EUROPA – Un nuovo terrorista ricercato per gli attacchi di Parigi e Brussel. Trentuno le vittime, Undici i dispersi

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C’è un nuovo ricercato, ritenuto coinvolto negli attacchi terroristici sia di Parigi che Bruxelles: si tratta di Naim Al Hamed, siriano originario di Hama, di 28 anni. Il nome compare su una lista di cinque principali sospettati introvabili stilata dalle intelligence occidentali, che si presume siano stati coinvolti negli attentati del 13 novembre a Parigi e in quelli del 22 marzo a Bruxelles. La notizia era stata pubblicata da alcuni media spagnoli ed è stata ripresa La Dernière Heure belga. L’uomo, di cui è stato reso noto un documento con foto, è descritto come «molto pericoloso e forse armato».

L’attentato di  Istanbul è stato organizzato dal gruppo Stato islamico. Lo ha dichiarato il ministro dell’interno turco, Efkan Ala, che ha detto che l’attentatore suicida era un miliziano affiliato ai jihadisti dell’Is. Nell’attacco sono morte quattro persone, tra cui due israeliani e un iraniano. Il ministro ha annunciato che sarà imposto il coprifuoco in diverse città turche.

Dopo aver esplicitamente parlato di armi atomiche, Vladimir Putin rincara. Parlando a un evento del ministero della Difesa, il leader russo ha ordinato all’esercito del suo Paese di “agire in maniera estremamente dura in Siria, distruggendo chi minaccia le forze di Mosca attive per combattere il Califfato”. E ancora: “Ogni obiettivo che minacci unità russe o nostre infrastrutture al suolo sarà distrutto immediatamente”. Ma non è tutto, perché il punto più delicato dell’intervento dello zar è quello che segue: “Un’attenzione particolare – ha rimarcato – sarà prestata al rafforzamento del potenziale bellico delle nostre forze strategiche nucleari”. E ancora: “Marina, aviazione ed esercito verranno dotati di nuove componenti della nostra forza nucleare”. Dunque le parole di Sergei Shoighu, ministro della Difesa di Mosca, che ha ricordato come “il 95% dei sistemi di lancio delle armi nucleari russe sono pronte al combattimento. Le forze armate – ha concluso – hanno ricevuto quest’anno 35 nuovi missili balistici nucleari”.

Nell’inchiesta in corso spuntano intanto nuovi inquietanti particolari sul piano dei fratelli El Bakraoui. Il quotidiano la la Dernière heure, citando fonti di polizia, rivela che i due volevano colpire le centrali nuclearei del Belgio. A far accelerare i due è stata la cattura di Salah Abdeslam e del suo complice Choukri a Molenbeek, circostanza che ha costretto i fratelli El Bakraoui ad abbandonare questo obiettivo e puntare tutto sulle strage in centro. “La situazione è precipitata e si sono sentiti sotto pressione – ha rivelato una fonte della polizia – hanno dovuto optare per l’obiettivo più facile”.

LE VITTIME

Patricia Rizzo, l’italiana tra i morti – Patricia Rizzo, la funzionaria italiana dell’Unione morta negli attentati di Bruxelles, è stata per cinque anni uno dei dirigenti più importanti dell’Efsa, l’Authority Alimentare Europea con sede a Parma. Dal 2003 al 2008, prima di trasferirsi in Belgio, aveva ricoperto il ruolo di assistente di direzione ed aveva abitato nella città emiliana dove molti ancora la ricordano. A confermare la notizia della morte è stato il cugino Massimo Leonora. “Purtroppo Patricia non è più tra noi. Mi manchi, ci manchi”, ha scritto su Facebook.

Tra le vittime una tedesca di origine italiana – Tra le vittime degli attacchi Jennifer Scintu, tedesca 29enne di origini italiane, che mercoledì al momento dell’esplosione era in aeroporto. La donna si trovava al check in di un volo per New York assieme al marito Lars Waetzmann, ora ricoverato in gravi condizioni in un ospedale dalla capitale belga. Jennifer, nata e cresciuta in Germania, aveva i nonni in Sardegna, ad Ales, e spesso tornava a trovarli con la madre Miriana. La morte della giovane è stata confermata dalla polizia di Aquisgrana, città dove la 29enne risiedeva.
Loubna, insegnante che lascia tre figli – Si è infranta la speranza dei parenti di Loubna Lafquiri. La donna, mamma di tre bambini e di professione insegnante, è morta alla stazione della metropolitana Maelbeek, colpita dai terroristi. L’annuncio, carica di rabbia e di dolore, è arrivato dalla famiglia: “Con il cuore spezzato annunciamo la morte di Loubna. Dopo un’attesa interminabile, è arrivata la terribile notizia. Lubna, una madre di 3 magnifici bambini, insegnante esemplare. Strappata alla sua famiglia da dei vigliacchi”.

Bart, 21enne pronto a volare dalla fidanzata negli Usa – Doveva prendere l’aereo per gli Stati Uniti. Un lungo volo per riabbracciare la sua fidanzata, che vive in Georgia. E’ stato investito dall’esplosione mentre era intento a effettuare il check in al banco dell’American Airlines. Bart Migom, 21 anni, è una delle vittime dell’attentato all’aeroporto di Zavenetem.

Donati gli organi di Leopold, studente modello – Una delle vittime è il giovane Leopold Hecht, 20 anni, morto in seguito alle ferite riportate nell’attentato alla metropolitana. La sua famiglia ha autorizzato l’espianto degli organi del ragazzo: “Siamo convinti avrebbe condiviso questa scelta – ha dichiarato commossa la madre -. Speriamo questa decisione possa salvare una vita o aiutare qualche persona in difficoltà”.

David, il britannico che viveva a Bruxelles – Anche David Dixon è morto in seguito all’attentato alla metrò. Il 53enne era originario di Hartlepool, città portuale britannica affacciata sul mare del Nord, ma viveva da tempo a Bruxelles. La notizia del decesso è stata confermata dalle autorità del Regno Unito. “Abbiamo ricevuto la notizia più terribile e devastante”, hanno commentato o i suoi familiari.

Elita, in viaggio per partecipare a un funerale – Drammatica anche la storia di Elita Weah, 41 anni, di nazionalità olandese. Si trovava all’aeroporto di Zaventem per partire alla volta degli Stati Uniti. Avrebbe voluto infatti partecipare al funerale di un familiare. Lascia una figlia di 13 anni.

Frank, un’ora dopo sarebbe stato già in volo – E’ deceduto mentre aspettava di partire il 24enne di origini cinesi Frank Deng. Il volo era in programma un’ora dopo l’esplosione.

Yves lascia due figli – Si sono infrante anche le speranze dei familiari di Yves Ciyombo Cibuabua. Padre di due bambini, è morto nell’esplosione alla fermata Maelbeek della metropolitana di Bruxelles.

I fratelli Sascha e Alexander – Doppia tragedia per la famiglia Pinczowski, di origine olandese. Nell’attentato all’aeroporto hanno infatti perso la vita i fratelli Sascha e Alexander, residenti a New York.

Olivier, morto mentre andava al lavoro – La follia dei terroristi è costata la vita anche al belga Olivier Delespesse, rimasto ucciso mentre si stava recando al lavoro in metropolitana. A confermarlo è stato il governo della Vallonia. Il funzionario del ministero dell’Istruzione, come Leopold, era sul treno sventrato a Maelbeek. “Olivier era una persona simpatica, gioiosa, amichevole, una persona eccezionale per i suoi amici e i suoi colleghi. La sua morte è profondamente scioccante e ingiusta”, scrivono i suoi colleghi.

Adelma, morta sotto gli occhi delle figlie – Il papà che decide di portate le bimbe a giocare pochi metri più in là. La deflagrazione. E mamma Adelma Marina Tapia Ruiz che perde la vita, sotto gli occhi dei suoi familiari rimasti quasi del tutto illesi nell’esplosione avvenuta all’aeroporto. Leggi l’articolo

Fabienne aveva appena concluso il turno – Fabienne Vansteenkiste è un’altra delle vittime dell’esplosione all’aeroporto. 51 anni, al momento della deflagrazione aveva da poco concluso il suo turno di lavoro e stava per tornare a casa. E’ morta mercoledì per le ferite riportate.

I DISPERSI
I nomi dei dispersi – Non si hanno notizie, invece, di Berit Viktorsson, Andrè Adam, la cui moglie è invece ricoverata in ospedale, Johanna Atlegrim, Aline Bastin, Sabrina Fazal, Antonio Monteagudo, Raghavendran Ganesan, Janina Panasewicz, Justin e Stephanie Shults.




“Atom for peace”. Sarà vero?

«Meglio non avere un accordo che un cattivo accordo», ha proclamato  la Guida Suprema Ali Khamenei, riecheggiando le parole del premier israeliano Benjamin Netanyahu, ostinato avversario dell’intesa di Losanna.

In sincronia con il presidente iraniano Hassan Rohani, Khamenei si è detto molto irritato perché l’Iran vorrebbe la revoca immediata delle sanzioni e non graduale, agganciata alle ispezioni dell’Aiea come nelle intenzioni dichiarate dal Cinque più Uno. Le sanzioni, secondo Teheran, devono essere cancellate il giorno stesso dell’accordo definitivo previsto entro il 30 giugno. La leadership iraniana sembra pretenziosa e intrattabile.

Il leader, in un intervento trasmesso dalla tv di Stato in occasione della Giornata nazionale della tecnologia nucleare, ha spiegato: “Vogliamo un accordo vantaggioso per tutte le parti coinvolte nei colloqui sul nucleare” e ha aggiunto: “Il presidente Usa, Barack Obama, ha riconosciuto che il popolo iraniano non si arrenderà a sopraffazioni, sanzioni e minacce, e questo fatto è una conquista” da parte della Repubblica islamica in sede di negoziati sul nucleare con le potenze mondiali.

Avere reattori civili in Iran non è come mettere il cartello “Zona denuclearizzata” all’ingresso delle nostre città di provincia, testimonianza di un grande impegno pacifista per un mondo libero da armi atomiche durato sino agli anni Ottanta.

Per Barack Obama la situazione si complica, il presidente degli USA dovrebbe pensare a un piano B, lo scenario è  mutato da  quando,  nel 1954,  Eisenhower approvò ufficialmente il progetto “Atom for Peace” al fine di agevolare l’introduzione dell’energia nucleare in applicazioni civili e per la produzione di energia elettrica, e trovare un punto di equilibrio diventa più difficile.

In Medio Oriente le trattative sono complesse e anche le parole hanno un significato diverso: l’Iran dei persiani è in guerra, le milizie sciite combattono in Iraq e in Siria contro il Califfato sunnita e i suoi alleati, da Al Qaeda alle monarchie arabe del Golfo, alla Turchia. Nello Yemen, Teheran è ai ferri corti con l’Arabia Saudita, in un conflitto dai connotati sempre più settari e inconciliabili, in cui si è arrivati a schierare navi da guerra nello Stretto di Bab el Mandeb, “la Porta delle lacrime”.

E la parola nucleare è legata più alla parola guerra che al termine energia, come vogliono invece  far credere.

Neanche la CIA sa esattamente quante testate nucleari abbia Israele (che si rifiuta categoricamente di dare spiegazioni in merito) ma la stima migliore ne accredita 80 a Tel Aviv, con plutonio sufficiente per arrivare fino a 200. Solo nel 1998 l’odierno presidente Shimon Peres rivelò che gli esperimenti israeliani sul nucleare erano cominciati già negli anni Cinquanta. Israele disporrebbe di unità terrestri, aeree e sottomarine, per il lancio dei missili.

Mentre l’Iran, per quanto accusato da Israele di essere a un passo dall’ottenere un ordigno nucleare, non ha ancora  un armamento.

L’Iran di oggi come quello dello Shah Mohammed Reza Palhevi, allora alleato di Washington, ambisce a essere una potenza nel Golfo. I suoi avversari arabi fanno di tutto per impedirlo e non esitano ad allearsi con Al Qaeda e il Califfato per raggiungere lo scopo. In questo conflitto, interno all’Islam, ma con implicazioni globali, gli Stati Uniti e l’Europa sono in posizione contraddittoria: combattono lo Stato Islamico, ormai penetrato a Damasco, e allo stesso tempo dichiarano di sostenere i sauditi nello Yemen e fanno affari con le petromonarchie che appoggiano i movimenti più radicali e terroristi.

In un colloquio a Teheran di qualche tempo fa, Shariatmadari, che perse un braccio nelle prigioni dello Shah e a sua volta torturava i prigionieri politici nel carcere di Evin, fu esplicito: «Sono gli americani che devono fare la pace con noi, non noi con loro».

Khamenei parla all’Iran  e alla comunità internazionale occidentale e araba. Deve accontentare l’ala estremista della rivoluzione islamica contraria all’accordo di Losanna.

In cima alla lista dei Paesi che possiedono armi nucleari ci sono gli Stati Uniti,che hanno condotto più test, dispongono di 7.650 testate, di cui 2.150 attive e così distribuite: 500 testate terrestri, 1.150 assegnate ai sottomarini nucleari e 300 pronte per essere montate sugli aerei. Inoltre, nell’alveo del programma di condivisione nucleare della NATO, la CIA riferisce di altre 200 bombe termonucleari (B61 a gravità) schierate in cinque Paesi NATO: Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia.

La Russia dispone di 8.420 testate nucleari, di cui 1.720 attive. Gli effetti delle sperimentazioni atomiche sovietiche sono ancora oggi evidenti in molte aree dove furono condotti i test. Nell’odierno Kazakhstan, ad esempio, tra il 1949 e il 1989 il sito di Semipalatinsk fu teatro di ben 456 esplosioni termonucleari. Inutile dire che quell’area è estremamente radioattiva, per un raggio di almeno 80 km, tale che intere comunità e villaggi, ancorché distanti, portano addosso i segni indelebili di quegli esperimenti, che si sostanziano in deformazioni, leucemie e malattie ereditarie.

La Cina si ha iniziato a produrre  armi nucleari  dal 1950, dopo che gli Stati Uniti intrapresero esperimenti nucleari nel Pacifico (proprio durante la guerra tra le due Coree). Il primo test di successo con un ordigno nucleare è targato 1964, cui seguì la prima prova termonucleare due anni e mezzo più tardi (il più breve tempo tra fissione e fusione le prove di tutte le potenze nucleari). Oggi si suppone che la Cina abbia circa 140 testate terrestri e 40 assegnate per gli aerei. La CIA, che ne ha stimate 240 in totale, ritiene che le restanti testate siano conservate per un futuro impiego in un sottomarino nucleare, che oggi non possiede.

La Francia, dopo USA e Russia, è la terza potenza nucleare al mondo, anche se dispone di “sole” 300 testate, 250 delle quali assegnate a sottomarini nucleari e le restanti 50 pensate per attacchi aerei. Nel 1996, sotto la presidenza Chirac, ha smantellato tutte le testate terrestri.

Il Regno Unito ha condiviso con gli americani il “Progetto Manhattan”, padre di tutte le sperimentazioni nucleari, sviluppando poi un proprio personale programma (pur condividendo oltre la metà dei test con gli USA). Oggi dispone di 160 ordigni operativi, esclusivamente per uso sottomarino.

Pakistan e India dispongono entrambe di circa 100 testate (90/110). Islamabad decise di avviare un proprio programma nucleare nel 1972, in seguito alla guerra con l’India, sperimentando test sotterranei (nel distretto di Chagai, vicino al confine con l’Iran) e oggi dispone di missili nucleari terrestri e aerei. L’India, di converso, ha prodotto armi nucleari proprie dopo i test nucleari della Cina a metà degli anni Sessanta, testando i propri ordigni dal 1974 al 1998. Dispone di missili nucleari aerei e terrestri e da anni cerca di allargare il programma nucleare alle forze marine.

La Corea del Nord, secondo le stime della CIA, avrebbe meno di 10 testate nucleari che ha sperimentato in tre occasioni (2006, 2009 e 2013), fatto che ha comportato per Pyongyang dure reazioni della comunità internazionale e nuove sanzioni economiche. Tuttavia, la minaccia nucleare nordcoreana, particolarmente contro Corea del Sud e Stati Uniti, è poco più che un bluff. Infatti, anche se la Corea ha condotto tre test nucleari sotterranei ed effettuato test missilistici balistici, e nonostante la certezza che gli scienziati nordcoreani abbiano separato abbastanza plutonio per le 10 testate di cui sopra, non è confermato che Pyongyang sia davvero in grado di armare i missili e lanciarli, non disponendo né di sottomarini né di aerei in grado di condurre un efficace attacco dal cielo.

Mutatis mutandis, anche la politica energetica internazionale è stata modificata.

Nonostante i dati favorevoli al nucleare (soprattutto in Francia), secondo l’IAEA (International Atomic Energy Agency) il peso dell’energia nucleare rispetto alle altre fonti di energia era destinato a ridursi entro il 2020. Questa previsione è datata 2004 ed è  stata smentita dagli ultimi eventi della politica energetica internazionale. L’affermazione e l’ascesa di nuovi paesi sullo scacchiere mondiale (es. Cina e India) e la conseguente crescita della domanda di energia mondiale ha spinto alla cantierizzazione di nuovi reattori nucleari. In Asia sono attualmente in cantiere almeno 15 nuove centrali nucleari (Cina, Corea del Sud, India e Taiwan). La situazione in Europa  merita invece un livello di approfondimento maggiore. L’assenza di investimenti nella costruzione di nuove centrali nucleari in Europa negli anni ’90 è un dato di fatto. La Finlandia è stato l’unico paese europeo ad avere messo in cantiere nell’ultimo decennio del ‘900 la costruzione di una nuova centrale nucleare (centrale di Olkiluoto, attiva entro il 2010).

L’approccio nei confronti del nucleare da parte dei paesi europei è radicalmente mutato nel corso del primo decennio degli anni duemila. L’effetto serra e il caro petrolio hanno fatto riavvicinare all’energia nucleare anche i paesi occidentali più scettici. Agli inizi degli anni duemila molti paesi europei nuclearizzati (Svezia, Germania, Olanda e Belgio) avevano deciso di non sostituire le attuali centrali nucleari al termine del loro ciclo produttivo.

L’acuirsi del problema ambientale e le cicliche crisi del petrolio e del gas hanno però rimesso in discussione il destino del nucleare in Europa. La politica prevalente in questi ultimi anni tende a prolungare la vita delle centrali nucleari europea, in attesa di una possibile risposta ai problemi del nucleare da parte della ricerca scientifica. Prevale pertanto una politica di attesa.

Sono circa 440 i reattori nucleari attivi nel mondo. I paesi con maggiore presenza di reattori nucleari sono i seguenti: USA (1049), Francia (59) e Giappone (53).




IRAN – A Teheran si festeggia il nucleare, ma Netanyahu chiama Obama: «Gli accordi includano il nostro diritto a esistere»

Netanyahu ha ribadito: «l’unico obiettivo» dell’Iran è ottenere la bomba atomica. Per lo Stato ebraico è un passo in una direzione «estremamente pericolosa» perché si limita a concedere altro tempo alla Repubblica islamica. Già nella notte, dopo una telefonata con Barack Obama, Netanyahu aveva definito l’accordo tra la comunità internazionale e Teheran sul nucleare «una minaccia alla sopravvivenza di Israele».

Il Consiglio di difesa del governo di Israele ha respinto «in maniera compatta» l’intesa raggiunta tra il 5+1(Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, Germania) e l’Iran sul nucleare. È quanto si legge in un comunicato pubblicato al termine della riunione di tre ore convocata dal premier Benyamin Netanyahu. Lo stesso premier,  fa sapere di «opporsi con veemenza» all’intesa,  «l’accordo non ferma un singolo impianto nucleare in Iran, non distrugge una sola centrifuga e non fermerà lo sviluppo e la ricerca sulle centrifughe avanzate. Invece, legittima l’illegale programma nucleare».

«Riconoscete il nostro diritto di esistere».

Di conseguenza «Israele chiede che ogni accordo finale con l’Iran includa un chiaro e non ambiguo riconoscimento del diritto di Israele di esistere», ha riferito il portavoce di Netanyahu con una serie di tweet. «Voglio chiarire una cosa a tutti – ha proseguito il premier – La sopravvivenza di Israele non è negoziabile. Israele non accetta un accordo che consente ad un paese che vuole annientarci di sviluppare armi nucleari». Netanyahu, a questo proposito, ha ricordato che solo due giorni fa «nel mezzo dei negoziati di Losanna il comandante della forze di sicurezza Basij in Iran ha detto:«La distruzione di Israele non è negoziabile».
Rohani: «Tutti rispettino le promesse e onoreremo gli accordi»
Venerdì pomeriggio ha preso la parola il presidente iraniano Hassan Rohani che, in una conferenza stampa, ha parlato di «giorno storico», ricordando: «Tutto il mondo deve pensare che l’accordo di Losanna soddisferà tutte le parti. L’intesa inaugurerà una nuova fase nei rapporti tra l’Iran ed il mondo intero». Non per questo Teheran accetta di essere stata chiamata al tavolo per la sofferenza imposta dalle sanzioni: «Non ci erano state imposte per portarci a trattare: il loro scopo era far arrendere l’Iran». Inoltre, un avviso: Se il gruppo 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania) «rispetterà le promesse, anche l’Iran lo farà. Se sceglierà strade diverse, altre opzioni potranno essere valutate».

SCHEDA – L’INTESA PUNTO PER PUNTO

I punti più importanti dell’intesa.
– Il “5+1” (Usa, Francia, Regno Unito, Germania, Cina e Russia) e l’Iran hanno trovato l’accordo sulla sospensione di oltre i due terzi della attuale capacità di arricchimento dell’uranio del programma di Teheran, accompagnata da 10 anni di monitoraggio.
– La maggior parte delle riserve di uranio arricchito dell’Iran dovrà essere diluita (degradata a un livello di purezza inferiore all’attuale) o trasferita all’estero.
– L’Iran manterrà dunque 6104 delle attuali 19mila centrifughe e si impegnerà a non arricchire l’uranio oltre il 3.67 per cento per almeno 15 anni.
– L’Iran, inoltre, si impegna a ridurre il suo attuale stock di 10mila chili di uranio arricchito a non più di 300 chili, arricchiti al massimo al 3,67 per cento.
– Le centrifughe in eccesso e le strutture per l’arricchimento saranno poste sotto il controllo della Aiea e saranno utilizzate solo per fornire ricambi.
– Dopo i primi 10 anni di monitoraggio, le attività di ricerca e sviluppo continueranno a essere limitate e supervisionate, con le diverse restrizioni sul programma nucleare iraniano che resteranno in vigore per 25 anni.
– In cambio del rispetto di questi vincoli, l’Iran si vedrà gradualmente alleggerire il peso delle sanzioni internazionali.
– Il mancato rispetto dell’accordo porterà automaticamente al ristabilimento delle sanzioni contro Teheran.

Anche con l’accordo sul nucleare, resteranno invece in vigore le sanzioni contro l’Iran per terrorismo, abusi sui diritti umani e detenzione di missili ad ampia gittata. Ed è stato lo stesso ministro iraniano Zarif ha sottolineare come il raggiungimento del risultato sul nucleare non comporti necessariamente una normalizzazione delle relazioni, in particolare con gli Stati Uniti. “Le nostre relazioni con gli Usa non hanno niente a che vedere con questo. Ci dividono tante differenze e nel passato abbiamo eretto una reciproca diffidenza. La mia speranza è che, con la coraggiosa implementazione di questo accordo, si possa recuperare un po’ di quella fiducia. Non ci resta che aspettare e osservare”. Da parte sua, il segretario di Stato Kerry ha sottolineato come gli Usa siano ancora “preoccupati per le attività di destabilizzazione” messe in atto dall’Iran in Medioriente. E ha rivolto un appello alle autorità di Teheran: “rilasciare gli americani detenuti nelle celle iraniane”




UCRAINA – Perdita radioattiva scoperta nell’impianto nucleare Zaporizhia

Il livello di radiazione sarebbe 16 volte superiore al limite legale. Una perdita radioattiva è stata scoperta nell’impianto nucleare Zaporizhia, nel sudest dell’Ucraina. Lo riferisce Russia Today, citando media locali. Secondo la rilevazione, il livello di radiazione sarebbe 16 volte superiore al limite legale. Si tratta della più grande a livello europeo e la quinta al mondo. Non è la prima volta che nella centrale si riscontrano incidenti: uno degli ultimi è avvenuto il 28 novembre scorso, ma il fatto è stato reso pubblico sono cinque giorni dopo, quando il primo ministro ucraino lo ha rilevato nella sua prima sessione del nuovo gabinetto.

Scrive il deputato 5 Stelle Dario Tamburrano:

Secondo incidente in un mese nella stessa centrale nucleare in Ucraina, la più grande d’Europa (denunciai il primo incidente il 3 dicembre 2014 durante un intervento proprio sulla sicurezza energetica in Commissione a Bruxelles). E il motivo sembrerebbe che siano state sostituite le barre di uranio di provenienza sovietica a sezione esagonale con quelle di fabbricazione USA (Westinghouse) a sezione quadrata.