ITALIA – Storie di modelle

Il desiderio di rievocare nei quadri suggestivi scorci della campagna romana o delle memorie archeologiche portò gli artisti, attivi a Roma nei secoli passati, a cercare modelle e modelli capaci di incarnare lo stereotipo di bellezza naturale e selvaggia attribuito alle genti italiche.

Le modelle sono tutte indistintamente chiamate “Ciociare”, per via del costume indossato, ma molte di loro provengono da un triangolo di particolare magia artistica, quello formato dai paesi laziali di Anticoli Corrado, Saracinesco e Sambuci.

Lo sguardo fiero e profondo, la carnagione olivastra e i capelli scuri, il portamento regale diventano l’emblema della bellezza italiana per molti artisti stranieri. Queste giovani donne passano attraverso l’avvenenza fisica e il fascino per uscire da un’esistenza senza sbocchi e sicuramente non facile: tanta fatica, numerosi figli e ancor più numerose gravidanze.

Il mestiere di posa diventa una sorta di promozione di sé, ma anche del resto della famiglia: il numero considerevole di modelle, provenienti da questa area del Lazio, si spiega non solo con la bellezza fisica, ma anche con la disponibilità dei parenti (e di tutta la popolazione locale) ad accettare questa attività. Il legame fra l’arte e la popolazione diventa, di anno in anno, sempre più forte e intenso, tanto che fare la modella (o il modello) diventa un lavoro vero e proprio.

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FOTO 1. Modella di Anticoli Corrado

2. Angela Toppi, modella di Anticoli Corrado

Foto 2. Angela Toppi, modella di Anticoli Corrado

Per le donne però la realtà è più difficile e complessa.

Nei registri parrocchiali si trovano i nomi “ delle giovani immigrate dai paesi della provincia che, dietro il velo dei mestieri più disparati – stiratrice, sarta, ricamatrice, serva, contadina …” nascondono un lavoro universalmente condannato e giudicato immorale per una donna. Lo status di lavoratrice, nubile o vedova che fosse, priva della “protezione” e del controllo di un uomo, è di per sé – a prescindere dal tipo di lavoro – condizione “atipica” per una donna. Lo è maggiormente se questa attività rientra fra le professioni legate al mondo dello spettacolo o dell’arte e si espone il corpo, contravvenendo alle regole di onestà e castità che ogni donna deve osservare. Se i modelli posavano nudi nelle Accademie senza incorrere nella riprovazione generale, le modelle, ammesse unicamente all’Accademia di Francia, ebbero riconoscimento ufficiale solo nel 1870 con Roma Capitale.

Frequente era il caso di giovani donne povere e non sposate, dedite ai lavori dei campi e alla pastorizia, che in inverno si trasferivano in città, accompagnate da un familiare o dalle stesse madri, come nel caso di Vittoria Caldoni, per continuare a lavorare come modelle allo scopo di integrare il bilancio familiare o farsi la dote.

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FOTO 3. Friedrich Overbeck, Ritratto di Vittoria Caldoni, 1821

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FOTO 4. Angela Colasanti, modella di Anticoli Corrado

Per risparmiare sull’affitto le giovani modelle si riuniscono in gruppi, trovando sistemazioni precarie in locali fatiscenti e dormendo su pagliericci stesi a terra. Ogni mattina si recano a piedi a Trinità dei Monti trasportando ceste cariche di fiori, di cicoria o di prodotti artigianali che sperano di vendere mentre aspettano di essere reclutate per una posa. Chi non riesce ad entrare in un circuito di ingaggi alterna l’attività saltuaria a servizi domestici e a lavori di cucito; altre, nell’attesa dell’ingaggio, vendono fiori – spesso violette – sulla scalinata di Trinità dei Monti.

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FOTO 5. Alexander Cabanel, La Chiaruccia, 1848

I mazzetti che offrono non sono belli come quelli dei fioristi, spesso sono sciupati o appassiti perché sono tenuti per tutto il giorno in un cesto.

Con lo pseudonimo di Lila Bisquit, D’Annunzio nella rubrica Cronache mondane tratteggia un paesaggio d’altri tempi: “Intanto la piazza di Spagna si va riempiendo di rose e di violette, miracolosamente. Tutta al sol, come un rosaio, la gran piazza aulisce in fiore. Dai novelli fochi accesa, tutta al sol, la Trinità su la tripla scala ride ne la pia serenità”.

Molti anni dopo le venditrici ambulanti di fiori sono una visione nitida anche per Pier Paolo Pasolini sulle pagine di Squarci di notti romane (1950). Si muovono con fierezza “[…] le venditrici di violette, lungo Via del Tritone o Piazza di Spagna, con la cesta delle viole violentemente colorite sulla testa, che schiacciano loro la statura e le fanno stare erette come regine, il mento proteso come quello dei ciechi – e un mazzo di viole in mano; così colorite che sembrano esplodere […]”.

Alcune di queste modelle hanno intrapreso il cammino dell’arte e si sono affermate.

È il caso di , figlia di contadini di Anticoli Corrado, nata nel 1896. Povera e bella ha solo sedici anni quando, seguendo un’usanza comune alle ragazze del paese, si trasferisce a Roma per posare.

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FOTO 6. Pasquarosa da piccola a Anticoli Corrado

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FOTO 7. Pasquarosa Marcelli Bertoletti

Conosce il pittore Nino Bertoletti, il grande amore di tutta la vita, che la indirizza verso l’arte e che, caso più unico che raro, mette in secondo piano la propria carriera per l’affermazione della moglie. Pasquarosa non ha formazione artistica né esperienza ma in lei scatta qualcosa.

Nel 1913 pone le basi di una pittura istintuale e originale, lontana da ogni accademismo, partecipando alla Terza Secessione Romana. Guadagna il favore di critica e pubblico con i suoi colori densi e accesi che danno vita a gioiose nature morte e vivaci ritratti.

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Foto 8. Pasquarosa, Angelina, 1915

La personale all’Arlington Gallery di Londra del 1929 consacra il suo talento a livello internazionale e ulteriori conferme del successo raggiunto vengono dalla partecipazione regolare, fino agli anni Cinquanta, alle esposizioni collettive più importanti, dalle Quadriennali romane alle Biennali di Venezia.

La pittrice muore a Camaiore nel 1973.

Anticoli Corrado, il suo paese di origine, e Roma, la città che ha visto fiorire il suo talento pittorico, le hanno dedicato una via e una piazza.

Foto 9. Anticoli Corrado, Via Pasquarosa Marcelli Bertoletti, foto di Rossana Laterza

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Foto 10. Roma, Largo Pasquarosa Marcelli Bertoletti, foto di Barbara Belotti




ITALIA – Un caleidoscopio di artiste tra le strade romane

Di Livia Capasso

Su 613 donne titolari di strade romane, sante, madonne, figure storiche, personaggi del mito, scienziate, nobildonne e benefattrici, solo diciannove sono artiste.

Marianna Dionigi è l’unica a trovarsi in area centrale, nel 1° municipio. Pasquarosa Marcelli Bertoletti ed Emma Gaggiotti figurano nel 5°; Antonietta Biscarra, Giovanna Garzoni, Giovanna Marmochini Cortesi, Giuliana Staderini Piccolo nel 6°; Mary Pandolfi De Rinaldis nel 7°; Tina Modotti nell’8°; Amalia Camboni, le sorelle Giussani, Tea Bertasi Bonelli, Lina Buffolente nel 9°; Benedetta Cappa Marinetti, Edita Broglio, Maria Grandinetti, Novella Parigini nell’11°; Artemisia Gentileschi Lomi nel 12°; e infine Maria Felicita Tibaldi nel 13°.

Si tratta di artiste ad ampio raggio che hanno dato prova della loro abilità e del loro valore in tanti campi diversi dell’arte visiva, a riprova che non c’è ambito, settore in cui le donne non possono cimentarsi.

Sono in gran parte pittrici vissute tra 800 e 900, interessate anche alla letteratura e alla musica; molte ritrattiste di personaggi storici, spesso al servizio di corti italiane e di case regnanti europee; miniaturiste e pittrici specializzate in nature morte.

Un ponte cavalcavia a Villa Pamphilj è dedicato ad Artemisia Gentileschi, uno dei simboli della pittura al femminile ma anche della rivalsa del ruolo delle donne nella società, esponente di primo piano del caravaggismo romano.

C’è una ceramista, una scultrice, una fotografa, un’orafa, alcune fumettiste, una futurista, una surrealista, trasgressiva animatrice della Dolce Vita romana. Hanno tutte dovuto lottare contro stereotipi e pregiudizi che vedevano la donna madre e angelo del focolare, a cominciare dal giudizio espresso dal Vasari nel ‘500, che arrivò a dire: “Le donne non si sono vergognate, quasi per toglierci il vanto della superiorità, di mettersi con le tenere e bianchissime mani nelle cose meccaniche, fra la ruvidezza de’ marmi e l’asprezza del ferro”. O quello del maestro Giacomo Grosso che, accorgendosi della presenza di una donna tra i suoi allievi, le si rivolse in questi termini: “Ma cosa fa qui lei, non sa che le donne devono stare a casa a fare la calza? Non voglio donne nel mio corso… Sappia allora che dovrà lavorare il doppio dei suoi colleghi maschi”.

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Tina Modotti

(Udine, 1896 – Città del Messico, 1942)

Foto di L. Zennaro

Modella, attrice, fotografa e attivista politica, incentrò le sue opere su contadini, operai, bambine al lavoro nei campi e nelle fattorie. Fu la fotografa ufficiale del movimento muralista messicano.

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Tea Bertasi Bonelli

(Milano, 1911 – 1999)

Foto di A. De Carlo

Moglie di Gian Luigi Bonelli, creatore di Tex Willer e Dylan Dog, rilevò e proseguì l’attività del marito, improvvisandosi vignettista ed editrice, negli anni della seconda guerra mondiale.

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Sorelle Giussani

Angela (Milano, 1922 – Gavirate, 1987) e

Luciana (Milano, 1928-2001)

Foto di M. Zennaro

Sono le creatrici del famoso fumetto “Diabolik”, geniali, e imprenditrici di sé stesse.

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Lina Buffolente

(Vicenza, 1924 – Milano, 2007)

Foto di L. Zennaro

Definita “la Signora del fumetto”, è stata forse la prima disegnatrice di fumetti in Europa. Ha dato vita a tanti personaggi, quali Colorado Kid, Calamity Jane, e a serie quali Lupo, Furio Mascherato, Tom Mix e Tom Bill, Liberty Kid e Fiordistella, Nick Reporter e Capitan Walter.

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Marianna Candidi Dionigi

(Roma, 1756 – Civita Lavinia, 1826)

Foto di R. Loia

Pittrice e scrittrice, immortalò le città della Ciociaria, fondate dal re Saturno, in incisioni e scritti raccolti durante i suoi viaggi nel Lazio.

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Benedetta Cappa Marinetti

Detta Beny (Roma, 1897 – Venezia, 1977)

Foto di S. Coluzzi

Allieva di Giacomo Balla e moglie di Filippo Tommaso Marinetti, sperimentò diverse forme d’arte, dalla pittura, alla letteratura, alla scenografia, in linea con la poliedricità del Futurismo.

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Edita Broglio

Edita Walterovna zur Muehlen (Smiltene, Russia, 1886 – Roma, 1977)

Foto di A. Virgilio

Proveniente da una nobile famiglia baltica, a Roma incontra e sposa Mario Broglio, con cui collaborerà nel gruppo “Valori Plastici”, aderendo in seguito alla corrente del Realismo magico. La sua pittura è ricca di suggestioni internazionali, dalla cultura dell’avanguardia russa, al Blaue Reiter, al primitivismo.

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Antonietta Alessio Biscarra

(Milano, 1833 – Torino, 1866)

Foto di M. Pezzini

Miniaturista, specializzata in lavori a smalto, era particolarmente portata per i ritratti, notevoli per la loro rassomiglianza. Dopo un periodo passato a Ginevra, tornò in Italia ed eseguì i ritratti di personaggi contemporanei del Risorgimento come Cavour, Vittorio Emanuele II e Garibaldi.

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Giovanna Marmochini Cortesi

(Firenze, 1666 – 1731)

Foto di M. Pezzini

Pittrice barocca, ritrattista ufficiale della corte medicea, si applicò a diverse tecniche pittoriche: miniatura, pittura ad olio, tecnica dei pastelli, smalti.

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Pasquarosa Marcelli Bertoletti

(Anticoli Corrado, 1896 – Camaiore 1973)

Foto di B. Belotti

Giovanissima modella del pittore Nino Bertoletti, che diventerà suo marito, fu presente nelle maggiori occasioni espositive del suo tempo. Notevole il suo antiaccademismo e la sua verve coloristica