oltre ai nomi citati e alle undici sante, vanno per forza evidenziate alcune scelte interessanti e poco comuni, iniziando dalla medica Ernestina Paper, prima laureata dopo l’unità (1877); troviamo poi la scienziata Maria Sklodowska Curie (unica ad aver ottenuto il Nobel in due diversi campi: la fisica e la chimica), le scrittrici Joyce Lussu, Maria Bellonci, Jane Austin, Matilde Serao, Sibilla Aleramo, e infine due giovani vittime della violenza di diversa matrice: la poliziotta Emanuela Loi e la giornalista Ilaria Alpi.

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La Maddalena

piazza Santa Maria Maddalena. Qui sorge la chiesa parrocchiale, dedicata alla patrona dell’isola; i lavori per la costruzione iniziarono nel 1780, ma poi nel 1814 l’edificio ebbe una radicale trasformazione in stile neoclassico; in seguito subì ampliamenti e rimaneggiamenti, fino al recente ripristino della vecchia facciata e l’eliminazione di stucchi e affreschi.

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Tempio Pausania

via Madonna di Pompei. Il santuario a Pompei -dedicato alla Beata Vergine del Rosario- è uno dei più visitati del culto mariano con quattro milioni di pellegrini all’anno; i lavori di costruzione iniziarono l’8 maggio 1876 per volere del beato Bartolo Longo e della pia contessa Marianna de Fusco. Per rinvigorire presso i fedeli la pratica del rosario si cercò un dipinto adatto che fu trovato in un convento napoletano, in pessime condizioni; tuttavia, dopo vari restauri, la tela ora mostra l’opera di un valente artista della scuola di Luca Giordano e l’immagine continua a essere venerata come miracolosa




ITALIA – Un quartiere dedicato alle donne a Parma

Di Rita Ambrosino

Ci si aspetterebbe che un itinerario al femminile della toponomastica di Parma prendesse le mosse dalla tanto amata Maria Luigia d’Austria, duchessa di Parma e Piacenza dal 1801 al 1847. Tuttavia è un altro il punto di vista che si è scelto di adottare per analizzare parte delle 99 “elette” che sono riuscite a conquistarsi un posto nella toponomastica parmigiana, sulle oltre 2000 strade cittadine, di cui circa 1200 dedicate ad uomini.

Nella periferia Nord-Est di Parma sorge il quartiere Cortile San Martino, comune autonomo fino al 1943 ed una delle prime zone della città ad essere investita dagli insediamenti industriali.

Negli anni ’80 parte del quartiere è destinataria del PEEP, vale a dire il programma di edilizia economica e popolare; sorge così un’area residenziale, il Peep Paradigna, dove fu scelto di intitolare molte strade e piazze a donne celebri. Troviamo, infatti: Ilaria Alpi, Matilde Serao, Maria Callas, Irma ed Emma Gramatica, Matilde di Canossa, Sibilla Aleramo, Eugenia Picco, Ada Negri, Milena Pavlovic Barilli, Katharine Mansfield, Marie Curie, George Sand ed altre ancora.

La passeggiata all’interno di questi palazzi di periferia ci restituisce un’atmosfera piuttosto cupa, di sicuro lontana dallo spessore storico che aleggia nel centro della cittadina padana, ma a rincuoraci qui, così come ad accompagnarci tra le splendide vie del centro storico, è l’eco rimandata dai nomi e dalle storie di illustri donne.

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Via Maria Callas, cantante lirica (New York 1923 – Parigi 1977)

Dalla direttrice di via San Leonardo, oltre il Centro Torri, ci inoltriamo per via Maria Callas. Soprano di origini greche, con una voce straordinaria e una maestria scenica unica, Maria Callas diede un rinnovato vigore al repertorio classico italiano ottocentesco; indimenticabili le interpretazioni di opere di Bellini, Donizetti, Puccini, Verdi che contribuirono ad alimentare il successo della Divina.

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Via Irma ed Emma Gramatica, ricorda le famose sorelle, attrici teatrali, Irma (Fiume 1867 – Impruneta 1962) ed Emma (Fidenza 1874 – Roma 1965). Di temperamento differente ma entrambe dotate di un’indubbia carica interpretativa, furono prime attrici nelle più note compagnie teatrali dell’epoca. Negli ultimi anni intrapresero con successo anche la carriera radiofonica, cinematografica e televisiva.

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Piazza Sibilla Aleramo è dedicata alla scrittrice e poetessa, nata ad Alessandria nel 1876 e morta a Roma nel 1960, il cui vero nome era Marta Felicina Faccio. Della sua vita, tormentata ed intensa, la cifra più significativa fu l’amore con il quale visse ogni suo giorno. Diceva di sé: “Non so se sono stata donna, non so se sono stata spirito. Son stata amore”. Di indole anticonformista, si ribellò al gretto provincialismo, abbandonando tutto per dedicarsi con vorace passione alla produzione letteraria. Uguale passione mise, inoltre, nella lotta in favore dei diritti delle donne e contro la prostituzione.

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Stradello Matilde di Canossa (Mantova 1046 – Bondeno di Roncore 1115). Contessa medievale, il cui vasto dominio si estendeva dal Lazio al Lago di Garda, ricordata per le sue doti politico-diplomatiche e dotata di singolare acume, Matilde volle nel suo entourage studiosi di testi sacri ed esperti di diritto. Di fondamentale importanza fu il suo sostegno al papato durante i difficili equilibri della lotta per le investiture tra Chiesa e Impero; fu, infatti, proprio nel suo castello di Canossa che nell’inverno del 1075 avvenne l’incontro tra l’imperatore Enrico IV e papa Gregorio VII. Nominata Regina d’Italia, entrò nella storia ancora in vita, riconosciuta e venerata dai contemporanei in un’epoca, quale quella medievale, in cui quasi nulla era l’attenzione riservata alle donne.

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Via Ilaria Alpi, giornalista (Roma 1961 – Mogadiscio 1994). A 15 anni dalla tragica scomparsa della giornalista romana, assassinata, insieme con Miran Hrovatin, a colpi di kalashnikov a Mogadiscio, durante la guerra civile somala, Parma le ha dedicato questa strada nel 2009. Il coraggio e la passione per il suo lavoro, l’avevano portata a condurre una delicata inchiesta sui traffici di armi e di rifiuti tossici tra Italia e Somalia.

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Piazza Eugenia Picco, beata (Crescenzago 1867 – Parma 1921)

Unica intitolazione non “laica” è quella alla religiosa, ora beata, Eugenia Picco. Per sfuggire all’opposizione della famiglia, che sperava per lei un futuro da artista, e per seguire la sua vocazione manifestatasi, come si racconta, dopo essere stata investita dal fenomeno della transverberazione, si trasferì da Milano a Parma. Qui divenne madre superiora del nuovo ordine religioso delle Chieppine e fu molto attiva con opere assistenziali e caritatevoli durante la prima guerra mondiale.

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Stradello M. Pavlovic Barilli, (Požarevac, Serbia 1909 – New York 1945)

La M. cela il nome di Milena, figlia di Bruno Barilli, musicista e scrittore, discendente da una grande famiglia di artisti parmigiani, e di Danitsa Pavlovic, un’apprezzata pianista imparentata con la famiglia reale serba. Questo incontro di culture caratterizzò tutta la vita e l’arte di Milena, arte che si arricchì delle tendenze europee dei primi decenni del ‘900 fino ad approdare negli Stati Uniti, a New York, dove il suo stile diventerà maturo. Fu pittrice, illustratrice, collaborò a riviste di moda e di decorazioni di interni. Una tragica caduta da cavallo interruppe improvvisamente la sua vita.

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Piazza Grazia Deledda, scrittrice (Nuoro 1871- Roma 1936). Motivi autobiografici e realismo documentario sono le principali caratteristiche della ricca produzione di questa scrittrice autodidatta, dal carattere schivo e riservato, la cui lucida capacità descrittiva dei drammi della sua Sardegna e, in generale, della solitudine e dell’incomunicabilità dell’uomo moderno le valsero il Premio Nobel per la letteratura nel 1926, seconda donna ad essere insignita di questo riconoscimento, dopo la svedese Selma Lagerlöf nel 1909.

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Piazza Marie Curie, chimica e fisica polacca (Varsavia 1867 – Passy 1934). Dalla Polonia si trasferì a Parigi per proseguire i suoi studi e qui si laureò in matematica e fisica. Scienziata, due volte Premio Nobel, nel 1903 per la fisica e nel 1911 per la chimica, alle sue ricerche, unitamente a quelli del marito Pierre, si devono le ricerche sulla radioattività e la scoperta del radio e del polonio.

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Via Katherine Mansfield, (Wellington 1888 – Fontainebleau 1923).

Piacevole scoperta è la via dedicata a questa sfortunata scrittrice neozelandese, morta a soli 34 anni perché gravemente malata di tubercolosi, dopo un estremo tentativo di cura mistico-ascetica nella speranza di diventare una figlia del sole, nell’istituto per lo sviluppo armonioso dell’uomo di Georges Gurdjieff a Fontainebleau, in Francia. Lettrice instancabile, fu un’autrice vibrante, appassionata, incisiva, tanto ammirata da Virginia Woolf, sua contemporanea, la quale non fece mistero anche di una certa dose di invidia per la scrittura perfetta delle sue short stories, alcune rimaste incompiute e venute alla luce solo alcuni anni fa.

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Stradello Ada Negri, (Lodi 1870 – Milano 1945). Poetessa e scrittrice, molto varia è la sua produzione: poesie, novelle, racconti. Apprezzata e stimata per l’umanitarismo dei suoi scritti che con delicatezza affrontavano le sofferenze delle classi sociali più umili e il loro desiderio di redenzione sociale, Ada Negri ottenne numerosi riconoscimenti e fu gradita al regime fascista tanto da essere la prima donna ammessa all’Accademia d’Italia.

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Piazza George Sand, (Parigi 1804 – Nohant, Indre 1876)

Straordinaria e prolifera scrittrice e drammaturga francese, il cui vero nome era Aurore Dupin, espresse nelle sue opere tutte le sue passioni e le contraddizioni della sua epoca. Anticonformista, amava vestirsi da uomo e non esitò ad adottare uno pseudonimo maschile, scelta del resto comune in un’epoca in cui le capacità artistiche femminili erano considerate di minor valore rispetto a quelle maschili. Condusse una vita intensa, ricca di amori e fuori dagli schemi, di cui non si curò affatto. Partecipò con interesse alla vita politico-sociale, esprimendo il proprio appoggio per l’emancipazione femminile e le idee socialiste, arrivando ad appoggiare la rivoluzione parigina del 1848.




ITALIA – Toponomastica femminile a Savona: una storia italiana

A Savona, come in quasi tutte le città italiane, le “aree di circolazione” intitolate a figure femminili sono una trascurabile minoranza: meno del 4% del totale, di cui ben 11 dedicate a madonne o sante.

Si tratta in prevalenza di antichi toponimi che ricordano chiese e monasteri spesso non più esistenti, ma un gruppo di denominazioni risale invece agli anni ’30, quando lo Stato fascista, dopo il Concordato, ritenne opportuno sottolineare, anche nei nomi delle strade, l’alleanza sancita da Mussolini con il potere della Chiesa.

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Via santa Lucia. L’agiografia ci consegna la storia di una martire cristiana vissuta a Siracusa alla fine del III e all’inizio del IV secolo, vittima delle persecuzioni di Diocleziano. Il nome della strada ricorda la chiesetta che vi sorge.

Ed ecco allora affiancarsi, alle intitolazioni religiose già esistenti, quella a Santa Caterina, ricordata perché “si prodigò per il ritorno dei Papi da Avignone” o, nel centro cittadino, la via e il vicolo che perdono l’antico e poetico nome di via e di chiassuolo del Vento per celebrare la memoria di Suor Maria Giuseppa Rossello, vissuta nel secolo precedente, e canonizzata nel 1949 da Pio XII.

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Santa Caterina da Siena (Caterina Benincasa, Siena 1347 – Roma 1380), veniva dal popolo e non possedeva cultura, ma ancora giovanissima espresse la ferma volontà di prendere i voti e riuscì a realizzare il suo progetto. Ha lasciato un ricco epistolario con lettere a importanti personalità dell’epoca, tra cui il Pontefice, nelle quali si esprimeva su problemi morali e ma anche sulle principali questioni politiche del suo tempo.

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Suor Maria Giuseppa Rossello (Savona 1811 – 1880) fondò la Congregazione delle suore di Nostra Signora della Misericordia.

I toponimi femminili non religiosi si contano sulla punta delle dita: due vennero deliberati negli anni ’50 (Eroine della Resistenza e Matilde Serao), quattro negli anni ’70 (dedicati al ricordo di una sindacalista e di tre partigiane savonesi vittime del nazifascismo) e un settimo risale invece all’ultimo decennio (Fernanda Pivano).

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Via Eroine della Resistenza. L’intitolazione collettiva alle tante donne che rischiarono o persero la vita per combattere il nazifascismo è del 1955.

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Matilde Serao (Patrasso 1856 – Napoli 1927), giornalista e scrittrice, è stata la prima donna italiana a dirigere un quotidiano, Il Mattino, cofondato insieme al marito Edoardo Scarfoglio. Fondò in seguito anche Il Giorno.

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Via Clelia Corradini. Medaglia d’argento alla memoria, Clelia Corradini (1903 – 1944), operaia di Vado Ligure (dove le è dedicata una piazza) attiva nei Gruppi di Difesa delle donne, fu arrestata, torturata e infine condannata a morte e fucilata per la sua opera di “tentata disgregazione delle forze armate repubblicane”. Le era stato infatti affidato il delicato compito di indurre alla diserzione elementi arruolati nelle forze della Repubblica fascista di Salò.

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Via Francesca Lanzone è dedicata a una partigiana vittima del nazifascismo. Fu fucilata presso il Forte del Priamar, a Savona.

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Via Luigia Comotto è stata così denominata in memoria di una partigiana fucilata al Priamar. Anche questa intitolazione, come le precedenti, è stata deliberata nel 1978.

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Galleria Fernanda Pivano (foto di Luca Sica). Fernanda Pivano (Genova, 1917 – Milano, 2009) è stata una figura di rilievo nel panorama culturale del nostro Paese. Traduttrice, giornalista, saggista e critica musicale, si è affermata divulgando le opere della letteratura americana contemporanea attraverso il metodo della testimonianza diretta.

Quali riflessioni ci suggerisce questo quadro?

Quando il centro cittadino si ingrandisce assumendo l’aspetto attuale, e si compie la rivoluzione odonomastica che assegna nuovi nomi ai luoghi urbani – tra Ottocento e primi del Novecento – le donne vengono completamente dimenticate. Ma anche nel periodo seguente, durante il fascismo, la situazione non muta. Si deve giungere al secondo dopoguerra per cogliere i primi timidi segni di cambiamento, che sembra diventare più evidente e consapevole negli anni ’70. A seguire, si assiste a una battuta di arresto… e forse non solo nella toponomastica femminile.

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Giardini Principessa Mafalda di Savoia, in onore della principessa di Savoia morta in prigionia.

 




ITALIA – Il modello toponomastico ravennate: uno strumento di democrazia e parità

Nuove intitolazioni femminili in vista per la città di Ravenna, che fa della toponomastica uno strumento di democrazia e parità. Due aree verdi di Ponte Nuovo saranno infatti dedicate a Domenica Rita Adriana Bertè (1947 – 1995), cantautrice di talento, più nota con il nome di Mia Martini, e a Libera Musiani (1903 – 1987) mosaicista e pittrice che ha partecipato ai restauri dei battisteri e delle basiliche cittadine.

Un tratto della pista ciclabile che costeggia il Pala De Andrè ricorderà le Campionesse di Pallavolo, in omaggio alla squadra che ha lasciato un segno nella storia dello sport ravennate.

Ma la città è da tempo nota per la sua politica toponomastica.

Felici sinergie hanno consentito negli ultimi anni un rapido incremento delle intitolazioni femminili: una Commissione paritaria e sensibile, un regolamento attento alle questioni di genere e un contributo molto attivo della cittadinanza hanno portato a scrivere sulle targhe stradali nomi di donne attive in contesti diversificati.

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Meritano certamente attenzione le intitolazioni a maestre che fecero dell’insegnamento la loro ragione di vita, come Giacomina, Wilma Soprani e Teresita Norreri.

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Non poteva mancare, in centro storico, l’intitolazione a Galla Placidia, principessa imperiale e poi bottino di guerra, moglie di un barbaro e infine reggente dell’impero romano al tramonto.

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Anche Amalasunta, figlia del re ostrogoto Teodorico, sfortunata regina, relegata e uccisa sull’isola Martana, nel lago di Bolsena, ha una sua via.

Diverse aree di circolazione sono dedicate a letterate: Ada Negri, Matilde Serao, Renata Viganò, Elisa Guastalli Ricci e Cordula Poletti, scrittrice ravennate, femminista libera e ribelle, legata a Sibilla Aleramo e a Eleonora Duse.

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A Cornelia Fabri, prima laureata in matematica all’Università di Pisa, studiosa di idraulica, è dedicato un giardino.

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Aree verdi con nomi femminili sono assai frequenti: Ilaria Alpi, Sorelle Mirabal, Elisa Severi, Sophie Scholl, Elga Leoni, Irma Mascanzoni, Sorelle Barbieri, Madri di Plaza de Mayo…

Un parco è dedicato ad Augusta Rasponi del Sale, ricca, nobile e istruita, benefattrice dal forte senso artistico che dedicò all’infanzia la sua vita, il suo talento e il suo patrimonio.

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Le targhe dei giardini ravennati costituiscono un modello interessante, per la ricchezza di particolari che invita alla lettura e diffonde conoscenza.

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E così, al giardino delle Partigiane anche un bambino sa che esse lottarono per una società più giusta e conosce l’operato e l’impegno civile di Iole Fenati Gentile, prima segretaria dell’UDI.

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Si tratta di intitolazioni recenti, che hanno voluto ridurre un pesante gap.

Nel giro di pochi anni le intitolazioni femminili si sono moltiplicate: le rotonde, che hanno creato nuove aree di circolazione in spazi già saturi, portano oggi il nome delle vincitrici dei premi Nobel e delle madri della repubblica.

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ITALIA – Napoli, nuova frontiera delle intitolazioni al femminile

di Giuliana Cacciapuoti

Riequilibrare e rendere visibile il talento delle donne nelle strade della città, quale atto duraturo e non effimero, è stato il primo obiettivo del nuovo innovativo “Regolamento per la toponomastica cittadina” di Napoli.

Se occorre essere nominate per essere ricordate, Napoli, città femminile per eccellenza nell’immaginario collettivo, ha cominciato, a partire dalla Regolamentazione odonomastica rivisitata in chiave di genere, a colmare il divario tra intitolazioni al maschile e al femminile presenti in ogni città.

Intitolare a donne memorabili sempre più strade, con un criterio generale condiviso dalla Commissione per la Toponomastica cittadina presieduta dal Sindaco, che considera la toponomastica un veicolo identitario della città, è stato un primo significativo esordio della nuova Commissione. Importante è stato introdurre, nelle valutazioni per la scelta di intitolazioni, il punto di vista di una toponomastica femminile, attraverso figure di donne “notevoli” e non solo donne “vittime”.

Lo sguardo di genere ha prodotto e sostenuto alcuni cambiamenti importanti, come rivedere l’odonomastica cittadina favorendo la partecipazione al procedimento amministrativo dell’intera cittadinanza, enti gruppi e associazioni. Con la promozione nel settore scolastico di concorsi d’idee, classi intere si sono confrontate sulle scelte dei nomi di donne da assegnare alle strade cittadine. Si sono poi applicati nell’assegnazione degli odonimi al femminile criteri quali intitolare strade prima a napoletane illustri, poi a italiane o straniere che avessero avuto un rapporto privilegiato con la città, e infine dedicare spazi a donne di cultura scientifica o letteraria nelle vicinanze di istituti scolastici, facoltà universitarie e luoghi di formazione. A oggi sono 44 i nuovi luoghi, tra strade giardini, belvederi, scuole e auditori dedicati a donne con un ruolo rilevante nella storia politica scientifica artistica letteraria di Napoli.

In molte città la maggioranza delle strade dedicate alle donne si trova in periferia. Non è proprio così a Napoli: delle 278 targhe che recano nomi di donne, molte sono nel centralissimo quartiere di Chiaia San Ferdinando.

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Foto di Luciana Sarnataro

Via Vannella Gaetani, principessa filo angioina che mise in salvo i suoi cinque figli al tempo della Congiura dei Baroni (1485-1487) portandoli fuori dal regno con grande sagacia, fuggì, sotto il naso di Ferrante d’Aragona, nella confusione della festa di Piedigrotta dal molo di Mergellina.

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Foto di Mauro Zennaro

Via Partenope, venerata come dea protettrice e mitica fondatrice della città, si trova a pochi passi dal Lungomare Caracciolo e dalla spiaggetta del Castel dell’Ovo su cui si adagiò il corpo ferito della leggendaria sirena.

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Foto di Maria Pia Ercolini

Non lontano s’incontra Largo Principessa Rosina Pignatelli (m. Napoli 1955) che, prima di morire, donò allo Stato italiano la sua villa, oggi sede museale.

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Foto di Giuliana Cacciapuoti

Proprio dove c’era la redazione del suo giornale e dove si espresse la sua penna autorevole in cronache politiche e di costume, c’è Piazzetta Matilde Serao (Patrasso 1856 – Napoli 1927), la prima donna in Italia a fondare e dirigere un giornale.

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Foto di Luciana Sarnataro

Le strade della collina del Vomero sono dedicate all’Arte, una strada è intitolata alla pittrice ritrattista di origine svizzera Angelica Kauffman (Coira 1741 – Roma 1807).

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Foto di Maria Rosaria Di Segni

Il ponte della Sanità, che sovrasta uno dei più antichi rioni della città, è stato dedicato all’eroina delle Quattro giornate di Napoli, la partigiana Lenuccia, o meglio Maddalena Cerasuolo (Napoli 1920- Napoli 1999).

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Foto di Luciana Sarnataro

Via Giuseppina Guacci Nobile ricorda la dantista e mazziniana (Napoli 1807-Napoli 1848), poeta napoletana e patriota del Risorgimento che sosteneva anche con la sua poesia. Nella sua casa di Capodimonte ospitava incontri con i liberali e fu attiva nel circolo politico delle poete Sebezie.

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Foto di Rita Ambrosino

Il quartiere di Ponticelli che ha avuto un’espansione urbanistica notevolissima e dunque molte nuove strade da dedicare, ospita in particolare nomi di artiste, attrici, cantanti e donne del cinema. Via Elvira Notari (Salerno 1875 – Cava de’ Tirreni 1946), prima italiana regista prima autrice cinematografica tra le più prolifiche e titolare della sua casa di produzione la Dora Film; adiacente alla sua la via Marylin Monroe (Los Angeles 1926-Brentwood L.A. 1962).

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Foto di Rita Ambrosino

Tanto forte è l’intento di rendere omaggio a figure dell’arte dello spettacolo che quasi non ci si rende conto del fatto che, in realtà, la strada dedicata a Filumena Marturano, è rivolta alla protagonista dell’opera di De Filippo (1946), una figura immaginaria, archetipo di donna concreta e reale, protagonista della scena di Napoli.

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Foto di Rita Ambrosino

Sempre nel quartiere di Ponticelli, via Vera Lombardi (1904-Napoli 1995), è dedicata all’educatrice antifascista e socialista, animatrice indimenticata e presidente dell’Istituto campano per la Storia della Resistenza che, dopo la sua morte, le è stato intitolato.

Giuliana Cacciapuoti

Arabista, docente esperta di cultura arabo islamica. Coordina progetti nel campo delle attività di relazione culturale e di genere, relazioni euro/mediterranee, nuove tecnologie per donne, migranti, fasce deboli, con le Istituzioni pubbliche e/o privato sociale. S’impegna a fornire al pubblico non musulmano uno sguardo imparziale vario e approfondito del Nord Africa e del Medio e Vicino Oriente. Nel 2014 ha fondato GCCK “connecting knowledge” formazioni informazioni e consulenze mondo arabo islamico. E’ componente della Commissione consultiva per la Toponomastica del Comune di Napoli.




ITALIA – In Puglia trend negativo di intitolazioni a figure femminili. In attesa del giusto tributo le Tabacchine uccise a Tricase e Calimera

La Puglia o le Puglie? Forse sarebbe più corretto usare il plurale e pensare alla nostra regione, con la ricchezza e diversità paesaggistica, culturale e storica che la definiscono, dal Gargano proteso verso l’Adriatico alle Murge (quella alta, quella bassa, quella dei trulli), fino ai paese assolati del Salento, come a un piccolo continente che riunisce identità plurali cercando di legare insieme tradizioni così diverse.

In questo territorio così vasto e molteplice, la toponomastica di genere costituisce un comune denominatore tra tutte le province, evidenziando come nelle altre regioni italiane, il trend in negativo di intitolazioni alle figure femminili, con preferenza verso nomi di sante, religiose e madonne e che conferma, come indice di femminilizzazione, il valore medio nazionale dell’8% tranne poche eccezioni. Le strade maschili celebrano invece politici, statisti, scienziati, eroi nazionali.

Il lavoro di ricerca è partito subito con la nascita del progetto Toponomastica femminile nel 2012, e ha interessato tutti i 258 comuni pugliesi, utilizzando nei primi tempi soprattutto fonti eterogenee e poi, per rimediare alla scarsità di dati ufficiali, il software sviluppato ad hoc per il nostro lavoro, che attinge alle banche dati delle Agenzie del Territorio e che ha impresso un carattere sistematico e di omogeneità all’indagine in tutte le regioni. Ci saremmo aspettate una maggiore collaborazione da parte dei Comuni della Puglia, ai quali era stato richiesto lo stradario ufficiale con un massiccio quanto capillare invio di email, ma le risposte arrivate sono state molto limitate. D’altro canto Toponomastica femminile era agli esordi e non aveva ancora raggiunto i livelli di popolarità attuali che l’hanno resa conosciuta ormai a tutti. E così è stato anche per la prima campagna lanciata nel 2012 ‘8marzo/3strade/3donne’, che ha ricevuto dalla regione un timido interesse, con l’esclusione di pochi comuni come Locorotondo, Manfredonia, Valenzano, Bari, Taranto e Lecce, che hanno risposto con una presa d’impegno a compensare la carenza di visibilità nelle strade, con l’inserimento di intitolazioni femminili nei programmi futuri. Il comune di Castellana Grotte, ha anticipato addirittura di un giorno il nostro invito superando le nostre intenzioni, con l’intitolazione di 4 strade a 4 donne.

Siamo ancora lontane dagli obiettivi che ci eravamo prefisse e consapevoli che anche questa, come tutte le operazioni culturali che introducono elementi di novità e di rottura con consuetudini consolidate, richiedono tempi di elaborazione e assimilazione molto lunghi. Tuttavia ci sono segnali positivi e che fanno ben sperare. La città di Bari che su 2263 strade ne ha più della metà dedicate agli uomini e appena 87 alle donne, in questi due anni ha intitolato un giardino alle vittime di femminicidio, una alla giovane vittima Santa Scorese, una alla prima avvocata del Foro di Bari Letizia Abbaticola e da pochissimi giorni ha deliberato l’intitolazione dello spiazzo antistante il Teatro Kismet alla scrittrice e saggista americana Susan Sontag, che proprio con la nostra città aveva un particolare legame grazie al professor Paolo Dilonardo, docente di Letteratura inglese dell’Università Aldo Moro di Bari e traduttore italiano di tutte le sue opere.

Anche la città di Foggia con appena 22 strade femminili su 850 e un indice inferiore alla media che non riesce a raggiungere il 5%, sta lentamente cercando di recuperare il divario esistente con la recente intitolazione a un’archeologa e studiosa foggiana Marina Mazzei. Vale la pena di ricordare le altre poche figure di rilievo che vengono ricordate a Foggia e che faticano ad emergere nel ben più vasto panorama di sante e madonne: la celebre politica e scrittrice pugliese vincitrice del Premio Strega nel 1995 con il romanzo Passaggio in Ombra Maria Teresa Di Lascia, la deputata Anna De Lauro Matera, Ester Loiodice studiosa di fama internazionale di etnografia e la giornalista Ilaria Alpi uccisa in Somalia.

La ricerca condotta lascia affiorare un dato abbastanza chiaro e diffuso un po’ ovunque: le donne della scienza sono perlopiù ignorate, se si esclude Marie Curie che viene spesso citata con il marito, e quelle della storia stentano ad affermarsi. In questo quadro sconfortante si distinguono nella provincia Andria-Barletta-Trani, i comuni di Canosa e di Trani che ricorda Giustina Rocca (considerata la prima avvocata al mondo) e alcune eroine protagoniste degli episodi di sacrificio dei moti del 1799, quando le truppe francesi misero a ferro e fuoco la città.

In un quadro toponomastico che potremmo definire a misura di chiesa, altre figure della storia locale sono ricordate nelle province di Taranto e Lecce come l’eroina risorgimentale Antonietta Di Pace e la contessa Maria D’Enghien, principessa di Taranto. Lecce celebra Euippa prima regina dei Messapi, oltre che su una strada anche in una iscrizione sulla Porta Rudiae, ma in uno slancio di apertura oltre confine, rende omaggio anche ad Anna Maria Mozzoni pioniera del femminismo, e personalità di respiro internazionale come la rivoluzionaria Anna Kuliscioff.

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Tra le letterale vengono diffusamente commemorate un po’ in tutta la regione Grazia Deledda, Ada Negri e Matilde Serao. In misura minore compaiono gli odonimi che ricordano gli antichi mestieri come nella città di Brindisi con via delle Balie, via delle Sartine e via delle Ricamatrici o via delle Caterinette a Bisceglie. Mentre un’altra categoria di lavoratrici del Salento, impegnate in una delle attività tra le più faticose e insostenibili, quella della lavorazione e produzione del tabacco, attende ancora di essere ricordata. Le vogliamo rievocare in questo spazio, in attesa che ricevano il giusto tributo dalla Storia. Sono le Tabacchine uccise a Tricase, negli scontri con le forze dell’ordine durante le manifestazioni di piazza del 1935, quando si raccolsero per protestare contro il trasferimento del locale tabacchificio ACAIT e le Tabacchine di Calimera uccise in un incendio scoppiato nel corso di lavori di disinfestazione. Sono le Tabacchine di Neviano, Novoli, Poggiardo, Trepuzzi, Soleto, Salve, Tiggiano che furono fermate, denunciate ed arrestate per aver protestato e manifestato contro lo sfruttamento cui erano sottoposte e la cui memoria non merita di perdersi nel fumo. Per loro, Toponomastica femminile Puglia ha inoltrato nel 2013 una proposta di intitolazione alla Commissione consultiva toponomastica del comune di Casarano.