L’ambiente e la guerra, la scuola e la pace

l 4 maggio più di cento scuole in tutta Italia hanno aderito all’iniziativa “Scuole in piazza per la Pace in Siria” promossa da una rete di dirigenti, operatori e operatrici scolastiche: striscioni, manifestazioni, cori, flash mob e tanto altro per dire basta a una guerra che va avanti da sette anni, probabilmente anche con bombardamenti di tipo chimico.

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Molte sono ormai le micidiali armi chimiche o radioattive e biologiche, spesso più potenti di quelle nucleari, e le prime notizie di utilizzo di bombe al napalm, per esempio, risalgono già al marzo 1944, durante un bombardamento sui quartieri popolari di Roma; napalm che con i defoglianti in Vietnam fu sistematicamente usato dagli americani contro villaggi, foreste e campi coltivati provocando una devastazione ambientale spaventosa, oltre alle malformazioni congenite che la popolazione vietnamita si ritrova ancora oggi insieme a un ambiente invivibile: in certe regioni l’inquinamento è altissimo, le piante non riescono a crescere bene, i bambini e le bambine si intossicano camminando a piedi scalzi sulla terra inquinata e la speranza di vita della gente è di un terzo inferiore alla media nazionale.

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A tale proposito ricorderemo sicuramente questa foto del 1972. La bambina completamente nuda che corre in lacrime poiché vittima di un bombardamento al napalm con la sua famiglia è Kim Phuc. Nel 2017  Kim ha pubblicato il libro autobiografico Fire Road: The Napalm Girl’s Journey through the Horrors of War to Faith, Forgiveness, and Peace nel quale racconta come dal fuoco dell’odio e dell’amarezza sia potuta rinascere grazie alla fede. Dopo anni di esposizione come fenomeno da baraccone ai fini della propaganda antiamericana, costretta a esibire le sue cicatrici e a raccontare la sua drammatica storia di bambina cui la guerra aveva tolto tutto, sopraffatta dal dolore tentò di togliersi anche la vita, ma non vi riuscì. Un giorno, mentre era a Cuba, trovò nella biblioteca una Bibbia e leggendola scoprì il messaggio di Gesù e trovò in lui la forza per fuggire in Canada, dove cominciò a frequentare una chiesa battista divenendo ambasciatrice di pace. La sua storia è straordinaria anche perché ha poi incontrato uno dei veterani americani che aveva bombardato la sua regione, a sua volta distrutto psicologicamente dalla violenza della guerra; ma lo è ancora di più perché è una vita che tuttora ci parla, quasi urlando in lacrime come in quella foto, di quanto sia possibile per l’umanità riconciliarsi con se stessa e con l’ambiente circostante a partire dalle attuali generazioni, presente e futuro dell’umanità, che con pervicacia vanno educate e condotte per mano su nuove strade di Pace e di Giustizia.

Foto 3. Manifesto dell’IIS Niccolò Machiavelli di Pioltello (MI)




Donne e pace: Bernice King a Monteleone di Puglia

“Questa parte istituzionale era importante perché siamo riusciti a portare un pezzo di Storia qui!” queste le appassionate parole del Sindaco Giovanni Campese nel salone del palazzo municipale quando sabato 11 marzo alle 10 circa Bernice Albertine King è arrivata a Monteleone di “Pughlia”, come poi avrebbe detto lei salutandoci, il comune che con molte Istituzioni scolastiche, locali e viciniori, ha avviato da ben tre anni un percorso, probabilmente unico in Italia, di educazione alla Pace e alla Nonviolenza.

Nell’attesa che Bernice King arrivasse nella tensostruttura che ospitava numerose e vivaci scolaresche, ci sono stati due importanti interventi: quello della presidente del Centro Studi Sereno Regis, Angela Dogliotti Marasso, che con incisiva brevità ha scandito le tappe fondamentali del pacifismo femminile partendo da Bertha von Suttner passando per Rosa Genoni fino a Leymah Gbowe e, appunto, Bernice King senza tralasciare naturalmente i vari movimenti e gruppi di donne che hanno fatto la storia della nonviolenza come le “Monteleonesse”, che nel 1942 lottarono contro il fascismo per il pane e la pace e da cui nasce tutto il percorso di riscoperta valorizzazione e ricerca avviato da questo piccolissimo comune montano pugliese. Di seguito l’intervento  della prof. dell’Università di Bari, Gabriella Falcicchio, che ha presentato con passione gli studi sul periodo perinatale e sulla “buona nascita”, sulle lotte nazionali e internazionali delle donne contro la violenza ostetrica, sulle dinamiche di genere, in rapporto alla formazione delle bambine e delle ragazze.

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Giunta l’attesissima King, il ritmo è diventato incalzante anche per la stessa presentatrice Rossella Brescia e davvero tanto commovente: studenti di tutte le età che le declamavano poesie in inglese, che cantavano “We shall overcome” e “Ebony and Ivory”, che danzavano con l’arcobaleno della bandiera della Pace; interventi calorosi come quello del prof. Rocco del Centro “Gandhi” di Pisa Altieri sulla necessità di eliminare le spese belliche a favore dell’istruzione perché l’alternativa è la nonviolenza alla non esistenza, ricordi ferventi delle battaglie di suo padre Martin Luther, ringraziamenti e riconoscimenti da parte delle rappresentanze varie di Amministrazioni, Provincia e Università ma non della Regione. Inoltre, come ricordato anche dal Ministro Plenipotenziario del CIDU (Comitato Interministeriale per i Diritti Umani), Fabrizio Petri, l’evento è stato particolarmente importante perché ricorre la celebrazione del 70° Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, per la quale il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani ha in programma di organizzare eventi in occasione di varie date significative delle Nazioni Unite nel corso del 2018.

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Confusione e concitazione, avrei saputo dopo, hanno fatto saltare un po’ la scaletta e alcuni interventi come quello di Marinetta Cannito Hiort dell’Institute of Peace (Washington DC), in primo piano nell’organizzare l’evento, lasciato frettolosamente alla fine di tutto. Ma quando ha preso la parola Bernice la forza e l’impeto delle sue parole, un po’ tradite da una emozionata traduzione, ci hanno proiettato in un futuro denso di passato: “Mia madre Coretta diceva “Donne, se l’anima della Nazione deve essere salvata voi dovete diventare la sua anima!” e poi citando il padre “Abbiamo ancora una scelta oggi: la coesistenza nonviolenta o violento co-annichilimento.” Ringraziando per il premio, ci ha invitato a continuare la lotta, così come farà lei per il resto della sua vita perché crede che l’unica via è la nonviolenza e “God bless you!”.

 

 




LIBIA – Firmato a Roma l’accordo per la pace. Kobler: “E’ una giornata storica per la Libia”

“Una firma molto importante per la pace in Libia. C’è ancora da lavorare ma è un ottimo inizio. Grazie Paolo Gentiloni”. Così il premier Matteo Renzi, su twitter sul nuovo governo di Tripoli.

“E’ una giornata storica per la Libia”, ha affermato invece l’inviato speciale Onu, Martin Kobler, parlando a Skhirat. “Tutte le parti hanno fatto delle concessioni mettendo l’interesse del Paese davanti a tutto. La comunità internazionale continuerà il suo appoggio al futuro governo libico”. “Le porte rimangono aperte anche per quelli che oggi non erano presenti” a Skhirat, ha scritto su twitter Kobler. “Il nuovo governo si deve muovere urgentemente per rispondere alle preoccupazioni di coloro che si sentono marginalizzati”. “L’Isis rappresenta una sfida per il futuro governo di intesa nazionale. C’è bisogno di un dialogo nazionale globale per trovare un modo per lottare contro i terroristi”, ha rilevato Kobler. “State cambiando le pagine della storia”, ha aggiunto rivolgendosi ai delegati a Skhirat.

La nuova leadership libica, alla conferenza sulla Libia svoltasi questa settimana “a Roma, ha firmato un accordo che non è solo un pezzo di carta”: lo ha sottolineato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni alla cerimonia di Skhirat. “E’ un impegno solenne per aiutare il popolo” libico, ha detto ancora il ministro. “Ora è prioritario ampliare la base di consenso” al nuovo governo libico nato a Skhirat in Marocco. “L’Italia è pronta a fare la sua parte – ha ribadito il ministro – per dare stabilità e sicurezza al paese”.




SVEZIA – Solo 50 donne hanno vinto il Nobel: il 4% dei premi assegnati

Malala Yousafzai è la più giovane vincitrice del premio Nobel per la pace. Nonostante sia appena maggiorenne ha dimostrato carisma e coraggio, lottando a discapito della sua incolumità, affinché tutte le ragazze del suo popolo potessero avere il diritto ad un’istruzione. Nata e vissuta fino al 2012 nella valle dello Swat, in Pakistan, ha dovuto abbandonare la propria terra d’origine dopo aver subito un vile attentato da parte dei talebani, sicuri che le loro pallottole potessero mettere a tacere il suo grido di speranza. Malgrado le sue condizioni apparvero sin da subito disperate, lei è sopravvissuta, non si è lasciata sopraffare dalla paura ed ha continuato a lottare, dimostrando ai suoi aguzzini che le armi più potenti sono una penna e il senso di giustizia. Poche donne prima di lei sono riuscite ad ottenere il premio Nobel, solo 50, ossia il 4% nel totale dei premi assegnati, ad altre invece fu negato. Rosalind Elsie Franklin ad esempio, fu una di queste. Laureata alla facoltà di chimica e fisica, presso l’Università di Cambridge, compì degli importanti studi sul DNA, che valsero il premio Nobel, ai suoi colleghi. Un altro caso eclatante fu quello di Mileva Maric, moglie di Albert Einsten, che aiutò e supportò suo marito nella formulazione della teoria della relatività, inoltre lo scienziato sosteneva che il contributo di sua moglie, soprattutto per ciò che concerneva gli studi matematici, era per lui essenziale, tuttavia non ha mai ottenuto il meritato riconoscimento.




ITALIA – Da Venezia in marcia scalzi per cambiare le politiche migratorie globali

La Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi è un lungo cammino di civiltà. E’ l’inizio di un percorso di cambiamento che chiede a tutti gli uomini e le donne del mondo globale di capire che non è in alcun modo accettabile fermare e respingere chi è vittima di ingiustizie militari, religiose o economiche che siano. Non è pensabile fermare chi scappa dalle ingiustizie, al contrario aiutarli significa lottare contro quelle ingiustizie.
Dare asilo a chi scappa dalle guerre, significa ripudiare la guerra e costruire la pace.
Dare rifugio a chi scappa dalle discriminazioni religiose, etniche o di genere, significa lottare per i diritti e le libertà di tutte e tutti.
Dare accoglienza a chi fugge dalla povertà, significa non accettare le sempre crescenti disuguaglianze economiche e promuovere una maggiore redistribuzione di ricchezze.

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Oggi Venezia lancia la Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi.
In centinaia camminano scalzi fino al cuore della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica.
Invitando tutti ad organizzarne in altre città d’Italia e d’Europa per chiedere con forza i primi quattro necessari cambiamenti delle politiche migratorie europee e globali:

1. certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature
2. accoglienza degna e rispettosa per tutti
3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti
4. Creare un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino.




Greta e Vanessa, le loro scelte costano all’Italia milioni di euro e neanche ringraziano

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Salvatore Marzullo, il papà di Vanessa, una delle due militanti rapite e rilasciate in Siria, dopo che il governo italiano ha pagato un riscatto milionario, nelle ore successive alla liberazione della ragazza, ha sostenuto che la figlia non avrebbe dovuto chiedere scusa a nessuno.

Chiedere scusa no: ognuno è libero di portare avanti la propria opinione, ma dire grazie sì, sosteniamo Noi, visto che hanno chiesto aiuto e il nostro paese ha civilmente e moralmente soddisfatto la loro richiesta.

Salvatore Marzullo l’ha detto alla stampa durante la festa fatta per Vanessa, in quello che era stato raccontato come il “suo ristorante”: la Trattoria Cascina Bolsa a Verdello.

Il ristorante in realtà non è suo, è proprio di Vanessa, che prima di partire per la Siria era diventata imprenditrice e adesso ha già un nuovo mestiere pronto in grado, si spera, di trattenerla dalla tentazione di tornare in Siria e di far sperperare altro denaro pubblico (di cui i disoccupati italiani hanno tanto bisogno), causare altri problemi al governo e al popolo italiano (come se, con la crisi economica, politica e sociale che c’è, non ne avesse abbastanza) e  infangare e distruggere il buon operato di quanti si dedicano con grandi sacrifici, senza secondi fini e in nome della pace alla cooperazione internazionale.

Che siano servite per distogliere l’attenzione  e far organizzare meglio l’attentato in Francia?

Gli affari in casa Marzullo sembrano in crescita e in qualche modo anche la pubblicità del caso potrà attirare la clientela non solo dal paese e dai dintorni.




Libertà, libertà, libertà! Sulla Francia sarò breve

Libertà è una grande parola, nel suo astrattismo metafisico è diventata religione, ma sotto la bandiera della libertà  si sono fatte le guerre piú sanguinose, si sono compiuti i più grossi ladrocini, si sono violati sistematicamente i diritti universali.

L’impiego che oggi si fa dell’espressione ” libertà di opinione, di critica ” implica lo stesso falso sostanziale:  tutti gridano alla libertà di stampa anche i censori.

La guerra in Afghanistan cominciò il 7 ottobre del 2001 (ed è ancora in corso) e la guerra in Iraq il 20 marzo 2003. Il 90% dei morti sono stati civili, la maggioranza bambini e donne . “La guerra in Afghanistan costa ancora oggi 250 milioni di euro al giorno, cioè la stessa cifra che servirebbe per costruire finanziare e far funzionare dieci centri ospedalieri di prima eccellenza per tre anni” (Gino Strada). Senza considerare le cifre della guerra in Iraq, il mantenimento di Guantanamo. Se la coalizione internazionale avesse riposato una settimana o invece del 7 ottobre fosse partita, ad esempio, il 15 ottobre (cioè otto giorni dopo), avremmo avuto i soldi per costruire 80 ospedali di prima eccellenza e farli funzionare per tre anni. E, rimandando la partenza di un’altra settimana ancora, avremmo potuto costruire 800 asili. Immaginate cosa avremmo potuto fare evitando del tutto le guerre, seguendo il movimento per la pace. Invece quel giorno del 2001 vinse le linea politica di Oriana Fallaci, di George Bush,  di Massimo D’Alema e Berlusconi.

«Abbiamo iniziato con l’operazione in Francia, per la quale ci assumiamo la responsabilità. Domani saranno la Gran Bretagna, l’America e altri», ha affermato l’imam Abu Saad al-Ansari, un religioso vicino allo Stato islamico (Is), in un sermone a Mosul, in Iraq, annunciando che l’organizzazione guidata da Abu Bakr al-Baghdad è responsabile dell’attacco alla sede di Cahrlie Hebdo a Parigi. Questo è il messaggio che è stato rivolto a tutti i paesi che partecipano alla coalizione internazionale guidata dagli Usa, che ha ucciso i militanti dello Stato islamico.

Il direttore di Charlie Hebdo, Stéphane Charbonnier detto Charb, morto nell’attentato di Parigi, aveva scritto nella sua ultima vignetta: “Oggi nessun attentato in Francia. Attendete. Avete ancora tutto gennaio per farvi gli auguri”.

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Viva la pace! Viva Charlie Hebdo! In alto le matite!