Doppio Nobel per Virgo e Ligo. Ma ce lo dicono solo adesso

“Sembrava una sfida impossibile, come sostenuto dallo stesso Einstein, che reputava questi segnali troppo deboli per una possibile rivelazione, invece ci siamo riusciti”, commenta Pia Astone, ricercatrice INFN che ha curato la redazione dell’articolo scientifico sulla scoperta assieme ad altri cinque colleghi di VIRGO e LIGO. “Finalmente possiamo osservare l’universo con occhi diversi, – prosegue Astone – non è un caso, infatti, che la prima misura diretta di ampiezza e fase delle onde gravitazionali sia stata accompagnata da un’altra importante scoperta, quella della fusione di un sistema binario di buchi neri”.

Le onde gravitazionali, hanno comunicato, sono state rivelate il ​​14 settembre 2015, alle 10:50:45 ora italiana (09:50:45 UTC, 05:50:45 am EDT), dagli strumenti gemelli Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory (LIGO), negli Stati Uniti, a Livingston in Louisiana e a Hanford, nello stato di Washington. Gli osservatori LIGO, finanziati dalla National Science Foundation (NSF) e operati da Caltech e MIT, hanno registrato l’arrivo delle onde gravitazionali entro una finestra temporale di coincidenza di 10 millisecondi.

La scoperta  è giunta esattamente a 100 anni dalla intuizione di  Einstein, dalla teoria della Relatività Generale che Albert Einstein arrivò a formulare nel 1915, che descrive la gravità come una manifestazione della curvatura dello spaziotempo. Un caso?

Lo spaziotempo è come un tessuto, ma a quattro dimensioni: le tre spaziali note, più il tempo. Secondo la Relatività Generale esso permea tutto l’universo, viene deformato dai corpi e perturbato da masse in movimento. Queste perturbazioni sono appunto le onde gravitazionali che, dalla loro sorgente si diffondono in modo analogo alle increspature sulla superficie di uno stagno, viaggiando alla velocità della luce.

L’importante risultato, pubblicato l’11 febbraio 2016, dopo cinque mesi dall’ipotetica data della rilevazione,  sulla rivista scientifica Physical Review Letters, è stato ottenuto grazie ai dati dei due rivelatori LIGO, dalle Collaborazioni Scientifiche LIGO (che include la Collaborazione GEO600 e l’Australian Consortium for Interferometric Gravitational Astronomy) e VIRGO, che fa capo allo European Gravitational Observatory (EGO), fondato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) italiano e dal Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) francese.

La scoperta è stata annunciata dalle collaborazioni LIGO e VIRGO nel corso di due conferenze simultanee, negli Stati Uniti a Washington, e in Italia a Cascina (Pisa), nella sede di EGO, il laboratorio nel quale si trova l’interferometro VIRGO, progetto ideato, realizzato e condotto dall’INFN e dal CNRS con il contributo di Nikhef (Paesi Bassi), e in collaborazione con POLGRAW – Polska Akademia Nauk (Polonia) e Wigner Institute (Ungheria).

Non poteva mancare il premio: “Questo risultato rappresenta un regalo speciale per il 100° compleanno della Relatività Generale, – commenta Fernando Ferroni, presidente dell’INFN – il sigillo finale sulla meravigliosa teoria che ci ha lasciato il genio di Albert Einstein”. “Ed è anche – prosegue Ferroni – una scoperta che premia il gruppo di scienziati che ha perseguito questa ricerca per decenni, cui l’Italia ha dato un grande contributo, figlio di quella scuola che negli anni ‘70 del secolo scorso si formò intorno alle figure di Edoardo Amaldi, Guido Pizzella, Adalberto Giazotto, e che oggi vede i nostri ricercatori protagonisti anche grazie alla tecnologia di VIRGO, l’interferometro italo-francese a Cascina”, conclude Ferroni.

“Le prospettive che si aprono adesso sono tante”, ha osservato Astone. “Abbiamo uno strumento molto potente per studiare l’universo, tanto che le scoperte che potrebbero portare al Nobel sono due: oltre alla conferma dell’esistenza delle onde gravitazionali abbiamo osservato per la prima volta l’impatto di due buchi neri di masse stellari che orbitano uno attorno all’altro, per formarne uno nuovo”.

Un riconoscimento andrebbe anche agli organizzatori…




SVEZIA – Solo 50 donne hanno vinto il Nobel: il 4% dei premi assegnati

Malala Yousafzai è la più giovane vincitrice del premio Nobel per la pace. Nonostante sia appena maggiorenne ha dimostrato carisma e coraggio, lottando a discapito della sua incolumità, affinché tutte le ragazze del suo popolo potessero avere il diritto ad un’istruzione. Nata e vissuta fino al 2012 nella valle dello Swat, in Pakistan, ha dovuto abbandonare la propria terra d’origine dopo aver subito un vile attentato da parte dei talebani, sicuri che le loro pallottole potessero mettere a tacere il suo grido di speranza. Malgrado le sue condizioni apparvero sin da subito disperate, lei è sopravvissuta, non si è lasciata sopraffare dalla paura ed ha continuato a lottare, dimostrando ai suoi aguzzini che le armi più potenti sono una penna e il senso di giustizia. Poche donne prima di lei sono riuscite ad ottenere il premio Nobel, solo 50, ossia il 4% nel totale dei premi assegnati, ad altre invece fu negato. Rosalind Elsie Franklin ad esempio, fu una di queste. Laureata alla facoltà di chimica e fisica, presso l’Università di Cambridge, compì degli importanti studi sul DNA, che valsero il premio Nobel, ai suoi colleghi. Un altro caso eclatante fu quello di Mileva Maric, moglie di Albert Einsten, che aiutò e supportò suo marito nella formulazione della teoria della relatività, inoltre lo scienziato sosteneva che il contributo di sua moglie, soprattutto per ciò che concerneva gli studi matematici, era per lui essenziale, tuttavia non ha mai ottenuto il meritato riconoscimento.




ITALIA – Il modello toponomastico ravennate: uno strumento di democrazia e parità

Nuove intitolazioni femminili in vista per la città di Ravenna, che fa della toponomastica uno strumento di democrazia e parità. Due aree verdi di Ponte Nuovo saranno infatti dedicate a Domenica Rita Adriana Bertè (1947 – 1995), cantautrice di talento, più nota con il nome di Mia Martini, e a Libera Musiani (1903 – 1987) mosaicista e pittrice che ha partecipato ai restauri dei battisteri e delle basiliche cittadine.

Un tratto della pista ciclabile che costeggia il Pala De Andrè ricorderà le Campionesse di Pallavolo, in omaggio alla squadra che ha lasciato un segno nella storia dello sport ravennate.

Ma la città è da tempo nota per la sua politica toponomastica.

Felici sinergie hanno consentito negli ultimi anni un rapido incremento delle intitolazioni femminili: una Commissione paritaria e sensibile, un regolamento attento alle questioni di genere e un contributo molto attivo della cittadinanza hanno portato a scrivere sulle targhe stradali nomi di donne attive in contesti diversificati.

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Meritano certamente attenzione le intitolazioni a maestre che fecero dell’insegnamento la loro ragione di vita, come Giacomina, Wilma Soprani e Teresita Norreri.

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Non poteva mancare, in centro storico, l’intitolazione a Galla Placidia, principessa imperiale e poi bottino di guerra, moglie di un barbaro e infine reggente dell’impero romano al tramonto.

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Anche Amalasunta, figlia del re ostrogoto Teodorico, sfortunata regina, relegata e uccisa sull’isola Martana, nel lago di Bolsena, ha una sua via.

Diverse aree di circolazione sono dedicate a letterate: Ada Negri, Matilde Serao, Renata Viganò, Elisa Guastalli Ricci e Cordula Poletti, scrittrice ravennate, femminista libera e ribelle, legata a Sibilla Aleramo e a Eleonora Duse.

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A Cornelia Fabri, prima laureata in matematica all’Università di Pisa, studiosa di idraulica, è dedicato un giardino.

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Aree verdi con nomi femminili sono assai frequenti: Ilaria Alpi, Sorelle Mirabal, Elisa Severi, Sophie Scholl, Elga Leoni, Irma Mascanzoni, Sorelle Barbieri, Madri di Plaza de Mayo…

Un parco è dedicato ad Augusta Rasponi del Sale, ricca, nobile e istruita, benefattrice dal forte senso artistico che dedicò all’infanzia la sua vita, il suo talento e il suo patrimonio.

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Le targhe dei giardini ravennati costituiscono un modello interessante, per la ricchezza di particolari che invita alla lettura e diffonde conoscenza.

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E così, al giardino delle Partigiane anche un bambino sa che esse lottarono per una società più giusta e conosce l’operato e l’impegno civile di Iole Fenati Gentile, prima segretaria dell’UDI.

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Si tratta di intitolazioni recenti, che hanno voluto ridurre un pesante gap.

Nel giro di pochi anni le intitolazioni femminili si sono moltiplicate: le rotonde, che hanno creato nuove aree di circolazione in spazi già saturi, portano oggi il nome delle vincitrici dei premi Nobel e delle madri della repubblica.

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